L’oasi – considerazioni sulla gioia

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Non c’è anno, nei quasi sei di vita di questo blog, in cui non abbia dedicato almeno un post a quell’evento di nicchia, sconosciuto ai più ma straordinariamente importante per me, chiamato ‘Caterraduno’.
Ricordo che in un’edizione lo paragonai al miracolo di San Gennaro, nel suo ciclico perpetuarsi: l’attesa dell’evento di grazia che caratterizza le settimane precedenti, il conflitto fra la fissità (del ricordo e dell’aspettativa) e la mutevolezza dinamica, giorno dopo giorno, della realtà di ciascuna edizione, la conclusione interiore dell’avvenuto prodigio, ancora una volta, ma anche della fuggevolezza di quelle poche giornate (dal martedì alla domenica: ho sempre evitato il prologo del lunedì) che ogni anno sembra dolorosamente accentuarsi.

Con atteggiamento un po’ ingenuamente e ambiziosamente giornalistico, che avevo nei primi anni di questo mio diario, tentavo di unire, a considerazioni di carattere più generale, una sorta di cronaca, o comunque di racconto, delle giornate del raduno, spesso con l’aiuto di mie fotografie, a volte addirittura pubblicando un post in loco, a Senigallia, da quell’internet point dai prezzi assurdi che ancora ho frequentato quest’anno.
Ma col tempo si cambia: cambia qualche caratteristica dell’evento, senza che ne vada perduto lo straordinario stato di grazia, e cambia l’approccio del sottoscritto all’evento stesso, senza che si perda l’aspettativa e infine la soddisfazione; ma forse la cosa che più è cambiata è il mio commento su queste pagine.

Per quanto fuggevoli, comunque di giornate di vacanza si è ancora una volta trattato, che come tali hanno permesso anche il rilassamento, solo con un piccolo sforzo di autocontrollo rispetto all’ansia di partecipare, magari con opportuno anticipo, a tutti gli appuntamenti; e grazie anche al ritmo cadenzato e volutamente lento dei miei spostamenti in bicicletta, curiosamente la stessa che mi fu data l’anno scorso dai gestori della pensione, ormai amici di famiglia, e che fa un cigolio ad ogni giro dei pedali.
E c’è stato anche il tempo per pensare, e cercare di concettualizzare il perché di tanta grazia, che fa di quella settimana scarsa un’oasi lussureggiante nel deserto.
La concomitanza di ingredienti balsamici: questa è la semplice, banale spiegazione. Nessun’altra occasione o periodo offrono lontanamente un insieme così ricco di elementi vitalizzanti.

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La compartecipazione, il ridere, applaudire, cantare, ballare, insieme a tante persone vicine al tuo mondo e al tuo sistema di valori, la condivisione di momenti della vita quotidiana, e la conversazione, con alcuni dei miei amici più cari, diversi dei quali conosciuti proprio lì negli anni scorsi, l’estrosità allegra dei conduttori, la coinvolgente partecipazione ad alcuni concerti serali, e poi alla sarabanda finale del sabato notte;

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l’impegno etico, che trova nella carismatica presenza di don Luigi Ciotti il suo apice, nell’asta per la legalità del sabato pomeriggio, impegno pur sempre coniugato a leggerezza, risate e gioia. E poi Senigallia, e la sua estesa, variegata e intensa bellezza, degno teatro illuminato dai riflettori del sole più luminoso e stabile dell’anno.

C’è stato il tempo per riflettere sulla gioia, e per praticare una lezione ogni anno più chiara: che essa si allontana quando si cerca di riprodurre pedissequamente le pagine più belle impresse nella memoria, e si avvicina invece nella capacità di farsi tutt’uno con il fluire della realtà, accettandone i limiti e gli apparenti contrattempi senza protestare.
Che la gioia è nella scoperta, nella novità, creazione, rigenerazione, prima ancora che nel rito e nella gradita consuetudine.

C’è un ricordo, a proposito di queste considerazioni, che mi accarezza la mente. E’ il ricordo di una delusione, cocente, vissuta un po’ prima dei venticinque anni d’età.
Aspettavo un concerto come un evento di una portata per me straordinaria: la cosiddetta ‘Carovana del Mediterraneo’ prevedeva, sul palcoscenico del Parco Nord, la fusione di due gruppi musicali, entrambi i quali mi avevano già offerto le più intense emozioni musicali mai provate. Banco del Mutuo Soccorso insieme ad Angelo Branduardi e ai suoi musicisti: un evento davvero epocale.
Possibilità di temporali, avevano annunciato le previsioni, ma la giornata settembrina era stata bella, salvo, al tramonto, una riga viola laggiù nel cielo. Nessun esorcismo potè evitare che quella riga viola si impadronisse rapidamente della volta celeste, proprio mentre si avvicinava l’ora del grande spettacolo, e che un fortunale si abbattesse sul pubblico già assiepato, e di lì a poco informato ufficialmente sulle modalità di rimborso del biglietto.
Mi ci vollero diversi giorni per smaltire la frustrazione, capivo di aver perso una delle più grandi possibilità di gioia intensa che potessi aspettarmi, se non addirittura la più grande, con l’assolutismo di quell’età.
Sono sicuro che davvero una perdita secca ci sia stata, in quella lontana occasione, eppure nel bilancio della mia vita, con il passare degli anni, quella serata si è allontanata, ridimensionata, rimpicciolita.
Forse, tuttavia, quel po’ di apprensione con cui aspetto e vivo le giornate miracolose di Senigallia ha origine in parte da quella serata, che mi insegnò molto sull’effimera vacuità delle nostre aspettative.
E forse è proprio quell’insegnamento che mi permette ancora di meravigliarmi, nel ritrovare ogni anno, intatto eppur sempre diverso, il dono di quelle cinque giornate così normalmente straordinarie.
E, ahimè, così altrettanto fuggevoli.

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11 risposte a L’oasi – considerazioni sulla gioia

  1. Milvia ha detto:

    Fra i vocaboli di cui è ricca la nostra bella lingua, il termine gioia è fra i miei preferiti. Più che allegria, o letizia, o felicità. La parola gioia ha un colore, per me: un bel rosso lucente, ma non aggressivo; è un abbraccio grande, pieno di calore; è una musica contagiosa.
    Una delle cose che notai, quando scoprii il tuo blog, caro Franz, è l’apparizione frequente di questa parola, nelle tue pagine di diario. E fu una delle tante ragioni per cui continuai, e continuo, a seguirlo.
    Per sentire in se stessi e cogliere in maniera quasi fisica la gioia di tutti i partecipanti, in eventi come questo, bisogna essere predisposti alla gioia, alla positività. E credo proprio che tu questa predisposizione la possieda. E credo anche che, nonostante percorsi di vita diversi, nonostante faticose salite e disastrose discese che la vita ci riserva, siamo in molti ad avere in noi il seme della gioia. Il Caterraduno e manifestazioni simili, sono degli ottimi catalizzatori, un potente concime non inquinante.

    • Franz ha detto:

      Credo che la parola gioia, cara Milvia, sia cara a tutti, più o meno esplicitamente e coscientemente, perché esprime una condizione in qualche modo e misura raggiungibile, a differenza della felicità, che è una pura astrazione.
      So che anche tu hai quella che giustamente chiami predisposizione ad essa, e mi hai più volte riferito quale evento (ancor più breve del Caterraduno, e ormai prossimo nel calendario) produce in te quello stato di grazia.
      Anche se istintivamente si sarebbe portati a proiettare strettamente il proprio vissuto sul prossimo, capisco che ogni strumento ha una particolare cassa armonica che entra in risonanza con differenti vibrazioni; l’importante è che la propria vita sia, almeno di tanto in tanto, una bellissima musica.

    • amanda ha detto:

      mi piace molto questo commento di Milvia 🙂

  2. Luca ha detto:

    Dopo aver vagabondato per la Romagna, il Cater-raduno da circa 6 anni ha trovato sede fissa a Senigallia, tipica cittadina marchigiana architettonicamente stupenda ed edonisticamente meno sfacciata e proterva delle consorelle romagnole.

    Uno sposalizio assolutamente perfetto che, mi sembra di poter affermare, dà quel tocco in più di “valore aggiunto” a tutti gli eventi, anche a costo di qualche inconveniente come l’imbarazzante acustica del Foro Annonario, cornice suggestiva sul piano ottico-visuale ma discretamente inadeguata sul piano uditivo, specie quando ospita cantautori per i quali la genialità del testo è un buon 80% della pregevolezza globale.

    Se nel 2013 sarò ancora vivo, in buona salute, a piede libero e con qualche minimo risparmio mi attrezzerò per seguire il Raduno dall’inizio alla fine, sempre che nel frattempo non sia stato trasferito a Porto Empedocle.

    • Franz ha detto:

      Sono ben contento di averti contagiato con questo virus, e che tu abbia potuto sperimentare l’incanto dei luoghi e, in piccola parte, anche dell’atmosfera del raduno.
      Ti auguro che la tua vita conosca finalmente un po’ di stabilità, anche se una zingarata da Porto Empedocle sarebbe un mito nel mito.

    • amanda ha detto:

      l’unica nota stonata sono i TRENI: credevo che casa mia fosse il top, ma la pensione dove stavo l’anno primo dell’epoca Senigallia batteva casa mia e alla grande

    • Franz ha detto:

      In effetti praticamente tutti gli alberghi sono a ridosso dei binari, e l’effetto sonoro, di notte, è letteralmente spaventoso.
      Ma ricordo che mi adattai presto (miracoli della vacanza), poi, per anzianità di servizio, da un po’ di anni mi danno la camera che dà verso il lungomare.

  3. Riri52 ha detto:

    Tante volte si rimane delusi dalle aspettative, per eventi più diversi, attese deluse e incontri frantumati nella banalità della vita.Ma forse quello che rimane , prima di tutto , sono le speranze dell’attesa! Ciao Riri52

    • Franz ha detto:

      Certo la speranza dell’attesa è un bel motore di vitalità, ma secondo me il prezzo di una disillusione annulla completamente quei benefici.
      Per fortuna ci sono anche speranze ripagate dai fatti (come è sempre stato per il Caterraduno), e, sia pur raramente, anche le sorprese di belle inattese novità.
      Ciao!

  4. duhangst ha detto:

    Fuggevoli, ma vissute e credo che sia la cosa più importante 🙂

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