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Intorno alla metà di luglio sono passato dalla mia officina abituale Volkswagen, a prendere appuntamento per il tagliando dei centoottantamila chilometri, e a segnalare di persona al signor M., il capoofficina, alcuni problemi, più o meno recenti, da risolvere nell’occasione.
“Si ricorda, avevamo detto che c’era un cuscinetto da cambiare nella ruota anteriore destra, e l’attacco di una cintura di sicurezza dietro.”
“Aspetti che segniamo tutto: cuscinetto, gangio di attacco…” Sì, dice proprio “gangio”, con quel suo spiccato accento bolognese, che un tono di voce forte e rassicurante rende particolarmente evidente e amabile, benché ostacolato da qualche problema ai denti (frequente nelle persone della sua età).
“E poi ogni tanto fa un rumoraccio, mi sembra che venga da destra, un ‘clang-clang-clang’, soprattutto in salita e in discesa.”
“Segniamo anche quello.”
“Allora la lascio qui giovedì notte, e metto le chiavi nella buchetta, come al solito.”
“Va bene, Selis, ci vediamo venerdì.”
Nei giorni successivi si presenta un nuovo problema: una segnalazione sul cruscotto mi dice che il liquido refrigeratore scarseggia. In parole povere, c’è una perdita d’acqua. Di tanto in tanto sono costretto a condividere la mia bottiglietta da mezzo litro d’acqua, che abitualmente trangugio prima di cena, con la mia compagna di lavoro. Avverto telefonicamente il signor M. di aggiungere alla lista anche quel problema. Ecco, penso, coi tempi che corrono avevo proprio bisogno di arrotondare il conto del tagliando…
Il brutto rumore, invece, si ripresenta solo raramente, ma sembra diventare costante, anche in pianura, proprio sul finire del turno di lavoro del giovedì sera, la vigilia dell’appuntamento. Dà l’impressione di guidare una carretta che perde i pezzi, e non è una bella impressione, quando hai dei clienti a bordo. Alzare il volume della radio aiuta un po’, soprattutto quando i passeggeri sono un po’ storditi da cene ad alto gradiente etilico, ma a volte non basta, e sopravviene un forte disagio: dai Cavallona cerca di arrivare presto a destinazione, se proprio non riesci a evitare ‘sto rumore di ferraglia.
Terminare il turno di lavoro davanti al porto sicuro dell’officina mi è più che mai di sollievo, e affronto il chilometro e mezzo che mi separa dalla fermata del “19” in via Emilia Levante a passo svelto, per non perdere l’ultima corsa, quella dell’una e sette minuti.
Conosco bene quella fermata, i negozi chiusi che le stanno di fronte sotto un breve tratto di portico, e la quiete vigile della notte nella periferia cittadina durante l’attesa.
E conosco anche altri tre chilometri di strada, dal centro abitato di San Lazzaro a casa mia, per strade solcate da rare vetture veloci a fari spianati, che percorro sotto la buia volta celeste non senza un pizzico di apprensione.
Il percorso inverso, da effettuarsi nel pomeriggio, è più breve, perchè a quell’ora c’è il “19 C” che fa capolinea alla stazione di San Lazzaro, ed è una passeggiata di gran lunga più gradevole, nella prima campagna che dà respiro all’intera area metropolitana bolognese, l’autostrada alle spalle e le colline là in fondo, per stradine alberate, costellate da ville aristocratiche, una bellissima scuola con giardino (fino a un paio d’anni fa brulicante di voci e giochi di bimbi e bimbe e ora dolorosamente abbandonata), un piccolo ma ordinato campo nomadi e infine, in vista della ferrovia, alcune fabbriche.
“Allora Selis, venga qui. Abbiamo fatto tutto, pastiglie dei freni posteriori, cambio dell’olio, gangio della cintura. Il cuscinetto era distrutto, l’abbiamo sostituito. Abbiamo fatto anche un giro e non ha fatto rumori strani. Invece per la perdita d’acqua sembrerebbe il radiatore.” Stranamente non pare del tutto convinto, sembra chiedere a me il permesso di sostituirlo, come se avessi qualche ragionevole alternativa.
“Ah se c’è da cambiarlo…”
“Allora lunedì mattina ordino il pezzo, poi appena arriva la chiamo.”
“Quanto le devo fin qui?”
“Ci vediamo poi la settimana prossima.”
La Cavallona parzialmente rimessa a nuovo può riprendere il galoppo, e io con lei, stando attento ad abbeverarla prima che manifesti sintomi di disidratazione.
Il sabato notte, un gruppo di clienti mi chiede di accompagnarli su a San Luca. Nella doppia curva delle Orfanelle, dove la strada e il portico illuminato si impennano arditamente, ricompare implacabile il rumoraccio. Che poi continua in sordina nella discesa senza equipaggio, e si placa raggiunta la quasi pianura di via Saragozza.
La domenica sera, appena uscito dal garage, un imperioso segnale sonoro annuncia un nuovo, ulteriore problema: “Aggiungere olio”. Un po’ sfinito dal sommarsi delle emergenze, non controllo neanche il livello, ma faccio dietro front.
E a casa metto la sveglia alle sette e mezza, per andare a trovare nuovamente il signor M. in modalità levataccia d’emergenza.
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.(Continua)
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Immagine tratta dalla pagina: animali.net/i-cavalli-bianchi-non-esistono
Ma che bello… le avventure in stile “Odissea” della Cavallona!
Da leggersi tutte di un fiato…
Baci, sono felice di essere tornata della tua dimora.
a presto
Giò
E io sono felice di accoglierti con tutti gli onori!
E ancor più felice che ti piaccia questo poema… quasi epico.
A presto, baci.
180.000 chilometri sono la metà della distanza della Luna al perigeo, o (direbbe Rollo) il doppio del fuoriservizio di Marte alla premiataforneriamarconi. Le navicelle Apollo (che tra l’altro vedevano Sirio solo dall’oblò ad una rassicurante distanza di 81 milioni di miliardi di chilometri, e anche quello influiva) potevano percorrere la distanza in soli 3 giorni mercè una velocità di punta di 10.000 chilometri all’ora, la mitica Cavallona ci ha messo molto molto di più dovendo affrontare le strettoie del traffico cittadino, ridotte ma non eliminate dagli orari notturni, piuttosto che le sconfinate immensità del Cosmo.
Ora, come nei romanzi d’avventura, dove tu volti le pagine perché vuoi vedere che cosa succede che ogni pagina ci son dei duelli degli avvelenamenti delle agnizioni delle tragedie, aspetteremo ansiosi per sapere se la Cavallona risorgerà più bella e splendente che pria o inizierà decorosamente a percorrere il suo lento e maestoso Sunset Boulevard. E quando non ce la farà più la immaginiamo, come in una novella di Buzzati, gelosamente custodita in un garage in aperta campagna dove la andrai a trovare quasi tutti i giorni, la accenderai un attimo, le toglierai di quando in quando la polvere e prima di andartene non potrai non allungarle una carezza.
In realtà, caro Luca, ho già preannunciato nei commenti il lieto fine, salvo ulteriori sconvolgimenti futuri, alla cruenta storia.
Ma sarà lunga, e se continuo a non trovare il tempo per scrivere, ancora di più…
E intanto la Cavalla andrà accumulando altri chilometri attraverso spazi tutt’altro che siderali, verso un pensionamento che spero ancora lontano nel tempo.
E allora, anzichè a quadri bucolici/letterari come quello che prospetti, la dura legge del mercato mi porterà prosaicamente a consegnarla in permuta a una concessionaria.
Ma per ora è meglio che non lo sappia…
E’ cominciata con un semplice tagliando e qualche goccia di pioggia su di te e si è trasformato da acquazzone ad uragano. Non pensavo che una cavalla meccanica si potesse trasformare in cavalla animala… E il “clang clang clang” diventa in un disperato nitrito di dolore… I cuscinetti e le pastiglie dei freni sono i suoi poveri zoccoli a cui non hai cambiato i ferri consumati. Ha galoppato tanto…. non ha più l’età giovane di un tempo e fa più fatica a correre, ha bisogno di bere e tu con la bottiglietta la disseti….. Aggiungi olio? Cosa vuoi avrà un po’ di reumatismi …unguento di sollievo e zoppicherà meno. Penso che ora dopo l’uragano, se vuoi dopo la tromba d’aria sia tornato il cielo azzurro e il sole alto nel tuo lavoro. … Immagino che la cavalla bianca sia tornata a svettare senza ritegno sulle nostre strade e tu con lei. E poi lo sai meglio di me che dopo la tempesta….. torna un cielo terso e limpido più che mai. Gli strascichi che ti ha lasciato diventeranno presto un ricordo. Comunque sono curiosa di sapere il resto delle puntate e se alla fine saranno tantei come una telenovela…potrai farci un altro libro. Un abbraccio 🙂
E’ proprio vero, cara Trudy: la Cavalla comincia ad avere una certa età (come peraltro il suo cavaliere), ma io che la conosco so che non vuole andare in pensione e che ce la metterà tutta per scorrazzare ancora a lungo per le strade della città e del circondario.
Non so se definire quanto successo, e che ho appena cominciato a raccontare, un uragano o una tromba d’aria: so che sembrava non dover finire mai. Ora, in effetti, il cielo è tornato limpido e il sole, ma soprattutto la luna, visti i miei orari di lavoro preferiti, splende placidamente e serenamente.
Spero di riuscire a pubblicare le prossime puntate senza intervalli troppo lunghi, ma il tempo libero è quello che è. Dovrebbe uscirne, se non una telenovela, una specie di romanzo breve, che tuttavia non ambisco a pubblicare, almeno nelle intenzioni attuali.
Grazie per le belle immagini colorite, e abbraccio ricambiato.
che ansia!
Ed è solo l’inizio…
I piccoli guai arrivano a cascata e come le biglie cadono dal sacchetto per rimbalzare sul pavimento facendo un rumore che diventa in breve assordante.
Non sarà così per la Cavallona che spero risanata.
Ciao Franz, buona serata.
Certo, la Cavallona ora è risanata, ma il racconto della sua (…e soprattutto mia) odissea è appena agli inizi, e si protrarrà per molte puntate. Anzi, mi correggo, per molti “canti” di afflizione.
Bella l’immagine delle biglie che cadono disordinatamente e fragorosamente.
Un grazie a te, cara amica, per la consueta grandee tempestività!
Ciao, e buona domenica.