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Vivo sempre con una certa apprensione il termine per l’invio degli articoli della rivista della Co.Ta.Bo., la nostra cooperativa di tassisti bolognesi.
Dover scrivere a comando non mi piace, ma ciononostante, nei giorni immediatamente precedenti tale scadenza, cerco sempre di far lavorare la fantasia alla ricerca di una nuova traccia, e, proprio sul filo di lana (anzi stavolta un giorno dopo, ma era festivo!) riesco sempre a scrivere un nuovo brano, fra l’altro limitato negli argomenti dal titolo della rubrica che mi hanno assegnato: “Racconti notturni”.
Il racconto che ho scritto ieri, e appena ritoccato e inviato, vedrà presumibilmente la pubblicazione intorno alle feste di Natale e anno nuovo; per questo l’ho ambientato proprio in quel periodo.
Lo presento in anteprima qui sul mio blog, i cui lettori sono quasi tutti diversi da quelli della rivista stessa.
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Il filosofo
Le luci della città, addobbata ancora una volta per le feste di fine d’anno, erano più brillanti e vive del solito, e l’aria più fredda, asciutta e pulita, dopo quella giornata di vento.
La mia attesa in una Piazza Malpighi un po’ desolata, intorno alla mezzanotte, era stata meno lunga di quanto temessi, quando vidi avvicinarsi, a passo lento ma determinato, un uomo. Elegante, lineamenti larghi, una barbetta curata su un viso nobile e gradevole, mi fece un cenno come per chiedere permesso ed entrò in vettura, di dietro, salutandomi con uno scandito “Buonasera”.
“Buonasera, dove la porto?”
“A Villa Guastavillani, per favore, la conosce?”
“Certo.”
Avviai il tassametro, il motore e le frecce direzionali, e infine l’intera automobile, come mille altre volte in quell’anno che andava ormai avviandosi alle ultime battute.
“Ma è proprio sicuro di conoscerla?” ribatté inaspettatamente.
“Mah, almeno quanto basta per andarci, e portare lei a destinazione.”
“Corretto” replicò calmo. Poi, dopo qualche secondo di silenzio profondo, riprese la parola: “La conoscenza di noi umani, in fondo, arriva sempre dove sembra bastare, poi si ferma là. Per ottimizzare le energie, chissà, o forse solo per pigrizia.”
Non capivo dove volesse arrivare, e mentre già guidavo veloce fra un semaforo rosso e l’altro, tacqui, senza far cessare il mio atteggiamento di vigile attenzione verso quel nuovo ospite e la sua voglia di dirmi qualcosa.
“Si interroga mai, lei mio caro signore” riprese, “sulla possibilità di condizioni migliori? Magari anche spicciole, anche riguardanti la semplice vita quotidiana, o l’attività lavorativa…”
“Ogni tanto credo di sì, anche se spesso mi sembra fatica sprecata. Ad esempio, vede, dover frenare, ora, per quel semaforo che appena ci ha visti è diventato giallo, è un piccolo stress, che sommato a tanti altri, rende la mia vita un po’ più difficile. Mi chiedo spesso se non si potrebbe inventare qualche meccanismo un po’ più moderno e intelligente, ma non trovo mai risposta.”
“Capisco, e immagino che nel suo lavoro ci siano stress ancor più gravi.”
“Non c’è dubbio…” e mi interrogai rapidamente su quali potessi elencargli fra i tanti. “Il disordine, il caos, le regole non sempre sensate ma quasi sempre violate, impunemente, dagli automobilisti arroganti come i loro assurdi SUV, dalle pericolose serpentine delle moto, dalle biciclette sempre col fanale spento, dai pedoni che vagano in mezzo alla strada come zombi, con tutti i portici che ci sono… E automobili dappertutto, col motore acceso a intasare le strade e l’aria, o ferme a rubare ogni metro quadrato possibile alla città, e alle corsie di marcia, spesso proprio quelle preferenziali.”
Rimase rispettoso in ascolto ancora qualche secondo, poi disse:
“Ecco. E che cosa si potrebbe fare per combattere questi mali, per rendere più sicuro e meno stressante il suo lavoro, e più bella e vivibile la città?”
La profondità della voce di quell’uomo curioso mi invitava a cercare una risposta non improvvisata.
“Sicuramente una presenza maggiore della polizia municipale: si chiamano vigili ma la loro vigilanza è davvero scarsa. Ma in fondo temo che la battaglia per una circolazione ordinata, razionale, magari anche discreta e silenziosa, sia persa in partenza.”
“E perché mai?”
Ci pensai qualche secondo.
“Perché il baco sta all’origine.”
Sentii che mi ascoltava con interesse.
“È il modello della mobilità, che non regge più, e sta crollando come tante altre cose della nostra società tanto progredita…”
L’uomo tacque ancora, poi mi chiese: “E lei ha in mente un modello diverso?”
“Solo qualche traccia.”
“Ad esempio?”
“Beh, intanto si potrebbe circolare molto meno, per lavoro, e fare girare invece le idee e le comunicazioni tramite i computer, e per le merci e gli alimenti avvicinare produttori e consumatori. Penso che, rispetto alle possibilità, ci sia un immenso spreco, e un impatto sull’ambiente che conosciamo.”
“Già, che conosciamo…”
“E poi forse si potrebbero escogitare logiche e mezzi completamente diversi, per gli spostamenti, visti i danni di tutti i generi che ha provocato un secolo di motorizzazione di massa.”
“Vede?”
“Cosa?”
“Vede che le soluzioni forse ci sono, che le intravediamo, che se qualcuno ci interroga, o se non ci stanchiamo di interrogare noi stessi, le possiamo trovare, le possiamo conoscere…”
La luce finalmente verde del semaforo di Porta Castiglione colorò il mio viso perplesso e concentrato su quella strana conversazione.
Poi fu ancora lui a prendere la parola: “E lei non avrebbe paura di rimanere senza lavoro, se venisse meno il mito dell’automobile, e la necessità stessa di spostarsi?”
“Mah, il mio è comunque un servizio pubblico, andrebbe forse solo rivisto nei modi, o magari nei mezzi di trasporto a nostra disposizione. E comunque credo che tutti dobbiamo fare lo sforzo di pensare a un progresso più umano e sostenibile, senza essere troppo legati al nostro apparente tornaconto. Forse un giorno potremmo lavorare tutti, ma molto meno, e molto meglio, e dedicare il nostro tempo libero a cose ancora più importanti, la solidarietà, la musica, l’arte, la cultura, il divertimento…”
Avvertii il compiacimento del mio interlocutore. Che ora taceva, e tacevo anch’io: un silenzio denso e piacevole, che non mi faceva avvertire la necessità di aumentare il volume basso della musica dell’autoradio.
Ed è così che affrontai i tornanti in salita di Via degli Scalini, nella notte stellata.
Finché, ormai prossimi alla destinazione, l’uomo mi disse:
“Ha visto?”
“Che cosa?” ribattei curioso.
“Che in fondo le cose le conosciamo, e le soluzioni sono correlate strettamente ai problemi, e abitano dentro di noi. Ed è un piacere ricercarle, non le sembra?”
“Forse sì.”
“Ma siamo pigri, e senza interrogarci, e senza cercare la conoscenza, accettiamo il disordine, i motorini che ci tagliano la strada, le biciclette dai fanali spenti. E, allo stesso modo, l’inquinamento dell’aria, e lo sconvolgimento climatico, e la fame di un miliardo di persone nel mondo, e la guerra imperialista.”
Mi sentii un po’ spiazzato dalla vastità improvvisa dei temi citati, con voce profonda e pacata, dal mio passeggero; e quasi sentii la piacevolezza di quella conversazione interrotta da pensieri più gravi e urgenti, cosicché le luci del cancello di Palazzo Guastavillani mi giunsero quasi liberatorie.
Mi sorrise, cortese e quieto, nel darmi la banconota e le monete, poi mi disse di non preoccuparmi delle monetine di resto.
“Arrivederla, caro signore” mi fece congedandosi. “Non si stanchi di cercare la conoscenza che abita dentro di lei. E auguri per un buon anno nuovo.”
“Auguri a lei, e a tutti noi, che ne abbiamo sempre più bisogno” ribattei con calore.
Poi, lasciandolo vicino al cancello alle prese col citofono, invertii la direzione e mi avviai nuovamente verso la città, le cui luci vivide, in una notte sul finire dell’anno, comparivano di tanto in tanto come in un presepe silenzioso, laggiù oltre le curve a gomito e la vegetazione secca e intirizzita.
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Immagine (solo per il blog) da: http://humansatisfaction.it/gli-stili-del-marketing/socrate-livraghi/
scusa gli errori si scrittura…sembro analfabeta!
Franz h impiegato tempo per leggere con attenzione il tuo posta, il racconto per la Co.Ta.Bo. Leggendo speravo/pensavo che il personaggio da te trasportato fosse un qualche mago, illusionista o un Dio ( fra gli dei) che ti sapesse dire come fare a breve, un miracolo a Natale, o alla Befana ( che a me va meglio!) per vivere il mondo in modo più sereno e possibile. Ma spero ancora! Ciao e grazi e per il bel racconto. Riri52
Sebbene fantastico, questa volta il racconto non ha abbandonato i binari del verosimile; e forse questo può aiutare tutti noi a capire che se non li facciamo noi, i miracoli, nessun mago, illusionista, o dio verrà a salvarci (…e neanche babbo natale o la befana!).
Grazie a te per il commento, ciao!
Credo che se qualcuno dovesse cercare una sintesi brillante, accattivante, rappresentativa del Selis-pensiero non potrebbe prescindere da questo stupendo post.
Va’ mo’ là, quand’a gh’ vol a gh’vol….
Ti ringrazio per questa estemporanea sviulinè, che attribuisco (anche se so che i tuoi complimenti sono sinceri), a un filo di preoccupazione per il mio calo di presenza blogosferica, o magari a un bisogno di reagire in qualche modo alla quantità di meritatissimi complimenti che ti stanno arrivando nei tuoi ultimi post dal Rinaldoni-fan club, di cui mi pregio di essere il socio più antico.
Per quanto mi riguarda, ho avuto nei giorni scorsi un acciacco fisico molto fastidioso, ora guarito, e mi ritroverai dunque prossimamente su questi stessi schermi, e anche sui tuoi.
amico Franz,
la tua pulizia d’animo è veramente encomiabile.
come si usa dire da queste parti: “sei un puro”.
TADS
Il tuo complimento mi piace, caro TADS, anche se la purezza è un po’ come la conoscenza decantata dal personaggio del racconto: non bisogna stancarsi mai di ricercarla.
“”Forse un giorno potremmo lavorare tutti, ma molto meno, e molto meglio, e dedicare il nostro tempo libero a cose ancora più importanti, la solidarietà, la musica, l’arte, la cultura, il divertimento…””””
Che meravigliosa visione di futuro!
Ciao creatore di belle parole.
Mah, in fondo “lavorare meno lavorare tutti” è uno slogan già datato; comunque accetto e apprezzo il tuo bellissimo complimento, considerando che le parole, e a volte anche le locuzioni e le frasi, non sono che i colori sulla tavolozza, con cui si possono ottenere gli effetti più disparati, quanto ad espressività.
E, a parte tutto, sarebbe bello davvero che quel futuro si realizzasse.
Ciao, cara amica.
Ti leggo sempre volentieri perchè i tuoi racconti raccontano di fatti ma anche di emozioni che non sono facili da trasmettere, da insinuare nel lettore. Bravo Franz!
Quando passerò da p.zza Malpighi cercherò nel posteggio, sperando di riconoscerti.
Ciao Franz.
Sari
Grazie, cara Sari, il tuo apprezzamento, come quello delle altre amiche e amici di tastiera, mi sprona a proseguire e a inseguire nuove storie.
Non sempre sono posteggiato in Piazza Malpighi, perché non siamo legati a uno specifico posteggio, ma puoi riconoscere la mitica “Cavallona” da una piccola bandiera della pace sotto la targa.
Ciao!
I tuoi racconti “tassinari” mi emozionano sempre… Questo poi è particolarmente intenso.
SONO CONTENTA CHE TI ABBIANO ASSEGNATO LA RUBRICA “RACCONTI NOTTURNI”! BRAVO FRANZ!
Abbracciatona!
Giò
Mi fa molto piacere suscitare emozioni nelle amiche e amici che leggono; in questo caso ancor più delle mie aspettative.
Per quanto riguarda la rivista “tassinara”, ho sempre collaborato con un mio articolo, nei miei otto anni e mezzo di servizio, e la cosa mi è servita ad ottenere una certa stima fra i colleghi, utile anche come antidoto all’immagine di orso che darebbe la mia scarsissima propensione alla chiacchiera durante le attese ai posteggi.
Abbracciatona a te di buona settimana!
i temi che ti stanno a cuore tornano sempre come un fondamento, come una preghiera 🙂
Certo, in fondo sono il principale motore da sempre di questo blog, che si è certamente modificato col tempo ma non nelle sue motivazioni più autentiche.
L’immagine della preghiera è molto bella! 🙂
Uno due tre prova. Uno due tre prova. A a a a a sssssssssìììììììììì. Voglio solo vedere se vengo ancora fuori in versione prodotto per la detersione vetraria o se quella insinuante maligna elle finale è scomparsa.
Tutto bene quel che finisce bene e l’ultimo chiuda la porta. Buon sabato a tutti.
Buon sabato e buona domenica a te, e degna sepoltura alla “L” intrusa (ed ora estrusa).
Questo commento assomiglia molto a me, vedo che inizia ad imparare piano piano eh eh eh eh e con questo SBATTIAMO IL PORTONE altrimenti poi qua dentro non si capisce più niente, usciamo dagli allineamenti che piacciono tanto a Franz e poi ci sbatte tutti fuori (almeno a me sicuramente) eh eh eh eh a ribaci
La tua allegra follia è pericolosamente contagiosa… 😐
ahhhhhhhhhhhhh urlo ciao wrommmmmmmmmmmmmmmm
Il Terry-linguaggio sta raggiungendo vette di perfezione assoluta! 😆
Ci sono narrazioni che, anche se il loro contenuto non si può etichettare sotto la categoria “racconto commovente”, mi commuovono. Credo che non dipenda tanto dalla storia, ma dalla scrittura, dallo stile, dalla scelta di certe parole e da come l’autore le posiziona, da piccole descrizioni. È qualcosa che non so spiegare bene, ma è proprio questo che mi capita: mi commuovo. Mi succede, per esempio, leggendo Paolo Nori, gliel’ho detto spesso che secondo me lui ha una scrittura commovente, e mi capita spesso leggendo te, Franz, anche se i vostri stili sono lontani e diversi. E lo sono pure le tematiche, diverse.
Scrivere in modo leggero e profondo al tempo stesso è una grande dote che ti riconosco. E non è facile, neppure, scrivere storie che definirei educative, senza cadere nella pesantezza, nell’enunciazione rigidamente didattica, e, anche, nella presunzione di possedere verità assolute. La tua scrittura certo non corre questi rischi. Tu, come narratore, non li corri: i tuoi racconti sono sempre gradevolissimi, i messaggi che vi sono contenuti arrivano a destinazione con… gentilezza, mi vien da dire, e forse, per questo, sono ancora più incisivi. Il racconto che hai appena pubblicato ne è testimonianza. Inutile dire che, se fossi stata anch’io sul tuo taxi, mi sarebbe venuto mal di testa a furia di muoverla in maniera affermativa… Pensa che proprio l’altra sera, a cena con amici, dicevo come sarebbe bello se il tele-lavoro prendesse piede anche nel nostro paese. E questo è solo un esempio, fra quelli che hai riportato.
Bene, come vedi ancora non ho imparato l’arte della sintesi. Prima di salutarti, posso… prenotare il numero natalizio del giornalino?
Ciao, caro cantastorie!
Mi permetto di collegarmi col commento di Milvia perché trovo geniale ed illuminante l’accostamento con Paolo Nori: anche lui, come il nostro Franz, al netto di uno stile diversissimo, parla della vita quotidiana con un linguaggio quotidiano ed illustra “i drammi che commuovon te soltanto”, verso tratto proprio dalla “Canzone della vita quotidiana” del vate Guccini. Quando parla di sua figlia è di una tenerezza addirittura struggente.
Moltiplichiamo e iteriamo i complimenti prima di tuffarci in questo sabato qualunque in cui il peggio sembra essere passato.
A me non sembra che il peggio sia passato, come cantava il bravo Sergio Caputo prima di trasferirsi in California…
Anche se di Paolo Nori ho letto solo il romanzo di esordio, e un articolo sul 2 agosto che mi ha fatto molto arrabbiare per la sua attenzione esclusiva ai propri accadimenti,l’occasione mi è grata per ringraziarti della nuove dose di complimenti, che (forse) non fanno mai male.
Carissima Milvia, che cosa posso mai ribattere a complimenti così articolati e gratificanti?
Credo che ottenere la commozione, o più in generale l’emozione, sia la vetta più ambita di chiunque si inerpichi nei sentieri della letteratura, sia che lo faccia per passione, sia per mestiere, sia, come in questo caso, per non sottrarsi a una consuetudine di puro volontariato.
E dunque sento premiata oltre le mie aspettative questa prova, e confermata ancora una volta la mia predisposizione alla scrittura, anche se non dimentico che i complimenti vengono da una scrittrice, e soprattutto da una persona, di sensibilità e visione del mondo a me molto affine.
Comunque sia, grazie di cuore: avrai sicuramente la copia della rivista natalizia, insieme con l’ormai consueto pensierino di auguri da parte di questo tuo carissimo amico.
Ciao! 🙂
Vedi, vedi, vedi? Avete un bel da dire voi, (te e il Lucalavavetri) a leggere tutto si perde il podio, altro che MisssssStanco eh!!!!! Comunque complimenti, “meriti un elogio cordiale ed incondizionato, sia per quel che attiene alla forma che per quanto attiene al contenuto”””””””
Ciao baci
Quando si dice “dillo con parole tue”…
Ciao baci, Misss…spodestata!
… e ma sono troppo oltre ehhhhhh
Hai scritto cose che noi umani… eh eh eh eh eh…
Ovviamente l’autore del commento non è lucarinaldonil, che sembra un prodotto per la pulizia dei vetri, ma Luca Rinaldoni.
Potrebbe essere anche un idrocarburo: il lucarinaldonilmetano!
E’ da questa primavera che non lavo i vetri, se fai un salto poi ti offro il pranzo eh eh eh lasagne al forno vanno bene? (mia figlia dice che la besciamella è sempre buonissima eh eh ehe)
ma come le lasagne minimo minimo ci sono le uova, il latte e se sono alla boognese pure la carne, mi smarrisce la retta via il vegano
Credo che l’invito sia rivolto a Luca, e naturalmente ne sono offesissimo! 🙂
…..ma Lui disse: vegano al 99% o sbaglio?. Comunque l’invito era per il Rinaldonilllllll
E non chiede neanche scusa, l’infingarda! 😡 Comunque sì, per la precisione 98 % vegano, e 2 % lasagnivoro.
Non può non venirmi in mente che, nella mia recente produzione sedicente “letteraria”, il deuteragonista era anche lui un filosofo ma faceva, come “lo scoprirai solo leggendo”, oggi sono un po’ mogoloide ma per fortuna senza la enne, una gran brutta fine che non può non ricordare quella del Grillo Parlante, mentre il protagonista, incolto e lievemente ignorante, veniva promosso a Messia del pianeta Colpodicoda.
Nell’equilibrio fra una razionalità che diventa a volte retorica sofistica (ricorderai dai tuoi studi liceali che i sofisti si divertivano a fare un discorso al mattino sostenendo una tesi, e un altro al pomeriggio sostenendo la tesi esattamente opposta, quasi per dimostrare che una buona tecnica oratoria può veicolare qulunque contenuto, basta che il contenitore brilluccichi a sufficienza) e un istinto lievemente animalesco che ci tiene in magico bilanciamento con Madre Natura (che in questo caso non è l’encomiabile bonazza di Ciao Darwin ma è come se lo fosse, è comunque una bella donna seducente, spietata, capace di grandi amori ma anche di grandi crudeltà) bisogna sempre chiedere aiuto ad Archimede ed Euclide che ci sostengano nel trovare il punto corretto di questo difficile controverso equilibrio.
Del resto, nel tuo caso, la presenza del filosofo è un artificio retorico à la Vecchioni (cfr. Stranamore, Velasquez, Canzonenoznac) in cui ti sdoppi in due metà solo apparentemente contrapposte, ma che in realtà entrambe ti appartengono.
Il risultato è come sempre di levatura larghissimamente al di sopra di qualunque media si voglia, possa, debba prendere in considerazione.
E merita un elogio cordiale ed incondizionato, sia per quel che attiene alla forma che per quanto attiene al contenuto.
Un grazie altrettanto cordiale e incondizionato.
Non avevo notato la comparsa quasi contemporanea di filosofi (più o meno affermati…) nel tuo romanzo breve a puntate e in questo mio breve racconto: un ulteriore segno di affinità elettive, se ce ne fosse bisogno.
L’insegnamento del mio ipotetico interlocutore sembra operare una sintesi fra i due approcci all’esistenza, nel senso che indica in una dotazione di Madre Natura (che in questo caso, ribadisco anch’io con un po’ di rimpianto, non è l’encomiabile bonazza di Ciao Darwin ma è come se lo fosse) la capacità individuale di trovare interiormente risposte e soluzioni ai piccoli e grandi quesiti della vita.
Ma mi state facendo diventare matta. Ora dico io, ma secondo voi dopo aver letto i due commenti più sopra quanto tempo devo impiegare per capire li tutto? E soprattutto, ce la posso fare?
Come dicevano i maestri elementari di una volta:
“La testa ce l’ha, è l’impegno che manca!”
Molto bello davvero caro Franz e molto ben scritto come al solito.
Grazie, mia cara amica (anche dell’immediatezza del commento!).