L’attesa, la luna, la notte

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Una serata difficile, martedì scorso.
Così come, in certe altre occasioni, gli eventi in città si sommano per dar vita a straordinari movimenti di persone e a febbrili richieste di taxi, tutto sembrava invece congiurare per una vera e propria paralisi della vita cittadina.

Febbraio non ha portato via il gelo da questo lungo inverno, ma l’aria è cambiata: nevicate e vento l’hanno resa almeno più tersa; in questa notte di fine martedì le luci di una città spettrale sono vivide, quasi lancinanti, sotto un cielo nero in cui campeggia, chiara, nitida, una luna panciuta.
“Jazz a mezzanotte…” sussurra suadente una voce femminile da Radio Montecarlo, nell’ambito del programma di ‘Nick-the night fly’, notissimo raffinato conduttore musicale dall’inesorabile accento inglese.
Tutto sommato fin qui non è andata neanche troppo male: per tre volte di seguito mi sono piazzato nel posteggio ‘Due torri’, quello davanti al Roxy bar, tradizionalmente snobbato dai colleghi, e per tre volte ho caricato in tempi brevi. Ed ora sto correndo con irruenza verso la stazione, dove il terminale video, quanto a taxi presenti al momento, mi segnala un invitantissimo ‘zero’.
Un ultimo semaforo rosso, mentre già ho adocchiato l’area di posteggio, effettivamente vuota di taxi ma anche di passeggeri; nell’attesa del verde ripenso ad un paio di episodi e mi viene da sorridere.

Bisognerebbe bandire l’uso dei telefonini a bordo, quelli dei clienti, intendo, o quanto meno dotarli di un segnale sonoro di inizio chiamata.
Guidavo tranquillo e spedito, un paio d’ore fa, all’inizio di una corsa, quando ho di colpo irrigidito le braccia sul volante: “Eeeeeeeeeeh…”, una sorta di tagliente urlo di sfida, di allarme, di battaglia, da parte della mia passeggera. Dio mio cosa c’è, che diavolo le è venuto in mente, così, d’improvviso. Poi, …il seguito della conversazione, con un interlocutore che non so chi fosse ma comunque non ero io.
Neanche a farlo apposta, un’ora dopo, ancora una donna, giovane, carina; ho appena fatto fare alla docile Cavallona una curva di quelle da esperti, fra due vicoli molto stretti del centro cittadino, che: “Bravo !”, sento esclamare dal sedile posteriore.
“Eh, sa, si diventa bravi per forza, a guidare quotidianamente in città…” ho ribattuto modestamente, pavoneggiandomi un po’.
“Come dice ?”, mi ha detto a quel punto, con un tono di chi viene distratto d’improvviso da qualcosa d’altro.
“Ah no, scusi, credevo che parlasse con me”, ho dovuto ripiegare precipitosamente in difesa, mentre lei riprendeva la sua confidenziale chiacchierata telefonica, con un interlocutore che non so chi fosse ma purtroppo non ero io.

Quando di notte chiudono le porte del piazzale Ovest della stazione, abbiamo l’abitudine di fare cominciare la fila dei taxi una trentina di metri più indietro del solito, in concomitanza con l’inizio, anzichè con la fine, del marciapiedi canalizzato per i pedoni.
Così faccio, piazzandomi anche un po’ di sbieco, nella fiducia di andarmene comunque presto da lì, con il nuovo cliente a bordo e la sua valigia nel bagagliaio.
E invece l’attesa sarà lunga, lunghissima, quasi infinita: il tempo sembrerà fermarsi, in questa notte fredda, nitida, dalle luci lancinanti, non fosse per la luna, di cui avvertirò chiaramente lo spostamento, lassù nel cielo oltre le bandiere illuminate di Trenitalia e sopra i tre alberghi di lusso là di fronte, dalle antiche facciate impreziosite da effetti luminosi, eppure spettrali anch’essi, questa notte, come castelli abbandonati.
E non fosse per alcuni eventi che scandiranno quell’attesa.
L’arrivo di un primo collega, uno di quelli nuovi, ‘prioritari’ per i disabili: mi si affiancherà, in quella mia posizione un po’ di sghimbescio, ma appena un po’ più indietro, in garbato segno di rispetto.
L’arrivo di altri taxi, uno, un altro, altri ancora, molti altri, fino a che non mi chiederanno di avanzare per agevolare gli ultimi della coda.
Il formarsi consueto di un crocchio di alcuni colleghi, incuranti del freddo.
Li osservo, sono tutti curiosamente simili di corporatura, con quella certa prominenza a livello addominale, e tutti, ancor più curiosamente, si muovono spostando il peso da una gamba all’altra, in una movenza di lenta danza tribale.
L’attesa di una possibile chiamata via radio, in quanto capofila, mi esonera dal partecipare a quella specie di rito, dove, peraltro, la mia magrezza sarebbe del tutto fuori luogo.

Silenzio, assenza di vita.
Lo spegnimento automatico di sicurezza dell’autoradio, non mi era mai successo, avviene delicatamente, quasi a ritmo con un brano musicale molto morbido proposto da ‘Nick-the night fly’.
Osservo le facciate degli alberghi, di cui cerco di ricordarmi che nome avevano quando ero piccolo, e mi capitava molto di rado di poterli scorgere in tutta la loro fascinosa severità notturna; qualcosa come “Hotel Milano Excelsior” e “Hotel Bologna”, mi sembra di ricordare le grandi insegne luminose colorate sopra i cornicioni.
La luna, accesa come un abat-jour, è limpida, gonfia oltre la sua propria metà.
Piano piano sta diventando freddo anche qui dentro.
Mi chiedo quanto bello possa essere, questo fermarsi del tempo, quanto sia possibile gustarselo nella sua inaspettata manifestazione, tanto in contrasto con la fretta, con i tempi sempre ristretti, i ritmi sempre serrati delle giornate mie e di tutta la rumorosa città; ma quello che prevale è solo una sottile depressione, un senso di vago abbandono e desolazione.
Anche perché ormai come orario sono in dirittura d’arrivo, e dunque sarebbe già tempo di chiudere ‘sta serata di lavoro, e di rincasare.

Un abitante della notte attira la mia attenzione; un tipo un po’ losco, non gradirei mi si avvicinasse, men che meno volesse salire. Lo osservo mentre armeggia in maniera strana nei cestini della raccolta differenziata. Poi si accende una sigaretta; mi immagino che ora dia fuoco ai cestini, ma non lo fa. Quindi si incammina, per fortuna allontanandosi.

“Sappi…”, mi disse in un tardo pomeriggio di primavera, nei miei primi mesi da tassista, con aria da vecchio saggio incallito dall’esperienza, un collega anziano: “sappi…”, come per esprimere una verità sapienziale quasi esoterica, “sappi…”, mi disse dunque, eravamo fermi in ‘Bondi’, là in via Mazzini, “sappi che non c’è posteggio da cui prima o poi non si va via !”.
Una visione del mondo essenziale, minima, ma pur preziosa all’occasione, nella sua inconfutabile verità.

E’ già passata l’una quando quella profezia di Celestino, o di chi per lui, si avvera ancora una volta, nella fattispecie di un ragazzo, che spunta finalmente da dietro e si dirige verso di me con il suo zaino ed una borsa.
Scendo e mi faccio trovare con il bagagliaio già aperto.
Ha l’accento sardo: “Vado in via Paolo Costa, è quella subito fuori porta…”; lo interrompo: “Sì sì, la conosco bene, da bambino abitavo proprio nel palazzo di via Murri che fa angolo”.
Mostra un po’ di compiacente sorpresa alla mia confidenza.
Devo riprendermi dal torpore, e appena i semafori me lo permettono lancio la Cavallona veloce lungo i viali semideserti, e aumento il volume di Radio Montecarlo, che ora trasmette solo musica, dopo che ‘Nick-the night fly’ ha dato la buonanotte a tutti gli ascoltatori.
E’ difficile che attacchi discorso io per primo, ma ogni tanto succede, e questo ragazzo mi fa sentire a mio agio.
Così, quando passiamo davanti a due giovani prostitute che ingannano il tempo chiacchierando su quel marciapiede alla destra del viale, dico:
“Poco lavoro anche per le signorine, stanotte…”.
“Eh, certo, sono tutti già a casa; di giorno si lavora, che cos’é oggi, martedì ?”
“Sì è martedì”, rispondo con sicurezza, senza pensare che è già mercoledì da più di un’ora.

In pochi minuti siamo a destinazione.
Gli apro il bagagliaio e gli restituisco lo zaino; ci salutiamo con la tranquilla complicità di chi condivide i misteri della notte.
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Immagine da: http://condor.blog.rai.it/2009/03/27/la-luna-secondo-condor/

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20 risposte a L’attesa, la luna, la notte

  1. iolosoxchecero ha detto:

    bellissimo racconto. Mi hai fatto sorridere quando ho letto del malinteso con la ragazza carina che credevi si stesse complimentando con te per la manovra… 🙂 Anche a me è successo. Io ero al cellulare e lui credeva che lo stessi invitando a cena. Mi ha risposto “stellì, ma nun la vedi la fede?” 😛 Un caro saluto!

    • Franz ha detto:

      Grazie, cara stellì !!! 😀
      Vietare, vietare subito, le telefonate a bordo, un vero allarme sociale per la guida dei poveri tassisti ! 😥

      Un salutone a te.
      (mi hai anticipato, mannaggia 😡 , stavo proprio venendo a trovarti sul tuo blog…)

  2. silvanascricci ha detto:

    “Sappi che non c’è posteggio da cui prima o poi non si va via !”.
    E’ così tanto vero che a volte non ci si crede nemmeno più.
    Quanto mi piacciono i tuoi racconti del taxi!!!

    E’ vero quanto mi hai scritto nel commento ai miei racconti sull’autobus, sarebbe carina una raccolta di racconti dal titolo: Bus e taxi tra i portici bolognesi”.

    Ciao carissimo.

    • Franz ha detto:

      Ciao carissima,
      intanto grazie per l’apprezzamento, di cui sono sempre avido ed ingordo…
      Notavo solo una cosa, a testimonianza che i racconti sono generati non solo da chi scrive ma anche da chi legge: anche tu hai dato il massimo risalto a quella frase sui posteggi, che nelle mie intenzioni era solo una piccola divagazione leggera.
      Quanto alla nostra raccolta, infine, lasciamo che l’idea cresca spontaneamente da sola: una delle tanti virtù dei blog è che (di solito…) nessuno scritto va perduto.

      Una buona settimana a te !

      • silvanascricci ha detto:

        Caro Franz,
        a volte è proprio dalle piccole divagazioni leggere che nascono e si capiscono verità profonde.
        Besos
        Silvana

      • Franz ha detto:

        Proprio vero… mi hai fatto venire in mente una bella raccolta di racconti del primo Tabucchi, intitolata, appunto “Piccoli equivoci senza importanza”.

        Muchos besos.

  3. Misss ha detto:

    …..e poi che cosa mi è successo? Non sono più passata a scrivere tutto quel vortice di idee che aveva creato il mio povero neurone, mi viene sempre tardi. Anche ora è tardi, oggi casino gara di nuoto domani gara di ginnastica e che dirti? Come direbbe la mia piccola bestia: oxux orribilus vomitus?
    Notteeeeeeeeeeeeee

  4. filippo b. ha detto:

    Caspita SuperFra!
    Ma qui andiamo avanti a coincidenza dopo coincidenza. Prima vedo Pegaso fratello della Jolanda sotto i tuoi balconi a Salerno, poi ora invio il mio commento e lo ritrovo pubblicato quasi in contemporanea con il tuo. E si che tu dovresti essere in questo momento a Parma, se ho inteso bene. Franz propiziatorio!

  5. filippo b. ha detto:

    Ma guarda un pò chi ritrovo a bordo della Cavallona nella tersa notte bolognese?: l’ “inesorabile” accento di Nick-thenightfly. Molti anni mi accompagnavo con la sua musica mentre parcheggiavo in notturna al tavolo da disegno, e poi dopo con gli anni allo schermo del computer. Ma “non c’è posteggio da cui prima o poi non si va via”. E capita a volte di rimpiangerlo il parcheggio.

    • Franz ha detto:

      Ebbene sì, c’è ancora qualche certezza, nella nostra vita: quella voce made in Scotland accompagna i radioascoltatori più incalliti praticamente da sempre. Forse è un alieno.
      La tua pennellata sui rimpianti fa pensare, ma teniamoci stretti anche quelli, che in fondo possono essere un lusso, e andiamo avanti, verso nuovi posteggi: è l’unica cosa che sappiamo e ci è dato di fare.

  6. Superfragilistic ha detto:

    Se la notte a Bolgna può vestirsi di effetti speciali, come descrivi nelle luci ed in quanto orna ciò che compare ai tuoi occhi nella gelida notte, a Parma è proprio una desolazione: la notte è ancora più grigia e nebbiosa del giorno che, però, non è che si vesti di così tanti colori neanche a mezzogiorno di un sabato, mi dicono, sereno. Mi chiedo guardando i tristi colori grigi di tutto ciò che mi circonda: ma a Primavera cambierà qualcosa? e tutto ad un tratto capisco l’animo arrabbiato dei leghisti: non c’è da divertirsi a sveglairsi in Padania. Scusa il fuori tema. Un abbraccio Super

    • Franz ha detto:

      In effetti è stato un inverno massacrante, qui ai margini della Pianura Padana (chiamiamola col suo vero nome !), sia per il freddo, sia soprattutto per il buio e il grigio, che hanno connotato gran parte di dicembre e gennaio. Ora le cose sono già cambiate, e il sollievo è grande, prima che una festosa, sia pur capricciosa, primavera arrivi, e certo che arriva, anche da queste parti.
      La tua nota climatopolitica è credibile assai… anche se non spiega tutto…
      Un abbraccio a te.

  7. alanford50 ha detto:

    Come sempre un racconto che ti rende non non solo lettore ma personaggio del racconto stesso, e facile ritrovarsi seduto sul sedile anteriore laterale della cavallona quale osservatore inosservato, mi ha colpito la gestione del tempo, le sensazioni legate all’attesa, allo strano perdersi e concedersi al tempo, sensazioni condannate ad infrangersi all’arrivo di un qualsiasi personaggio sempre benvenuto ma comunque straniero che ti distoglie e costringe al reale, al ripetere del gesto che avvalla il tuo essere lì in quel momento preciso, per asservirlo, fino a ritrovarti nuovamente in balia del tempo in attesa di un nuovo e continuo ripetere del gesto.

    Ciaooo neh!

    • Franz ha detto:

      Un sincero grazie anche a te, caro Alan, ancora una volta, e per gli stessi motivi che ho appena scritto in risposta al commento precedente.
      In particolare mi ha confortato essere riuscito, secondo il tuo parere, proprio nell’intento principale, che era quello di raccontare e ragionare sulla percezione del tempo.
      I momenti di stasi, in fondo, sono un altro aspetto ricco di significati del mio lavoro, benché rappresentino un’insidia da evitare.
      L’importante è cercare sempre di imparare dall’esperienza, e di portare a casa ogni giorno un compenso che vada al di là del vil denaro, pur necessario per la pagnotta.

      Un buon fi-neh-settimana a te !

  8. ilbambi ha detto:

    Fantastico..il resoconto perfetto di una nottata di lavoro.Scrivi benissimo,per un attimo ho avuto la sensazione di essere seduto sulla Cavallona a gustarmi la conversazione telefonica della prima tipa!

    • Franz ha detto:

      Grazie davvero Fabio/ilbambi, credo che non ci sia miglior gratificazione, per chiunque racconti qualcosa, che gli venga riconosciuto l’effetto-presenza da parte di chi ascolta, o legge.
      Che dici, ne facciamo una sceneggiatura, magari dal titolo: “Conversazioni ravvicinate della prima tipa”…? 😀

  9. solindue ha detto:

    “Sappi che non c’è posteggio da cui prima o poi non si va via !”.
    Magnifica frase. Di una saggezza infinita.
    L’attesa non è mai vita persa… ci sono momenti di passaggio, transiti in “posteggi” che sembrano infinitamente lunghi, e dai quali sembra non riuscire a smuoversi. Ma con pazienza e lungimiranza prima o poi si riesce ad afferrare una via d’uscita.wordpress stats plugin

    • Franz ha detto:

      Andando al di là dell’intento del tutto ironico che animava quella citazione, ne hai messo in luce l’effettivo …’valore sapienziale’, e devo ammettere che la tua interpretazione è molto vera e convincente.
      Credo che ci siamo passati tutti, e tutti ne siamo usciti, da “posteggi” in apparenza infiniti, e che la lezione della pazienza, della lungimiranza, e aggiungo della fiducia, sia un patrimonio fra i più preziosi.
      Thank u, Sol !

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