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Inutile nasconderlo, è dura.
Dopo una lunga serie di giornate con condizioni limite per la tollerabilità, a causa del caldo africano nell’aria stagnante di una città tramortita e sconfitta, ieri in serata si era un po’ rinfrescato, deliziosamente. Una beffa: oggi la minaccia del temporale, e in qualche quartiere non solo una minaccia, ha aumentato vertiginosamente l’umidità nell’aria e sembrava di uscirne pazzi.
La mancanza di lavoro, in queste prime ore della notte, completa l’opera: una corsa da dieci minuti nell’abbraccio salvifico e mortale dell’aria condizionata e poi di nuovo fermo, ad aspettare con il motore spento, i suoi ottocento gradi di tepore (a regime) che si riversano incontrollati nell’abitacolo.
Quando puoi te ne stai fuori, a volte non hai nemmeno la forza di uscire e resti a macerarti dentro, con i finestrini inutilmente abbassati. Ad aspettare.
Anche gli altri colleghi, aspettano, e riempiono i posteggi, e così a volte, o la va o la spacca, provi a piazzarti in quelli che di solito snobbi.
Righi, si chiama così dall’omonima via, anche se è in piena via Indipendenza, è uno di questi: era vuoto, mi ci sono parcheggiato al volo.
Ad aspettare.
Un occhio sempre vigile sul nuovo visore, uno sulla strada: entrambi, improvvisamente, mi danno lo stesso segnale, forte, imperioso: la stazione chiama. Il terminale indica zero taxi in attesa al posteggio ‘Ferrovia’, e lungo la strada vedo sfrecciare quelli che cercano di volare in picchiata per primi sulle prede, scaricate dall’evidente arrivo di un treno importante.
Il torpore non mi impedisce di ragionare: se vado anch’io rischio di restare con il cerino acceso in mano, e fa già abbastanza caldo. Tento la furbata: accendo il motore e parto invertendo la marcia verso Piazza Maggiore, dove al momento è segnalato un solo taxi in attesa.
Non faccio in tempo a mettere la seconda, che vedo sbracciarsi un tale, dallo stesso marciapiede accanto al quale sono stato fermo più di mezz’ora, e mi fa segno di fermarmi.
Nuova rapida inversione, mi sembra di essere in un film di inseguimenti.
“Non avete chiamato al telefono, vero ?”, eseguo la domanda di rito.
“No, siamo innocenti !”, mi fa, è allegro e tonico, in modo stridente con tutto il resto.
“Sa, perché se no non potrei caricarvi”.
“Può stare davanti la ragazzina ?”
“Eh no, sarebbe meglio dietro.”
“Ma siamo in cinque”.
“Ah, non avevo visto, allora okay”.
E per la prima volta da quando ho in gestione la Multipla, che ha tre posti davanti e tre dietro, mi capita di ospitare cinque persone.
Tutti dentro, si parte; il tizio gioviale si siede davanti accanto alla portiera, lasciando in mezzo la figlia; dietro gli altri tre familiari.
“Andiamo all’hotel Giardinetto”. Corsa striminzita, forse anche meno di quei dieci minuti che dicevo, di fresco artificiale. Ma meglio che niente.
Un sibilo forte di allarme, ripetuto due volte, mi fa arrestare subito, mentre sono i passeggeri a farmi notare sul cruscotto la spia accesa di una portiera aperta. E comincia il carosello delle porte che vengono aperte e poi richiuse con forza, una alla volta, come in un film comico, mentre la spia continua a brillare, rossa e implacabile.
Hanno l’accento pugliese; la signora mi fa: sarà sicuramente il portellone dietro. Allora scendo, lo apro e richiudo con decisione, rientro, e guardo desolato la spia rossa che non si vuole spegnere.
Torno fuori, faccio il giro; all’altezza del capobranco, cioè sul lato destro, vedo che la portiera anteriore sporge leggermente. La apro dal di fuori e la richiudo con forza, una volta, due: niente, continua a sporgere.
Rientro mortificato. “Devono aver cercato di forzarla i ladri”, confesso, mentre riaccendo il motore e riparto incurante della spia e del nuovo doppio sibilo di allarme. “L’avevo lasciata nei pressi della stazione, poco fa, per cena; non sarebbe la prima volta”.
Sono comprensivi: “Ma cosa cercavano, forse lo stereo ?”
“Mah !”, dico controllando con una mano il piccolo vano dove tengo sparse le monetine per i resti, che nessuno si è sognato di portare via.
Devono notare il mio progressivo, silenzioso avvilimento.
Passi sulla mia, di auto, ma subire un vandalismo su quella di scorta mi rode, e molto.
Dovrò confessare di averla lasciata incustodita in una zona a rischio. Dovrò alzarmi presto per farla riparare, domani. Dovrò lavorare, stanotte, con questa doppia sirena che accompagnerà, come da una nave che lascia il porto, l’inizio di tutte le prossime corse. E ripetere a tutti la stessa litania di spiegazione di quell’atroce doppio sibilo, di quella spia che non si spegne.
Dovrò andare a Lourdes, dovrò, a fare un bagnetto contro la sfiga che mi perseguita.
E’ la signora, da dietro, a saldare il conto, e mi lascia quasi un euro di mancia, evidentemente impietosita dalla mia aria di cane bastonato. Ringrazio, poi cerco di andarmene velocemente a ritrovare la lucidità, possibilmente in un posteggio vuoto.
‘Aldrovandi’, nell’omonima piazza (in realtà un largo). Neanche a dirlo: oltre ad essere come sempre invaso dalle auto private, è presidiato anche da un collega, cosa rarissima a quest’ora.
Tiro dritto verso ‘Garganelli’, passando davanti alla mia vecchia abitazione; sono storicamente le mie strade.
Anche il nuovo posteggio è già presidiato, ma è abbastanza libero da farmi decidere, questa volta, di fermarmi a controllare e ragionare.
Di sbieco, le luci di emergenza accese, per indicare che sono un attimo fuori servizio, spengo il motore ed esco.
Torno a guardare la portiera che sporge: non si notano evidenti segni di effrazione.
La apro, la richiudo, niente, la riapro, la richiudo.
Poi, improvvisa, l’illuminazione, più forte della spia rossa, nella notte calda di via Santo Stefano, altezza Garganelli: non sarà che…
Riapro la porta, e ‘sta volta la vedo, ciondolante, penzolante, moscia, beffarda: la cintura di sicurezza che ostacola, in basso, la chiusura.
La riarrotolo con un misto di rabbia, sollievo e speranza.
Risalgo, giro la chiavetta, accendo il motore, attendo lunghi secondi, e vedo spegnersi tutte le spie, mansuete e silenziose.
Si può ripartire.
Faccio un cenno di saluto al collega, mentre esco dal posteggio a cercare miglior fortuna nella notte soffocante.
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il caldo fa brutti scherzi e priva la mente della sua lucidità. Ma vedrai che prima o poi finirà. Un abbraccio Super
In effetti le mie “non vacanze”, come dici tu, hanno avuto un prezzo molto caro, nell’asfissiante agosto cittadino.
Un …caloroso abbraccio a te, in questa domenica grigia e fresca.
Ciao Franz,
Mitico cavaliere errante dalla bianca armatura (leggasi taxi), che impavido sfidi la notte e le strade ridondanti di umanità e di vita della tua bellissima città, in cerca di anime perse, bisognose del tuo incedere sicuro per accompagnarli tranquillamente alla loro modesta magione a cercare la fine di un giorno o di una notte appena svenduta, nell’attesa che il domani e le sue mirabolanti promesse vengano generosamente ed equamente elargite e mantenute.
Mannaggia mannaggina, com’è che appena ho iniziato a leggere il tuo racconto ho pensato immediatamente alla cinghia pizzicata nella portiera ? un sesto senso? saranno i miei 999 anni pienamente ed impavidamente vissuti, o semplicemente perchè fruitore da lustri delle auto Fiat? MAH! questa cosa non è data a sapere, non è in fondo così determinante, l’importante è che la cosa è finita nel migliore dei modi, e poi a guardar bene ne hai ricavato persino quasi un euro di mancia, non c’è modo migliore di concludere una storia, un’avventura, nooo?
Ciaooo neh! alla prox.
Allora quasi quasi ti propongo un contratto a termine come consulente FIAT, per i due mesi e mezzo che mi restano alla guida della Multipla di scorta.
Come compenso ti giro le eventuali mance: è un vero affare, pensaci !
Nell’attesa, tanti cavallereschi saluti, di K e spada.
Caro Franz,
ti lascio una massima che mi ripeto ogni giorno:
CORAGGIO, VERRANNO TEMPI MIGLIORI!
(detto fra noi, sono anni che attendo inutilmente l’arrivo dei tempi migliori! Speriamo bene!!!!!!!)
Bacioni
Giovanna
Me lo sono ripetuto, quasi testualmente, per lunghi anni anch’io, cara Giovanna, e devo dire che, errori e scivoloni a parte, alla lunga ha funzionato, come sono sicuro sarà anche per te.
Un bacione affettuoso.
Per un attimo ho pensato che la timida multipla si fosse emozionata per i cinque ospiti 😉
Tu dici che è timida; a me sembra un po’ sfacciata, una vetturona che va in soccorso di tutti i tassisti abbandonati dalla propria abituale compagna di viaggio… 😉
A volte è nelle pieghe dei piccoli dettagli che si trova la soluzione.
Ciao
Silvana
…e solo quella grande virtù chiamata calma lo permette.
Ciao, Silvana !
giustizia e libertà, giustizia e libertà, giustizia e libertà (detto tre volte, con convinzione, scaccia via la sfiga, altro che lourdes)! e decrescita (per garantire al 100% il risultato :-))!
Se mi dici, mia cara amica, che funziona anche a livello nazionale / europeo / planetario, diventerà il mio mantra quotidiano !!!
😉