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Che esistesse una ‘Trattoria bolognese’ in Via dei Mille neanche lo sapevo.
Comunque esiste, e nello scorgerne l’insegna, sabato sera sulle undici, ho tirato un sospiro di sollievo: non si trattava di uno scherzo o di uno sbaglio.
Il cliente che ha chiamato compare ben presto, un tipo sulla quarantina.
“Buonasera, dove andiamo?”
“In Via Niccolò dell’Arca.” La voce è forte e sicura, un tantino esagitata, inconfondibile accento romanesco.
“D’accordo.”
“Ce l’hai ‘na sigaretta?”
“No, mi dispiace, non ho mai fumato in vita mia.”
“Allora prima passiamo da un tabaccaio” e da dietro mi porge una banconota da dieci.
Rimango un attimo perplesso: “E’ per l’attesa? Ma non c’è bisogno, è troppo scrupoloso…”
Visto che non demorde, afferro la banconota e la poggio sul sedile vuoto accanto al mio.
“Allora,” soggiungo, “quando viene verde volto verso il centro: l’allunghiamo di pochi metri ma son sicuro che qui in Via Indipendenza c’è un distributore.”
E infatti, a pochi metri dall’incrocio, sulla mia destra, scorgo la ‘T’ illuminata.
“No… Nun ce sta un tabaccaio aperto?” (stesso tono di voce un po’ sopra le righe).
“Eh no, a quest’ora sono tutti chiusi. L’unico è il Bar Bianco, di fronte alla stazione, che dovrebbe averne.”
“Va bene, allora ‘nnamo là.”
Inversione, la prima di una serie a cui mi costringerà questo soggetto molto dinamico, per non dire alterato.
Al lungo semaforo di Piazza XX Settembre, dove Via Indipendenza sfocia nei viali di circonvallazione, mi metto nella corsia di sinistra, per andare verso la stazione.
“Annamo dritti, via Niccolò dell’Arca.”
“Niente Bar Bianco, allora?”
“Ah, è vero.” Si era già dimenticato.
“Qui bisogna fare una piccola pirateria,” dico poi, mentre con decisione compio un’altra inversione sul viale antistante la stazione, “tanto a quest’ora tutti i santi aiutano.”
L’acquisto è rapido, rientra senza dire niente. Chi tace acconsente.
“Allora andiamo in Via Niccolò dell’Arca?”
“No, fa’ ‘na cosa, portami in Via Stalingrado.”
“Okay, a che numero?”
“Quanno ci siamo te lo dico io. Tanto hai tempo, vero?” e mi mostra cinquanta euro.
“E’hh… anche tutta la notte.”
“Posso fuma’ ‘na sigaretta?”
“No, mi dispiace.”
“Eddài…” e torna a mostrarmi la banconota.
“No, mi dispiace.”
“Manco per cinquanta euro, me fai fuma’?”
“No, non è questione di soldi, è una questione di principio.”
Si mette buono.
“Eccoci in Via Stalingrado.”
“Ecco allora seguitiamo fino al ponte, poi prenni il primo vialone sulla destra.”
I ‘vialoni sulla destra’ di Via Stalingrado, verso la Fiera, sono quattro: ricordo che i primi tempi avevo qualche problema a distinguerli: Via del Lavoro, poi l’imbocco per Viale della Repubblica, poi Viale Aldo Moro, poi Piazza della Costituzione; solo quest’ultima si trova dopo il sottopasso.
“Gira di qua,” mi fa molto prima, cioè al secondo dei quattro incroci: “guardo se ce sta una mia amica, se no torniamo su via Stalingrado.”
“Va bene” e rallento un po’, avendo intuito il genere di amica.
“No, nun ce sta, torniamo.”
Nuova inversione ad ‘U’.
La scena si ripete al vialone successivo.
Ma questa volta scorgo, nella semicarreggiata opposta, una vettura ferma con lo sportello aperto.
“Ecco, allora fai inversione e poi te metti davanti a quella macchina.”
“D’accordo.”
Mentre la supero lentamente, mi fa:
“Adesso scenno e vado a parlarle.Te do cinquanta euro, poi, se te faccio segno, pòi anna’.”
Gli restituisco il precedente biglietto da dieci, che scambio con quello da cinquanta.
Accosto, luci d’emergenza, e aspetto il conciliabolo dell’esagitato con la sua amica.
Pochi momenti di contrattazione, poi vedo che si accinge a salire su quell’automobile, con un vistoso gesto, nei miei confronti, di andare.
Il tassametro segna meno di tredici euro: una mancia di trentasette e rotti non capita tutti i giorni, e l’ondata immediata di piacere ripaga ampiamente il senso di alterazione mentale trasmessomi da quel mio strano passeggero.
“Chissà, magari era lo stesso, chi si ricorda più la sua faccia…” penso fra me, ricordandomi un altro tipo che, nei primi tempi della mia carriera, aveva mostrato lo stesso utilizzo sprezzante del denaro, come se ne possedesse in quantità infinita.
Quello mi portò a caricare una giovanissima prostituta romena, poi si mise d’accordo, sia con lei che con me, per andare fino ad un suo appartamento a Firenze, dove avrebbe passato con lei la notte, per poi pagarle il viaggio di ritorno su un altro taxi.
I milionari, nell’immaginario comune e più verosimile, è gente affermata negli affari o nelle professioni, capace di accumulare e gestire grandi capitali grazie a un’attività continuativa, e un’attenzione costante circa gli investimenti. Gente in cui il lusso traspare dallo stile di vita e dalla scelta del tipo di vacanze, ma per il resto occupati nella professione per gran parte della loro esistenza, e comunque abituati a non sperperare.
Ma ci devono pure essere quelli che hanno vinto importi sovrumani al Superenalotto. Sono poschissimi, più unici che rari, eppure sono sicuramente anch’essi in mezzo a noi, ed è presumibile che utilizzino il taxi con gran disinvoltura.
Ecco, è quella la netta impressione che, a distanza di qualche anno l’uno dall’altro, i due clienti (sempre che non fosse il medesimo) mi hanno dato.
L’utilizzo continuo e quasi compulsivo del denaro, per fare ed ottenere qualsiasi cosa, lo stato mentale ottenebrato dal probabile consumo abituale di coca, e la ricerca altrettanto abituale di avventure sessuali a pagamento, senza limiti di spesa: gli indizi ci sono tutti.
Anche la loro condizione estrema, in fondo, è una componente della realtà, quella realtà di cui il posto di guida di un taxi è un osservatorio del tutto privilegiato.
Ma è la storia di un attimo. Nella stessa sera, meno di un’ora dopo, mi capita a bordo un magrissimo tipo nordafricano, dalla pelle scura, che già avevo accompagnato in più di un’occasione, e che si era mostrato con me molto amichevole; e questa volta mi stresserà dal principio alla fine della corsa sulla presunta esosità della tariffa iniziale notturna.
Facendomi tornare alla realtà quotidiana, quella di gran lunga più comune.
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Immagine da: http://www.comicsblog.it/post/1565/i-60-anni-di-zio-paperone
Ciao Franz, il sig. WordPress non mi fa più entrare sul tuo post dedicato al 15..Volevo sapere da te com’è andata! Hai visto come cercano di strumentalizzare quello che è successo? E ormai non parlano più dei motivi della protesta..che rabbia..
Cara Giraffa, quello a cui alludi era un post di servizio, utile solo a seguire le varie cronache in diretta streaming da Roma, e domenica mattina l’ho cancellato.
In questi giorni ho letto molti articoli e visionato molti video, ma solo oggi dovrei riuscire a dire la mia sulla drammatica giornata.
Posso anticiparti che (a parte quelli morali…) non ho subito danni, e anzi non ho praticamente assistito alla guerriglia, in quanto il nostro spezzone di corteo era nelle retrovie ed è stato poi deviato.
Ciao, grazie e a presto!
Sono contenta di sapere che per te è andato tutto bene! è assurdo che manifestazioni del genere si trasformino in guerriglia. Allora, aspetto il tuo racconto. Ciao Franz, e grazie per il tuo impegno 🙂
Caso limite? Carissimo Franz non credo proprio, ahinoi.
Conosco un sacco di gente che si porta a casa tv al plasma da un fantastiliardo di pollici e poi è in cassaintegrazione. Conosco ragazzi che spendono e spandono tutti i weekend in discoteca, dietro alcol, fumo e ragazze, e hanno genitori che fanno due o tre lavori per mantenerli “n” anni a zonzo per l’università. Conosco tizi che cambiano cellulari con la stessa media con la quale i normali mettono e dismettono (per riporli nel guardaroba) i vestiti stagionali, e parliamo di Galaxy, Iphone, blackberry e altra roba che costa come un portatile molto caro ma non fa assolutamente altrettanto.
Di gente che sperpera ce ne è davvero tanta. E credo che la maggiorparte, a volte, spenda persino più soldi di quanti ne abbia in tasca. Una cattiva educazione diffusissima, che si intravede con frequenza tra trentenni e quarantenni e che pare dilagare tra ventenni e quindicenni.
Siamo forse i veri figli del boom economico e non lo sapevamo?
Che ti devo dire, caro Carlo…
I comportamenti di psicotica dipendenza dall’acquisto e dal consumo che descrivi sono purtroppo all’ordine del giorno.
Ma, forse sbaglierò, mi sembra che ci sia, nell’atteggiamento di un soggetto come quello che ho incontrato, un qualcosa di diverso, difficilmente definibile; direi un’attitudine smodata a risolvere ogni problema e ad accompagnare ogni propria azione con l’esborso di qualche banconota.
Comunque sia, e per tutti: …ha ‘dda veni’ ‘sta Decrescita!!!
Franz mai caricato un tipetto basso, semicalvo, botoloso che telefonava a tutto il mondo organizzando feste notturne elargendo denaro a destra e a manca come coriandoli, a sinistra no? Parlo di una ventina di anni fa. Adesso le fa organizzare e usa solo macchine private. Ma il concetto è lo stesso. Possiedo dunque sono. Ciao e grazie per queste immersioni notturne nella vita cittadina. Riri52
Cara Riri, vent’anni fa ero in esilio a Milano, e da lì sarei poi passato a Padova; frequentavo (se così si può dire) la nostra città solo nei fuggevoli fine-settimana.
Non so se lo sgradevole tipetto sia ancora in giro e, oltre a macchine private, si serva comunemente del taxi, ma se così fosse penso che l’avrei incontrato.
Grazie a te della visita, e un buon 15 ottobre di sanissima Indignazione!
Quando sostituisci il valore della vita con quello del denaro è questo quello che succede, pensi che puoi comprarti la felicità e anche l’amore delle persone, ma non credo che siano spese che ripaghino..
Mi viene da pensare che un caso come limite come quello che ho raccontato sia solo l’emblema di una cultura diffusa, che ha perso la giusta collocazione dei valori.
Speriamo che la Decrescita che inevitabilmente ci aspetta, felice o forzata che sia, possa correggere il grave vizio di fondo.
Fino a quando non hai tirato fuori la faccenda dei soldi (o dei sordi, come direbbe il tuo cliente romano) mi è venuto da pensare: Franz, Santo subito! (anche se è vitalissimo, il Franz, nominare Santi viventi potrebbe essere interessante). Poi, andando avanti, ho pensato che la compensazione monetaria forse ha pareggiato il fastidio. Forse, dico. E allora niente Santo subito, almeno per ora.
Noto che anche in questa pagina di diario, dal tono più leggero e estremamente godibile, sei riuscito a regalarci qualche tua riflessione sulla razza umana. Sei incorreggibile! Scherzo, naturalmente. Continua a essere incorreggibile, che riflettere è contagioso…
Buona notte, caro Franz. E che i soldi siano con te.
Davvero non desiderei di aver anch’io tanti soldi, se non per la possibilità di destinarli ad enti attivi nel curare le ferite fisiche, ambientali e culturali dell’umanità; in fondo, se rapportati ad una scala mondiale, sia tu, che io, che chiunque legga queste righe, siamo già nel settore dei molto ricchi e molto privilegiati.
…E con queste mie affermazioni, la candidatura a San Francesco da Bologna si fa ancora più influente!
(E d’altra parte, con un predecessore come quello d’Assisi, la strada è segnata in partenza…)
Buona giornata e buon fine settimana (indignatamente speciale…) a te.
superenalotto o evasione fiscale o traffici loschi?
Non credo, cara Amanda, alle alternative che suggerisci: chi evade o traffica è pur sempre in una logica di produzione di reddito; solo chi si è trovato improvvisamente un capitale praticamente inesauribile può assumere l’atteggiamento contrario, che chiamerei di volatilizzazione continua del denaro.