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Quando ci si riposa dal lavoro un solo giorno ogni otto, e si è reduci da un periodo di quattro mesi e mezzo (a partire dalla breve vacanza di agosto) dominato dalla necessità di affrontare un eccezionale sovrapporsi di spese, e di farlo con le due uniche armi a disposizione, la rinuncia ad acquisti non necessari e l’assiduità nell’impegno lavorativo, il primo turno di riposo dopo l’Epifania ha tinte, sapori, echi e riverberi molto particolari.
Come Paperon de’ Paperoni mi son tuffato, ma solo per contarli, nei simbolici dobloni (…nella realtà banconote) accumulati dall’ultimo versamento in banca, e ho avuto la conferma di essere in carreggiata, rispetto alla raffica finale di spese, come fuochi d’artificio, che questo gennaio porta con sè, con diabolica sincronia, in un periodo paragonabile proprio e soltanto ad agosto, quanto a scarsa redditività: la città sembra prosciugata, desertificata, ammutolita, dopo le feste e in periodo di recessione economica; ci si lancia come rapaci sulle rare richieste e si aspetta pazienti e sempre più numerosi nei posteggi, in un silenzio irreale vinto solo dalle chiacchiere dei colleghi che escono dai loro taxi, sfidando tranquillamente l’aria fredda delle sere e delle notti invernali. Si tiene il terminale acceso fino all’ultimo, e magari ci scappa una chiamata in extremis, preziosa per arrotondare l’incasso giornaliero, proprio mentre si torna a casa, intorno all’una di notte e oltre.
La scorsa notte, esaurita la rituale sequenza di operazioni casalinghe al rientro, ho acceso come sempre il computer. Di solito l’ultimo appello della coscienza, per spegnerlo e andare a letto, avviene alle tre, ma con un turno di riposo davanti si possono allentare i freni, e guardare ad oltranza i filmati dell’evento televisivo consumatosi poche ore prima: il grande show del circo Santoro con il clown Berlusconi e il giocoliere Travaglio. Quando faccio calare il sipario sono ormai le quattro, e in me prevale una delusione con tracce di disgusto, per la bassa qualità, umana, politica ma anche solo spettacolare, dello storico evento.
Ad oltranza, allo stesso modo, la possibilità di dormire e poltrire ben oltre mezzogiorno. Apro le persiane e lascio spalancate le due finestre in camera per cambiare l’aria, e mi concedo il lusso di tornarmene sotto le coperte, ad assaporarne il calore, mentre il cuore batte lento, lo sguardo indugia su un cielo mestamente plumbeo, e il pensiero cosciente ha deciso di rimandare a domani l’allenamento podistico previsto per oggi, come ogni tre giorni. A lungo tornerà, il pensiero, sul tema del condizionamento all’efficienza, al dover dimostrare qualcosa a sè stessi, e a quanto sia lungo e difficile il cammino di completo affrancamento da queste antiche catene.
La sensazione di quieto benessere del riposo puro, nell’inattività casalinga e solitaria, pur nella sua evidenza, nasconde qualche paura inconfessabile, quella di essere portato a un destino di chiusura quasi definitiva nei confronti dell’esperienza, quella di essere privo di forze, oltre che di desiderio di vita attiva.
Ma intanto le cose cambiano, si evolvono. Sia perché mi trovo oggettivamente ormai alla fine, di questi cinque mesi di concentrazione straordinaria sul lavoro, sia perché il passare degli anni, l’accumularsi delle esperienze, l’evolversi della realtà circostante, offrono comunque prospettive sempre nuove di osservazione.
Seguo con un inedito interesse l’allungarsi delle giornate, e mi accorgo che dopo l’ultima estate soffocante sono cambiati i miei paradigmi sulle stagioni, nella rivalutazione della primavera e dell’inverno stesso, che è silenzioso e sotterraneo portatore di vita nuova, benché in condizioni ambientali poco amichevoli.
L’evolversi della realtà circostante, dicevo fra l’altro. E qui il discorso si farebbe troppo lungo, cosicché lo rimando a qualche prossimo scritto.
Però qualche breve considerazione mi piace comunque fare, per completare questa pagina di diario della prima metà di gennaio di un ennesimo ma pur sempre nuovo anno.
Stanno ricomparendo i faccioni. La guida della Cavallona, sotto il cielo buio e per le strade illuminate della città, con i festoni natalizi che stentano significativamente a spegnersi (e tanto più a sparire del tutto dalla circolazione), è sorvegliata, ogni giorno di più, dai faccioni, in formato gigante lassù per aria, o più piccolo ad altezza d’uomo, ben illuminati, in vista nelle posizioni più strategiche, tanto che non puoi sfuggire al loro richiamo. Dicono votatemi, dicono io sono il più affidabile, dicono non avrai altro dio fuori di me, queste sirene del terzo millennio, e vorrei la cera di Ulisse da mettermi, anzichè nelle orecchie, sugli occhi, per non lasciarmi catturare l’attenzione da loro e dalla loro ipocrisia.
Sarà una campagna elettorale breve, per fortuna, oltre la quale è difficile, anzi impossibile, con questi attori in campo e gli attuali sondaggi, riuscire a sperare in qualcosa di buono, eccezion fatta per la truppa di giovani a cinque stelle che entreranno, come un benefico e laborioso tarlo, a fare opposizione in parlamento (sempre che superino l’assurdo ostacolo della presentazione del simbolo). Ma immaginare un governo che riporti la nazione sui binari ormai dimenticati di un progresso autentico, di autentici rimedi alle attuali e progressive devastazioni, per il momento non è cosa.
Qui, dalle mie finestre, tuttavia i faccioni non si vedono.
Da quando le giornate e le notti si sono fatte più fredde ho spento il frigorifero, e utilizzo i davanzali per conservare gli alimenti. L’altro giorno ho trovato una fetta rotonda di seitan, che conservavo avvolta in una pellicola di plastica trasparente, trafitta da uno strano cratere. E’ stato facile attribuirne l’opera a un passerotto, e così ho liberato dall’involucro la restante corona circolare, per agevolarne il becchettio.
L’indomani non ho trovato più niente, ed è molto probabile che una manovra troppo decisa del mio misterioso ospite abbia sospinto i resti di quella fetta nel giardino dei vicini del piano di sotto.
La mattonella color bianco lattiginoso di tofu l’avevo avvolta con più cura, ma ugualmente ho trovato la pellicola perforata e una piccola voragine al suo interno.
Questa volta, però, il lauto pasto è finito nel mio capiente stomaco, e non in quello piccolo ma vorace di un passero, solitario e vegano.
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Immagine da http://antoniovergara.wordpress.com/2007/03/25/pensieri-sparsi-sotto-un-cielo-plumbeo/
Per fortuna, anch’io non vedo i faccioni dalla finestra però, purtroppo, non riesco ugualmente a liberami della loro invadente prezenza, sono ovunque, mi viene da canticchiare “faccione is in the air”. E mi rammarico (anzi, diciamo la verità, mi arrabbio proprio) pensando che il nostro fastidio nei confronti di una classe politica di infimo livello, ed il conseguente distacco, fa solo il loro gioco, e allora mi arrabbio ancora di più. Gennaio duro, meglio gioire per aver sfamato un piccolo (ormai sarà pure lui un faccione, o un pancione, con tutto quel seitan!) uccellino goloso 😉
Credo che il disgusto nei confronti dei faccioni in the air, e soprattutto di tutto ciò che rappresentano, sia sacrosanto, quindi non dovrebbe essere a sua volta causa di arrabbiatura, per evitare di essere doppiamente cornuti e mazziati, come suol dirsi. Bisogna trovare la forza di credere di poter costruire una classe politica (e di governo) onesta e capace, che dovrebbe essere la norma e invece sembra quasi un sogno irrealizzabile. Let it be, e intanto accontentiamoci di piccoli e antichi conforti, come l’amicizia di esserini cinguettanti e interizziti.
Ciao, Lady G.
Ciao,………. ho finito le parole.
Grazie.
Mettile subito in carica, che sono un bene comune!
Oh che bel post! Franz, sei sempre più simile al tuo omonimo santo: dividi il cibo con gli uccelli. Un’immagine dolce che apre il cuore alla speranza e che ricorda come anche le esistenze più infelici possano godere di piccole grandi gioie quotidiane se hanno un cuore buono.
Giusto, Mirella, non pensavo alle similitudini con il mio santo protettore (e preferito!).
Dal vetro smerigliato del bagno, ieri l’ho visto svolazzare in cerca di nuovo cibo, allora ho messo sul davanzale dei semi di girasole, come fa la nostra amica Milvia, ma non se n’è ancora accorto 😦
Occhio che non diventino grandi come tacchini 😉
Come già dicevo, con la dieta vegana è quasi impossibile ingrassare, e poi con questo freddo… 🙂
I politici ingrassano del tuo, come i passeri? 😉 Affatto, perchè loro mangiano quel che trovano solo per campare.
Dolcissima l’immagine dei passeri.
Geniale il tuo spegnere il frigo, non ci avrei mai pensato ma è vero, se ne potrebbe fare a meno, ora.
Terribile il momento che stiamo vivendo, stanno scadendo tutti, pare quasi che spiri un’aria malefica che avvelena ogni discussione e faccia “dare di matto” anche le persone di cui ti fidavi almeno un po’.
voteremo a fine febbraio e ancora non c’è niente di chiaro, quel che mi appariva tale mi sgretola sotto gli occhi mentre leggo furiosamente a destra e manca. A chi credere? La politica del fango lavora a pieno ritmo e si corre il rischio, su cui si conta, di farci pensare che “tanto sono tutti uguali”.
Grazie per i tuoi toni sereni, Franz, e una pacchetta-carezza alla Cavallona che ormai condivide il blog (e prima o poi ti chiederà i diritti d’autore).
Sari
Se fosse per me, gran parte dei politici godrebbero di una linea perfetta; alcuni, addirittura, li spedirei volentieri in Sud Sudan, a sperimentare la fame…
Hai ragione, c’è molto veleno nell’aria, e riesce sempre più difficile elaborare, a livello personale, risposte chiare a una situazione ogni giorno più complessa, mentre il tempo degli entusiasmi è forzatamente rimandato.
Grazie a te per i toni altrettanto sereni, e un nitrito affettuoso anche dalla Cavallona!
Avrai passerotti grassi come struzzi nei dintorni di casa tua! 😉
Buon anno e… buon riposo!
Carlo
Sull’impossibile obesità dei “miei” passerotti, ti rimando alla mia risposta al primo commento arrivato (quello più in basso, di Amanda).
Auguri ricambiati, anche se temo che quello di buon riposo, nel tuo caso, suoni un po’ irreale… 🙂
L’Hemingway delle due torri riapre l’anno con un doppio botto. Dapprima con una magistrale escursione in viva voce nella narrativa che però lascia scorgere in trasparenza delle evidenti autoreferenzialità pudicamente affidate alla dimensione di uno pseudo-immaginario (Il poeta è un fingitore, con quello che segue, direbbe Pessoa) e poi toccando le massime vette del genere a lui più congeniale, un “diario di bordo” in cui la realtà quotidiana (o per meglio dire, la “sua” realtà quotidiana, che sul piano intellettuale, etico-morale, dello spirito di osservazione, della ricchezza di stimoli, non è certamente quella del geometra del catasto di Cinisello Balsamo, con tutto il rispetto per quest’ultimo) assume tutti i morbidi contorni di un coinvolgente racconto.
Si può raccontare il Paese raccontando sé stessi e viceversa, è la lezione che ci comunica la scrittura del nostro amatissimo Francesco, e in questo sono sempre più d’accordo con Milvia che c’è qualcosa (in questo specifico senso) che lo accomuna a Paolo Nori, pur nella incommensurabile diversità dello stile e dei riferimenti letterari. E se Francesco osasse fare il passo (scoprendolo lungo esattamente quanto la gamba) potrebbe anche lui diventare un fenomeno letterario a livello nazionale.
E qui vorrei fermarmi ma non posso, perché c’è un’altra cosa che non posso esimermi dal dire perché la penso, mi fa stare male fino quasi a farmi venire voglia di urlare una rabbia ancestrale e allora credo sia giusto che me ne liberi: la profonda delusione per due personaggi dei quali purtroppo mi fido ogni giorno di meno, che sono Santoro e Grillo.
L’incrocio-intreccio Santoro-Berlusconi è stato il cinico, doloso, assolutamente intenzionale risultato di una collusione, in cui i due personaggi si sono assolutamente sfruttati e strumentalizzati a vicenda. Santoro resterà negli annali della televisione perché ottenere uno share del 36% su La7 (si parla di un risultato che è il triplo dello share massimo mai ottenuto da quella rete) è, sul piano puramente e squisitamente commerciale, una prodezza acrobatica con triplo avvitamento carpiato e duplice eiaculazione. Berlusconi resterà negli annali della politica perché ha cominciato la campagna elettorale da moribondo e se non stiamo attenti la concluderà da vittorioso. Onore ad entrambi perché hanno interpretato magistralmente il ruolo che si sono liberamente scelti, disgusto ad entrambi per il ruolo.
Grillo… Forse ci scriverò su un compendioso post ma non so se ne sarò emotivamente ed intellettualmente capace. Qui mi limito a guardare metaforicamente Franz negli occhi e chiedergli con tono accorato, “Ma tu che ne pensi?”. La recentissima sostanziale apertura a Casa Pound, non solo non smentita ma rivendicata anche con un certo fastidio (secondo me stava anche per dire “Non rompetemi le palle con l’antifascismo che mi incazzo”) è equivalsa per me all’ennesimo tradimento da parte di una donna amata troppo, troppo a lungo e immeritatamente. Sigmund Freud ci insegna che, esaurita la pazienza e le buonistiche istanze di perdono, il sentimento positivo tradito si riconverte in una quantità eguale e contraria di sentimento opposto. Che forse è ancora amore, ma ci vuole molta pazienza.
Mi conforta ricevere complimenti anche su quest’ultimo post, sia pur facendo i conti con la doverosa tara della tua amicizia che li rende molto, forse troppo, generosi. Mi conforta perché quando mi rifugio nella confidenza da diario, anche per mancanza di argomenti soggettivamente più urgenti, la perplessità sugli esiti è molto maggiore rispetto a racconti parzialmente immaginari come il precedente.
Quanto alle mie magnifiche sorti editoriali, diamo tempo al tempo; credo di dover fare ancora del cammino, soprattutto nella capacità di inventare situazioni e personaggi slegati da un imperante autobiografismo.
Sottoscrivo il tuo amaro giudizio sul duetto Santoro-Berlusconi, e le delusioni che ci sta sempre più regalando il conduttore televisivo.
Quanto a Beppe Grillo, come non condividere il tuo stato d’animo. Per me più che di amarezza si tratta, in questo caso, di grande fastidio, per la sua ennesima minzione extra-vaso. Difficile sintetizzare come io la pensi su un fenomeno di così straordinaria complessità, e non da ieri; sicuramente ci tornerò sopra nei prossimi post, anche sullo stimolo della campagna elettorale. Per ora posso dire che alcune delle sue ultime esternazioni (in particolare la fatwa verso Giovanni Favia e questa presa di distanze dall’antifascismo) hanno raggelato il mio entusiasmo nei confronti del vecchio zio, ma non mi hanno fatto perdere fiducia nelle prospettive politiche del suo movimento, e soprattutto dei giovani che lo popolano.
Alle prossime.
Infatti la fiducia nel movimento non è perduta. Ma allora vale “a fortiori et ad abundantiam” per Grillo quello che vale anche per Bersani: quanto l’uno e l’altro rappresentano le speranze, i valori, le risorse della base? Con la differenza a favore di Grillo che lui non è il candidato premier; con la differenza a favore del mio quasi concittadino Bersani (stavamo per finire nella stessa provincia ma poi “stranamente ma non troppo” per ora non se n’è fatto niente, meglio recuperare soldi attraverso la tassa più iniqua e meno progressiva che esista al mondo che far fare una energica cura dimagrante alle Amministrazioni Provinciali) che lui spara banalità piuttosto che cazzate.
Aspetto una dissociazione ufficiale da parte di Federico Pizzarotti. Oltre ad, una oggi come oggi indispensabile esplicitazione del fatto “Sull’inceneritore ho fatto promesse da Prima Repubblica, manco da Seconda. E ammetto umilmente di avere sbagliato.”.
Temo che non verrà nessuna delle due, ma ancora una volta spero di sbagliarmi.
Spero anch’io che ti sbagli, e mi conforta che anche tu non abbia perduto fiducia nel movimento.
Gli stimoli che si ricevono sono così contrastanti che si rischia davvero di perdere la bussola; la scorsa notte, ad esempio, ho visionato un video di Giovanni Favia (che continuo a stimare molto anche se avrei preferito non si candidasse con Ingroia, e gliel’ho anche scritto sulla sua pagina Facebook), in cui lancia accuse piuttosto circostanziate e credibili allo staff tecnico (leggi: Casaleggio) di Grillo.
E intanto aspetto a ore il responso del Viminale sul fattaccio del simbolo clonato.
Notte buia e tempestosa…
Concordo con te sullo squallore dello show di Santoro: una trasmissione artificiosa, costruita per fare audience e concordata col messia di Arcore. Fra siparietti da cabaret, urla improvvise e domande non fatte, abbiamo assistito a una farsa che spiega perfettamente perché ci troviamo in queste condizioni.
Un po’ di riposo fa bene al corpo e allo spirito. Approfittane quando puoi e se puoi, per ricaricarti in vista del super-lavoro.
Visto che l’inverno ha un suo fascino particolare, nonostante tutto? 🙂
Un’idea, trovata nel mare di articoli sulla trasmissione di Michele Santoro, mi è rimasta molto impressa: quella di immaginare quanto diverso sarebbe stato uno scontro fra Berlusconi e Enzo Biagi, e come il compianto giornalista emiliano avrebbe saputo mettere k.o. il clown di Arcore con freddezza e precisione, e con la forza e l’evidenza del ragionamento.
E’ bello scoprire il fascino della stagione più difficile, è un po’ come imparare ad amare la salita per chi corre a piedi o in bicicletta. E la tua passione per l’osservazione e la descrizione delle atmosfere delle stagioni è un ottimo aiuto! 🙂
Arriverà la neve e i passerotti mangeranno di tutto, poveretti! Sono felice di sentire che hai terminato il periodo di superlavoro o che lo stai terminando. Meno felice per tutti i faccioni che decorano i lati delle strade con roboanti promesse. Davvero non se ne può più, anche se saremo costretti a sopportarli ancora con l’incognita delle elezioni. E anche dei simboli. Che roba!!! Ciao Riri52
Le campagne elettorali sono davvero orrende: l’esasparata corruzione (soprattutto morale e culturale) del sistema politico offre il peggio di sè stessa. Meno male, davvero, che durerà un po’ meno del solito.
La storiaccia dei ‘simboli civetta’ clonati è un altro episodio di degrado tendente alla deriva. Speriamo davvero che si risolva presto e come tutti vogliamo.
Meglio, intanto, contemplare i passerotti, e imparare da loro a sopportare le intemperie…
Ciao!
il passero sarà diventato obeso! Se fatica a levarsi in volo è tutta colpa tua 🙂
Vegano obeso è un ossimoro! Volerà sicuramente come una rondine… 🙂
Il passero ha incrociato il piccione viaggiatore parmigiano nutrito ad erbazzone che è da agosto che cerca di consegnare a Franz una bottiglia di Lambrusco senza riuscirci, e si sono fatti tutte le osterie di Via del Pratello in duplice copia andata e ritorno. Poi si sono addormentati su una panchina della Montagnola.
Il sindaco Virginio Merola sta pensando di istituire un corpo di accalappiauccelliubriachi (senza doppi sensi…). 😀