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Fra poche ore ci sarà la prima votazione per il nuovo Presidente della Repubblica.
Probabilmente mai come questa volta le relative consultazioni alla vigilia sono state tanto convulse; agli occhi della popolazione consapevole e informata, il prossimo evento si configura come un drammatico bivio fra la possibilità di un profondo rinnovamento, fonte di nuova preziosa speranza, e una conferma del malaffare che da molti anni ha minato l’etica, la cultura, la solidità e la serenità del Paese, oltre ad averne fiaccato l’economia e la capacità progettuale.
Ancora una volta, in questi ultimissimi tempi, il dipanarsi degli eventi politici ha lo stesso pathos di quelli sportivi più importanti e universalmente seguiti.
Da parte mia cerco di pensare positivo, che è sempre un buon esercizio, ma nei momenti critici ancora di più, e prefiguro l’atmosfera primaverile che, di pari passo con la tanto attesa esplosione di fioriture avvenuta in questi giorni, insieme con l’arrivo dei primi rondoni (pochi ma resistenti), produrrebbe l’elezione di quel giovane spirito dell’ottantenne Stefano Rodotà. Ma mi preparo anche ad immaginare, in caso contrario, gli scenari positivi che, per istintiva e diffusa reazione, si svilupperebbero in tempi brevi anche alla cosiddetta e malaugurata ricerca delle più ampie alleanze, che significa accontentare per l’ennesima volta (e ahinoi con effetto settennale) il Mostro di Arcore.
In una giornata come questa non potevo esimermi dal trattare questo tema in prima battuta, sia pure in poche frasi; diverso, tuttavia, è l’argomento di questo post, che nella mia mente è pronto da diversi giorni ma non ha avuto tempo a disposizione per tradursi in uno scritto.
Si tratta di un mio piccolo segreto, di cui sono a conoscenza pochissime persone a me vicine, e che ora voglio confidare pubblicamente.
Da diversi anni mi sono abituato a ricevere, qui sul blog, i complimenti di numerosi commentatori più o meno abituali e affezionati, ogni qual volta pubblico i miei racconti (in gran parte piccole vicende autobiografiche di lavoro, in occasioni più rare storie fantastiche apparentemente autobiografiche); qualche volta ricevetti anche lo sprone a cercare di pubblicarli in un libro.
L’idea si fece strada pian piano dentro di me. Pubblicare una raccolta di racconti, cominciai a immaginare, significherebbe moltiplicare, per un fattore comunque importante, le possibilità di contatto personale e di incontro offerte dal blog, e dunque, in simbiosi con il blog stesso, anche il volume della mia voce, cioè la capacità d’intervento nel mondo.
E così, ormai un anno e mezzo fa, nell’autunno del 2011, mi misi all’opera, e cominciai, un po’ alla volta, a rileggere e selezionare tutto il materiale narrativo disseminato nel corso dei già molti anni di vita del mio diario telematico.
Fu un lavoro lungo, svolto con pazienza da amanuense, gradualmente, nelle notti al ritorno dal lavoro, senza smettere di alimentare il blog con la frequenza abituale, che era allora superiore a quella attuale.
Il lavoro si articolò in varie attività: la selezione dei racconti, la trascrizione su un unico documento in formato Word, la revisione e il ritocco ortografico e grammaticale (relativamente, in particolare e dopo una difficile ricerca sulla soluzione più corretta, all’uso della punteggiatura nei discorsi diretti), l’eliminazione dei riferimenti espliciti a persone esistenti, ma anche la revisione stilistica, con eliminazione e rifacimento di alcune frasi o intere parti.
Parallelamente cominciai a documentarmi sul mondo a me del tutto ignoto delle case editrici.
Da un paio di persone più esperte, così come dall’opinione prevalente espressa nei tanti forum letterari esistenti in Rete, ricevetti il consiglio di evitare di rivolgermi ad editori che chiedessero all’autore un compenso economico per la pubblicazione. Per una semplice ma convincente ragione: un editore che chieda soldi all’autore avrà vita abbastanza facile per garantirsi una fonte sufficiente di redditività, data la quantità enorme di esordienti in cerca, come me, del loro momento di gloria, senza bisogno di darsi da fare per la distribuzione capillare e la promozione delle opere stampate.
Trovai sul web una lunga lista (questa) di case editrici estranee a questo approccio, cioé disposte a esaminare manoscritti per una pubblicazione senza contributi. Riversai quella lista in un mio documento in formato Excel, che cominciai ad arricchire con le mie impressioni sulle singole case editrici, di cui, una per una, andavo visitando il sito internet.
Per quanto riguarda la loro disponibilità, il messaggio quasi standard era questo: “riceviamo quotidianamente moltissimi manoscritti; non ci impegniamo a comunicare l’esito del nostro esame; passato un periodo di sei mesi senza un contatto da parte nostra l’esito risulterà implicitamente negativo; non restituiamo il materiale ricevuto.”
La maggior parte delle case editrici, scoprii inoltre, richiede o preferisce l’invio in forma cartacea, ma sono diverse anche quelle che si accontentano dell’invio telematico di un documento Word.
Il lunghissimo lavoro di messa a punto della mia ‘opera prima’ procedette con coinvolgimento crescente: inizialmente a rilento, con fatica, poi, man mano che la raccolta prendeva corpo, con sempre maggiore convinzione e dedizione.
Alla fine ne risultò un testo di una certa lunghezza, diviso in tre parti: la prima relativa ai racconti a bordo della mia precedente vettura, soprannominata la Cometa, la seconda con la Cavallona come comprimaria, e la terza, più breve, di soli racconti fantastici. Il totale di pagine del documento, con carattere ‘Times New Roman 12’ e interlinea semplice, superava abbondantemente le trecento pagine Word, e non certo a causa di quel margine destro, abbastanza ampio per le annotazioni, che mi era stato consigliato.
Era nato, faticosamente, anche il titolo del libro: ‘Posto di guida – Voci, luci, storie di un taxi notturno‘.
L’amica Milvia, esperta nel campo, si prestò con entusiasmo e generosità alla revisione del testo, che effettuò in tempi strabilianti, indicandomi alcuni errori e alcune sue segnalazioni e consigli di vario genere, fra cui quello di alleggerire e sfrondare l’opera, togliendo alcuni racconti a mia scelta. Recepii diversi dei suoi consigli, e solo in piccola parte anche quest’ultimo, così da portare il manoscritto, nella sua versione definitiva, alla dimensione di poco meno di trecento pagine Word.
Era maggio dell’anno scorso, quasi un anno fa, quando andai in copisteria a ordinare la stampa e la raccolta in un volume, con un foglio plasticato trasparente come copertina e uno di cartoncino in fondo, e la spiraletta di plastica a tenere unito il tutto. L’impressione visiva del neonato fu alquanto piacevole ed emozionante.
Senza perdere tempo acquistai una busta rinforzata abbastanza capiente, vi introdussi il volume e la lettera di presentazione, e andai in posta a spedirla alla casa editrice che avevo selezionato per il mio primo tentativo.
Si trattava di ‘Hacca’, che avevo scelto, fra le tante, sia per l’impressione positiva del gruppo di giovani donne marchigiane che ne costituiscono il motore redazionale, sia per la loro opzione ecologica di utilizzare solo carta certificata ‘amica delle foreste’.
I giorni seguenti ero così coinvolto che cercavo di immaginare il viaggio, il recapito e la presa in carico del plico da parte delle mie prime interlocutrici.
Poco più di un mese dopo ricevetti la risposta che, sia pure non dovuta, si premurarono di inviarmi. “Pur avendo apprezzato la sua capacità nel raccontare e descrivere incontri sempre diversi, siamo costretti a rifiutare il suo lavoro perché, tranne casi sporadici, non pubblichiamo raccolte di racconti.”
Pazienza, lo sapevo ma avevo sperato di rientrare in quei ‘casi sporadici’.
Intanto non ero stato con le mani in mano: avevo spedito una copia elettronica del volume (certo un po’ ambiziosamente) a ‘Marcos y Marcos’.
In luglio, poi, tornai in copisteria, e mi feci stampare altri due volumi simili al primo, che non mi era stato rispedito dalle pur corrette e gentili giovani marchigiane.
E tornai all’attacco: invio in formato cartaceo alle case editrici ‘Fernandel’ e ‘Gingko’, e in formato elettronico a ‘Chinasky’, ‘Diamond’, ‘Edizioni della sera’.
Ricevetti una sola risposta quasi immediata, da parte di ‘Gingko’, che diceva, fra l’altro: “Nel caso di esito positivo, riceverà una comunicazione a mezzo email, o una telefonata da parte dell’Editore. Le verrà proposto un accordo di edizione. Nel caso di esito negativo, riceverà comunque una comunicazione a mezzo email, o mediante posta.”
In agosto, infine, spedii il volume in formato elettronico a ‘Terre di mezzo’.
Da allora, nessuno degli editori contattati si è più fatto vivo, tranne Gingko, ma solo per chiedere ancora tempo a seguito di un mio sollecito, abbondantemente dopo i quattro-cinque mesi dichiarati nel sito.
E da allora, in seguito all’insuccesso di tutti quei tentativi, si era modificato anche il mio atteggiamento nei confronti dell’opera, a cui pure avevo dedicato tanta cura.
Avevo cominciato ad avvertirla sempre più lontana dal mio mondo espressivo, come un frutto acerbo rispetto a possibilità ancora in parte latenti, e che forse un giorno, vicino o lontano, sarei stato in grado di tramutare in opere davvero valide.
Non avevo più nessuna voglia di fare nuovi tentativi, considerando sufficienti quelli effettuati: se davvero ci fosse un interesse editoriale, avevo ragionevolmente concluso, almeno una casa editrice mi avrebbe risposto.
Intanto, anche l’ultima porta ancora aperta si era dimostrata fallace, quando, in seguito a una mia ricerca più accurata, avevo letto le esperienze di diversi autori che, a dispetto di quanto dichiarato in quella famosa lista, si erano visti richiedere un forte contributo in denaro dalla casa editrice Gingko.
Sono passati così altri mesi, finchè, sul ‘Fatto quotidiano on line’ mi è capitato di leggere un articolo molto interessante a firma Enzo Di Frenna (vedi qui), che fra l’altro, in maniera per me rincuorante, scrive:
“Quindi, se volete stampare un libro da soli, lasciate perdere le piccole e medie case editrici. Nella maggior parte dei casi rischiate l’inganno e vi fregano” e poi tratta a lungo il mondo dei siti di ‘autopubblicazione’, quelli cioè che permettono di pubblicare sia ebook che libri tradizionali senza passare attraverso la selezione e l’editing di una casa editrice, e, soprattutto, producendo solo copie ‘on demand’, cioè in base alle effettive richieste, senza produrre scorte …e scarti.
Come un seme piantato nel profondo, l’idea di sfruttare questo canale ci ha messo un po’ di tempo a germogliare, ma la cosa ora, proprio insieme alle inebrianti spettacolari fioriture primaverili di questi giorni, è avvenuta finalmente con decisione.
E ho ritrovato gradualmente anche un po’ dell’antico coinvolgimento, e di nuovo interesse, nei confronti della mia raccolta, che mi sembra nuovamente meritevole di diffusione.
Mi sono dunque rimesso in azione, seguendo i consigli contenuti in quell’articolo, e andando puntualmente a sbattere contro nuove difficoltà.
Il sito Narcissus.me promette un preventivo per la realizzazione di un documento in formato ‘pdf’ a partire da un testo Word, che è il primo passo da fare in un percorso per l’autopubblicazione. Alla mia richiesta di tale preventivo, mi è arrivata l’indicazione di inoltrarla a un altro indirizzo più specifico (non potevano farlo loro? mah!), cosa che ho fatto immediatamente senza poi ricevere alcuna risposta.
Poco male, credo di essere in grado di fare da solo questa operazione tecnica: è solo questione di trovare un po’ di tempo libero. L’importante è aver ritrovato la convinzione.
Naturalmente vi aggiornerò sugli sviluppi di questa ormai lunga avventura.
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Immagine da: http://www.fantacalciopvo.com/2012_03_23_archive.html
Eccomi,
i grandi e medi editori, quelli che mettono sotto contratto e pagano profumatamente gli scrittori, oppure che investono su redditizi eventi letterari meteora (vedi Melissa P, Lara Cardella, ecc. ecc.), hanno chiuso le maglie da anni. Tutte le velleità degli aspiranti romanzieri sono state dirottate verso le nuove case editrici che lucrano sulle “autoproduzioni”.
Dietro le edizioni “autoprodotte” ci sono proprio loro, i grandi editori, a volte con investimenti diretti altre con accordi di partnership, praticamente sta succedendo questo, si fanno entrare dalla finestra i soldi “dei più” per farli uscire (solo una parte) dalla porta destinandoli ai “pochi” contrattualizzati.
Gli editori di “nicchia” non esistono concettualmente, se per nicchia si intende una settorizzazione specifica, ambiti ben definiti come quelli scientifici, filosofici, religiosi, ecc. ecc., il discorso è ok, se per nicchia si intende una fascia culturale identificata ed elitaria secondo criteri di selezione espressiva… è una grande presa per il culo.
Il rapporto tra poeti e scrittori reali/aspiranti poeti e aspiranti scrittori da web è circa 1/300, le case editrici che pubblicano testi (poesie o romanzi) a pagamento sono “discount” che capitalizzano la vanità umana, il ventaglio di chance che offrono è, di fatto, un listino prezzi, siamo all’Ikea della letteratura.
Da quando è esplosa la rete… tre quarti d’Italia scrive ma nessuno legge, i “numeri” dei blog sono una significativa cartina di tornasole, saper scrivere non significa azzeccare i congiuntivi né seguire logiche stereotipate, saper scrivere significa essere in grado di creare smottamenti interiori a sconosciuti, positivi o negativi che siano. Saper scrivere significa far venire appetito alle persone che hanno appena finito di mangiare, far venire sete a quelli che si sono appena dissetati, saper scrivere significa trasmettere sogni, visioni, percezioni, emozioni, proiezioni. Saper scrivere significa trasformare chi legge, a prescindere dalla età, livello culturale e status sociale, in “bambini” da prendere per mano e condurre in un trend narrativo “vissuto”.
Siamo in un circolo vizioso senza uscita, tu spendi 500/1000 euro per farti pubblicare un libro, i tuoi estimatori lo acquistano ma si aspettano che tu faccia altrettanto con le loro pubblicazioni, quando si è fortunati si recupera una parte delle spese, dove sta il senso di tutto questo (oltre all’ingrassare gli editori succhia soldi)???
Per adesso mi fermo qui.
Sempre con stima
TADS
Ti ringrazio molto delle tue considerazioni, che ritengo preziose e più che verosimili (e non vedo perché dovrebbero mai produrre mie reazioni astiose).
Mi piace molto anche la tua definizione del ‘saper scrivere’.
Detto questo, da una mia ricerca appena cominciata sul mondo dell’autopubblicazione, mi sembra che se un autore ha ben chiari i limiti dell’operazione, e si aspetta un bacino di vendite limitato al mondo dei propri contatti (sommando quelli consueti, quelli più rari, e quelli raggiungibili per l’occasione), possa quanto meno concludere l’operazione in pareggio fra costi e ricavi.
Ad esempio, il sito Lulu non chiede nessun contributo, ma soltanto, a fronte dell’invio dell’autore di un file in formato elettronico, una percentuale sul prezzo di ciascun libro effettivamente ordinato e, di conseguenza, stampato, mentre una percentuale più piccola è garantita all’autore.
Un saluto.
diciamo un “lavorare sul venduto”,
hai tutto il diritto di giocartela,
hai tutti i miei più sinceri appoggi morali.
TADS
Grazie ancora!
ciao Franz,
se me lo concedi e mi prometti di non rispondermi con astio,
ti spiego come stanno le cose in massima serenità,
sei una persona pulita, te lo meriti.
TADS
Grazie.
mi stupisce un po’ che un seguace della democrazia diretta, contrario ad ogni forma di intermediazione, scopra in ritardo l’autopubblicazione 😉 Narcissus e quella di Tombolini, vero? Io non ho libri nel cassetto ma ti suggerirei di parlare (o di fare amicizia su facebook) con Mauro Sandrini – ingegnere e sociologo molto dentro all’argomento -che si autopubblica le sue creazioni letterarie. Ciao!
Consigli a Cinque Stelle, sia pur provenienti da una grillina pentita…
Certo, Narcissus è quella di Tombolini.
Grazie per il suggerimento, saperne di più può far evitare dei passi falsi.
Ciao! 🙂
(Ehi laggiù, piano con gli epiteti! “Grillina”, poi! Proprio a me che di Grillo detesto pressoché tutto, mentre -come sai- apprezzo alcune tematiche del MoVimento. Il voto -uno solo- dato al M5S era da considerarsi un’apertura di credito, e non posso dire che in questi due mesi ne abbiano fatto buon uso. Ciò detto, credo che se in questo preciso momento fossi a Roma, sarei anch’io davanti a Montecitorio. Ciao!)
Ciao, donna irrecuperabile (ma non del tutto…)!
Vedo che c’ è fermento letterario fra i miei amici blogger.
Mi fa piacere venire a conoscenza di questa imminente nascita.
Così dopo quello di Lorenza ( di iris e libellule )( puoi chiedere anche a lei qualche consiglio
sul suo editore ), aspetterò per leggere la tua opera.
Ti auguro che la tua penna voli leggera.
Ciao
loretta
E grazie anche a te, cara Loretta.
Il mondo dei blog è strettamente imparentato, per sua stessa natura, con quello dei libri, come avrai sicuramente notato anche tu.
E così capita spesso non solo di leggere recensioni letterarie, ma anche di assistere alla nascita di nuove opere, cosa che fa sempre un particolare piacere quando l’autrice o l’autore sono amici, quanto meno di tastiera.
Grazie per l’augurio, non mancherò di raccontare l’evoluzione di questa storia.
Ciao!
Non arrederti vedrai che qualche cosa di buono riesci a tirare fuori.
Grazie, carissimo: come scrivevo nel post, mi è tornato un po’ di iniziale entusiasmo, il che non guasta.
per come siamo messi in italia non ho più parole e se volevano maritarsi col giaguaro perché non farlo 50 giorni fa?
a te il mio più caloroso in bocca al lupo
E’ una miscela diabolica di miopia, tracotanza e autolesionismo, quella della classe dirigente del PD. Comunque, il flop di Franco Marini è stato molto di più di un sollievo!
Anche se le mie ambizioni attuali sono correttamente limitate, ti ringrazio dell’augurio personale, carissima Amanda, e …crepi il cacciatore!
Io credo che chi ha il talento e la capacità per raccontare, affabulare, descrivere, evocare ed alludere non ha il diritto o la facoltà, ha il DOVERE di distribuire il suo talento al resto dell’umanità (o quanto meno a quel segmento più o meno grande della stessa che possa rivelarsi interessato).
Perché privare quel piccolissimo (per scoprirlo poi non così piccolo) segmento o frammento della propria opera sarebbe un atto di protervia e di egoismo.
In punta di metafora e di paradosso, questa è la mia opinione, e mi vanto ed onoro dell’essere stato il primo ad esprimerla, almeno per quanto riguarda e concerne i commenti a questo tuo post, che idealmente è già la prefazione della tua pubblicazione.
Fraterni saluti.
Ti ringrazio per queste tue parole di stima, peraltro di certo non nuove. Anzi gli iperbolici paragoni con cui mi hai spesso definito sono un po’ una tua esclusiva. Che ho sempre gradito e interiorizzato, pur avvertendone l’esagerazione.
Comunque, la tua premessa sulla doverosità della diffusione degli scritti vale anche per molte delle tue pagine, che sennò predichi bene e razzoli male!
Un papale abbraccio, alla stregua del mio omonimo più famoso.