Cima Coppi

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Ci siamo, dunque: eccomi in cima al passo.

Mi fermo un attimo, appoggio la simbolica bici, e mi guardo intorno; è tutto molto bello.
Dopo un mese di maggio spudoratamente estivo, e riarso, e troppo caldo; dopo lo scossone grigio, instabile e destabilizzante della prima metà abbondante di un giugno altrettanto anomalo, l’arrivo in cima, qui al Passo del Solstizio, che chiude un periodo e ne apre un altro, avviene nella ristabilita e affascinante armonia della luce di un sole trionfante, mentre il suo calore si mantiene carezzevole, asciutto e amico.

Se ne va la stagione della tumultuosa rinascita, delle foglie verdi, della trasformazione in oro delle spighe, parimenti verdi, del grano; dell’arrivo dei rondoni, dell’incessante concerto degli uccelli; si apre quella del dilatarsi estivo, sotto il picchiare del sole, anche del tempo.
Rimpianti: il senso di non aver colto, che in minima parte, la bellezza della stagione più spettacolare, complice la profonda stanchezza accumulata prima, durante i troppi giorni del buio e del grigio, quasi senza accorgermene, quest’anno anzi senza ragioni immediatamente evidenti.
Un filo di tristezza: il senso di aver perso per strada un po’ di quell’intima, profonda e vitale adesione alle cose della vita che le rende più degne di essere vissute.
Propositi: imparare, come ancora non sono riuscito, ad evitare l’affanno, quando la salita sembra non finire mai; prendere le giuste soste, innescare rapporti di cambio più agili.
Consapevolezza: tutto lascia prevedere che il premio per la faticaccia stia per arrivare, e che questa atmosfera incantata ne sia soltanto la primizia.

Ogni sera consulto le previsioni del tempo relative a tutte le giornate della settimana prossima, quella del ‘Caterraduno’; sembra che il sole voglia splendere dall’inizio alla fine, come fu l’anno scorso.
Mi chiedo se ancora una volta riuscirò a godere di quel miracoloso composto di elementi festosi, capaci di ritemprarmi e rivitalizzarmi come null’altro al mondo; e mi chiedo come sia possibile che il meccanismo, sempre lo stesso ormai da diversi anni, non si sia ancora logorato. Anche l’anno scorso me lo chiedevo, quando partii per Senigallia con il cuore sotterrato dall’incomprensibile silenzio di un amore, la cui agonia sarebbe durata ancora, e ben più di quel solo mese di incredibile euforia vissuto solo poche settimane prima. Eppure, nonostante il cadere e ricadere nel doloroso abisso del vuoto, anche in condizioni così estreme riuscii a godere dei tanti momenti luminosi e festosi della settimana di grazia, e ne conservo degli splendidi ricordi.
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Una tappa mozzafiato anche e soprattutto per il variare impressionante dei suoi panorami sulla realtà, tanto da sembrare che sia durata un tempo infinito; tanto che il ricordo dei panorami più lontani sembra relativo a molte stagioni prima.
Mentre ancora vibrante è lo scorcio sugli ultimissimi eventi.

Undici per cento a mezzogiorno: a me il quorum sembrava impossibile, e tutti i commenti fiduciosi falsati da strumentale ottimismo; nel pomeriggio ero andato a correre ai Giardini Margherita, per incontrare poi l’amico Valerio, presidente di seggio proprio là nelle ‘scuole all’aperto’; pochissime sparute persone residenti in quel quartiere di alta borghesia si presentavano a votare in quell’orario.
Poi la sera le nuove rilevazioni: il trenta, infine il meraviglioso quarantuno per cento alla chiusura serale; e l’indomani, dopo quella definitiva alle tre del pomeriggio, l’arrivo delle prime proiezioni, e poi dei dati veri, galoppanti verso uno strabiliante cinquantasette.
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Un vento nuovo, il giudizio già consolidato; e di lì a pochi giorni, sull’onda di quel vento,
la nuova trasmissione multimediale di Michele Santoro, vissuta dal vivo, in un parco invaso da uno sterminato popolo giovane e festante.
Fra le molte immagini del lungo spettacolo, quelle che più vanno fissandosi nella memoria sono il volto e la voce intrisi di sincera passione di Maurizio Landini (il padrone di casa, in quanto segretario generale della FIOM), la travolgente incontenibile urlata determinazione di Barbara Evola, la giovane insegnante siciliana. E poi il finale, quando commozione emozione e gioia possono liberarsi, dopo tante urla di indignazione finalmente ascoltate senza censure, proprio come alla fine di un grande rito di catarsi collettiva.
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Certo, Marco Travaglio, uno dei più applauditi protagonisti della memorabile serata, proprio ieri nel suo ‘Passaparola’ sembra voler ridimensionare i nostri domestici entusiasmi, nel presentarci un quadro da brivido di quanta corruzione abbia intaccato ogni ambito della nostra nazione.
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Ma oggi siamo al passo, e non c’è che una placida, tenace, aperta, smisurata luce di sole, ad annunciare una nuova stagione estiva.

In questi stessi giorni, quasi quarant’anni fa, nell’assorta quiete casalinga e cittadina del primo pomeriggio, uno studente liceale in vacanza, scopriva nella solitudine quanta bellezza e quanta libertà ci fosse nel registrare, da una trasmissione in diretta sulla radio nazionale, le canzoni dei Jefferson Airplane.

Nel tempo in cui l’adesione alla vita era piena, nativa, normale, istintiva, e sembrava infinita.
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Immagine iniziale da: http://mashpedia.it/Cima_Coppi

Informazioni su Franz

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12 risposte a Cima Coppi

  1. Luca ha detto:

    Le occasioni per fare consuntivi, preventivi, ammortamenti, storni di bilancio sono sempre numerose: dalle feste comandate, a quelle civili (Repubblica, Vittoria, Primo Maggio e quest’anno anche Unità) alle più ecologiche ed ancestrali (s)cadenze stagionali. I più responsabili fanno consuntivi mediamente un paio di volte al giorno, i più irresponsabili solo in punto di morte, e se muoiono di morte violenta non ci riusciranno neanche in quella sacrale e pregnante occasione.

    Certamente, in alcuni momenti è bello dimenticarsi o almeno mettere fra parentesi 6000 anni circa di civiltà (essendo un appassionato di Civilization, con la quale spesso tento di invadere la Russia con l’esercito belga e sembra una metafora della mia vita, sto con il suo ideatore Sid Meier che fa partire tutto dal 4000 a.c. per farlo ahimè terminare nel 2050) e vivere per alcuni deliziosi attimi una dimensione puramente biologica, pre-culturale e pre-intellettuale, potrei perfino dire di compiaciuta ignoranza e sprovvedutezza, in cui si è e ci si sente solamente creature viventi su un pianeta gravemente malato ma ancora pieno di fascino. Per l’appunto, ciò ci è consentito solo per spezzoni insignificanti del nostro tempo tutto misurato e programmato di uomini del Terzo Millennio.

    Alla bisogna possono aiutare gli scenari e i paesaggi marchigiani, quella anomala terra troppo Nord per essere Sud e troppo Sud per essere Nord, dove non esiste nulla che somigli a un dialetto regionale e vernacoli e cadenze variano vorticosamente ad ogni collina (chi potrebbe mai credere sentendoli favellare che l’allenatore Roberto Mancini di prosodia umbro-picena e il centauro per antonomasia Valentino Rossi che solo un romagnolo doc può riconoscere come non romagnolo sono nati a una quarantina di chilometri di distanza?).

    E nel rilassamento estivo, traspare anche il ricordo di una stagione radiofonica quasi irripetibile, tra West Coast, hard rock, progressive e free jazz punk inglese, con le malriuscite battutine umoristiche di Giaccio, Fegiz e Massarini che si sovrapponevano al pezzo registrato vivendo una propria autonoma vita. E con un giovane compitissimo liceale inglese, tal Richard Benson, che nessuno avrebbe potuto immaginare implodere quarant’anni dopo in un obeso anchilosato artritico rocker della terza età che lancia pezzi di carne andati a male ad un pubblico non sempre plaudente.

    Come passa il tempo…

    • MissPrecisina ha detto:

      Ciaooooooo Luca!!!!!

    • Franz ha detto:

      E’ una fortuna, hai ragione mio caro, riuscire ad avvertire, anche solo in rare occasioni, nient’altro che i ritmi di questo nostro pianeta, “malato ma ancora pieno di fascino”, e di bellezza.
      La stessa bellezza, tornando sulla Terra, del ricordo, sempre più amaramente lontano, di quell’eccezionale stagione musicale, e radiofonica.
      E la stessa bellezza che ritroverò sotto il sole di Senigallia, che tuttavia è anche bellezza paesaggistica, architettonica, e soprattutto bellezza dell’evento e del divertimento condiviso con centinaia di persone ‘strutturalmente vicine’, nonchè condito da grandi quantità di musica.
      Abbiamo bisogno, di bellezza, come piante polverose anelanti a una pioggia rigeneratrice.

  2. MissUnghieAzzurre ha detto:

    Ci sono stata anche io uahoooooooooooo ma in macchina. Guarda ti dico solo che ho lo smalto asciutto e così ti vengo a leggere stasera, vediamo se becchi diciamo l’inizio di questo mio parlare da qualche parte…. eh eh eh eh eh eh eh

  3. milvia ha detto:

    Mi piace la metafora della bicicletta, con il pedalare che è fatica, sì, ma anche fonte di soddisfazione per il ciclista che raggiunge infine la sua cima, e può finalmente fermarsi, e osservare dall’alto la strada percorsa, e soffermare lo sguardo sui tratti più difficoltosi, che, anche se forse la tecnica non è stata perfetta, è riuscito comunque a superare.
    Continuare poi ad andare avanti, perché i traguardi non finiscono mai, e ci sono altre cime, all’orizzonte, e c’è ancora un’infinità di premi da ritirare, e sorgenti di gioia e energia a cui abbeverarsi lungo la strada, quando la fatica sembra prendere il sopravvento.
    Così, si può tornare a quel “tempo in cui l’adesione alla vita era piena, nativa, normale, istintiva, e sembrava infinita”. E bastava una radio e un registratore e la magia della musica per avere la certezza di avere il mondo sul palmo della mano.

    Buon Caterraduno, caro Franz! Buona, lunga, luminosa estate feconda di positive emozioni.

    • Franz ha detto:

      La ‘Cima Coppi’ è convenzionalmente il valico più alto nell’ambito di ogni edizione del Giro d’Italia.
      Ma non è certo l’unico: “e ci sono altre cime, all’orizzonte“.
      Penso tuttavia che l’idea di aver toccato l’apice dia ai ciclisti una soddisfazione tutta particolare, che è già di per sè una “sorgente di gioia ed energia“, così come, sicuramente, poter lanciarsi, subito dopo, nella discesa a folle velocità, dopo aver arrancato lunghe ore su per i tornanti.
      Il tutto, non dimentichiamoci, fra panorami che, nelle giornate limpide, sono di una bellezza mozzafiato, e basterebbero essi stessi a stringere un patto profondo con l’esistenza.

      Grazie delle tue belle parole, cara Milvia, e auguri a te di una estate splendente, anche nell’animo.

  4. Nino ha detto:

    L’intervento di Barbara Evola è di quelli che non possono non lasciare un segno. Mi chiedo come sia possibile ignorare un simile grido. Cosa è successo a questo Paese, quando è successo, se si permette che la parte migliore dell’Italia diventi la peggiore e viceversa, se si permette che simili inestimabili tesori di competenza, professionalità, inesauribile passione per il proprio lavoro, incrollabile fede in ciò che si fa, vengano dispersi, gettati al vento, calpestati, umiliati, nel paese (con la p minuscola) dove tette e culi al vento possono più di uno sguardo fiero e diritto, di una preparazione impeccabile, più della cultura del lavoro, del merito, del diritto. Le cose cambiano, è vero, e forse l’incantesimo della banda di accoliti che ha stuprato questa nazione per quasi vent’anni volge al termine, ma le macerie che si lasceranno alle spalle sono tante e tali che la ricostruzione del Paese, di un’Italia civile, spaventa chiunque non possegga lo stesso sguardo, la stessa feroce ostinata determinazione di una come Barbara. Spero solo che quello sguardo non si spenga mai, ne avremo un terribile bisogno.
    Saluti alla Bologna migliore da un ex-figlio dell’Alma Mater Studiorum 🙂
    Nino

    • Franz ha detto:

      C’è forse un invisibile filo che lega lo straordinario intervento di Barbara Evola (giovane professionista della scuola pubblica, e non ‘studentessa’ come avevo distrattamente scritto in un primo tempo), all’indimenticabile, straziato, direi quasi mitologico, grido di dolore di un’altra giovane donna siciliana, Rosaria Costa, ai funerali di Giovanni Falcone e della sua scorta (lo si può riascoltare qui); ed è un filo teso su un periodo di progressivo e dilagante degrado in ogni ambito della vita pubblica nazionale.
      Mi piace immaginare un futuro in cui i due filmati verranno studiati a scuola, proprio nella scuola pubblica per cui si batte quella giovane leonessa, dallo ‘sguardo fiero e diritto’, come giustamente sottolinei.
      E che dunque, se ancora oggi è possibile che l’appassionato appello di Barbara venga in parte ignorato, perchè non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, il tempo gli renda una piena giustizia, al di là dell’entusiastica accoglienza del popolo di Villa Angeletti e degli spettatori lontani.
      Sì, hai ragione, l’annientamento dei nemici della civiltà, e la ricostruzione, esigeranno uno sforzo colossale, ma credo che l’Italia abbia un ricco patrimonio, oltre che di beni artistici, anche di intelligenze e personalità forti e creative, che non si sono piegate e che affronteranno le difficoltà con quello stesso sguardo, con quella stessa ‘feroce ostinata determinazione’.

      Un benvenuto a te su queste pagine; grazie per la visita e per il tuo bellissimo commento.
      E un saluto, al suo figlio lontano, da ‘Mamma Alma’ 🙂 , e da tutta la città, oltre che dal sottoscritto.

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