Le mele e la pace

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Poco più di un mese fa avevo trovato e comprato su E-bay, offerti da due diversi venditori, due drappi molto sottili di tessuto sintetico, un po’ impropriamente definiti bandane, uno con il tricolore ed uno con l’arcobaleno della pace, con l’intenzione di farne due bandierine da applicare in cima all’antenna della Cavallona.
Il primo, come si può facilmente capire, sarebbe servito per la festa dell’Unità d’Italia, il 17 marzo, ma non mi arrivò, sicuramente per la difficoltà di individuare il mio indirizzo, essendo la mia via spezzata in tre diversi segmenti non comunicanti (e il venditore si premurò addirittura di rimborsarmi).
Il secondo, in uno slancio di ottimismo sicuramente esagerato, dovrebbe servire a festeggiare la caduta del Berlusca. E quello sì, mi arrivò nella cassetta della posta.

Ieri sera, prima di cominciare a lavorare, ho ritagliato da quest’ultimo una striscia larga circa dieci centimetri, su un angolo della quale ho cucito un nastrino.
Una bandierina dal significato molto meno festoso che nei miei sogni di liberazione, ma sicuramente più urgente alla mia coscienza, a qualche giornata dall’inizio di una nuova strana guerra contro i nostri dirimpettai di là dal mare, anzi contro una delle due fazioni della guerra civile là in corso.
Dopo qualche forte dubbio iniziale, che l’inganno di una guerra giusta e umanitaria questa volta è sottile, mi sono infatti schierato in cuor mio, come sempre, dalla parte della pace: la guerra è sempre e comunque un losco e sordido e cruento e luttuoso e straziante affare, a spese della gente e a vantaggio di ben pochi.
Come, peraltro, la pensa anche questa volta la maggioranza degli Italiani, secondo i sondaggi, contrariamente, invece, alla posizione quasi plebiscitaria del parlamento che dovrebbe rappresentarci.
Sceso in garage, ho annodato strettamente il nastrino all’antenna, poi ho osservato il risultato. No, non ci siamo: un effetto troppo esagerato, vistoso e pacchiano; e ho rimandato ad oggi la ricerca di una soluzione più sobria.

Nonostante fosse già buio, ho diretto il galoppo della mia compagna di viaggio, anziché verso la città, a ritrovare una casa di campagna che lambisco sempre nei miei allenamenti podistici, davanti alla quale un cartello pubblicizza la vendita diretta di mele e pere.
Con un po’ di fatica l’ho identificata nel buio; il cancello era aperto e sono entrato, giusto lo spazio per togliermi d’ingombro dalla strada.
Inevitabile l’accoglienza come ospite indesiderato da parte del cane da guardia, che, illuminato dai miei anabbaglianti, ha cominciato ad abbaiare furiosamente e a dimenarsi nello spazio concessogli dalla catena che, per mia fortuna, lo teneva legato.
Completamente bui i due edifici, uno per lato, affacciati sul cortile, mentre in fondo il terzo, una specie di capannone-officina, aveva i finestroni illuminati da un’opaca luce bianca, ma ugualmente dava un’impressione di abbandono.
Quattro campanelli presso il cancello, due dei quali con il nome in bianco; ho cominciato a suonarli: uno, poi l’altro, poi tutti e quattro. Niente, non è cosa.
Poi, quando stavo per rientrare in vettura, con l’urgenza di mettere fine a quel disperato abbaiare, dal buio, sulla sinistra, si è materializzata una persona:
“Che cosa c’è, capo?” mi intima.
Odio essere chiamato ‘capo’: di solito o non rispondo, oppure replico che faccio fatica a comandare a me stesso, ma stavolta il sollievo dell’avvenuto contatto ha la meglio:
“Volevo comprare della frutta, posso chiedere a lei?”
E il tipo cambia subito registro, si mostra rilassato e disponibile, e mi dice di seguirlo all’interno di un garage.
Sulla sessantina, una bella faccia armoniosa già un po’ scurita dal sole, inserisce nel discorso qualche godibile espressione in dialetto:
“Che cosa voleva?”
“Un po’ di mele e un po’ di pere.”
“Eh, mi dispiace, le pere sono ormai finite, bisognerà adesso aspettare un paio di mesi per quelle.”
“E’ un peccato, quelle che si comprano al supermercato sono sempre dure come dei sassi, e non le prendo mai, che invece mi piacevano molto.”
“Si capisce, le raccolgono che sono ancora molto indietro, e le vendono che sono dure, e a’ n’san ed gninta; io invece la frutta la lascio maturare sull’albero. Ecco qui,” e mi mostra due cataste, non più di due o tre piani, di cassette di mele, da una parte quelle rosse, dall’altra le gialle: “Quante ne voleva?”
“Facciamo un chilo e un chilo.”
“Ah, no, niente chili, vendo solo le cassette intere.”
“Va bene, allora, quanto viene una cassetta?”
“Sono tre euro. Vedrà che le mangia, si tengono, meglio queste, le rosse, che le gold sono già più mature.”
Lo vedo con i miei occhi: alcune mele gialle hanno la buccia un po’ raggrinzita, mentre le rosse, benché non proprio mature come le decanta lui, hanno tutte un aspetto molto sano e più affidabile.
“D’accordo, prendo le rosse, ce l’ha due euro di resto?”
“Sì, ce l’ho” e apre il portamonete e comincia a rovistare.
“Sa cosa mi hanno detto,” soggiunge poi, “che si capisce che le mie sono buone dai nocciolini, perchè quelle che si comprano sono neri, e invece nelle mie sono bianchi, ed è il segno che sono maturate sull’albero.”
“Bene, allora se sono buone la torno a trovare, e poi le faccio anche pubblicità sul mio taxi. Sto qui vicino, alla Borgatella, magari mi ha visto: passo sempre qui davanti quando vengo a correre, è per quello che ho visto il cartello.”
“Ah sì, come corre, a piedi?”
“Sì,” lo guardo negli occhi sorridendo, “sono passato anche poche ore fa, ha visto che giornata meravigliosa?”
“Va bene;” accenna a sua volta un sorriso, “poi più avanti abbiamo anche i duroni, e poi le pesche che si spaccano in due e col nocciolo che si stacca.”
“Mmm, che meraviglia!” ribatto mentre porto la cassetta nel bagagliaio.
“Venga pur dentro, per fare manovra. Adesso non c’è molto traffico, ma ci son delle volte che è pericoloso. C’è una signora che voleva uscire a marcia indietro e a momenti faceva un gran busso.”
“Ah, grazie, ne approfitto volentieri. Arrivederci, grazie!”
“Arrivederci.”

Lo vedo rientrare nel buio da cui era emerso, mentre con un paio di manovre dirigo il muso della Cavalla verso il cancello aperto.
La cassetta delle mele, nascosta da un telone di protezione del bagagliaio, ne occupa una fetta, ma decido di non tornare a casa e di cominciare da lì la mia serata di lavoro. Un dito sul tasto “attiva ubicazione” e via, a cavallo verso il futuro.

Mentre scrivo devo ancora trovare una soluzione per la bandierina; so invece come potrò utilizzare il resto del drappo, già domani stesso.
Lo metterò al collo quando, dopo un solo paio di ore di sonno, mi recherò alla partenza del pullman organizzato per Roma, dove è prevista la manifestazione a sostegno dei referendum contro il nucleare e la privatizzazione dell’acqua.
E’ una battaglia di civiltà importantissima (insieme al terzo referendum, quello contro il ‘legittimo impedimento’) e penso che con tanto impegno e voglia di vincere ce la si possa spuntare, alla faccia dell’ostruzionismo dei soliti mostri.

Acqua, mele, vento e sole, pace…: pochi ma buoni motivi di vita, e di irriducibile, appassionato impegno.
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15 risposte a Le mele e la pace

  1. Luca ha detto:

    Come sempre i tuoi post assomigliano a delle piccole suites: argomenti diversi si sposano, si combinano, si integrano e si interfacciano in una allegra coreografia. Io che sono meno leale di te, in casi simili faccio un post per argomento col risultato che nessuno dei 2, 3 o 4 viene letto. Ma va bene anche così, come diceva la PFM nella sua svolta pop degli anni ’80
    (il treno si è fermato, e sei rimasto qui, però non preoccuparti, va bene anche così, Si può fare).

    Del resto, chi non ricorda i virtuosismi stilistici di Achille Campanile che, in un unico pezzo, era capace di passare dagli asparagi all’immortalità dell’anima?

    La pace, l’unità nazionale, la fine di Berlusconi, la lussureggiante ed ubertosa campagna emiliana che offre delizie vegetali di ogni genere e l’approdo in Piazza Esedra dove, di default, partono tutte le manifestazioni romane.

    Sullo sfondo, in qualche modo nesso causale e finale di tutto l’ordito narrativo, protagonista femminile con le sue morbide sinuosità, la capricciosa Cavallona che ogni tanto si guasta ma solo per vedere quanto in fretta ed accuratamente l’aggiusti e quindi implicitamente quanto la ami. Anzi, siccome è anche un po’ megalomane, simultaneamente protagonista e palcoscenico delle tue petroniane avventure.

    • Franz ha detto:

      Usi parole, come ‘lealtà’, forse un po’ troppo grosse per un’attività espressiva gratuita e quindi pur sempre giocosa.
      E che, come ogni gioco che si rispetti, ha delle regole ma anche un livello di libertà che la rende sempre attraente.
      Ancora un graditissimo paragone: Achille Campanile non ha la fama di Ernest Hemingway, ma, per restare in tema di gioco, fu un autentico giocoliere della parola.
      Qualche dubbio sulla ‘lussureggiante ed ubertosa’ campagna emiliana, che in realtà è troppo, troppo urbanizzata, cementificata, asfaltata.
      E qualche rivendicazione sulla salute meccanica della mia amata equina, che in fondo si è azzoppata una sola volta in quasi cinquantamila chilometri di galoppo.

      Salutone di pace. E di mele.

      • Luca ha detto:

        Gioco per gioco, anche la scelta della parola “lealtà” aveva ovviamente un che di ironico: voleva indicare una mia tendenza vagamente ossessiva a frammentare i post che ho in mente contemporaneamente (a volte, come nel caso di quello sull’Unità d’Italia che tu hai avuto la bontà di elevare a “saggio-tesina”, per la loro intollerabile lunghezza, quando qualche mia lettrice gradisce dei post stile dj del tipo “Ciao raga, come state, a casa tutti bene, e adesso andiamo con l’ultimo di Vasco”).

        Sulla campagna emiliana: non ho molto ben presente come essa si presenti nell’hinterland bolognese, intorno a Parma specie in area pedemontana la campagna è ancora bella, sembra la stessa di 30 anni fa e conserva ancora il sapore di una sana e bella tradizione rurale ed agreste stile Novecento di Bertolucci ,che in città è persa per sempre e magari nessuno ne sente la mancanza.

        Mentre sulla Cavallona non posso che scusarmi perché evidentemente la memoria mi ha giocato uno scherzo da prete: e prendo atto della sua sana e robusta costituzione fisica.

  2. lorenza o vitamina ha detto:

    Caro Franz, sono venuta a vedere le novità. Questa volta anche io , che di solito sostengo la pace ad ogni costo , sono stata incerta . Ora sono in balia delle onde , non riesco a formarmi un’opinione decente. Forse solo sulla base dell’osservazione : partita la macchina bellica , ricomincia il teatro , le industrie delle armi sono felici , più se ne usa meglio è , e fra un pò si dirà, come sempre ,c he ci sono state troppe vittime civili e si farà il mea culpa. E’ già cominciato . Sono impressionata di una cosa , che nell’era della comunicazione non si riesca ad informarsi a meno di perderci un tempo infinito , che non ho . Sul nucleare mia figlia ha trovato dei siti che spiegano cosa succede, lei è scientifica e si scoccia di andar dietro al gregge , che sia il gregge a favore o quello contro . Così cercava un’informazione obbiettiva . Mi ha consigliato dei blog , ma esaminandoli meglio ho scoperto facilmente che erano filogovernativi. Pesno che il problema di fondo sia quello della libertà , eppure ho viso che quando lo sollevo nel blog la gente si scoccia, sembra di parlare di vento, cose astratte . Prima al tg3 ho sentito una cosa stramba, sembra che a Forum (Rita Dalla Chiesa ) ci sia stata una donna terremotata dell’Aquila che parlava bene dell’intervento del governo , così di rimbalzo, mentre chiedeva dei soldi al marito per ricominciare la propria attività . Hanno scoperto, sempre dei blogger , che non era terremotata, non era neanche dell’Aquila , e l’aveva pagata Mediaset per fare falsa informazione filogovernativa. Se avessi le palle mi cascherebbero in terra . Che direbbe il tuo Saggin? A proposito , credo che sarà meglio che mi arrangi, in fondo ne ho l’età e l’esperienza , e posso fare senza guru , o diventare guru di me stessa. A presto.

    • Franz ha detto:

      Se si riesce ad astrarsi un attimo, cara Lorenza, forse si può scoprire che il contesto sociale e comunicativo in cui viviamo non ha niente da invidiare a tanti vecchi racconti di fantascienza.
      Ho saputo anch’io dell’ennesima scandalosa mistificazione, questa volta ai danni degli Aquilani, ‘terremotati e mazziati’, sistematicamente; ieri sera a Caterpillar (Radio2) era ospite telefonica Stefania Pezzopane, assessore aquilana, che ha scritto una lettera indignata a Rita Dalla Chiesa (ricevendo solo una generica risposta pubblica nella puntata successiva).
      Mai come oggi qualunque messaggio informativo necessita di attenzione e vaglio critico; però internet offre anche fonti attendibili, a cui dare fiducia più tranquillamente e senza ‘perderci un tempo infinito’.
      Non so se Mario Saggin sia ancora al mondo: non vi è traccia di lui in Rete; ma indubbiamente mi immaginerei anche lui sbigottito e pur un tantino affascinato da questa realtà.

      ‘Diventare guru di sè stessi’: è fondamentale, e a questo in fondo mirava il manualetto disgraziatamente smarrito.
      Comunque buon cammino, e a presto!

  3. alanford50 ha detto:

    Rieccoci in uno dei tantissimi immancabili ricicli storici, tanto per cambiare una guerra, se sia giusta o ingiusta a questo punto persino non è più cosa importante, tanto so che finita questa ce ne sarà un’altra ed un’altra ancora, alcune riusciamo e riusciremo sempre perfino a definirle utili se non addirittura indispensabili, in nome di cambiamenti storici inarrestabili, inevitabili ed al fine inevitabilmente auspicabili, segno che l’uomo non sa ne saprà mai parlare di pace senza fare la guerra.
    Sai bene che non c’è nessuno più rassegnato di me circa l’ineluttabilità di queste cose, tanto poco credo nell’uomo e nelle sue capacità e soprattutto nella sua volontà, troppi gli interessi di pochi e troppi i disinteressi di molti, siamo dei bambini su di una giostra che non si ferma mai, il brutto è che nessuno si stufa di girare inevitabilmente in tondo per l’intera esistenza, in fondo è così bello ed appagante girare al suono di quella musichetta che ci confonde ed ammalia. finché la giostra gira…………….
    Stiamo pagando il prezzo di decisioni mai prese, la storia ci sta porgendo l’inevitabile conto e nessuno potrà esimersi dal pagarne la dovuta parte, abbiamo vissuto pensando unicamente al nostro benessere senza curarci se il nostro vicino stava a bocca asciutta li a guardare, senza pensare che prima o poi quel vicino si sarebbe stufato ed avrebbe fatto quel breve passo che ci teneva lontani e sicuri per avere parte di quello che da troppo tempo hanno visto senza poterne avere una minima parte, la storia ci racconta di popoli dalla pelle scura che da millenni hanno sempre cercato di venire da noi a razziare i nostri beni, ma sono sempre stati prima o poi battuti e rimandati a casa, ora complice la totale mancanza di idee , di volontà e di capacità e di umanità subiamo le medesime invasioni (questa volta apparentemente pacifiche) ma non siamo preparati a difendere quello che la storia ci ha consegnato, ne siamo stati in grado di aiutare queste persone a crearsi la loro storia nella loro patria, l’unica cosa che sappiamo e ci conviene fare è consolarci con la solita vecchia guerra.
    P.S. Tanto per cambiare discorso, a proposito di frutta, anche io abito vicino ad una zona di grande produzione e il sistema di comprarla a cassette dal produttore è un ottimo compromesso per ricordare gli antichi sapori, oltre che risparmiare anche i moderni eurucci, nei supermercato ormai ci vendono solo un simulacro che ne ricorda esteticamente la forma e i colori, ma i sapori si sono persi quale prezzo alla modernità.
    Ciaooo neh!

    • Franz ha detto:

      “(…) abbiamo vissuto pensando unicamente al nostro benessere senza curarci se il nostro vicino stava a bocca asciutta lì a guardare”. Rincarerei la dose, caro Alan: in realtà il club dei ricchi ha sistematicamente, nel corso della storia moderna, espropriato e spogliato il resto del mondo delle sue immense risorse, in un modello di progresso, inoltre, distruttivo e cieco alla salvaguardia dell’habitat umano.
      Inevitabile pagarne prima o poi il prezzo: il cameriere sta arrivando con il conto e i nodi stanno venendo al pettine.

      Ti risparmio, per una volta, i miei appelli a trasformare il tuo cupo senso di ineluttabilità, come tu stesso la definisci, in un impegno forse disperato ma comunque gioioso.
      Mi limito a condividere con te il senso di piacevolezza per gli ‘antichi sapori’ della frutta, riscopribili dal contadino non lontano da casa.

      Salutoneh.

  4. Nuovo Maestro Poli ha detto:

    Caro Franz,
    rispondo subito alla tua contro-provocazione, con quella stessa franchezza che noi due abbiamo in comune:
    Io credo che l’ Altissimo (e quindi anche suo Figlio) preferiscano il passo di Sarkozy al pacifismo. Il pacifismo è per me qualcosa di sbagliato come tutti gli “ismi”, è qualcosa di demoniaco. Come tu ben sai, anch’ io sono impegnato per la pace, mi battei e manifestai più volte per questo valore al fianco dei pacifisti. Con loro ma non “in loro”, di questa distinzione io sono fiero. Assieme ai pacifisti io costruii un nucleo di opposizione alla prima guerra nel Golfo, guerra alla quale l’opinione pubblica italiana di allora era massimamente favorevole. Allora altre soluzioni si potevano tentare, questa volta no. Questa volta eravamo giunti alle ultime due mosse sulla scacchiera, come ben descrive quell’ articolo che mi hai fatto leggere, un articolo per me ripugnante nella tesi che sostiene, anche se è la stessa tesi di un grandissimo uomo come Gino Strada (l’assoluto non è di questo mondo, e pure Strada un difetto grave lo deve pur avere. In lui vi è però il contrappeso di opere di positività enorme, in altri pacifisti vi è solo il difetto di non difendere i più deboli dai soprusi e dalle uccisioni).
    Quanto ai miei testi di riferimento, il Vangelo non predica soltanto di porgere l’ altre guancia, ma anche: “Luca 22,35: “Poi ( Gesù )disse loro: Quando vi mandai senza borsa, senza sacca da viaggio e senza calzari, vi mancò mai niente? Ed essi risposero: Niente. Ed egli disse loro: Ma ora, chi ha una borsa la prenda; e parimente una sacca; e chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una.”
    Sulle difficoltà che può incontrare un credente nel non porgere l’altra guancia (la posizione pacifista è tanto più facile) io scrissi una serie di post che ti invito a leggere, o a rileggere, se ne trovi il tempo: http://vivaibidelli.forumattivo.com/t22-qualche-spunto-sull-amore-e-sul-perdono.
    Per concludere questo round dialettico, riguardo alle motivazioni dell’ intervento di Sarkozy, nessuno di noi due è nato ieri, ed io sono addirittura più vecchio. Ma se uno mi salva la vita, oppure impedisce torture ed altre violenze perché gli conviene, sta di fatto che la vita me la salva e le violenze le impedisce; costui si comporta meglio di chi lascia fare per orgoglio ideologico. Penso che a nessuno avrebbe fatto schifo se lo squadrone della morte di Walter Reder fosse stato annientato da una armata straniera, regolarmente belligerante, e belligerante per finalità di potere, prima che potesse compiere la strage di Marzabotto.
    Io prevedo di trattare ancora questi temi e non ti invito a seguirli nel mio forum, perché so già che lo farai, per generosità tua.
    Un fraterno abbraccio
    Poli

    • Franz ha detto:

      Caro Poli,
      ogni riga di questo tuo secondo intervento si presterebbe a una replica altrettanto accesa e colorita.
      Preferisco però assolvere me stesso da questo compito nonché te, e tutti gli altri eventuali lettori, dall’attenzione ai relativi esiti; salvo due o tre punti in cui mi sento comunque in dovere di rispondere.
      Cominciando dal principale, cioè la drastica contrapposizione fra il tuo ‘pragmatismo umanitario’, in approvazione dell’intervento armato, e la posizione invece dei ‘satanici’ pacifisti, che avrebbero preferito, a detta tua, un bagno di sangue in nome di una dogmatica ideologia.
      Per replicare a questa tua posizione mi viene in aiuto un articolo in dieci punti di Flavio Lotti (clicca qui), il principale esponente dell’attivismo pacifista.
      Estraggo qui, in particolare, il punto 6:
      “Ricordiamo che la risoluzione dell’Onu 1973 indica due obiettivi principali: l’immediato cessate il fuoco e la fine delle violenze contro i civili. Qualunque iniziativa intrapresa in attuazione di questa risoluzione deve essere coerente con questi obiettivi. Ovvero deve spegnere l’incendio e non alimentarlo ulteriormente, deve proteggere i civili e non esporli a una nuova spirale della violenza. Gli stati che si sono assunti la responsabilità di intervenire militarmente non possono permettersi di perseguire obiettivi diversi e devono agire con mezzi e azioni coerenti sotto il “coordinamento politico” dell’Onu previsto dalla Risoluzione 1973.”

      Passando a quel grandissimo uomo di Gino Strada (su questa definizione concordiamo), vedo in questo suo appello (clicca qui) che il suo ‘difetto grave’ ha contagiato alcuni nomi illustri, fra cui lo scienziato Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica, e quell’altro grandissimo uomo di don Luigi Ciotti.
      Scusami, ma tenderei a dare più ascolto a loro che ad un maestro Poli nei panni, che a volte predilige, dello scontroso-a-tutti-i-costi.

      Ultimo punto ed ultima segnalazione, che esula in parte dal nocciolo della contrapposizione.
      Da un paio di giorni si è diffuso in Rete il video di un’intervista, tesa a smascherare la corazzata di menzogne che, sulla rivolta in Libia, ci sarebbero state raccontate. (clicca qui)
      Ritengo piuttosto credibili quegli argomenti, e penso che il movimento del pacifismo, nonostante l’ “ismo”, sia prezioso in questo come in tutti i casi di ristabilimento della verità, manipolata in una guerra mediatica di cui tutto il mondo è vittima.

      Ciao, ricambio l’abbraccio.

  5. solindue ha detto:

    La penso proprio come te. Le pere dei supermercati sono immangiabili!

  6. Nuovo Maestro Poli ha detto:

    ” la guerra è sempre e comunque un losco e sordido e cruento e luttuoso e straziante affare, a spese della gente e a vantaggio di ben pochi”.
    Pargolo, dopo questa presa di posizione tu non puoi più festeggiare il 25 aprile…ti ricordo che l’anno scorso lo hai festeggiato e celebrato…
    Ti invito a leggere l’articolo di Adriano Sofri linkato in “VIVA I BIDELLI” (http://vivaibidelli.forumattivo.com/t430-intervento-in-libia-e-pacifimo)

    • Franz ha detto:

      Caro Davide, sarei tentato di rispondere, alla tua, con una mia provocazione, chiedendoti quanto segue:
      Se Gesù di Nazareth, che tu veneri come Dio, tornasse sulla terra e incontrasse quel bombarolo di Sarkozy, che cosa gli direbbe: “Bravo, fratello, con le tue sorelle bombe hai alleviato i dolori dell’umanità”?

      Non mi esimo, tuttavia, da una breve risposta in termini logici.
      Bisogna distinguere i concetti di guerra e di insurrezione contro la tirannia: penso, infatti, che tutti i veri pacifisti, a buona ragione, anzichè cercare di seguire il sovrumano eroismo del precetto di porgere l’altra guancia (quello che, come cristiano dichiarato, mi risulta sia valido anche per te), siano sempre schierati dalla parte di chi lotta per la libertà del proprio popolo, come nel caso di Egitto, Tunisia, e, in parte, della Libia (‘in parte’ dato che le infiltrazioni dei potentati economico-militari di quest’ultima sollevazione sono molto più che un sospetto).
      In questa chiave è del tutto coerente festeggiare, il 25 aprile, il sacrificio dei nostri partigiani. Perché lo spirito della festa della Liberazione è quello, e non la celebrazione delle armate americane o polacche che di fatto la permisero.
      Seguendo la logica interventista, finiremmo per giustificare anche le bombe di Hiroshima e Nagasaki che misero fine al conflitto mondiale.

      Ti ringrazio per questo tuo contributo, con cui ti rifai vivo, dopo un’assenza lunghissima, da queste parti, non prima di averti a mia volta segnalato un breve articolo, che risponde solo parzialmente alla tua sollecitazione, ma che è animato da sana passione (clicca qui).

  7. milvia ha detto:

    “Acqua, mele, vento e sole, pace…: pochi ma buoni motivi di vita, e di irriducibile, appassionato impegno.” È un bellissimo finale di un articolo bello, sereno e dolce. E potrebbe anche essere il cartello segnaletico posto all’inizio di una strada lastricata di fertile speranza per noi tutti.
    Un buon sonno, caro Franz, concentrato, ma sereno.

    • Franz ha detto:

      Ti conosco, cara Milvia, non solo come una compagna di cammino su quella strada, ma anche come convinta costruttrice della stessa.
      E so che sabato prossimo, 2 aprile, ne darai l’ennesima testimonianza, a Roma con Emergency (da parte mia non so se riuscirò a partecipare).

      Ancora un saluto di una buona primavera, e non solo meteorologica.

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