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E’ noto come all’intransigenza sui tempi di qualsiasi pagamento dovuto ad enti pubblici corrisponda una certa qual ‘elasticità’ su quelli dei rimborsi; il livello del degrado di un Paese, in fondo, si misura anche da queste cose, e non solo da quello di spudoratezza di un anziano corruttore a capo del suo governo.
Sto provando sulla mia pelle quella ‘elasticità’, magari una volta ne parleremo; per ora l’accenno mi serve solo come premessa per spiegare, in una situazione di pre-allarme sulla salute del mio conto in banca dopo l’acquisto della Cavallona, l’imprevisto evolversi di quest’ultimo sabato sera di lavoro.
Prendendola per il verso giusto, e rassegnandosi a rimandare quel poco di riposo e di allentamento dei ritmi di cui avvertirei la necessità e il desiderio, il quadro che ne esce è di un piacevole abbandono al fluire imprevedibile dell’esperienza, che è in fondo l’aspetto più affascinante di questo mio mestiere.
Alle nove e mezza l’incasso parziale è soddisfacente; sto vivendo la serata di lavoro con l’immagine in testa di quel segmento che si vede riempirsi progressivamente quando si effettua un’operazione di scarico dati sul computer.
Un paio di corse mi hanno portato due volte di seguito verso la periferia più vicina a casa, ma la tabella di marcia prevede ora una rapida virata verso la stazione, prima delle dieci, ora di chiusura della buona vecchia mensa dei ferrovieri.
Ma ecco un’altra chiamata, dal quartiere Mazzini. Non ci penso due volte e l’accetto: se mi va fatta bene, a cena in stazione ci andrò a spese di un nuovo cliente, a mangiare alla sua salute.
All’indirizzo della chiamata, dopo pochi secondi d’attesa, si dirige verso di me una persona di corporatura sottile, capelli lunghi e neri.
“Mi dovresti portare un attimo qui al Mc Donald’s; prendo un panino, poi proseguiamo per via Orsoni”.
“Via Orsoni, alla Cicogna, vero ?”
“Sicuro”.
L’accento brasiliano e la voce gutturale e un po’ sensuale mi fanno immediatamente capire che è un trans e, come statisticamente succede nella maggior parte dei casi, è un trans dalla luna un po’ storta, e che non fa niente per mascherarlo, anzi.
Ci sarà da aspettare fermi al fast-food, poi si proseguirà oltre il centro di San Lazzaro, allontanandoci da quello di Bologna; per stasera, dunque, niente mensa.
Sbadatamente non approfitto della pausa davanti al Mc Donald’s per consultare i miei preziosi stradari, così, quando poi ci dirigiamo alla destinazione, ho qualche difficoltà: imbocco una deviazione dalla via Emilia che dopo un paio di sensi unici mi ci riporta, un po’ più indietro.
Avverto il montante fastidio del mio ospite; già altre volte ho verificato l’insofferenza di queste persone nei confronti dell’indecisione, dell’insicurezza.
Nell’intercalare mi chiama anche ‘tesoro’, pessimo segno.
Comunque, alla fine trovo il filo d’Arianna fra le strade larghe, deserte e un po’ spettrali del signorile quartiere residenziale, e riesco a condurre in porto la corsa. Correttamente applico un po’ di sconto per le allungatoie; non ringrazia, paga con una banconota da cinquanta, prende il resto, saluta a stento e se ne va ad addentare il suo cheese-burger fra le mura di casa.
Come speravo, trovo ancora aperto quel locale generalmente noto con il suo vecchio nome “Il minestraio”, anche se già da qualche anno si chiama “Da Emma”: è una via di mezzo fra un self-service e una tavola calda. Al banco c’è una moretta silenziosa e gentile, e laboriosa, dall’indecifrabile accento straniero, una tipina dolce e misurata, che mi piace molto e che, a differenza di tanti giovinastri più o meno sballati in giro per pub e discoteche, sta passando mestamente lì una buona fetta del suo sabato sera.
I lampioncini della lunga saletta da pranzo illuminano i tavoli di una luce decisa ma un po’ fredda. La tv accesa diffonde gli urli di Bonolis e del suo paggetto romano.
Al tavolo di fronte, una signora dalla corporatura debordante consola, meglio di quanto non riesca al marito, degli altri strilli, quelli di un bimbo di neanche due anni, che però riattacca a più riprese a lagnarsi, probabilmente a causa del sonno.
Ma poi noto improvvisamente, proprio sul tavolino accanto al mio, la copia di un giornale lasciata lì quasi per caso, e non è la solita free-press, o i soliti giornalacci di regime, locali o nazionali: con grande sorpresa riconosco i caratteri un po’ all’antica del ‘Fatto Quotidiano’. Caspita, ma allora davvero i tempi stanno cambiando, e mi immergo nella lettura, soprattutto in una pagina che racconta l’entusiasmo che si sta diffondendo in Rete intorno al ‘No Berlusconi day’.
Dopo una carbonara unta e bisunta che digerirò l’indomani pomeriggio, e un piatto di verdure cotte, è ora di chiedere il caffé.
“Mi dispiace ho già spento la macchina”, mi fa desolata la morettina, “se la riaccendo viene uno schifo”.
“Veramente il caffé qui è sempre uno schifo”, penso, ma non glielo dico, poverina, lei non ne ha colpa; solo un paio di battute, prima di salutare ed uscire.
In vettura; troverò un bar aperto da qualche parte.
Non faccio in tempo a partire che arriva un’altra chiamata: sono i soliti ferrovieri, i macchinisti dei treni merci, convenzionati con noi. Devo allungarmi fino al deposito San Donato, un posto dimenticato da Dio, e dagli uomini non ferrovieri.
Sulle prime penso si tratti di portarli in stazione centrale, come di solito succede, poi leggo meglio le note: destinazione ferrovia di Castel Maggiore, una corsa un po’ più lunga, con beneficio per il bilancio giornaliero (un altro colpetto a quel segmento sempre più pieno), ma caffè rimandato.
Durante il tragitto, mentre loro commentano con accento veneto le notizie del giornale radio, cerco di farmi venire in mente un bar notturno vicino a quelle parti, dove godermi il mio meritato caffé.
E quando finalmente, lasciati i ferrovieri al loro treno, nell’area della stazione immersa nella desolazione dei dintorni di quella cittadina satellite, mi dirigo con decisione al bar di fronte al nostro posteggio di Corticella, ecco l’ennesima chiamata, e l’ennesimo cambio di programma.
Non si può dire di no: Osteria del Gallo, lungo la via Ferrarese nel comune di Castel Maggiore, destinazione Bologna.
Vuol dire che il caffè lo prenderò alla macchinetta del distributore di metano; è mezzanotte, mancano tre quarti d’ora alla sua chiusura, e dopo questa corsa dovrò senza indugi andare a fare il pieno, se voglio continuare a lavorare come gli altri sabati, a ripetizione fra una discoteca, Piazza Maggiore, e l’altra.
Mi aspetto di trovare i soliti stranieri reduci dalla cena in quel tipico ristorante di genere rustico-ricercato.
E invece è un signore da solo, che mi si fa incontro, gesticolando.
E’ uno che, capisco subito, ha una gran voglia di parlare: si siede davanti, accanto a me, dopo aver farfugliato la destinazione.
Ci metto un po’ a capire, anche perchè ripete più volte che mi indica lui la strada, con un accento ferrarese che sembra uscire dal teatro dei burattini.
Realizzo gradualmente che si tratta di un vero e proprio viaggio, fino dalle parti di Portomaggiore, alla fine saranno quasi sessanta chilometri di strade provinciali.
“Ma veramente c’era scritto destinazione Bologna”, gli dico, ma il mio tono sembra più di spiegazione che di recriminazione; ancora una volta avrei potuto rifiutare la corsa extraurbana non concordata, e farmi pagare l’avvicinamento, ma è pura teoria, meglio abbozzare, anche perchè così, in fondo, quel famoso segmento finirà o quasi di riempirsi già a quest’ora ancora acerba della notte.
Il problema è il metano: capisco che l’impresa di andare e tornare prima della chiusura è proibitiva; quando poi ci si mettono i primi pericolosi e opprimenti banchi di nebbia, a frenare e rendere inquieta la mia corsa, sono costretto a rinunciare del tutto all’idea.
Quello continua a raccontarmi, col suo accento campagnolo che sembra una parodia di Dario Franceschini, che la sua auto l’ha lasciato a piedi. Mi ripeterà cinque o sei volte il rumore del gorgoglio dell’acqua e il borbottio del motore a gasolio che si è spento, proprio poco dopo aver fatto il pieno. Chissà cosa sarà successo continua a chiedersi e a chiedermi senza darsi pace.
Fra lui e la nebbia non so quale sia la compagnia peggiore.
“Fare rifornimento di gas; funzionamento a benzina”, si illumina il visore del cruscotto, proprio poco prima dell’arrivo, in un cascinale nei dintorni di un minuscolo paesino di cui non conoscevo neanche il nome, Voghiera.
Dario mi sembra un po’ rinfrancato, quanto meno di essere a casa.
Io invece sono lontanissimo, e mi tocca viaggiare a benzina, e riempirne il minuscolo serbatoio della Cavallona al primo self-service.
Ma in fondo, penso, nel dirigermi con decisione verso l’autostrada A13, Ferrara-Sud, l’incasso è fatto, benché in maniera molto diversa dalle aspettative di un normale sabato notte, e anzi arriverò a casa prima del solito.
E potrò dormire, prima del solito: anche grazie a quel caffè di meno…
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Immagine tratta da:
http://www.lerecensionidititti.com/2008_03_01_archive.html
Ma allora quando ci sarà la moto a metano me la regali? Poi comunque io per “ti esse” intendevo tacchi e suole neh!
Allora ti regalerò degli stivaletti a turbogas !
Saluti e baci molto ecologici.
Adoro i tuoi racconti di vita “metropolitana”!!!
Naturalmente… Buon lavoro!
Grande bacio.
Giovanna
Grazie davvero !
Sapere di aver catturato l’attenzione di persone care come te è per me il miglior compenso.
Grande bacio ricambiato.
Ciao Franz, squisita lettura. Io prendo di rado il taxi a Roma ma quelle volte che l’ho fatto mi sono lasciata incantare dal paesaggio circostante. Infatti, non dovendo stare attenta alla fermata dell’autobus o della metro, mi sono concessa un viaggio rilassato, tranquillo, durante il quale ho gustato il famoso “tempo” di cui ho parlato anche da me. Solo così si riescono a vedere cose che di solito non si notano perché presi da altro…difficile quindi una vera conversazione col tassista…ma a te non dispiace molto, mi sembra di aver capito…un caro saluto.
Beh, mi sembra che tu abbia davvero da insegnare tanto, su come, e con quali occhi, sia giusto e produttivo affrontare la vita (anche solo nel breve tempo di uno spostamento cittadino), liberi da inutili e velenose frenesie, nevrosi, ansie, angustie, ahimé sempre molto diffuse e radicate.
Anche per questo sarai sempre la benvenuta fra queste pagine !
Ieri sera, all’uscita del lavoro ho preso un taxi perchè avevo fretta di arrivare al supermercato visto che al ritorno da Parigi avevo il frigo completamente vuoto.
Il problema è che non mi ricordo mai se la Coop è in via Fragole o in Via Lamponi, quindi ho chiesto al taxista lumi in merito e, devo dire, gentilmente mi ha accontentato e ha beccato la via al primo colpo.
Ci siamo quindi messi a chiaccherare dei nomi delle vie, delle stranezze topografiche, di come alcune zone della città siano caratterizzate da nomi di fiumi o di regioni; infine abbiamo disquisito sull’opportunità di dedicare vie a cantanti od attori come Lennon o la Monroe.
Ed io, ingenuamente, ho dichiarato che era sempre meglio dedicare una via a Marylin Monroe o John Lennon piuttosto che a Craxi che era un ladro condannato con tre gradi di giudizio e latitante (coglione) ad Hammamet.
Apriti cielo, è arrivato un diluvio di parole; praticamente un comizio su come Craxi sia stato un capo espiatorio e che così facevan tutti, che Berlinguer prendeva i soldi da Mosca ma i comunisti sono stati trattati come santi.
Morale: il taxista è stato gentile ma io sono scesa dall’auto incazzata come una biscia.
P.S. la mia Lancia si chiama, essendo femminile, Eva Kant (se vuoi mettere nel repertorio…)
PP.SS. leggere i tuoi racconti, le tue scorribande notturne è sempre molto molto agreable
Un caro ed affettuoso abbraccio
Silvana 😀
Se avessi potuto darti il consiglio di contare fino a dieci e poi tenere la bocca chiusa sull’argomento Craxi & co., l’avrei fatto volentieri.
Come ho scritto in passato, più di un valido motivo ha esacerbato la categoria dei miei colleghi contro la cosiddetta sinistra, anche se ostinarsi a non vedere la distruzione sistematica della politica, della società e della cultura che continua ad operare la cosiddetta destra (cioé la classe di corrotti, di collusi e di delinquenti che ci governa), reputo che sia segno di pigrizia mentale, scarsa cultura e pessime fonti di informazione.
Spero che, dopo la brutta incazzatura, non ti venga voglia di preferire il volante della tua Eva Kent alla poltrona posteriore di un’auto bianca; magari, casualmente, una volta o l’altra, proprio della mia Cavallona. 😉
Grazie delle belle parole e dell’abbraccio, che ricambio di cuore !
Sì in effetti mi ricordo del tuo post sulla tendenza a girare a destra della tua categoria.
Ma io non so e, forse, non voglio resistere alla tentazione di dire quello che penso e quindi, giustamente, ho come pena l’incazzatura.
Mi piacerebbe che la casualità del fato ci facesse incontrare in questo modo.
Se salirò su una Cavallona bianca magari di notte con un taxista senza logorrea saprò che sei tu.
Un scalpitante abbraccio da Eva Kant
A te un nitrito affettuoso da parte di Jolanda la Cavallona, ed uno del suo cavaliere. Entrambi saremo felici di trasportarti.
A leggerti scopro sempre delle cose interessanti. Non sono mai andata dal minestraio, ma tutte le volte che passo di lì mi ripeto che dovrò andare prima o poi! Adesso non so, mi pare che non sia convincente.
Anche a me è capitato di perdermi dietro l’autostrada, nelle strade nuove che come un aratro hanno diviso la campagna verso san Lazzaro, mi sa che nemmeno con il tom tom si sappia dove andare.
Io alla mia maccina non ho dato un nome, ma la chiamo con il colore che ha: “Rosso lucifero”. Una meraviglia nella nebbia! Ciao Riri52
Non ti facevo così …satanica !
Per quanto riguarda quel locale, è molto comodo e pratico quando si vuole consumare un pasto non impegnativo, ma trovo pesantissima la relativa cucina (si salvano, fra i pochi piatti digeribili, i cannelloni agli spinaci e, ovviamente, le insalate).
Ciao Riri, freccia rossa nella nebbia…
Sì ma io ancora non vado a metano ma solo in ti esse eh eh eh eh e te lo do io tutta sua padre stai all’occhio nun me provocà neh!!!!
Ai conduttori di ‘Caterpillar’ (Radio2) è stato regalato un prototipo di scooter a metano.
Magari un giorno l’avrai anche tu e magari ci troveremo a fare il pieno di bomboloni e bombolette…
Ciao, cara “Miss Due-ruote” !
Credo di averti già scritto che mi piace il tuo modo di raccontare le piccole grandi avventure vissute con il tuo taxi..beh, non importa, sto invecchiando e sono ripetitiva, perciò lo scrivo nuovamente! Mi piacciono i racconti “notturni”, si respira un’aria calma e un po’ misteriosa, e si possono immaginare un sacco di cose sulla vita delle persone che incontri. Comunque, nel caso dovessi capitare dalle tue parti, siccome la cavallona mi sembra un po’ bassa per il mio collo, ti dispiace se mi accomodo fuori, sopra il tettuccio?!
Anch’io sto invecchiando, e non mi stanco mai di sentirmi fare i complimenti da una G.G., Giraffa Gentile.
Non vedo l’ora di sfilare per le vie della città con questo curioso ospite sopra il tetto: farei scalpore !
Salutone.
Ciao Franz,
sei libero? Mi traghetti tu al mio prossimo appuntamento? ok allora salgo.
Scusa sai, ma anche io sono una di quelle che ha sempre voglia di parlare quando salgo su un taxi. Anche se spesso tu tassista hai anche più voglia di parlare di me. E allora iniziano quelle conversazioni follemente particolari, perchè durano dieci minuti (traffico permettendo) e noi lo sappiamo, sia io che tu e allora deve essere detto tutto di corsa. Da dove arrivo io e com’è il traffico oggi da te. Il tempo, la pioggia o il caldo. L’ultima mostra che hanno aperto, e conosci nessun ristorante nuovo da quelle parti? Perchè a me hanno detto che si magia bene da Antonio, ma tu Antonio non lo conosci e di solito vai dai fratelli di là dal fiume. Ma davvero hai una cugina che sta nella mia città? no, mi spiace non la conosco, però sì lì c’ho mangiato anche io. Atttttento, ma guarda quello scemo come ha attraversato la strada, quanta gente pazza a questo mondo!
Meglio che scenda adesso.
Grazie, del passaggio…quant’è?
Ciao Solindue,
non vale, mi fai lavorare anche fuori orario, e rischiare pure un’ammonizione !
A differenza di molti colleghi, io non sarei un gran chiacchierone, e in fondo sono rare le volte che affronto una di quelle brevi conversazioni con interesse autentico.
Ma poi, a posteriori, l’ascolto di tutte quelle voci così diverse, che manifestano le infinite e imprevedibili sfaccettature dell’animo umano, mi fa sentire arricchito di un patrimonio tutto particolare di realtà e di (davvero) varia umanità.
Ok, siamo arrivati, mi devi tre nuovi accessi al blog e presto un nuovo (gradito) commento…
🙂
E’ stato bello leggerti…..
wrommmmmmm smack………
Grazie Miss !!!
Ma ti correggo, il motore a metano fa vvvvvvvvvvv…
Smack smack.
Ciao Franz, cosa succede oggi alla piattaforma WORDPRESS? ci mette un sacco di tempo a collegarsi e poi manca tutta la parte grafica, non è che è un problema del mio PC,aiuto, tutti i links ai blogs di quella piattaforma mi danno lo stesso problema, boh? speriamo che sia una cosa passeggera, anche perchè le altre piattaforme non mi danno problemi, ciaooo neh!
Spero si trattasse di problemi di manutenzione di breve durata. D’altra parte, penso che tu conosca bene questo genere di disagi: la piattaforma del tuo blog, Leonardo, è la stessa che decisi di abbandonare, traslocando qui, dopo troppi disguidi. (Non vorrei sbagliare, ma credo che ‘Leonardo’, con tutta la buona volontà e anche l’amicizia che ebbi modo di sperimentare in alcuni suoi addetti, sia un’emanazione di un gruppo attualmente nell’occhio del ciclone per mancati pagamenti del personale, cioé Eutelia).
Ciao, a presto.
Apperò! grazie per l’informazione, in effetti ora “wordpress” è tornata a funzionare benissimo.
Mi consenta di rinnovarle l’augurio, E’ BUON LAVORO….
ahahah, ciaooo neh!
Mi consenta di ricambiare: “BUONA PENSIONE !!!”.
😆
Ariciao !
Certo che il tuo lavoro ne ha di sfaccettature, magari non tutte piacevoli, ma stai sempre a contatto con la gente, che ormai volente o nolente riuscirai a capire al primo sguardo.
Certo, è il miglior ‘reality’ che si possa immaginare, e anche un ottimo antidoto alla tentazione di chiudere le porte, e gli occhi, e il cuore, alla realtà (quella vera), che ci circonda.
Ciao Franz ho letto con molto piacere il tuo raccontare la storia del tuo vivere e soprattutto del tuo lavorare, non posso esimermi dal confrontare quello che era il mio lavoro che oltre tutto è stato anche più o meno il tuo per un certo periodo, con quello che tu ora hai scelto di fare e fai con grande spirito di abnegazione ed una palese soddisfazione , ebbene ti invidio (nel senso buono) la serenità che lasci trasparire, che io al posto tuo non potrei proprio avere, io sono troppo diffidente verso l’altrui da avere sicuramente troppa paura di tutta quella strana e diversificata umanità che sale sul tuo mezzo con cotanta naturalezza e disinvoltura, oltre tutto fai anche il turno di notte.
Quindi mi complimento veramente con te e con tutti quelli come te che hanno il coraggio e la forza di vivere e lavorare normalmente in situazioni che all’apparenza possono sembrare a volte anche un po’ estreme.
Ciaooo neh! e come dice quella persona che ami tanto “E BUON LAVORO!”
Continuo a considerare per tanti aspetti un gioco, questo mio lavoro, in confronto agli stress sopportati nei ventitré anni di attività precedente; e questo anche e soprattutto per l’insuperabile livello di libertà e di autonomia che mi è ora concesso.
Dato che è un gioco, non posso fare mio l’augurio di quella persona, quella che ride, e glielo rimando volentieri (…visto che la sua unica occupazione è trovare metodi per farla franca e inventare balle !).
Per la cronaca: l’auto gorgogliante e borbottante del mio cliente appiedato era una Grande Punto.
Ma sono certo che la tua …farà la brava, neh!, come dice la nostra amica Miss.
Un salutone.
Alla mia “Nerina” leggasi Grande Punto nera, in 15 giorni gli ho fatto fare la pazzesca cifra di ben 175 Km, e per ora va come una gazzella assonnata, ancora un po’ legnosa nelle articolazioni e nei movimenti, ma rispetto a quella di prima non c’è paragone…
Ciaooo neh!
Abbiamo dunque battezzato anche la tua Grande Punto (d’ora in poi, Nerina).
Gazzelle, cavallone, giraffe, jene, …questo blog sta assomigliando sempre più ad uno zoo !