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Da quando ho drasticamente calato le pubblicazioni su questo blog, mi è diventato più difficile coltivarne la componente intimista, a favore di quella sociale; da una parte la difficoltà nello scrivere brani ragionati su qualsiasi argomento è dovuta a un cammino che, nel rilassamento, nell’inattività e nell’introversione, sembra orientato in modo sempre più esclusivo a curare antiche ferite, a ricostruire pezzi perduti per strada (o mai germogliati) del mio nucleo vitale originario, a recuperare ritmi di vita più umani, utili e salutari; dall’altra parte, quando mi accingo a pensare o abbozzare nuovi articoli, una sorta di nuovo pudore mi porta a fuggire dalla dimensione più confidenziale.
Ma questa volta, come appare da quanto appena scritto, sto cercando, almeno nell’esordio, di tornare nuovamente su questo versante.
Il volgere di ogni anno, come già accennai, è scandito per me da alcune pietre miliari, date o eventi, che costituiscono punti di riferimento, di arrivo e passaggio, particolarmente forti.
Il Primo Maggio è una di queste pietre miliari; a dire il vero, lo è in una connotazione massimamente pagana di porta d’accesso al semestre della luce e della vita più intensa, piuttosto che per il suo significato sociale (che a tal fine vivo molto più intensamente il 25 aprile).
Ma, anche, per il Concertone, a cui dedicai in anni passati intere pagine del blog, evento carico di suggestioni artistico-musicali, politico-sociali e di comunicazione di massa, intesa sia come massa dei giovani accalcati in Piazza San Giovanni che quella collegata tramite la televisione.
Ho l’abitudine di concedermi un rituale giorno di ferie, per godermi lo spettacolo dall’inizio alla fine, o quasi, anche perché il Concertone per sua natura è fatto di molte pagine diverse da frequentare inevitabilmente a pezzi: non si può stare alla tivù dalle tre del pomeriggio a mezzanotte, ininterrottamente.
La frammentarietà, quest’anno, è stata amplificata da un nuovo elemento che ha scompaginato la tradizione: il concomitante Concertone di Taranto, che dopo il successo superiore alle attese della prima edizione del 2013, quest’anno ha costituito una concorrenza agguerritissima e vincente su molti fronti, primo fra tutti la qualità degli ospiti musicali.
Saltabeccare dalla tv nel soggiorno, sintonizzata su RAI3 in diretta da Piazza San Giovanni, al computer nella stanza, collegato al sito che trasmetteva l’evento di Taranto, non è stato un esercizio piacevole: l’ansia di non perdere i momenti migliori ha danneggiato il già precario senso di continuità nell’atmosfera di ciascuno spettacolo.
Ma d’altra parte non si poteva fare altrimenti, viste le numerose fasi di calo d’interesse presenti in entrambe le trasmissioni, anche se di gran lunga più viva e ricca di contenuti si è rivelata quella di Taranto.
E più sincera nelle motivazioni, nella comunicazione di contenuti sociali e politici, nella partecipazione del pubblico (anche numerica, a vista d’occhio) e infine, come dicevo, nella qualità dei musicisti, così come dei conduttori.
Il fastidio per la fruizione a spezzatino è stato tuttavia compensato proprio dal vedere l’evento emergente surclassare quello tradizionale, espressione di soggetti screditati come sono ormai i tre sindacati confederali.
Non si può stare tutto quel tempo alla tv, dicevo. E così ho sfruttato le ultime luci del giorno per bilanciare la sedentarietà con un bell’allenamento podistico lungo il mio consueto percorso, in mezzo a una natura debordante, nel pieno del suo incontenibile trionfo stagionale di foglie, fiori, erba, arbusti, canti, cinguettii, starnazzamenti di volatili.
Tornato a casa, dopo doccia e shampoo, mi tocca rimandare la cena: sul grande palco di Taranto ha appena fatto il suo ingresso, insieme alla Banda della Posta, Vinicio Capossela.
Mi sembra giusto, rifuggendo anche da un solo abbozzo di recensione articolata dei due concerti, o di commento ai vari episodi più importanti, dedicare qualche parola soltanto a lui, che, a mio parere, si è confermato il più grande sulla scena musicale italiana. Non fosse altro per la sua versatilità: dopo la fase cantautorale classica, dopo la traduzione in musica delle pagine letterarie di tutti i tempi dedicate ai navigatori, dopo la ricerca approfondita sulla rebetika (la musica popolare tuttora frequentata e partecipata nelle osterie greche), da un anno o due se ne va in giro con un’orchestrina di anziani musicisti di Calitri (Avellino), che per mestiere fanno animazione, nelle feste e soprattutto nei matrimoni, con valzer, polke e mazurke.
E riesce a rendere, di questo genere piuttosto snobbato, tutta la dignità, la vitalità, e soprattutto la gioiosità festiva. Credo che sia un messaggio assolutamente rivoluzionario, di questi tempi cupi e angosciati.
Canta, fischia, balla in coppia, beve sorsi della birra locale; nell’apoteosi del suo classico “L’uomo vivo” c’è anche la tromba di Roy Paci. E alla fine la sua gioia è trasparente, incredibile, contagiosa: lascia il palco abbracciando tutti, “pazzo di gioia” come il Cristo risorto della processione popolare a cui è ispirato quel fantastico brano.
Mi è ormai evidente come la realtà che stiamo vivendo, con i suoi allarmi epocali sempre più stringenti, si presti a due diverse risposte da parte di chi ne abbia la drammatica consapevolezza.
Una sta nell’interpretare e diffondere il senso della minaccia, e magari spendersi in un attivismo meritorio, ma che sembra tanto più insufficiente e inadeguato quanto più è quotidiano e frenetico.
L’altra è una ricerca dell’essenziale, del dilatarsi dei tempi, dell’aprirsi alla bellezza, alla pienezza di vita e alla capacità di gioirne.
Credo che solo questo secondo approccio, oltre a rendere più preziosa la nostra vita, potrà salvarci.
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Immagine tratta dalla pagina Facebook di “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti”, comitato organizzatore del concertone di Taranto.
Domani avrai un duplice impegno, Franz carissimo… buon voto dunque.
Ciao
Certo, carissima.
Il mio sarà un voto “disgiunto”, perché, ferma restando la mia fede pentastellata (sono reduce dalla trasferta romana per l’emozionante festa di Piazza San Giovanni), per il mio comune di San Lazzaro voterò la lista civica “Noi cittadini”, per motivi che sarebbe troppo lungo esporre qui.
Grazie e buon voto anche a te!
Che dire! Come al solito leggerti mi piace moltissimo ma mi sento anche un pò verme.
O almeno un essere senza cervello o poco poco, che il primo di maggio l’ha passato a falciare
erba in un campo con i ragni nei capelli, l’orecchio teso ad ascoltare il cuculo e l’occhio attento
a non tagliarsi le dita.
Tu ed i tuoi interlocutori siete la mia tv.
Ciao ciao.
Che dire! 🙂 A me fa piacere fungere, insieme ai miei pochi ma buoni commentatori, da televisione, e spero una tv di qualità un po’ più seria di quella corrente.
Se hai letto bene, come non dubito, non ti saranno sfuggite le mie considerazioni finali, che danno più risalto alla ricerca dell’essenzialità e della bellezza rispetto all’attivismo.
Dunque il ragno nei tuoi capelli, l’ascolto del cuculo e l’occhio attento alla falciatura, secondo il mio pensiero, sono più che mai utili a cambiare e salvare il mondo, o meglio, la società degli umani.
Ciao, e grazie!
Eccomi qui caro Franz al consueto appuntamento sulle tue pagine sempre più rare e quindi preziose.
Anch’io ho ascoltato e seguito dai siti collegati i vari personaggi che per il 1° maggio si sono susseguiti sui palchi delle città dove erano le iniziative più importanti lungo il Paese, e mi piace il fatto che si sia “allargato”.
Con il passare degli anni, questa ricorrenza, per il trasformarsi delle condizioni lavorative, ha perso il suo originale significato, è stata totalmente stravolta. Quindi ci sta che per non abbassarne ulteriormente il valore sia diventata itinerante. Ieri solo Roma. Oggi Roma e Taranto (perché ci sono le accierie dell’Ilva).E’ giusto che non si riempia solo piazza San Giovanni. I Sindacati non più esistenti (per lo più appoggiano e sono l’appendice dei poteri forti che abitato il Parlamento) erano riuniti a Pordenone per trattenere qua l’Elettrolux. E’ così cambiato (in peggio) il panorama lavorativo che ci sta tutto purchè si smuovano le acque. Poco importa chi si alterna sui palchi avventori, comparse, estemporanei famosi o meno: o che la canti o la suoni o la reciti. L’importante è parlarne e non fare cadere nel vuoto e rendere inutile chi nel passato ha dato la vita e ha trasmetto, oggi, a noi insieme al valore del lavoro l’onestà e la lealtà di continuare a crederci. Ciao Franz un abbraccio. A presto.
Ciao carissima, grazie per il tuo contributo.
E’ vero che il tema del lavoro è uno degli aspetti più critici e stridenti dell’attuale congiuntura socio-economica, e credo che il nostro zio Beppe sia nel giusto quando afferma che bisogna spezzare l’automatismo che lega il reddito al lavoro. E’ un concetto che porterebbe molto lontano, a immaginare nuovi criteri della formazione e della distribuzione della ricchezza, non senza un ripensamento effettivo del concetto stesso di ricchezza, molto lontano da quello misurato dal fatidico PIL.
Quanto alle manifestazioni del Primo Maggio, credo che sia importante distinguere quelle di regime da quelle organizzate da movimenti vari. Il concertone di Taranto è stato un esempio virtuoso di questo secondo genere; genere di manifestazioni che, a differenza di quanto avviene il 25 aprile, mi sembra tuttavia che sia poco diffuso.
Un saluto e un abbraccio a te.
Caro Franz, quest’anno non ho visto il concertone ed ho faticato a leggerne gli echi, forse annullati dalla sparata di Pelù.
Già lo scorso anno quell’evento mi parve “stanco” e forse è vero che ogni cosa ha un principio e una fine naturali e non c’è da meravigliarsi se anche una manifestazione come quella ha bisogno di rinnovarsi.
La tua ammirazione per Vinicio Capossela ha tutta la mia approvazione… è un artista completo e riesce a far coabitare in uno stesso brano tante emozioni/suggestioni.
Chiudi il post con un bel messaggio di bellezza e speranza… credo nell’informazione capillare, se vera, ma è certo che sarà la bellezza a salvarci… non lo affermo io ma qualcun altro di cui non ho memoria.
Ciao!
In effetti, cara Sari, le dichiarazioni fatte da Piero Pelù in Piazza San Giovanni hanno monopolizzato i commenti sul concertone. Ho perso la diretta del cantautore toscano, ma da quanto ho letto mi sembra che quei suoi attacchi a Renzi siano stati dettati da passione sincera, dunque non posso che esserne felice, oltre che condividerli.
E’ vero, il concertone di Roma era già in fase calante, ed è una fortuna non indifferente che quello di Taranto ne raccolga l’eredità migliore e, come in una partita a poker, “rilanci”.
Per quanto riguarda la mia affermazione finale, poi, sulla contrapposizione fra attivismo e ricerca della bellezza, vorrei specificare meglio che ritengo prezioso e urgente intervenire, a livello di informazione capillare, come dici tu, e più in genere per cercare di migliorare una realtà degradata e allarmante sotto troppi aspetti, ma ritengo anche che l’incisività ed efficacia dell’azione rifugga diametralmente dall’accumulo, dalla fretta e dall’efficientismo tipico del modello economico capitalista, ormai agonizzante.
Grazie del tuo immediato contributo, ciao!