…via!

.
Lo sparo dello starter è preceduto dalle abusate note dell’Inno di Mameli, nella registrazione di un’esecuzione corale.
Da diversi anni ero curioso di partecipare a questa ‘Run tune up’, la mezza maratona di Bologna, propagandata da Gianni Morandi (che ne è anche un protagonista sportivo) e da vari discutibili sponsor, primo fra tutti la Banca Unicredit; ma poi ho sempre desistito perchè, da tempi già lontani, i miei allenamenti non mi danno l’autonomia necessaria, per i ventuno chilometri, ad evitare che gli ultimi diventino un inutile, doloroso e dannoso sacrificio.
Ma quest’anno mi si è accesa la lampadina. Il percorso, ho pensato, non si allontana dal centro della città: potrò correre un’ora, magari qualcosa di più se me la sento, poi abbandonare il serpentone e spendere le energie residue per tornare alla base di partenza e di arrivo.

Ho già corso solitariamente più di dieci minuti, dai Giardini Margherita, dove il volantino frutto di un’organizzazione sommaria indicava il ritrovo, fin qui in Piazza Maggiore.
Il cielo è grigio, c’è molta afa già alle nove e mezza di questa prima domenica di settembre.
Osservo il lungo gruppone dei competitivi, schierati a settori fin da Via dell’Archiginnasio lungo il lato sinistro di Piazza Maggiore, snodarsi gradualmente dopo la sparo. I non competitivi, al cui elenco mi sono iscritto (per il consueto euro e cinquanta tipico delle corse domenicali) sono meno numerosi, qui davanti alla basilica di San Petronio, sotto l’arco di partenza di plastica gonfiabile con le insegne di un altro sponsor.
Un tipo alla mia sinistra ha voglia di raccontarmi dei suoi dubbi sulla possibilità di terminare i dieci chilometri annunciati per il percorso alternativo; gli do ascolto e conforto, finchè anche la partenza del nostro gruppo, collettiva e caotica, non me lo toglie, con sollievo, di torno.

Non me l’aspettavo: il percorso non competitivo non coincide con la parte iniziale di quello agonistico; non me ne rendo conto subito, anche perché distratto dai numerosi complessi musicali che, a sopresa, sparano musica amplificata di ogni genere ogni poche centinaia di metri. L’effetto è piacevolmente festoso e regala qualche piccola carica energetica aggiuntiva.
Alcuni cartelli indicano ogni tanto la direzione per il percorso mini, di tre chilometri, e per quello maxi, che dai fantomatici dieci è annunciato in realtà di soli sette chilometri.
L’aria afosa fa sudare più del dovuto, e mette a dura prova tanti inconfondibili podisti improvvisati; osservo un ragazzino che avrà dieci o undici anni correre a perdifiato, tutto sbilanciato in avanti, poi fermarsi qualche secondo prima di ripartire, ancora con quello stile scomposto.
Dopo il primo tratto, per le larghe vie Ugo Bassi, Marconi, dei Mille e Irnerio, si entra nelle strade che hanno conservato il volto più antico, più strette e con una buona parte della sede occupata dal portico.
E proprio sulla colonna di un portico, un cartello annuncia i quattro chilometri percorsi; guardo l’orologio: se è vero, sto andando pianissimo; ma dopo nemmeno duecento metri compare quello dei cinque, a dopo altri duecento quello dei sei chilometri. La cosa è notata da molti, ed oggetto di ironia.
Dopo una quarantina di minuti sono già in vista di Piazza Maggiore. Ed ora che faccio? Non posso accettare di essermi sobbarcato una levataccia per fare un allenamento così ridotto; abbandono il gruppo e continuo a correre per conto mio, ripercorrendo le larghe vie iniziali, dove i gruppi musicali continuano a suonare per la curiosità dei soli passanti.
Non c’è traffico di veicoli, tutto sommato è piacevole correre senza meta in una città come sospesa, anche se sono deluso di essere stato estromesso dal giro serio, quello a cui è evidentemente orientata tutta l’organizzazione.
Mi ci immetto casualmente, a un certo punto, nel mio vagare a zonzo. E’ già passata quasi un’ora dalla loro partenza: quelli che si trovano qui in questo momento procedono non molto più veloci di me, ma sudano molto di più.
Li abbandono, e dopo un po’ mi ritrovo nel tratto finale del percorso già fatto, e c’è ancora qualche podista della domenica, con il panzone e la faccia stralunata, che lo sta attraversando per la prima volta.
Giungo in piazza mentre la voce del presentatore sta annunciando l’imminente arrivo vero, quello del vincitore.
Decido di fermarmi e di affiancarmi al pubblico schierato sul rettifilo.
E’ un giovane kenyano, longilineo e velocissimo, sembra volare, a ricevere la sua razione di applausi fra l’entusiasmo dei presenti e quello, ostentato, dell’annunciatore. Che, dopo qualche minuto (e lo rifarà poi in più occasioni diverse) invita un medico a portarsi nei pressi della sua postazione.

Penso a questi ragazzi africani che lo sport tiene lontano dalla miseria. Ma c’è qualcosa che non mi torna: perchè tutta questa enfasi sull’aspetto competitivo, sulla ricerca del fenomeno da circo? Tutti questi applausi ai vincitori, quasi una genia di super-eroi? E’ davvero educativo, o è piuttosto un’esasperazione del nostro bacato e languente modello sociale, che ha nella competizione, con qualsiasi mezzo, uno dei suoi pilastri? Perché così poca importanza, anche organizzativa, all’evento popolare, al correre insieme di gente che desidera riappropriarsi gioiosamente delle strade della propria città?
Mi fermo ad aspettare gli altri arrivi, mentre la maglietta bagnata addosso mi dà un fastidioso senso di gelo; un applauso ancora più forte di quello riservato al kenyano accoglie la prima donna, anche perché è un’italiana. Nell’euforia generale la gente non si chiede perché le africane non ci siano, o siano così poche.

Decido che è il momento di andare a ritirare l’immancabile (di solito) premio di partecipazione, ma tutto il capannone dedicato al settore non agonistico ha già smobilitato. Mi accontento di un gelato offerto in una baracchina degli sponsor: è un cornetto alla soia, che cade ‘a fagiolo’ (giusto in tema di legumi…) sulle mie nuove abitudini di dieta vegana.
Ed è anche decisamente buono.
.
.
Sì, lo so, non era questo lo starter a cui alludevo nel post precedente.
Per quello basta fare un salto di due giorni, quando mi sono ritrovato nella stessa piazza, insieme all’amica Milvia (che mi fa quasi sempre la sua gradita compagnia negli eventi di carattere politico), in occasione dello sciopero generale, sotto un cielo altrettanto grigio, ma meno afoso, e tendente piano piano a schiarirsi.
.


Mi sono dilungato molto sulla descrizione dell’evento sportivo, e non farò altrettanto intorno a quello politico.
Posso dire che la piazza era piena di gente, striscioni, bandiere, e che dunque, come nel resto d’Italia, la scommessa della CGIL è stata vinta.
Ma non posso dire che quella gente, e soprattutto i discorsi da quel palco, mi abbiano scaldato il cuore.
L’atmosfera era quella di un evento di protesta confezionato sulla falsariga di tanti altri del passato, e non dotato dunque della carica di rinnovamento necessaria a questa crisi epocale, né della capacità di convogliare le risorse popolari di profonda indignazione, ribellione, richiesta di cambiamento, che si avvertono così chiare qui in Rete.
Quando poi, da quel palco, a più riprese è stata rivendicata la necessità di “puntare sulla crescita“, mi sono sentito più che mai estraneo alla manifestazione. Chi non si pone il problema di che cosa sia la vera crescita (o, meglio, il vero progresso) e di quanti danni abbia combinato quella distruttiva e disumana che ci ha portato fin qui, non ha capito proprio niente.
.
.
Fra poche ore, terza levataccia nell’arco di una settimana, sempre che decida di andare a letto.
Alle cinque di mattina, tre pullman pieni di grillini e simpatizzanti si dirigeranno a Roma, a raggiungere zio Beppe per il cosiddetto ‘Cozza day’, la manifestazione di protesta, fra Piazza Navona e Montecitorio, in difesa del progetto di legge ‘Parlamento pulito’, ignorato da quattro anni esatti dai mitili che infestano il parlamento italiano.
Affronto il piccolo sacrificio con grande speranza: mi sembra di percepire questa volta un po’ di quella fantasia ed energia giovanile che mi sono mancate martedì scorso in Piazza Maggiore.

Vi saprò dire.
.
.
.
.
——
Immagini da: http://www.runtuneup.it/?s=photogallery
http://www.youtube.com/watch?v=45W24zZx39I

Informazioni su Franz

Per una mia presentazione, clicca sul secondo riquadro ("website") qui sotto la mia immagine...
Questa voce è stata pubblicata in Tutti gli articoli e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

10 risposte a …via!

  1. milvia ha detto:

    Mi piace il titolo di questo articolo, che bel si lega al titolo del post precedente: Pronti, via! C’è una grande energia, in queste due parole unite, che supera l’ambito sportivo nel quale, in genere, si pronunciano.
    Lo stesso ampliamento che c’è in questa cronaca di una tua domenica diversa dalle solite.
    Come sempre, mi piace quello che scrivi e come lo scrivi. Mi piacciono, e mi arricchiscono, le riflessioni che fai, anche partendo da un piccolo avvenimento. E, quasi sempre, le condivido. Come quando scrivi del discorsi dal palco, una settimana fa, in piazza Maggiore: pre-confezionati, noiosi, distanti da tutto quello che, per fortuna, comincia a muoversi intorno a noi.
    Per fortuna, a Roma, è andata in modo diverso. E quello, forse, e me lo auguro, è il nuovo cammino.
    Ciao, Franz! E sempre “Pronti e via!”

    • Franz ha detto:

      Non sempre le mie intuizioni (men che meno le mie previsioni) sono azzeccate; ed ora vivo un po’ il passare di queste giornate con l’ansia di verificare se davvero quel “muoversi intorno a noi” di cui anch’io parlo con convinzione da qualche tempo sia davvero un fenomeno importante e foriero di cambiamento.
      Intanto, chi ci crede o chi ci spera, può cercare nel suo piccolo di contribuire ad evitare, ora che lo starter ha dato il ‘via’, una falsa partenza.

      Grazie, cara Milvia, per la ‘consueta dose’ di complimenti!

  2. duhangst ha detto:

    Penso che neanche in motorino riuscirei a fare una mezza maratona..
    Anche io sono andato in piazza ad Ancona..
    A dire il vero una sola manifestazione a me sembra poca cosa per far cambiare le cose, ma sicuramente non fare nulla sarebbe stato peggio.

  3. Miss ha detto:

    Non dico le solite cose dai, tanto lo sai, un saluto? Ciaoooooooo

    • Franz ha detto:

      Meno male che la Miss c’è.
      C’è sempre meno, ma c’è, e ogni suo saluto è diventato prezioso, e fonte di gioia, come trovare un francobollo raro…
      Ciao!!!

  4. lagiraffa ha detto:

    Che bello, Franz, un nuovo anno (si sa che l’anno nuovo inizia a settembre..) pieno di energia! Non mi stupisce che la manifestazione politica sia stata meno coinvolgente, purtroppo, se siamo arrivati a questo punto (crisi? Stallo? Depressione nazionale?) un po’ di “merito” ce l’hanno anche i sindacati, che troppo spesso hanno dimenticato i lavoratori e hanno pensato alla propria sistemazione o, perlomeno, questo è quello che ho visto. Buon inizio 🙂

    • Franz ha detto:

      Cara Giraffa, credo anch’io che la storia dei sindacati negli ultimi decenni sia costellata di errori e mancanze.
      Hanno in particolare trascurato l’esercito dei precari e il problema della disoccupazione, il degenerare della situazione nazionale per il conflitto di interessi e per le collusioni mafiose del dittatore/clown e dei suoi servi e infine, cosa che continuano a fare, le contraddizioni del modello economico-sociale fondato sulla crescita illimitata e scriteriata dei consumi. Senza citare le attuali divisioni fra i tre sindacati nazionali e l’imbarazzante docilità di CISL e UIL.

      Un buon Cabudanne anche a te, sulla falsariga di di quello ‘de sos poetas che si è svolto recentemente a Seneghe. 😉

      • lagiraffa ha detto:

        Hanno dimenticato i precari, la disoccupazione, il lavoro nero, gli incidenti sul lavoro, hanno una memoria poco capiente..e mi chiedo se, oggi, abbia ancora senso la loro esistenza.
        Da noi, in effetti, sopratutto nel mondo agricolo, il Capodanno inizia a settembre. I poeti lo sanno 😉

      • Franz ha detto:

        Immaginare la sconfitta totale dei sindacati (se non del sindacalismo tout-court), cioè la loro scomparsa, è un’idea troppo angosciosa.
        Ma che sia necessaria una radicale ricostituzione è proprio del tutto evidente.

        p.s.: fra il mondo della cultura contadina/pastorale e quello dell’arte, popolare ma anche erudita, le connessioni sono sempre salde e forti! :mrgreen:

Commenti:

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.