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Negli anni di vita della Cavallona ho maturato una sorta di devozione per il signor M., vuoi per quel prorompente senso di autorevole schiettezza che diffonde intorno a sè, dentro quell’officina, vuoi per essermi stato d’aiuto in varie occasioni, come quando andò fino a Ferrara a recuperare un pezzo di ricambio, per riconsegnarmi la vettura prima della chiusura del fine settimana, e poi per quel suo modo di illustrare le voci della fattura posizionandola a rovescio, cioè con la fattura stessa ben leggibile dagli occhi del cliente.
Credo che la sua esperienza e maturità siano stimate in casa Volkswagen, tanto che spesso mi dice di essere impegnato in corsi di istruzione, ovviamente da dietro la cattedra.
Però, proprio come a un buon padre a cui si rinfaccia un piccolo torto, il lunedì mattina, intorno alle nove, mi presento con un sentimento di recriminazione.
“Buongiorno” gli faccio appena mi dà udienza, “mi dice che manca l’olio. E poi ha ripreso a fare quel rumoraccio, l’ha fatto anche nel venire in qua.”
Non si scompone più di tanto. Chiede a uno dei due ragazzi se hanno cambiato l’olio, e di verificare.
L’olio c’è, è un problema del sensore, trascurabile. Il tono è molto tranquillo: “Non ci faccia caso. E’ la perdita d’acqua ora il problema, ho appena ordinato il radiatore. Invece, per il rumore, adesso le faccio fare un giro con T.”
Il signor T. è il suo aiutante più anziano, un tipo grassoccio e dalla voce squillante come la sua, ma più acuta, quasi infantile, un po’ femminea. Accetto di buon grado di lasciarlo alla guida e di sedermi nel posto accanto, e si va, nella luminosa mattina di sole di un’estate straordinariamente temperata.
Ben presto la Cavalla esibisce correttamente il suo malessere meccanico: “Ecco!”
“Sì” fa subito il signor T., “dev’essere un giunto. Adesso ci diamo subito un’occhiata” e la riporta in sala operatoria, per posizionarla sul ponte e osservarla da sotto.
Ma dopo un’accurata ispezione si mostra un po’ desolato, e chiede al capo di fare un altro giro, questa volta con lui al posto mio.
Il signor M. si libera in fretta di un altro cliente, ed è pronto per il sopralluogo.
Li vedo partire su per la rampa dell’officina e resto fiducioso ad aspettarli, mettendomi a osservare per l’ennesima volta i cartelli affissi all’interno (come quello in cui due “Maggioloni” procedono affiancati e in bilico sulle sole ruote esterne) e i movimenti dei due giovani, laboriosi ma tranquilli nei ritmi.
Fumata nera. Senza di me a bordo la Cavalla, orgogliosa, si è rifiutata di esibire il peggio di sè e non ha evidenziato nessun rumore.
“Niente, Selis, così non possiamo farci niente, ci torneremo a guardare quando la riporta per il radiatore.”
Torniamo verso casa con la coda tra le gambe, entrambi.
Stasera bisognerà lavorare con la spia dell’olio che di tanto in tanto lampeggia, il radiatore che perde acqua, e la minaccia incombente del “clang-clang” se un cliente chiede di portarlo su in collina.
La situazione di precarietà quotidiana che mi trascino già da alcuni giorni, goccia dopo goccia, comincia a darmi i primi segni di soffocamento.
La via d’uscita è reagire, e lavorare di più, per far fronte alle spese impreviste, che si sommano alla raffica di tasse e contributi in calendario di qui a febbraio.
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(continua)
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Immagine da: frasiaforismi.com/dediche/storia-di-un-cavallo-bianco/
Ho corretto un errore. Il riferimento temporale al primo sopralluogo fuori dall’officina, che accennava a un’estate al termine, è stato rettificato, in quanto i fatti si svolgevano a fine luglio.
Nell’epopea del futuro di Aristodemo stanno per comparire le màchine intelligenti e capricciose del 2079 che autoregolano consumi e carichi di lavoro (In dov’el ch’ at vrissot andèr incò? A Milà? Ne gh’ n’ho miga voja veh nanè. Al masim a’t port a la stasiò…) ma la Cavallona a modo suo è già futuribile. Ormai è identica a mio babbo che nella sua, diciamo, piena maturità con me aveva tutti i malanni del mondo ma in ospedale guariva di colpo causando polemiche telefonate del primario.
La trama si fa quanto meno intrigante. Come diceva Mark Twain, “La finzione, rispetto alla realtà, ha il grave limite di dover essere plausibile.”.
La scomparsa del sintomo quando dovrebbe manifestarsi è una legge ferrea, esattamente come la comparsa di un rapido veicolo in una rotonda desolata che devi attraversare.
Mi incoraggia molto che la trama ti intrighi: cercherò di non deludere con il seguito.
“Povera bestia” cosa pretendevi caro Franz? Che ti rispondesse bene? Che fosse gentile con te la tua compagna di viaggio? Dopo che l’avevi bistrattata abbandonata in mani inesperte? Vorrei vedere te, se uno viene a ravanare (rovistare) dentro di te, ti fa male, risolve un dolore alla volta e protrae la tua agonia, non è che poi sei così contento. Poi pretendevi che facesse sentire ai dottori il rumoraccio quando volevi tu? Comoda eh!! Dopo che avevi abbandonato la poverina là da sola in luoghi sconosciuti freddi e in mani e inesperte come poteva volerti ancora bene, ascoltarti e ubbidirti? Dopo tanto affetto e devozione, dopo che ti aveva accompagnato per ore ed ore kilometri su kilometri, dopo che la tua amica ha ascoltato in silenzio con tanta pazienza parole su parole tue e dei clienti, da te questo proprio non se lo aspettava, A parte gli scherzi, mi dispiace di questo tuo stillicidio, di questa sofferenza “obbligata” in termini di tempo, economici e di una luce di speranza di uscire fuori dal tunnel che, invece, di farsi più forte, si attenuava sempre di più. In attesa della terza puntata un abbraccio forte e rinnovato.
Indubbiamente la bestiona equina ha il suo carattere: forse, come dici tu, non ha gradito essere rovistata nelle sue parti intime da quelle manacce; ma forse si è trattato solo di un atto di orgoglio, in mia assenza: “Me la cavo benissimo” sembra aver voluto dire all’accoppiata dei chirurghi in vigile ascolto.
Grazie della solidarietà e a presto (spero) per la terza puntata.
Abbraccio.
ma allora non ci si lascia così in sospeso!
Ricordo bene la tua insofferenza ai miei racconti a puntate.
E dato che le puntate di questo racconto saranno tante, spero proprio di non perdere la tua fedele presenza fra i pochi, selezionatissimi lettori rimastimi.
seeeeeeeeeeee perdermi mica è così semplice
Meno male! 😀 Non ne ho alcuna intenzione.