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“Secondo la stampa americana, la Casa Bianca avrebbe concordato un compromesso con i repubblicani: 2800 miliardi di dollari di aumento del debito e tagli alle spese superiori al previsto. Il Senato potrebbe votare l’accordo già stasera alle 19 ora italiana.“
Il trafiletto, preceduto dall’immagine di un Barak Obama che sembra emettere a voce un tranquillo annuncio ufficiale, è comparso poche ore fa sul portale del ‘Fatto quotidiano’, e neanche in primissima evidenza.
Ormai questo tumultuoso 2011, probabilmente l’anno di una svolta epocale (…non prevista dai Maya), ci ha abituati al suo ritmo straordinario di straordinari eventi, a cui sembra che l’accordo in questione voglia comunque concedere la tradizionale pausa, legata al periodo di estate avanzata, almeno per quanto riguarda il nostro emisfero boreale, che è poi quello che comanda.
Non credo che molti, anche solo un mese fa, fossero al corrente della prossimità alla bancarotta della principale economia mondiale; da parte mia avevo appreso la notizia lo scorso inverno, in un video-messaggio di Giulietto Chiesa, che mi era sembrato urgente diffondere, attraverso i soliti canali a mia disposizione: Facebook e i blog amici.
Il sistema capitalistico, che nei decenni scorsi aveva celebrato la vittoria nella sfida contro il suo storico avversario socialista, convincendo molti circa la sua superiorità ai fini del progresso, sta rivelando, improvvisamente e clamorosissimamente, i devastanti limiti insiti nella sua stessa teoria: quello della crescita illimitata dei consumi, quello dell’accumulo illimitato delle ricchezze, e quello del valore primario della competizione, cioè della legge del più forte, o del più furbo.
Pochi gruppi di potere, senza un solo volto dietro nomi ormai molto familiari, come Standard and Poor’s, Moody’s, Fitch…, decidono di giorno in giorno come in una partita a Risiko i destini di intere nazioni; ma poi, quello che è peggio, tutti gli enti di controllo finanziario mondiali spingono nella stessa direzione: tagliare le spese sociali, come anche il ‘Democratico‘ Barak Obama promette oggi ai ‘Repubblicani‘, per trovare il compromesso ed evitare la catastrofe.
E così, rapidamente, la piramide della distribuzione della ricchezza diventa sempre più schiacciata verso il basso: patrimoni incalcolabili in poche e allineatissime mani; povertà, abbandono sociale, miseria, fame, sete, malattie, guerre, appannaggio del resto della popolazione, in misura diversa geograficamente ma comunque crescente di giorno in giorno, parallelamente con l’avanzare della crisi ambientale e climatica del globo.
E’ un processo che genera inaccettabili ingiustizie, nuovo disagio, distruzione e dolore, e, basta poco per capirlo, va nella parte opposta a quella di un urgentissimo risanamento degli equilibri ambientali.
Di pari passo, logicamente, e per fortuna, si sta diffondendo, fra la gente che ha accesso all’informazione, la consapevolezza di tale dinamica, e l’urgenza di cambiare rotta, di ribellarsi a un simile disumano processo di devastazione.
Non a caso ho citato l’accesso all’informazione: la diffusione di internet, nello strato di popolazione mondiale di cui anche noi facciamo parte, offre l’unico strumento, di una certa qual entità, con cui le persone pensanti possono organizzare la controffensiva, la battaglia epocale contro il mostro capitalista, dotato di armi in apparenza molto più potenti, non ultima l’assuefazione generalizzata, quasi antropologica, a tutti i falsi valori e miti da decolonizzare.
I segni di questo risveglio sono piuttosto evidenti, sia su scala mondiale (rivolte nei Paesi arabi, movimento degli ‘Indignatos’ spagnoli, rivolta democratica in Islanda), sia nel cortile domestico (elezioni amministrative e referendum, vasto movimento No-TAV; tralasciando sia i precedenti segnali, sia le tante voci di personalità della cultura, nonchè della musica giovanile).
Un nuovo ’68, a quarantatrè anni e passa di distanza?
Immaginarlo è dolce, anche e soprattutto per l’alone romantico che accompagna la memoria storica di quell’autentica rivoluzione culturale.
Ma se è vera la teoria dei corsi e ricorsi storici, bisogna anche considerare che questa volta lo scontro si presenta molto più stridente, drammatico, e temo cruento, a causa della posta in gioco: la sopravvivenza, quella dell’umanità contro quella dei gruppi di potere senza volto.
E’ urgente catalizzare e affrettare la composizione di un unico movimento di rivolta mondiale (con la non violenza come la più efficace fra le bombe intelligenti), sia perchè è l’unica via di salvezza, sia per limitare le tragedie che la situazione attuale continua sempre più a generare.
A differenza dei due modelli concettuali di sviluppo che si sono scontrati nel secolo scorso, la costruzione di un nuovo modello sociale non si presenta come un sistema chiuso, preconfezionato, da applicare alla realtà, ma piuttosto come un laboratorio basato su alcune parole chiave e regole elementari: la decrescita, le economie, e produzioni, e mercati locali (anche per quanto riguarda i flussi di energia), l’attenzione sistematica all’impatto ambientale, la cooperazione, una riformulazione più corretta della scala di valori del benessere.
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Concluderò questi miei pensieri con uno sguardo di speranza che ci è giunto pochi giorni fa da Madrid, ma prima voglio soffermarmi sulla situazione politica nazionale.
In questo recentissimo e lucidissimo articolo, Fabrizio Tringali ci fa sapere che il cantiere di costruzione di un nuovo governo di larghe intese, con la probabile guida di Beppe Pisanu, è già ad un punto molto avanzato, forte di una proposta in grado di conquistare il PD: quella di una nuova legge elettorale con quota di sbarramento molto alta. Che significa zittire i movimenti non allineati alla voce partitocratica della casta, quella che eviterà “ogni forma di possibile opposizione alle future, durissime decisioni“.
Le antenne sensibilissime, di cui è dotato il benemerito Grillo parlante nazionale, per una volta temo che non abbiano funzionato a dovere, visto che il Beppe a cinque stelle ieri ha pubblicato una lettera aperta al presidente Giorgio Napolitano, che sollecita proprio a sciogliere le camere, in vista di un governo che faccia cassa eliminando gli sprechi di denaro pubblico, ed emani una nuova legge elettorale, che torni a rendere possibile la scelta dei candidati.
Il tutto senza adombrare il rischio della proposta di Pisanu, che colpirebbe proprio i partiti come il suo.
Al momento, ritengo il Movimento 5 stelle l’unica forza politica che abbia in chiaro, anche se non esplicitato nel suo programma, il principio della decrescita come discriminante per il rinnovamento politico. E dunque l’unico partito adatto ad affrontare la sfida della realtà attuale.
In attesa, tuttavia, che si diffonda, dotandosi anche di uno strumento elettorale abbastanza trainante, un altro movimento, che sta dimostrando settimana dopo settimana di saper leggere la realtà, e cercare le difficili soluzioni, con una sistematicità e un livello di approfondimento intellettuale di assoluto valore mondiale.
Alludo ad ‘Alternativa’, nato un anno e mezzo fa dalla volontà di Giulietto Chiesa e che ospita menti altrettanto lucide, come quella del segretario nazionale Marino Badiale.
Qui il link al neonato sito internet del movimento.
Qui l’ultimo videomessaggio di Marino Badiale.
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Termino, come promesso, con una gita a Madrid, dove Plaza Puerta del Sol si è riempita nuovamente del popolo degli Indignatos, che si erano dati là l’appuntamento sabato 23 luglio, al termine di un intero mese di viaggi, o più propriamente pellegrinaggi a piedi, che confluivano sulla capitale da ogni direzione. (Vedi qui).
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Penso che la carica di comunicazione, convinzione e gioia di una simile esperienza collettiva potrà donare abbondanti frutti al mondo intero, molto presto, subito dopo la tradizionale pausa legata al periodo di estate avanzata.
Almeno per quanto riguarda il nostro emisfero boreale, che è poi quello che comanda.
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(Scritto domenica 31 luglio – pubblicato lunedì 1 agosto)
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Immagini tratte da:
http://titanicsailsatdawn.blogspot.com/2011_04_22_archive.html
http://www.beppegrillo.it/2011/07/lettera_a_giorgio_napolitano/index.html
http://www.youtube.com/watch?v=mOfGX0dpQf4&feature=related
A mio discutibilissimo e probabilmente sbagliato parere, c’è un sottile filo rosso che unisce il mercanteggiamento fra Barack Obama (credevi che fosse appena un po’ più facile fare il Presidente degli Stati Uniti, ragazzo mio, guardami negli occhi e di’ la verità, quella vera però…) e gli assatanati Repubblicani che non mollano di un millimetro (a qualcuno piacerebbe che, a parti invertite, i Bersani boys facessero altrettanto con Alì Babà e i quaranta ladroni) e i rivoltosi inglesi che nell’ambito di una sacrosanta incazzatura vanno ad assaltare le boutiques, i negozi di articoli sportivi, insomma in definitiva inseguono i beni dell’apparenza e dell’ostentazione più che quelli primari (il cibo e la cultura, come avveniva nelle spese proletarie di 35 anni fa).
E’ vero che, dall’alto, ci sono burattinai e grandi fratelli, cugini e cognati a carico che, come il burattinaio di “In the court of the crimson king” ovviamente dei King Crimson “non compaiono in scena, ma dolcemente tirano i fili e sorridono mentre le marionette danzano”.
E’ altrettanto vero che ci sono milioni di persone nel mondo civilizzato (nei paesi più giovani e più meridionali sembra che permanga una certa qual ecologica saggezza che orienta verso le cose più sostanziali e fondamentali) che ci godono come ricci in calore a fare le marionette, a inseguire i beni di consumo e gli status symbols, e che il sistema deficitario e deficiente di credito che sta mettendo in ginocchio il colosso yankee prevede creditori spregiudicati ma anche debitori boccaloni e imprevidenti.
La realtà, di suo, è sempre circolare. Il saggio riconosce questa circolarità, lo sprovveduto la spezzetta e la banalizza in tanti nessi causa-effetto lineari che gli fanno comodo sul momento, buoni e cattivi, ragione e torto, vittime e carnefici. Per fortuna in codesto tuo blog passano solo saggi, ma nel resto del mondo gli sprovveduti compiaciuti di sè stessi sono ancora maggioranza assoluta ben oltre il 50% più uno, e le regole della finanza danno loro un ulteriore premio di maggioranza.
Ecco che ritrovo uno dei principali saggi che seguono le mie più o meno azzeccate considerazioni politiche.
In questo caso, paradossalmente, vorrei che tu non fossi saggio, nel giungere a conclusioni così poco ottimistiche sullo stato della consaapevolezza e intelligenza della popolazione mondiale, e dunque sulla speranza di salvare e rilanciare la baracca.
Un po’ di sana follia forse può sortire qualche effetto insperato, e comunque rende la vita molto più interessante, dunque ti invito a credere a quei pochi, tanti, pochissimi, isolati, aggregati, lucidi o folli a loro volta, che si stanno impegnando (e penso da settembre lo faranno in maniera più numerosa e visibile) per cambiare l’oscuro corso della storia.
A parte tutte gli utilissimi rimandi ai vari link che vi sono contenuti, credo che il tuo articolo possa essere letto come una sorta di “chiamata alle armi”. Dovrebbe essere, questa, l’unica guerra che, non causando spargimenti di sangue, non essendo mossa dal desiderio di conquista e di sopraffazione, potrebbe essere definita davvero “santa”.
Credo, tuttavia, che gli ostacoli che si oppongono alla felice conclusione di questa guerra “santa” siano non dico insormontabili, ma enormi.
È vero che molto si sta muovendo, che un cambiamento è in atto, ma è anche vero che, almeno così penso, la maggior parte degli abitanti del mondo occidentale non ha consapevolezza, o non vuole averla, che, al cambiamento, può partecipare in prima persona.
E se la rete è indubbiamente un utilissimo strumento di diffusione, mi chiedo quanti la utilizzano in maniera costruttiva. Leggendo, ad esempio, i post che gli iscritti a Facebook lasciano nei loro profili, e che fanno parte della lista dei miei cosiddetti amici, mi sembra che ad occuparsi di decrescita, di responsabilità, di cambiamenti in atto, siano sempre le stesse persone. Tantissimi, al contrario, si occupano d’altro, preoccupati solo di mettere in luce loro stessi, o di scrivere qualunque sciocchezza, pur di far vedere che ci sono. E questi tantissimi non credo proprio siano interessati a quanto scrivono persone come te, per esempio. Certo, la mia è una visione parziale, una visione… “micro”. Forse è un po’ come se io guardassi il dito e non la luna. Ma sono convinta che ci siano ancora troppe persone che non rinuncerebbero mai al ben-essere per abbracciare il ben-vivere (permettimi una citazione tratta da un piccolo articolo di Andrea Segre).
Consolante è che ci siano persone come te, che non si stancano mai di affrontare e diffondere argomenti essenziali per la trasformazione della società. Consolante è anche che, ad esempio, una radio di eccellenza come radio3 parli sempre più spesso, nelle sue trasmissioni, di decrescita e di rispetto ambientale, e in maniera approfondita.
Per quanto mi riguarda, alla chiamata alle armi, pur con i miei limiti, e debolezze e fragilità, sono pronta a rispondere.
E grazie, Franz.
Ricorderai certamente un’altra mia chiamata alle armi: un post di questo blog aveva proprio quel titolo, e tu scherzosamente, ma poi, fattivamente, condividesti con me la chiamata a quella battaglia, dall’esito glorioso.
Parlo, come avrai capito, dei referendum.
Quanto avremmo scommesso, nei primi tempi della campagna referendaria, che si riuscisse a coinvolgere la netta maggioranza dell’elettorato? Ben poco, direi.
Dunque, se anche questa battaglia, anzi questa guerra (vista la differenza di scenario temporale e spaziale) si presenta persa in partenza, per tutte le ragioni che elenchi, e se ne potrebbero aggiungere ancora, non possiamo sapere da che parte penderanno le sorti.
Poi, a parte ogni altra considerazione, non c’è molta scelta: schierarsi o lasciarsi sopraffare passivamente.
A questo punto, per quel pezzo lungo o breve di vita che ci sarà concessa, conviene armarsi di un po’ di sana e gioiosa follia e crederci.
Grazie a te, cara amica, del tuo contributo, e anche della diffusione via Facebook di questo mio articolo: come sempre ti confermi un’insostituibile sostenitrice di quel poco o tanto mio impegno in queste lande virtuali.
Hai ragione, caro Franz, non possiamo considerare questa guerra come persa in partenza… Tutte le altre guerre, sì che lo sono, quelle cruente e orribili lo sono, perché non ne esce mai alcun vincitore. Follia o consapevolezza, utopia o concretezza, chiamiamole come più ci piace, le nostre armi. Ma usiamole, e presto.
Ciao, Franz.
Credo che, in fondo, non ci sia bisogno di sostanziali cambiamenti di atteggiamento, per chi abitualmente cerca di capire l’evolversi della problematica realtà sociale in cui viviamo.
Semplicemente, sarà la stessa evoluzione dei fatti a dettare i comportamenti conseguenti, come sempre; con la differenza (e per certi aspetti il vantaggio), che probabilmente la crisi globale sarà sempre più manifesta e meno teorica.
E auguriamoci che le guerre inutili, cioè tutte quelle con le armi, tendano a calare e magari a tacere per sempre.
(A proposito di follia o consapevolezza…).
Ciao!
carissimo, il tuo commento mi trova perfettamente concorde. Sono considerazioni che, sai, faccio anche io da un po di tempo. Mi piace leggere che vorresti intravedere una via di uscita ed anche qui concordo che la sobrietà e la decrescita ne dovrebbero essere le parole chiave. Ma la domanda che ti pongo e che mi pongo: siamo disposti a fare un passo indietro? Penso che già per noi che crediamo in queste cose sarà molto difficile mettere in pratica una downshifting. Ma come convincere ( o meglio “imporre” dato che solo l’imposizione ci potrebbe dare qualche speranza di riuscita) il resto del mondo consumista che deve scalare marcia e rallentare? Concretizzando: come dire dall’oggi al domani ai ragazzini ed ai maniaci dell’interattività che il cellulare, ad esempio, sarà di sola pertinenza delle forze dell’ordine e di sanità? Come spiegare e convincere che si dovranno usare i treni (lenti) e la bicicletta? Come spiegare che per andare a mangiare un gelato si dovrà partire da casa con una tazzina ed un cucchiaino al seguito?
Caro Massimo, non posso rispondere, ovviamente, alle tue accorate domande; quello che mi è chiaro è che non si torna indietro: la decrescita, felice o forzata, ci sarà.
Poi il fatto che sarà prevalentemente felice per chi già la metteva in pratica, cercando la sobrietà in ogni scelta di vita, e sarà forzata e dolorosa per chi non aveva capito la vacuità ed inadeguatezza della propria scala di valori, non potrà che essere un elemento di conforto nella giustizia.
Sempre che il clamore delle bombe, l’arsura della sete, e il dolore di vedere compromesso per sempre il nostro meraviglioso teatro non ce lo impediscano.