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Un diario come questo dà enorme risalto agli eventi ciclici a cadenza annuale di cui, come avviene più o meno per qualsiasi persona, è disseminato il cammino di chi quel diario gestisce, e, di conseguenza, attribuisce a quegli eventi una connotazione particolarmente rituale, oltre che di pietra miliare lungo il procedere dell’anno e degli anni.
Si finisce per raccontare sempre le stesse cose, e se la prima volta lo si fa cercando di trasmettere l’entusiasmo di un neofita, le volte successive subentra il timore di ripetere il già detto, di confidare il già vissuto.
Comunque, almeno per quanto riguarda la corsa podistica non competitiva della mattina di Capodanno, il tempo meteorologico sembrerebbe voler dare una mano a diversificare ogni volta l’esperienza.
E così, dopo la versione con il ghiaccio, quella con le luci e i contrasti di colore di un nitidissimo sole, quella con il grigio chiaro e la temperatura mite, questa è stata la volta della pioggia, una pioggerella insistente che smetterà solo dopo l’arrivo.
Sono appena le otto e un quarto e mi trovo già, con circa un’ora di anticipo, alla base di partenza, sotto il portico di Piazza della Pace di fronte allo stadio: l’intenzione è di percorrere la variante che porta alla basilica di San Luca (il punto di arrivo), attraverso la via di Casaglia, anzichè quella ripidissima e, podisticamente parlando, brevissima, che risale direttamente lungo il portico e la strada contigua.
In una città quasi completamente paralizzata, nel silenzio che segue la notte più rumorosa e movimentata dell’anno, la zona è già discretamente animata di uomini e donne scalpitanti in tuta, una razza di matti da legare a cui credo di appartenere a buon diritto, e c’è già anche il tavolino dell’organizzazione, che raccoglie le offerte libere, quest’anno destinate all’associazione cittadina “Il cucciolo”, che aiuta le famiglie dei bambini nati prematuramente.
L’anticipo, benché superiore alle intenzioni, si rivelerà estremamente prezioso, per affrontare la salita sotto la pioggia a passo molto tranquillo, e giungere in tempo per cambiarmi ed indossare la maglietta, il maglione e il pile che porto con me annodati, aggrovigliati in cintura e fin sotto l’elastico della pantacalza, nonché per usufruire del ristoro prima dell’arrivo del plotone ufficiale, e infine per partecipare al consueto brindisi tutti insieme.
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Ma percorrere la variante significa anche abbondonare provvisoriamente quel poco di calore umano già presente alla base, e avventurarmi da solo sotto la pioggia per le strade deserte.
‘Tendenza nel corso della giornata ad esaurimento dei fenomeni’, avevano sentenziato le previsioni.
Fenomeno io, che non ho voluto prendere niente di impermeabile; ma ho buone sensazioni, sia circa la possibilità di non inzupparmi troppo di pioggia (con il compenso aggiuntivo di non farlo per il sudore da condensa), sia circa la fatica del tutto sopportabile concessami dal mio passo di leggero trotto.
Ma ecco il primo evento di festa, quella che vengo a cercare e a trovare quassù tutti gli anni.
Sento avvicinarsi, nel silenzio, un podista più veloce di me, che mi raggiunge, e nel superarmi, secondo tradizione ormai consolidata, mi fa sorridendo gli auguri di buon anno.
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Aspetto che sia a debita distanza, poi provo ad immortalarlo, sfidando i goccioloni che puntano dritti sull’obiettivo della fotocamera.
Nell’avvicinarmi alla meta ne incrocerò altri due o tre, che per qualche misterioso motivo, oltre al fatto fondamentale di essere noi tutti quanti dei matti da legare, stanno correndo in direzione contraria. E ancora sorrisi ed auguri, e carica di euforia amplificata dal fiato sempre più corto.
Bar Pizzeria Vito: eccomi ormai arrivato, dopo un’ora e passa dalla partenza; vedo il tavolino del ristoro già in piena efficienza, ma prima raggiungo gli archi di portico che fiancheggiano la scalinata della basilica, per cambiarmi almeno al riparo dalla pioggia.
Ci sono altre persone, chi in tuta sportiva e chi in borghese, e tutti hanno voglia di scambiarsi battute scherzose.
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Un paio di bicchieri di the caldo e una fetta di ‘panspzièl’, il tradizionale panone scuro ai canditi e alle mandorle, insieme al panettone gentilmente elargiti dai volontari dell’organizzazione, di certo matti pure loro, ma, a differenza di noi, visibilmente infreddoliti.
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Sono gli ombrelli di chi si è fatto trovare già qui, a dare le note di colore di gran lunga più vivaci.
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Secondo i miei calcoli, il gruppo ufficiale dovrebbe essere ormai vicino, e decido di andargli incontro, per confondermi con loro nella dirittura d’arrivo, e scattare qualche immagine.
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Il vero e proprio crescendo di festoso contatto umano trova il suo acuto finale nel brindisi, come sempre sulla scalinata prospicente la basilica, davanti all’occhio della mia piccola macchina fotografica, ma anche del TG3 regionale, che come sempre trasmetterà un breve servizio sulla corsa nell’edizione serale.
Prima che vengano stappate le bottiglie di spumante, la rappresentante del “Cucciolo” prende un attimo la parola, amplificata molto artigianalmente dal megafono degli organizzatori.
Sicuramente lei non si è inerpicata di corsa ‘su per le Orfanelle’, come viene chiamata la nostra amata strada con il portico settecentesco di Carlo Francesco Dotti, ma ha ugualmente il batticuore e confida, con la voce davvero un po’ rotta dall’emozione, di essere commossa dalla generosa partecipazione.
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Il ‘rompete le righe’ avviene gradualmente, tanto che nel quarto d’ora di folle discesa a rotta di collo sotto il portico, già frequentato dai primi pellegrini e camminatori, continuo a superare e a farmi superare da altri partecipanti alla corsa. E sono ancora sorrisi ed auguri.
Al senso di lieve euforia si sovrappone, nella quiete e nel riposo casalingo del primo pomeriggio dell’anno nuovo, quello di grande benessere fisico.
Ci saranno sicuramente altri modi più canonici per cominciare bene l’anno; il problema è che sono per lo più indicati soltanto …alla gente sana di mente.
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Che belle immagini e che splendida iniziativa, caro Franz!
Peccato che abito in Liguria, altrimenti venivo a correre anch’io!
Pant.. pant… (Inizio ad allenarmi per l’anno prossimo!)
Baci… di corsa!
Giovanna
Sapevo di poter contare su un’altra persona …non troppo sana di mente. 😉
Ci conto, per l’anno prossimo: …quanto manca ?
Baci aerobici !
Ciao Franz, guardavo la foto di quel lungo porticato, e mi è venuto un flash legato al ciclismo, mi sembra ma non ne sono sicuro che quella stranissima costruzione di averla vista in una delle tante tappe del giro d’Italia di qualche anno fa, se il posto è quello giusto che mi ricordo di avere visto in TV, lungo quei colonnati c’è una salita molto difficile da percorrere proprio per i tanti gradi di pendenza, mi ricordo, ammesso che si tratti dello stesso luogo, che lo spiker diceva che era una prova che metteva a durissima prova gli atleti costretti ad utilizzare rapporti durissimi.
Tutto qua, come vedi sono sempre i particolari che mi fregano…ahahah
Ciaooo neh! alla prox.
Credo che il tuo ricordo sia corretto: più di una volta, fra gare nazionali e regionali, i ciclisti sono stati costretti a inerpicarsi sulla ripidissima via di San Luca dal caratteristico portico (proprio quella ‘stranissima costruzione’) che, come la basilica, è opera di C.F.Dotti, e che è molto amato dai Bolognesi.
Ma prima dell’Arco del Meloncello, da cui comincia la via di San Luca, il lunghissimo portico fiancheggia via Saragozza, che è una delle dodici strade radiali che si dipartono dal centro, secondo la struttura viaria di origine longobarda.
L’immagine riprende la parte finale di via Saragozza, mentre la percorrevo a ritroso per imboccare, alla mia destra dopo quel semaforo, la via di Casaglia, ripresa poi nella seconda immagine della sequenza.
Il mio legame interiore fra questi posti e la corsa di Capodanno, benché mi capiti di passarci spesso anche con il taxi, è ogni anno più forte.
Ciao Alan, alla prossima, e grazie per avermi dato la possibilità di questi approfondimenti.
MI sembra di esserci stata anch’io, pensa ho ancora un po’ di fiatone ma sono felice come una ..Pasqua (non è che ci avro’ messo troppo tempo?).
sheraancorabuon2010
Ecco di chi era quel delicato fiatone che mi sembrava di sentire alle spalle…
Comunque non ti preoccupare: non essendo una gara, si può certamente arrivare anche a Pasqua (ma non mi hai detto di quale anno…) ! 🙂
tanticariauguronishera
carissimo Franz, te l’avevo detto che sarei passata a curiosare per capire meglio come funziona questa “follia” da primo dell’anno! Bellissimo resoconto, davvero, mi hai fatto provare una sana invidia per questo modo così inconsueto di iniziare non solo la giornata, ma l’anno nuovo! Ho sentito con te la pioggerellina sul viso, il calore della corsa, il silenzio intorno, l’affettuoso saluto degli altri podisti…mi manca solo il sapore del panone! Un caro saluto
Sono proprio felice che hai mantenuto la promessa di venire a curiosare da queste parti, e ancora di più che ti sia piaciuto il mio resoconto: i tuoi complimenti mi incoraggiano molto.
Mi sembra di capire che anche per te la parte ‘zuccherina’ del racconto sia quella di maggior interesse… ma è un premio che si conquista con la fatica vera, per l’antica legge: fatica virtuale = panone virtuale !
Un carissimo saluto a te.
Concordo con Giraffa, evviva la follia.
Devo avertelo detto ancora che ti invidio per questa capacità di correre e trovarci una soddisfazione.
La mia storica, cronica pigrizia non mi permette, e mai mi permetterà, di avere una simile possibilità.;-)
Mai dire mai, cara Silvana.
Chi lo prova sa che è come una droga: dà dipendenza, anche a tipi fondamentalmente pigri come anch’io sarei, anzi spesso sono.
Ti manderò i miei ‘pusher’ per fare entrare anche te nel tunnel ! 😉
Sarebbe il caso che me li mandassi in fretta, perchè la mia pigrizia a muovermi, senza uno scopo preciso e dettagliato, sta diventando mirabolante.
Per fortuna che il fisico ancora mi sostiene e quindi non ho nemmeno la scusa di dover dimagrire (che se dimagrisco scompaio visti i miei 45 kg) o di mantenere un fisico asciutto.
Bacione
S.
Proprio uno …scricciolo, Silvana cara.
E viene spontaneo il paragone con Edit Piaf, il cui nome d’arte significa passerotto; mi segnalano infatti i miei informatori 😉 che, proprio come la sua, anche la tua voce sembra dotata di magici poteri di seduzione…
Bacione ricambiato.
In effetti il nome del blog deriva proprio dal fatto che io sia uno scricciolo, da cui familiarmente sono chiamata Scricci.
Per quanto riguarda la voce questo è quello che dicono le persone ma io non ne sono tanto convinta.
Ciaaaaaaaaaaaaaaaao!
Evviva la follia! La parte che preferisco, in questa corsa bagnata e colorata, è quella del the caldo e del panone scuro 😀
Perbacco, ti facevo del tutto erbivora… 🙂
Spero allora che un giorno ci sia l’occasione di farti assaggiare, qui dove viene confezionato, il ‘panspzièl’, o ‘panspeziale’, o ‘certosino’.
Ciao, Gi’ !
Eh, perchè mi facevi una giraffa normale 😆 L’ho assaggiato tantissimi anni fa, portato da mio padre, ma immagino che “inscatolato” perda molto del suo gusto e della sua fragranza!
A dirti la verità, non è un dolce particolarmente apprezzato, benchè sia una delle poche specialità nostrane in campo dolciario. Penso che sconti il suo aspetto piuttosto grezzo e una certa consistenza del suo impasto; anch’io l’ho riscoperto solo in età adulta.
Comunque quello confezionato non regge il confronto con quello artigianale.
Salutone.