.
.
La notte è calda.
Osservo le fronde percosse da rapidi sussulti di vento, in attesa di chiamate, primo ed unico taxi nel posteggio di Piazza dell’Unità, oltre il ponte dietro la stazione.
Mi sto acquietando, in questi giorni di improvviso e trionfante sereno stabile.
E’ stato il giorno più splendente dell’anno, questo lunedì, e l’ho festeggiato con un bagno di luce e di verde abbacinanti, per un’ora e un quarto di corsa fra i campi all’una del pomeriggio.
La bellezza faticava a impadronirsi della mia coscienza, della mia fiacca, dovuta all’autentica cura del sonno degli ultimi giorni.
Anche la mia guida è più rilassata, questa notte.
Ora sono le undici e mezza.
Ho appena accompagnato una coppia di giovani, nel breve tratto da un’osteria di grido nei pressi dello stadio fino alla loro abitazione, vicino all’Ospedale Maggiore.
Il tempo di riavviarmi verso il centro e mi giunge, sul nuovo terminale, una chiamata dal “Futurshow”, nuovo nome del palazzo dello sport di Casalecchio: dev’essere appena finito un concerto.
Non è vicino, ma piuttosto che rischiare nuove attese la accetto. C’è anche una nota: “Ilaria, uscita 2”, e il suo numero di telefono, informazione utile in casi tipici di ressa da deflusso.
Negli stradoni e nelle rotonde in vista del grande edificio (oltre che di un paio di centri commerciali), trovo code di fumanti auto paralizzate, dai fari accesi, ma per fortuna procedo in senso inverso al loro, e riesco facilmente ad avvicinarmi al perimetro del “Palamalaguti”, come si è chiamato per anni.
Gruppi di ragazzi e ragazze sembrano vagare senza meta, molti stanno seduti sull’asfalto o sull’erba in un atteggiamento di bivacco indisturbato. E, mentre continuo a girare alla ricerca dell’uscita numero due, comincia la raffica di avide segnalazioni di richiesta per salire sul mio taxi, a cui rispondo di no, con decisione ed impazienza proporzionale alla loro.
Uscita undici, poi la dieci, poi l’ingorgo.
Decido di chiamare la mia giovane cliente: “Sono il tassista, ho una chiamata a nome Ilaria, sei tu ? Guarda che sto cercando l’uscita due; sono bloccato in coda, non saprei dirti precisamente dove, in questo momento; state fermi lì che cerco di arrivare”.
Dopo qualche minuto cambio idea, riesco a fatica a invertire la marcia, ostacolato da un abnorme SUV, e poi accosto. “Sono ancora io, potete venire voi all’uscita undici, se no facciamo l’alba. Non so dov’è rispetto alla due, ma se girate intorno prima o poi ci arrivate. Okay, grazie eh ?”.
E torno davanti alla undici, spengo il motore, accendo le luci di emergenza, e continuo a dire di no a chi vorrebbe salire.
“Ma noi abbiamo il treno che parte, come facciamo ?”: una giovane coppia cerca di commuovermi.
“Ascolta, non so quanti sono quelli che sto aspettando, ma se sono in due, potete provare a chiedergli di salire con loro”.
Passano diversi gruppetti, prima che finalmente si faccia viva Ilaria, con un’amica e con un’espressione leggermente contrariata.
Solidarizzano tuttavia facilmente con la coppietta, e salgono tutti e quattro: l’itinerario a tappe potrà proseguire facilmente fino alla stazione.
“Che concerto c’era ?” chiedo un po’ ruffianamente a Ilaria.
“Tiziano Ferro”.
“Ah dici poco ! Sai che lo vidi diversi anni fa, quando cominciava ad affermarsi. Fece un bello spettacolo al ‘Ruvido’, la discoteca, certo con meno pubblico. Ha indubbiamente del talento, e poi sono sicuro che il meglio di sè debba ancora darlo”.
“E’ stato un bel concerto ?”, formulo infine la domanda più banale per la risposta più scontata.
Intanto cerco di arrabattarmi per evitare sia le perduranti code che i labirinti infernali degli stradoni nella zona indutriale di Casalecchio, che in cinque anni e mezzo da tassista non ho ancora imparato a dominare per bene.
L’equipaggio tace, intimidito anche dalla reciproca estraneità, mentre, a più riprese, il terminale segnala: “Futurshow chiama molto”.
Da dentro l’abitacolo proviene un forte cattivo odore, che attribuisco alla scarsa igiene personale dei due viaggiatori in treno. Apro un po’ il finestrino.
Quello dei profumi di varia natura è uno degli aspetti più sgradevoli del mio mestiere, e mi rendo conto che questi qua davvero non scherzano.
Ma usciti dalla bolgia, in breve tempo completiamo la prima, poi la seconda tappa. Ilaria si accorda per dividere la spesa, con la collaborazione fattiva degli ospiti inattesi, che dimostrano, oltre al fatto di lavarsi poco, almeno di essere gentili.
Rimasti soli per l’ultimo breve tratto ne approfittano per scambiarsi lunghi baci.
Anche con me si rivelano gentili e mi ringraziano a più riprese, mentre li lascio nelle luci dell’entrata della stazione.
Diversi altri taxi sono fermi in attesa, probabilmente reduci dalla mia stessa provenienza. Preferisco proseguire fino in Piazza Maggiore.
Accodo la mia vettura in una delle tre nostre corsie accanto all’ex cinema Arcobaleno; un collega correttamente “mi dà l’ultimo”, accendendo le luci d’emergenza. Rispondo con un doppio lampeggio dei fari.
Poi spengo luci e motore, esco e mi avvio lentamente a piedi verso il centro della piazza.
Da poco tempo in qua, in sospetta coincidenza con la campagna elettorale delle amministrative, hanno tolto quelle inferriate che impedivano di sedersi sui gradini del sagrato di San Petronio.
Rari gruppetti di due o tre persone ne stanno approfittando.
E’ quasi mezzanotte e mezza; li osservo da lontano e con un pizzico d’invidia: sembrano appoggiati là, quasi fuori dal tempo, in un calmo e tiepido lunedì notte di maggio.
Di fronte a loro, nella luce alta e diffusa, la solenne, sospesa magia della piazza più bella del mondo.
.
.
.
.
———
Immagine da:
http://ec.europa.eu/news/environment/070208_1_it.htm
Ah, dimenticavo: ciao nehhhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!!!
E perchè una parte dei diritti d’autore? Li esigo e pretendo al 100%!!!!!!
I miei “racconti di guida” sono di solito i post che riscuotono più interesse, e la cosa un po’ mi sorprende, soprattutto in casi come questo, in cui praticamente non ho raccontato nulla.
Visto che la cosa ti sorprende solamente un po’, significa che in fondo sai che con le tue parole dai un qualcosa alla gente, fosse anche solo la spinta, l’invito ad aprire la propria fantasia e a trasformare e a condividere così le tue parole in uno spaccato di vera vita, dove ognuno con la fantasia, colma i propri vuoti ed i propri bisogni di conoscere e sapere.
Il mio classico ciaooo neh!
Mi conforti e incoraggi ancora una volta.
Ancora grazie, e un “ciao neh!” ricambiato (…sperando che la nostra amica comune Miss non chieda parte dei diritti d’autore).
mi hai fatto tornare a galla i ricordi del post show dei miei concerti giovanili…
io però non sono mai tornato in taxi ma solo con faticose marce a piedi o devastanti tragitti in bus stracolmi…
Mi fa piacere aver evocato le tue epiche migrazioni, quelle, magari, con le orecchie intontite dai decibel sonori…
In effetti, prima di quel silenzio un po’ imbarazzato creatosi fra il mio composito equipaggio, tutti avevano concordato sulla carenza di un servizio pubblico di bus-navetta. L’isolamento di quel palasport in piena zona industriale, lontanissimo dal centro della città (e comunque dal primo capolinea) rende inevitabile l’uso del mezzo privato o del taxi. Che significa code, lunghe attese, e magari anche qualche piccola “faticosa marcia a piedi” come quella che ho inflitto inizialmente alle due ragazze.
Ciao !
Bellissimo spaccato di una notte tutto sommato tranquilla, a parte le questioni del traffico a cui credo tu ti sia ormai abbastanza assuefatto ed abituato, il tuo lavoro ti offre la possibilità di vedere e per certi aspetti conoscere la gente da una posizione quasi privilegiata, che ha anche i suoi rischi, specialmente nei turni notturni, hai la possibilità di vedere i colori e di sentire gli odori e gli umori del normale vivere della massa informe che si muove per sentirsi viva, hai la possibilità di vedere certe caratteristiche delle persone che non sono altrimenti così facilmente riscontrabili, una specie di visione delle abitudini e delle normali reazioni di queste schegge di umanità, una specie di occhio da grande fratello che sorprende ed osserva le persone nella loro inconsapevole quotidianetà.
Nel salutarti, ti lascio l’augurio che ogni giorno tenda ad essere quello più splendente dell’anno.
Ciaooo neh!
Grazie della visita e del bel contributo, Alanford.
I miei “racconti di guida” sono di solito i post che riscuotono più interesse, e la cosa un po’ mi sorprende, soprattutto in casi come questo, in cui praticamente non ho raccontato nulla.
Ma ragionandoci, mi rendo conto che qualunque assaggio, più o meno riuscito, di quella particolare e privilegiata esperienza di intima conoscenza dell’umanità, del “mondo vero”, che si ha guidando un taxi, ha inevitabilmente un sapore di verità insolito e ricco.
E’ un mestiere che mantiene vivi e aperti, e vale bene il prezzo degli stress che comporta, in termini di traffico, di rischi, di cattive compagnie e cattivi odori…
Un saluto a te, ricambiando il tuo luminosissimo augurio.
Mo a t’ salut.
Ogni notte ha un suo colore, una sua musica…..e un suo odore!
Buona nottata caro Franz.
Baci Miss
E la primavera, cara Miss, non profuma sempre e solo di fiori…
Buona giornata e baci a te.
Che bel “diario di vita”…
Decisamente ON THE ROAD!!!
Mitico Franz!
Baci
Giovanna
Ma grazie !
Da una “addetta ai lavori” di letteratura come te mi fa doppiamente piacere.
Baci a te.