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Una delle difficoltà del mio mestiere è quella di individuare con sicurezza i numeri civici, non sempre in dovuta evidenza accanto ai portoni e alle vetrine.
Bisogna farlo mentre si procede nel traffico, cioé con problemi di intralcio e di sicurezza, a volte aguzzando la vista come solo Superman saprebbe fare, soprattutto durante la notte.
Talora poi la difficoltà è aumentata da sfilze infinite di ‘subalterni’, che sono i numeri specificati da un progressivo, indicato, nell’antica tradizione cittadina (come peraltro tuttora, in piccolo, nei pannellini accanto ai portoni) con un numero ordinale; per intenderci: si diceva abito ‘al quattro secondo’, mentre ora prevale la locuzione ‘al quattro barra due’.
L’altra notte la ricerca di un numero subalterno di via San Donato, facente parte di una nutrita collezione che abbraccia un tratto di molte decine di metri, si era finalmente conclusa con successo accanto a un bar, e un ragazzo mi aveva fatto cenno di aspettare un momento.
Finchè è apparso un altro giovane, che dalle note nella chiamata via radio sapevo chiamarsi Mustafà.
“Salve”, gli dico in tono amichevole, “non è stato facilissimo localizzare l’indirizzo…”.
Non mostra alcuna voglia di ribattere.
“Dove andiamo ?”, gli faccio allora in tono meno confidenziale.
“In via Petroni”.
Via Petroni, meglio conosciuta (chissà perchè) come via Giuseppe Petroni, è una strada di accesso alla zona universitaria, ma è anche una delle vie peggio frequentate del centro. Sotto il portico, accanto alle numerose vetrine dei pakistani che servono il kebab, stazionano giorno e notte, alcuni seduti per terra, numerosi giovani sbandati, sempre con bottiglia di birra, a volte con cane, al seguito.
Dalla parte opposta un piccolo marciapiede, spesso recintato da paletti e catene, rende la carreggiata percorribile un po’ stretta, anche a causa della fila di auto sempre parcheggiate accanto al portico. Dal lato del marciapiede, a completare l’aspetto non esattamente invitante della via, le austere e lugubri vetrine sempre illuminate di un’importante agenzia di pompe funebri.
Poco dopo averla imboccata, e mentre già alcune auto la percorrono dietro alla mia, Mustafà d’improvviso mi dice:
“Fermati, scendo un attimo !”.
Rallento, e sulle prime cerco di ragionare:
“Ma non posso fermarmi qui, blocco tutta la strada !”
Fulmineo, imperioso, ribatte: “Un attimo solo !”, e senza aspettare la mia reazione apre lo sportello e si fionda fuori, dirigendosi con decisione dentro il portico.
Non mi resta che cercare, un po’ più avanti, fra i passi carrai e i varchi fra le catene salva-marciapiede, un po’ di spazio per lasciar defluire la circolazione; sono costretto a una delicatissima manovra in retromarcia, ma alla fine ci riesco. Spengo il motore e accendo le luci d’emergenza.
Due, tre, cinque minuti: l’ “attimo” tende a dilatarsi.
Finché capisco che è meglio prenderla persa e cercare miglior fortuna.
Se seguissi i ricorrenti inviti sui bollettini mensili della cooperativa, dovrei stampare la videata della corsa, e cercare l’indomani uno dei consiglieri per segnalargli l’accaduto.
Non lo faccio: la filosofia del ‘prenderla persa’ mi impedisce di dedicare ulteriore tempo allo sgradito episodio.
Un tempo ero più battagliero: più di una volta telefonai ai vigili per segnalare i parcheggi selvaggi su aree adibite a nostro posteggio.
Gentili, il più delle volte mi rispondevano: “Al momento non abbiamo pattuglie in zona, comunque diffondiamo un comunicato”.
Una volta la mia segnalazione ai vigili mi valse una furibonda scenata teatrale da parte di uno dei baristi (della vecchia gestione) del Roxy Bar, sotto le Due Torri.
Un’auto vistosamente trasformata a fini pubblicitari, a chiazze bianche e nere, diffondeva musica ad altissimo volume, occupando quel che restava della nostra area di posteggio, mentre due giovani hostess distribuivano ai passanti dei volantini stampati e delle bottigliette di una nuova bibita, invitando ad entrare nel bar.
Al solito fastidio per l’invasione, si aggiungeva in cuor mio quello dell’operazione insopportabilmente chiassosa e biecamente consumistica.
La reazione dei vigili quella volta fu diversa: con logica inappuntabile decisero evidentemente di verificare la situazione con una telefonata al bar.
E infatti, dopo ben poco tempo ne uscì il barista, chiedendo se fossi io il colpevole del misfatto.
Non ebbi remore ad attribuirmene la paternità, e a quel punto il corpulento e alterato giovinotto si mise ad urlare, che avevo fatto una bastardata, e che loro da quel bar chiamavano sempre noi della Co.Ta.Bo. e non se la meritavano, e non la finiva più.
Mi salvò una provvidenziale chiamata via radio; ma, a dir la verità, mezz’ora dopo, potei verificare che quella strana vettura ‘pezzata’, e tutto quel trambusto, erano magicamente spariti.
Fu un collega, serafico, tranquillo, con l’aria di chi conosce il mondo, a farmi un po’ cambiare stile.
Due arroganti ragazzi stazionavano col motorino davanti all’ingresso della stazione, intralciando il passaggio dei taxi, e non davano alcun segno di ravvedimento anche dopo le mie (e non solo mie) vistose segnalazioni di spostarsi.
Il collega mi vide piuttosto nervoso, e mi suggerì, appunto con quel tono saggio e bonario, di prendermela più calma:
“Guarda che non serve a niente, a dei tipi così la testa non gliela cambia nessuno…”.
Penso che avesse ragione.
Fatto sta che da allora sopporto più tranquillamente i quotidiani piccoli o grandi soprusi che, di questi tempi, ospita e alimenta la città.
E mi tengo le energie (o mi illudo di tenermele) per battaglie più importanti, contro mulini a vento decisamente più gravi, vistosi e intollerabili.
Come ad esempio la legge bavaglio e gli attacchi alla Costituzione del nostro simpatico dittatore.
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Immagine da: http://www.ilcaffeillustrato.it/numero_07_8_donchisciotte_cicare3.htm
A volte da come racconti mi sembra di stare in taxi lì con te 🙂
E’ sempre il miglior complimento, carissimo.
…Ma occhio, che con tutti i giri che ti faccio fare la bolletta sta aumentando !
(accetto anche paypal) 😀
Ciao Franz, sono io, intendo ioloso! 🙂 Mi fa piacere poter tornare a leggere le tue peripezie con la cavallona tra le vie affollate, mal frequentate, mal parcheggiate, della città! Io ancora non riesco ad avere questo atteggiamento “zen”: un sopruso, seppure microscopico, mi irrita lo stesso! P.S. questo post è irresistibile…mi mancava!
Ma bentornata, mia cara amica !
E bentornate anche le tue quotidiane micro o macro incazzature, se la tua reazione ‘poco-zen’ può servire a zittire qualche strafottente di turno, come in un evidente ma efficace “Nun t’allarga’ !”.
Ciao, e auguroni per il tuo nuovo blog.
permesso?
vengo dal blog della mia cara amica Milvia.
ho letto il testo, posso aggiungere questo di Micromega?
grazie
http://temi.repubblica.it/micromega-online/bavaglio-liberticida-un-problema-europeo-lallarme-di-reporters-sans-frontie%CC%80res/
buona giornata
e complimenti per il blog
Un caloroso benvenuto a te.
Anche se l’invito ai senatori, contenuto nell’appello di ‘Reporters sans frontières’, è stato alla fine ignorato (come si poteva immaginare), mi fa piacere che il tuo commento esprima di fatto una risposta di campo, dunque attiva, alla questione sotterranea a questa discussione, che è l’individuazione della migliore strategia contro l’arroganza.
Diffondere informazione e sensibilizzazione ai problemi è un metodo ben noto a noi blogger, e, guarda caso, combattuto in mille modi dal nostro corrotto governo.
Un grazie a te !
Rassegnarsi o non rassegnarsi? alanfordizzarsi o non alanfordizzarsi? tutto sta arrivando unicamente a porci di fronte a questi due dilemmi, per certi versi ha ragione silvanaScricci la dove ti scrive che lasciando correre oggi, lasciando correre domani si arriva inevitabilmente al momento in cui i caimani prendono il sopravvento, è inevitabile, direi lapalissiano e matematico, ma quali alternative reali abbiamo, onestamente molto ma molto ma molto poche, direi quasi nessuna, o ci mettiamo a girare armati con le pistole nel fodero come nel far west, oppure siamo costretti a raccontarci che tanto vale lasciare perdere, in effetti il far west ci ha ampiamente insegnato che l’essere armati e pronti alla reazione non è servito proprio a nulla, in quell’epopea sono morti un sacco di banditi ma anche un sacco di persone per bene, quindi il metodo non ha funzionato, non concedeva nessuna sicurezza e i banditi spadroneggiavano comunque, forti della loro dimestichezza con le armi e con la consapevolezza di chi non ha nulla da perdere ed in ultimo ma non ultimo una certa predisposizione a tenere e mantenere un certo tipo di arrogante atteggiamento, insomma per le brave persone c’è poco spazio e poco avvenire, questa regola millenaria continua ad essere attuale e valida nella sua profonda ingiustizia che l’accompagna.
In questo senso hanno ragione e torto entrambi, sia chi dice “Lascia perdere tanto non serve a niente, tanto a dei tipi così la testa non gliela cambia nessuno” sia chi dice “Lasciare perdere è sbagliato, perché lasciare perdere oggi, lasciare perdere domani…..”purtroppo è vero che il mondo è pieno di quei Mustafà e di quei ragazzi con il motorino, la verità è che sia che tu lasci perdere o sia che tu non lasci perdere le cose rimangono assolutamente uguali , quindi tanto vale cercare di nascondersi, di non farsi trovare, di evitare di concedere loro la possibilità di essere quello che così facilmente riescono ad essere, qualcuno dirà, ma così glie la si da vinta, così si diventa dei perdenti, la verità è che oggi non esiste più il senso di vincitore ne quello di vinto, forse ci è solo più concessa la sana rassegnazione, in attesa di avvenimenti cosmici capaci di sovvertire il vivere di quest’oggi così povero di umanità e di ragione.
Non dimentichiamoci che la probabile alternativa a questo stato di cose è l’illusione che possa essere diverso.
Ciaooo neh! alla prox.
Ho già ragionato a lungo, nei commenti qui sotto, sull’opposizione fra approcci combattivi e rinunciatari di fronte all’arroganza, e non voglio ripetermi qui.
Riconosco comunque, nelle tue conclusioni, il vecchio Alanford pienamente alanfordizzato, quello con cui sistematicamente ho un atteggiamento dialettico, per non dire di scontro.
Tu vedi la rinuncia come qualcosa di ineluttabile, strategica magari solo nel togliere campo a quegli atteggiamenti, e resti in attesa degli …avvenimenti cosmici; da parte mia considero la rinuncia strategica al dispendio delle risorse personali in battaglie più importanti ed efficaci.
Come vedi, siamo alle solite, e questa volta abbiamo recuperato pienamente i nostri classici ruoli… 😉
Ciao !
Non so se il taxista può rifiutare una chiamata. Chissà che succederebbe!
Hai ragione Via Petroni fa paura anche di giorno, perchè tra l’altro è sempre buia. lo sapevi che lì trent’anni fa c’era un posto di polizia? Non a caso direi!
Teniamo le energie per cose più importanti da fare, solo mi chiedo: che fare? Ciao Riri52
Che fare? Questa domanda ha echi antichi e validità perenne.
Impossibile dare una risposta, o comunque un parere, universalmente validi; penso che l’importante sia mantenersi molto vivi, molto attenti, molto tonici, e anche molto sereni, per poter sfruttare di volta in volta le occasioni di cambiamento e rinnovamento che, più o meno timide o conclamate, si presentano sulla scena.
Tornando alla nostra città, non ricordavo proprio il posto di polizia in via Giuseppe Petroni; per quanto riguarda invece il mio lavoro, gli unici filtri che posso fare sono nel rifiutare una chiamata radio-taxi in qualche modo sospetta o rischiosa, ovvero nel rifiutare di caricare clienti visibilmente alterati.
Ciao !
“Guarda che non serve a niente, a dei tipi così la testa non gliela cambia nessuno…”.
E così è stato.Dopo otto mesi di prove , controprove, testimonianze, racconti dei casi che mi capitano in ospedale e durante i giri in bici, sono stato additato come uno che è in affari e/o commercia autovelox.
Tornare due tre volte all’anno dalla tua città, mi serve per ricaricare le batterie.Leggo il Carlino, anche se recenti, e ”fotografo” stili di vita e comportamenti.
In giro con la bici da corsa di mia sorella ,ho percorso la Persicetana più volte ed ho potuto ammirare l’efficienza ed il rispetto delle regole della strada. Gli autovelox posti su quella importante arteria , permettono a TUTTI, di percorrerla, non senza pericolo, ma di transitarla anche con la bici.
Il copia / incolla di quel modello sulle pagine di un quotidiano locale e su quelle di F.B.,è stata prontamente utilizzato per la campagna elettorale del vincente presidente della provincia ,ma prontamente ,dopo, riposto nell’armadio delle vergogne e delle bugie.
La rete mi ha permesso di esprimere un parere ,una opinione, un modello da applicare ,ma tutto si è coriandolizzato dai megafoni elettorali.
E sono stato additato anche come fiancheggiatore delle ditte di autovelox.
Intanto ,in ospedale , i politraumi della strada sono in costante ,triste, aumento .
Sulla persicetana potrei anche correre in bici. E ci tornerò.
Apprezzo molto, come qualsiasi battaglia di civiltà, il tuo schieramento attivo a favore di uno strumento come l’Autovelox, di cui hai constatato personalmente l’efficacia nel combattere gli incidenti e le strazianti conseguenze che ti tocca osservare quotidianamente.
Se devo essere sincero, da tassista notturno, il mio atteggiamento nei confronti di quelle fotocamere, che mi obbligano a frequenti e a volte pericolose frenate quando le strade extraurbane sono deserte, è un po’ diverso, ma questo, in fondo, non inficia le tue considerazioni.
Il sistema ‘tutor’, più flessibile in quanto basato sulla velocità media, (sistema che fra l’altro sembra addirittura dimezzare il numero di vittime sull’autostrada) può metterci d’accordo del tutto.
Ma anche intorno a questi argomenti bisognerebbe forse ripensare ai modelli, alla scala di valori culturali, intorno alla mobilità, alla velocità e alla sicurezza, modelli piuttosto distorti e disumani nel distruttivo modello culturale ancora dominante.
Ti aspetto, lanciato in bici fra Calderara e Tavernelle…
Caro Franz,
stavolta mi tocca non essere d’accordo con te.
E’ proprio dalle piccole cose, incivili, fastidiose, supponenti e boriose che nascono le grandi cose.
Lascia andare una cosa oggi, lascia andare una cosa domani….
Come accennavo ad Amanda a proposito di quel ‘dissidio’ (vedi immediatamente sotto), mi riesce molto difficile risponderti, cara Silvana, anche se il nostro disaccordo è evidentemente solo sull’efficacia di metodi e criteri per combattere i mali sociali ed arginare, se non eliminare, la diffusione della cancrena.
L’atteggiamento come quello che caldeggi tu, di lotta e testimonianza sistematica, ha un indubbia validità, e in fondo, contraddicendomi un po’, l’ho testimoniato anch’io nel riferire l’efficacia finale del mio intervento telefonico davanti al Roxy bar.
Ma bisogna forse prendere in considerazione un paio di altri aspetti.
Il primo è la predisposizione personale alla polemica, a quella faccia-a-faccia, intendo, non mediata, ad esempio, dalla parola scritta come in un dibattito come questo, ovvero dal prendere posizione accanto e in rinforzo di movimenti organizzati. Ecco, quella predisposizione, personalmente, in me è scarsa, e dunque il ricorso a qualche ritirata strategica può garantirmi davvero una serenità utile a battaglie più importanti.
Il secondo è la considerazione della micro-arroganza anche come sintomo di una malattia; poiché ritengo da tempo qualsiasi terapia medica sintomatica tendenzialmente inutile e dannosa, applicando lo stesso criterio alla società, si può pensare di dare un contributo più sostanziale nel curare la malattia e non il sintomo, con la diffusione e l’esempio di atteggiamenti culturalmente sani, ricchi, e, possibilmente, trainanti.
Poi, sta naturalmente alla coscienza di ognuno trovare i più giusti ed efficaci compromessi fra le due posizioni.
a ben vedere dovrebbe essere una vita vissuta in stato di agitazione perenne, la mancanza di senso civico, la maleducazione, dilagano, il diverso o altro da sè che come il sè ha bisogno dei propri spazi e vanta giustamente i propri diritti nessuno sa proprio più cosa sia, tutti avanti come dei buldozer, sgomitando. Poi questi votano e chi votano? altri come loro, i sommi esempi di quel modo essere, l’incarnazione stessa del menefreghismo per il prossimo, dell’avanti tutta, del chi ciapo ciapo come si direbbe dalle nostre parti o del ciapo tutto mi
Stato di agitazione perenne.
Una bella definizione, che mi aiuta un po’ nel difficilissimo tentativo di trovare una soluzione al dissidio sottostante al tuo come ai commenti degli altri amici: quello fra un atteggiamento combattivo e uno, invece, di frequente ritirata strategica.
Fra votati e votanti, poi, è vero, si è generato un circolo vizioso che ha letteralmente infestato il nostro vivere associato e la nostra cultura.