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Appena tornato a casa cerco su Internet le tracce dell’evento, la manifestazione contro le mafie svoltasi a Napoli il 21 marzo, per confrontarle con quelle fresche e ancora echeggianti dentro di me.
Centocinquantamila persone sono una bella folla, una volta e mezzo quanta può contenerne lo stadio di San Siro: sul numero, calcolato chissà come, sono d’accordo tutte le fonti giornalistiche.
Sulla rilevanza dell’evento invece no: scopro con sorpresa che la notizia è balzata sulle prime pagine dei principali portali informativi europei, fra cui quello della BBC, che pubblica questo articolo e questo breve video; decisamente minore, invece, l’attenzione dalle fonti di casa nostra. Vorrei anch’io condividere, a questo proposito, il tono di indignazione di alcuni commenti letti su qualche sito (ed ora dispersi chissà dove dalla marea internettiana), ma l’onestà di giudizio non me lo permette, in considerazione, soprattutto, di come era composta, quella grande folla variopinta, che ha marciato sul lungomare per poi dispiegarsi nella Piazza del Plebiscito.
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Si trattava per la stragrande maggioranza di giovani, di adolescenti, di bambini; il che, beninteso, è una cosa splendida che apre il cuore alla speranza, ma, fra un ipotetico urlo di rabbia di centocinquantamila persone mature e il reale strillo giocoso ed acerbo di altrettanti ragazzini e ragazzine, la differenza c’è, eccome.
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Alle sei di mattina di un equinozio di primavera, folate di vento freddo solcano la piazza antistante la Stazione Termini. Sono riuscito a dormire qualche ora in una pensione romana qui nei dintorni, poi mi sono alzato in fretta, ho trangugiato un pezzetto di torta che avevo nello zaino ed ora sono inquietamente alla ricerca del pullman e del gruppo locale di “Libera”, l’associazione di don Ciotti contro le mafie, con cui mi recherò a Napoli.
Finalmente individuo il drappello, e dopo alcuni minuti vengo indirizzato su quella corriera grigia là in fondo.
Partiamo con quasi un’ora di ritardo: un ultimo gruppetto familiare finalmente è salito, salutando tutti e scusandosi, benchè con molta tranquillità.
Sembrano piuttosto calmi anche gli organizzatori, che poi, con l’aiuto di qualche telefonata, danno ripetutamente all’autista le indicazioni precise sul luogo di destinazione.
Che raggiungiamo in poco meno di tre ore complessive.
Scesi dal pullman ci incamminiamo sull’ampia zona pedonale del lungomare. Per molto tempo mi accompagna la netta impressione di essere finiti in mezzo ad una manifestazione concomitante di protesta studentesca.
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Vedo bandiere sindacali, politiche, e tantissimi gruppi, a volte connotati anche cromaticamente, di ragazzi, ragazze, bambini…
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Dopo un bel po’, anche grazie ai numerosi manifesti affissi lungo le strade, capisco che non può essere così, e che la città oggi è davvero mobilitata per un’unica grande manifestazione.
Siamo dentro un fiume di ragazzi, non se ne vede nè l’inizio nè la fine, ma a causa del ritardo siamo sicuramente più vicini alla coda.
Riesco a tenermi vicino al mio gruppo, grazie dapprima all’ombrellino rosso chiuso usato da Liana a mo’ di gonfalone, poi allo striscione artigianale dietro cui prosegue la nostra marcia, lentissima, con continue soste come in coda su un’autostrada.
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“Tutta Na-poli deve cantare
contro la ma-fia dobbiamo lottare !”
La frase è ripetuta ossessivamente dalle voci stridule di un gruppo di ragazzine scatenate.
Dietro a noi un gruppo di scout con immancabile chitarra.
Liana propone un nostro slogan; mi unisco anch’io, abbastanza divertito, quando viene scandito:
“Noi il piz-zo non lo pa-ghiamo !”
Ma siamo gocce in un fiume in piena, mentre la città è altrove.
E non mi nascondo un certo disagio: non mi aspettavo, alla mia veneranda età, di finire in una manifestazione di sapore così candidamente scoutistico.
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Quando finalmente raggiungiamo la piazza, tuttavia, il colpo d’occhio della folla non lascia indifferenti.
Molti degli interventi sul palcoscenico, affollato dai numerosissimi parenti delle vittime, devono essersi già svolti.
Localizzo il mio gruppo, finalmente fermo, e mi allontano, preso dalla fame, alla ricerca di un bar abbastanza distante dalla piazza.
Mi inerpico su una strada stretta in salita che porta ad un intreccio di altre stradine piene di negozi alimentari, dove si sta compiendo il rito della spesa del sabato mattina.
Eccola la città vera, la gente di ogni età, i colori, gli odori, i traffici, il dialetto. L’impressione di impermeabilità rispetto a quanto sta avvenendo laggiù in piazza è ancora più netta.
Anche se là, proprio in quei momenti, sta già prendendo la parola don Luigi Ciotti.
Lo capisco, mentre torno giù di buon passo, dalla veemenza dei toni che si sentono echeggiare sempre più forti.
Dopo aver elogiato tutti i familiari che hanno saputo generosamente rendere pubblico il loro acerbo, intimo dolore, è un Savonarola dei nostri tempi a tuonare contro la lentezza della giustizia, contro le ipoteche bancarie che bloccano il riscatto dei beni confiscati, e infine contro i mafiosi, con splendide parole di sfida:
“Ma che vita è la vostra; ma ne vale la pena? Perché avete carcere che vi aspetta, clandestinità, troppe morti. Se avete dei beni, prima o poi noi ve li confischiamo tutti, ve li portiamo via tutti, fermatevi. Alla fine che cosa vi resta?“.
L’ovazione della folla, poi la manifestazione mattutina termina con l’ultima ripresa della lettura dell’elenco delle vittime, già scandita in cima al corteo.
Gran parte della folla già comincia a rompere le righe e a diffondersi per la città, mentre sono due dicussi personaggi a riprendere quella scansione, i rappresentanti di un quanto mai scricchiolante potere locale: Rosa Russo Jervolino e Antonio Bassolino.
Lascio che il mio gruppo si allontani e vado a sedermi su uno scalino defilato rispetto al palco.
Nomi noti si alternano con apparente casualità ad altri meno noti nel lunghissimo elenco che terminerà con una citazione di tutte le altre vittime non conosciute.
E scoprirò che a pronunciare quelle parole finali, non annunciato, è stato niente meno che Roberto Saviano, l’autore di “Gomorra”, ricomparso nell’occasione per qualche minuto sulla scena pubblica della sua città come un fantasma, quale l’ha reso il suo immenso giovanile coraggio.
Mi sono ormai dilungato molto, e tralascio di raccontare le manifestazioni pomeridiane, salvo qualche minuto di grande emozione musicale offertami, proprio nel momento di riprendere il cammino verso il pullman, dall’esibizione, sullo stesso palco della piazza, di un nutritissimo gruppo musicale: l’Orchestra popolare casertana, in un crescendo davvero potente e coinvolgente di motivi e ritmi di tarantella.
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Non devo comunque rimpiangere di non potermi fermare ad ascoltarli, perchè la loro esibizione dura solo pochi minuti, prima che vengano avvicendati da altri gruppi.
Nuovi disguidi, gente che si perde gente che si aggiunge, l’autista che si oppone a deviare per recuperare dei dispersi. Gli organizzatori, quanto meno, danno prova di grande padronanza e non si perdono d’animo.
Quando, da buoni ultimi, il nostro pullman riaccende il motore, è quasi buio mentre la tramontana soffia sempre più gelida; la sera cala sull’equinozio di un’altra primavera.
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Attenzione: per leggere il testo dell’intervento di don Luigi Ciotti clicca qui;
un video con una buona sintesi dello stesso è invece pubblicato qui.
Puoi aiutare la costituzione di una nuova cooperativa di lavoro di Libera, con un sms dal costo di 2 euro all’ 84544
Bravo… C’ero pure io e sono convinto ke sicuramente giornate come queste sono importanti ma, come ha sottolineato dal palco don Luigi Ciotti, sono importantissimi pure gli altri 364 giorni dell’anno… Non c’è bisogno di aspettare un evento particolare x ricordarsi delle vittime di mafie!
Certo, bisogna custodire e seguire nella vita e nei rapporti di tutti i giorni la testimonianza della loro intransigenza contro l’arroganza, contro le piccole e grandi sopraffazioni che attentano alla libertà e ai diritti di ciascuno.
Ciao, e grazie della visita !
Bravissimo Francesco nell’esporre le tue tematiche ed anche questo post non fa difetto. L’URLO ACERBO DI NAPOLI, risuonerà ancora per lungo tempo ancora. Spenti gli entusiasmi di questa manifestazione i problemi restano. Resta la camorra, come resta la mafia. E’ importante, si, manifestare, ma ancora più importante è agire… Così pure chi va a questi cortei – le nuove generazioni: ragazzi di tutte le età, e scout e gli albori accompagnati da genitori della nostra età, in passeggino-. In loro dobbiamo credere, più che, ai partecipanti della nostra età. Mio caro Francesco, quelli della nostra generazione, hanno già dato nella loro gioventù (per il femminismo, per i residui del ’68, per lotta operaia, per Moro,… e tanto altro ancora..). Noi oggi, forse, siamo stantii, e se vuoi “stanchi”…non mi spiegherei perché tutto rimane fermo alle partenze…(penso al tam tam mediatico…in rete, ai v-day, ecc.). Le nuove leve, sono la forza per il rinnovamento, potranno stravolgere tutto con l’energia del cambimento. Noi potremo affiancarli, affinchè le loro urla non cadano nel vuoto. I poteri devono essere rasi al suolo là alla fonte cioè a Roma: solo se mini e fai esplodere le radici: potranno scomparire realtà come Scampia, la camorra, la mafia e la ndrangheta. Governi di destra o di sinistra poco importa: sono voluti i poteri occulti delle mafie per una infinità di motivi: politici, scambi di favori, di poltrone, di voti. Situazioni come Scampia fa da “polmone”, da “calmiere”, o se vuoi da “vaso capillare” per “equilibrare” altre situazioni nel paese. Gomorra l’ho visto ed è uno spaccato micidiale, su una Napoli già allo stremo della sopravvivenza: tra agguati e uccisioni per faide ancestrali, anche poco fa la cronaca enunciava delle sparatorie con morti… Un dolce abbraccio di buon martedì. Lorena. (:-D).
Il coinvolgimento della “meglio gioventù” è un motivo di speranza e di investimento nel futuro. Il problema però è che la situazione è critica (a dir poco) ora, subito, e soprattutto in funzione del loro futuro, del mondo e della nazione che stiamo loro lasciando. E’ per questo che vorrei molta più coscienza da parte delle persone adulte che possono cambiare le cose. Noi non siamo stanchi, siamo pochi…
Meglioparlare del grande fratello che della mafia, porta sfiga. Lo pensano i direttori dei tv e delle reti televisive come se la gente non avesse la testa per pensare un modo autonomo. Ci vuole ancora tempo e pazienza.Spero. Ciao Myrta
La manipolazione dei cervelli operata dagli inganni della tv è subdola, e troppa gente la testa per pensare in modo autonomo l’ha persa davanti a quell’elettrodomestico. Tempo, pazienza, costanza, e tanta invincibile speranza.
Ciao !