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Durante le ore precedenti la partita d’esordio dell’Italia ai mondiali, nel lungo pomeriggio umido e un po’ nuvoloso, si notavano già i segni dell’evento di popolo che stava ancora una volta per consumarsi.
Un ragazzo che cammina con un’evidente bandiera tricolore arrotolata sulle spalle; lo stesso simbolo già esposto alle prime finestre e balconi; un altro giovinotto, nei pressi di un bar in zona universitaria, con un parruccone argento a riflessi verdi-bianco-rossi.
E traffico in aumento: la gente si spostava con sufficiente anticipo per andare a celebrare il rito in compagnia, e così per me il lavoro era abbondante, ininterrotto.
Era ora la volta di una coppia un po’ anziana, garbata. E’ sempre un piacere profondo sentire due coniugi che comunicano con un’intesa e un rispetto reciproci, evidentemente maturati nei lunghi anni anni di una vita condivisa quotidianamente.
Avevo capito che la loro attenzione era concentrata su un oggetto, ma non capivo quale. Finché non me ne misero al corrente loro: si trattava di una cavalletta aggrappata a un finestrino posteriore.
“E’ dentro ?” mi affretto a chiedere.
“No, è fuori; è molto salda, sta lì da quando siamo partiti”, mi risponde lui.
“Però, una bella resistenza, anche perchè prima, sui viali, avrò fatto anche gli ottanta… Starà pensando che finalmente si è alzato un po’ di vento”.
Condotti a destinazione i due gentili anziani, è ora la volta di una ragazza molto giovane, capelli lisci evidentemente colorati, dai riflessi blu-violacei.
Ha l’espressione vivace ma non parla, mentre la trasporto verso la periferia, fra un semaforo e l’altro.
In un momento in cui finalmente posso procedere spedito, improvvisamente emette un urlo acutissimo, spaventoso.
Irrigidisco le braccia sul volante, rallento di colpo, con un tuffo al cuore: “Cosa c’è, santo Dio?”.
“Ho una bestiaccia fra i capelli”, mi risponde trafelata, “la cacci via, mi aiuti, la prego !”
“Ah, su, non è niente, è una cavalletta, si vede che è riuscita ad entrare. Adesso mi fermo e la aiuto a mandarla via”.
Ma non faccio in tempo a finire il discorso che la ragazza si rimette a urlare:
“Aiuto, ce ne sono delle altre! Mi faccia scendere, mi faccia scendere!”
Do un’occhiata dietro e in effetti ne scorgo almeno altre tre, sul vetro e sul pianale superiore della Cavallona.
Mentre l’affanno e le grida della giovane non si placano, appena posso accosto, scendo e le vado ad aprire lo sportello; poi, come per colpire una biglia con due dita, riesco con precisione a centrare la cavalletta che infesta la chioma dai riflessi blu, liberando la malcapitata.
Spaventata com’è, capisco che chiede solo di essere lasciata andare; mi allunga dieci euro e scappa via.
La disinfestazione non è difficile, grazie ad il più prezioso degli strumenti, in casi come questo: una scatolina di cartone, dentro cui tengo elastici, graffette e altri piccoli oggetti d’uso.
Così, in breve tempo, posso riprendere fiato anch’io.
E subito arriva un’altra chiamata: viene da Sacerno, un piccolo paese sperduto nella campagna a qualche chilometro dalla città. Vinco quel po’ di titubanza relativa a chiamate extraurbane, e accetto la corsa, dichiarando sul touch-screen dodici minuti. Poi mi avvio deciso.
Maledezione, un’altra !
Un insettaccio verde mi è saltato sul collo; la sensazione non è delle più piacevoli.
Mi fermo ancora una volta, appena posso; spengo il motore, apro il finestrino, e cerco di catturare la fastidiosissima bestiola che ha deciso di piazzarsi con me, ora sulla mia spalla, alla guida della Cavalla.
Benchè la fretta in questi casi non aiuti, alla fine l’operazione riesce anche questa volta.
Via, si riparte, cercando di non tardare all’appuntamento con chi mi sta aspettando. Imbocco la via di campagna, percorsa da rarissimi altri automezzi.
Per sicurezza do un’occhiata dietro, e mi si stringe nuovamente il cuore. Sul tetto dell’abitacolo almeno altre quattro cavallette stazionano beffarde.
Franz, calma. Calma.
Calma!
Ancora una sosta, ancora una disinfestazione, mentre i minuti passano e mentre, ormai, la calma e la tranquillità se ne sono andate via, insieme a tutti gli insetti che ho già fatto gentilmente accomodare fuori.
Riaccendo nervosamente il motore, e riparto di gran carriera, lungo la strada di campagna.
Quando, nei pressi di una curva, l’ennesima cavalletta decide di saltare, con precisione millimetrica, sulla lente destra dei miei occhiali.
Un altro tuffo al cuore, un blocco alla respirazione, e soprattutto una frenata maldestra, che, nonostante l’aiuto dell’ABS, non può evitare alla Cavallona di uscire di strada e terminare la sua corsa a testa in giù in un profondo fossato, mentre con un botto sento l’esplosione dell’airbag frontale.
Non perdo conoscenza, ma mi ritrovo in una posizione scomodissima e sento di non riuscire più a comandare i miei arti.
Mi sento percorso da tremiti di spavento e da fitte di acuto dolore dappertutto.
E adesso che si fa? Mi rendo conto che sono finito in un punto difficilmente visibile dalle auto di passaggio. E sono completamente paralizzato nei movimenti.
Capisco che la mia vita ha preso proprio oggi una svolta, di quelle definitive.
E intanto vedo infittirsi, intorno a me, sopra il palloncino bianco dell’airbag ormai semisgonfio, sopra tutto il mio corpo dolorante e incontrollabile, un esercito di cavallette, che saltano festose.
Piano piano le ombre della sera calano.
Nessuno è venuto a salvarmi, ed ora l’abitacolo è completamente invaso dagli insetti verdi, alcuni dei quali cominciano ad attaccare il mio corpo e a cibarsi del mio sangue.
Il pensiero della morte non tarda a presentarsi. E’ strano, arriva inaspettato, mi hanno sempre detto che è così per tutti, e forse è venuto proprio oggi il mio momento.
Chi avvertirà i miei cari? Quando muore un singolo c’è sempre il rischio che per lunghi giorni non lo sappia nessuno.
Chissà se qualcuno si prenderà la briga di riparare il muso deturpato della Cavallona.
Sembra che le cavallette-sanguisughe vogliano affrettare misericordiosamente la mia agonia: ora tutte sono concentrate a succhiarmi il sangue dalle braccia, dalla faccia, dal collo, perfino dai garretti. Il fastidio, lo schifo si sovrappongono al dolore e all’angoscia.
Non so se avrò tempo di ripensare a tutta la mia vita, ammesso che serva a qualcosa, ma un’immagine della memoria prende il sopravvento sul resto.
Sono in bicicletta, in un tardo pomeriggio di sole, durante le vacanze al mare, e vedo i miei genitori, all’uscita della messa, che camminano a braccetto, rilassati, con dolcezza.
Chissà se sto per rivederli nell’aldilà, mi chiedo titubante, con tutto lo scetticismo maturato, nel pensiero, durante gli anni della mia vita che sta ormai terminando.
L’ultimo respiro non è più doloroso degli altri: ormai la coscienza è quasi svanita.
Ed ecco la risposta, inattesa, sorprendente, spiazzante, intorno all’eterno quesito sull’aldilà.
Paradiso? Purgatorio? Reincarnazione? Dove sono finito, che cos’è, come si chiama questo posto, questa situazione ?
Ma il dolore e l’angoscia sono d’incanto cessati, e le sensazioni sono piuttosto gradevoli.
Sto guidando la Cavallona, bianca, splendente, integra, lungo un percorso in linea retta nel cielo, sul far della sera; qualche nuvola e nessuna presenza intorno.
Devo capire come si fa ad abbassare ed alzare quota, come con i comandi di un aereo; in vita, sulle strade, non è mai servito farlo, ma qua sarebbe bello.
Provo a premere sul volante, ed ecco che, docile, la Cavallona inclina leggermente il suo muso e si dirige un po’ in basso.
Ora provo a tirarlo verso di me, e, come in un’impennata, quasi con un nitrito, la Cavalla riprende decisamente quota.
E’ un gioco meraviglioso.
Un gioco, davvero, meraviglioso…
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Immagine da: http://www.studiotamtam.it/Animali%20album/Insetti%20e%20Molluschi/index.html
Mannaggia di una mannaggina, come direbbe l’amico Alan, mi hai quasi fregato, e mentre ti leggevo, pensavo? “Vuoi mettere che, beffarde, arrivano anche qui?”
Simpaticisimo questo racconto e leggendoti mi è venuto in mente un gioco che abbiamo fatto una volta con Diemme, una blogger che forse conosci, di un racconto giallo scritto a più mani. Lei aveva incominciato e ognuno di noi (diversi blogger in vena di scrivere… 😉 ), continuava la storia… non male come esperimento.
Evvabè, bravo, complimenti e buona serata.
Mannaggia mannaggina, Arthur, quanta gente ho fregato, ti giuro senza (troppa 😉 ) malizia !
Un esperimento di scrittura collettiva può essere per una volta un bel gioco, soprattutto fra i tanti encomiabili appassionati alla parola scritta che frequentano i blog.
Mentre nel campo della regia cinematografica ho in mente almeno un paio di esempi di coproduzioni (fratelli Coen e fratelli Taviani), tuttavia, in quello della letteratura non mi sembra ce ne siano, a testimonianza dell’aspetto intimamente solitario di questa arte.
Un grazie anche a te, e un salutone.
Complimenti, ci hai fatto preoccupare; ci sai proprio fare con la penna .
Grazie dei complimenti.
Quanto allo scrupolo per il piccolo spavento arrecato ad amici, in questo caso è mitigato dal piacere di una nuova occasione per un saluto !
Ma che farti perdonare, sei stato bravissimo, ci hai fregati tutti.
Mi sono anche preoccupata e ho pensato !azzo che sf…”, lo chiamo per sapere come sta ora.
Devo anche ammettere che per me la suggestione è stata ancora maggiore perchè qualche sera fa mi sono ritrovata nello studio in compagni di due cavallette che non riiuscivo a far uscire dalla stanza.
Un saltellante ciaaaaaao
Silvana
Certo sarebbe stato buffo ricevere una tua chiamata preoccupata; tanto più se fossi riuscito a prolungare lo scherzo inventandomi qualche miserevolissima situazione…
Un salutone affettuoso da Franz, Cavallona e Cavallette.
Ecco, meno male che alla fine è tutta poesia, sogno e fantasia. Perchè all’inizio mi son detta: aiuto! Non prenderò mai più un taxi, ma nemmeno un autobus, anzi, mi son detta, non uscirò più di casa, e ancora di più: terrò le finestre sbarrate!
Ho… l’insectofobia, e in special modo sono certa che morirei/impazzirei se dovessi viaggiare con una cavalletta, o condividere con lei un piccolo spazio. E invece, alla fine, ancora una volta, ho poi pensato: ma guarda come è bravo ‘sto Franz, a raccontare le cose, a trasformarle, a dipingerle, Grande arte, la tua, anche in questo racconto, che scivola lento dall’orrido (per me) al poetico. Quindi, alla fine, non hai nulla da farti perdonare.
D’accordo con te e con Alan sulle considerazioni intorno alle aggregazioni quadriennali. Siamo tutti italiani, siamo tutti uniti, siamo tutti felici (se vinciamo). E chissenefrega del resto. E’ così che ci fregano…
Buona giornata, Franz, e una Cavallona piena di farfalle multicolori.
Milvia
Grazie, cara Milvia; sai bene quanta gioia, soddisfazione, e soprattutto nuova motivazione, mi diano i tuoi affettuosi e circostanziati complimenti.
Ma le farfalle non ti darebbero fastidio, a bordo di un taxi? 🙂
…anche perchè, lavorando di notte, si tratterebbe di quelle specie di sgraziati farfalloni chiamati falene.
Una buona giornata e uno splendido fine settimana!
Hai ragione! Io avevo pensato a belle farfallette colorate, dimenticandomi che la Cavallona è una…. biassanot!!!
Uno splendido fine settimana anche a te.
Milvia
8)
Cacchio mi hai fatto prendere un colpo.. Fanno bene in Vietnam che le cavallette se le mangiano.. 🙂
Chiedo venia anche a te, come ho fatto con Amanda. 😐
Quanto alle abitudini alimentari, in un pianeta dove i pochi sprecano tanto e i tanti hanno problemi di sussistenza, è certo da vedere di buon occhio anche la commestibilità degli insetti, che a noi fa un po’ rabbrividire.
Certo, nel mio caso, c’era da fare una bella scorpacciata… !
Allora devo ammettere che per un po’ mi hai fregato, poi come sempre un particolare mi ha distratto, un particolare che poi commenterò, mannaggiattè, io sono a rischio di coccolone ho un sacco di centinaia di anni sulle spalle, 999,9 per l’esattezza, non si fa così, ahahah.
Comunque a parte bibliche piaghe, per fortuna hai scelto quella meno cruenta, le cavallette, quelle quasi simpatiche innocue bestiole, per via della mia quasi millenaria esperienza ti consiglio vivamente di cambiare trattoria dove sei solito consumare i tuoi pasti, mi sa che il cuoco si è messo a cucinare pesante che non si confà con lo stare troppo a lungo seduto sul pur comodo sedile della cavallona.
Il particolare che mi è saltato in mente e a cui facevo riferimento prima si rifà alla tua frase “la gente si spostava con sufficiente anticipo per andare a celebrare il rito in compagnia” che strani esseri che siamo noi umani, se usiamo la parola, mezzo miracoloso per intendersi, nessuno in fondo riesce veramente a comprendersi, nessuno capisce, poi bastano 22 ragazzi cresciuti, in pantaloncini corti che corrono in un prato (ben tenuto) dietro ad uno strano oggetto rimbalzante dalla forma sferica, per trovarci tutti felici, contenti, sereni, a goderci in modo assolutamente condiviso quello strano evento che ci vede raccolti in gruppi, intenti ad abbuffarci di ogni cosa capace di entrare nelle nostre bocche e capaci altresì di essere digerite, anche se in notevole ritardo e con grande fatica, dal nostro stomaco, ci trova tutti urlanti, pronti ad entusiasmarci, a saltare sulla sedia, pronti a ricordare i natali infausti di quell’uomo vestito di nero (in pantaloncini corti anche lui) che però a differenza degli altri si diverte di più a correre dietro ai 22 per fischiargli dietro, insomma questa forma di aggregazione è l’unica capace di tenere insieme gente così diversa, sia per estrazione, che per religione o politica, se non addirittura per diversa razza e colore, insomma tutti insieme ad emettere suoni onomatopeici, il più delle volte accompagnato dai popcorn ed il rutto libero, insomma che tristezza dover constatare che non esiste altra forma aggregativa capace di arrivare a tanto, neanche la consapevolezza della morte di molte persone, delle guerre, delle varie pestilenze ecc.ecc. solo un gioco, uno stupido gioco è capace di fare questa specie di miracolo, che poca cosa è in fondo l’essere umano.
Va beh! dai, ora ti lascio con il mio classico saluto ma mi raccomando se proprio non vuoi cambiare trattoria, portati almeno l’Alka Seltzer per digerire bene e subito e non ti fermare al sole con la cavallona per fare la pennichella post abbuffata, mi raccomando neh!, ahahah.
Ciaooo neh!
Visti i miei orari di lavoro, più che al sole, potrei fermarmi al chiar di luna, a cercare di digerire…
Torni sul tema, di grande attualità in queste nuove notti ‘magiche’ (…o quasi!), del tifo calcistico e della sua straordinaria capacità aggregativa.
Come già accennai, per lunghi anni sono stato anch’io ammaliato da quella capacità; ora, ad essere generosi nel giudizio, mi provoca una specie di odio-amore. Non l’ho scritto nel post, ma quel fermento che si notava prima della partita mi dava un certo fastidio, e faceva pensare anche a me alla disparità rispetto ad altre mobilitazioni popolari che sarebbero molto più urgenti, ma che, quella, sia una mobilitazione molto gradita e molto pilotata da chi ne ha tutto l’interesse.
Salutoneh.
Fino all’imbocco della strada di campagna ero con te, poi ho detto: e no non mi freghi, è un sogno. Orripilante, ma poi poetico. Bravo.
Bella amica che sei: mi abbandoni proprio nel momento del bisogno ! (o forse solo del …bi-sogno).
😆
Salutone-one.
”Cavallona 290 in arrivo con annessi”
Questo si udì con un leggero eco da caverna.
L’avvisatore era in spazio libero con luce proveniente da lontano ,ma non accecante.
Temperatura insensibile,vento insensibile, umidità insensibile,forza insensibile, odori insensibili,tatto insensibile, volume delle voci …
Solo voci !
”In arrivo !.
Da dove ?! Non si può definire nè la direzione ,nè il verso, nè l’alto ,nè il basso.
”Sei nella sublimazione”.
Parli senza volume : dove?
”Sei sublimato”.
Sono finito nel fosso e..
”Ora sei altro”
Il mio corpo, i mie capelli,gli abiti, la cavllona ,il 290, la radio,i miei scritti, i miei pensieri..
”STOP”. ”Solo i tuoi pensieri che già appartenevano a questo stato.
Solo loro.
Solo i tuoi pensieri hanno un seguito.
Solo attraverso loro, Tu sarai per sempre.
Ma sublimato.
Buona permanenza.”
Dal genere horror alla fantascienza il passo può essere breve.
Proprio un bel contributo, amico mio; anche i tuoi pensieri, qui, a pieno diritto ormai “appartengono a questo stato”.
Buona permanenza !
per la miseria Franz non si fa così mi fai prendere un cocconone, prima stile Dario Argento o stile biblico tipo 7 piaghe d’Egitto, poi uno teme che tu stia scrivendo da una camera d’ospedale!
A volte, nel seguire il filo della fantasia, si finisce per fare brutti scherzi a chi legge e ti vuole bene… 😕
Cercherò di farmi perdonare, promesso !