C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
anzi d’antico: io vivo altrove, e sento
che sono intorno nate le viole.
L’annuale evento, cantato nei versi semplici e così evocativi di Giovanni Pascoli, quest’anno tarda a venire.
No, il sole non si è negato, e la luce diurna ha già superato la durata delle notti, e anche le prime fioriture da qualche giorno fanno da battistrada a quel momento particolare, che tuttavia si sta facendo aspettare più del solito.
Il ricordo va ad anni lontani, quando fissai tale esperienza nella coscienza, come punto di riferimento del mio calendario ciclico vitale, o, per usare ancora una volta una metafora cara a questo diario, come pietra miliare sul cammino. Il giorno, e i successivi, in cui, uscendo di casa in centro città, anch’io avvertivo nettamente l’emozione di qualcosa di nuovo nel sole, nel suo tepore inebriante e nel tripudio della sua luce, e potevo dunque sentire che probabilmente erano nate le viole, da qualche parte.
Dunque ora lo sto aspettando con un’insolita partecipazione, che immagino dovuta a una sensibilità ai processi naturali acuita dalle mie nuove abitudini di vita. Che sono l’alimentazione prevalentemente vegana, la cura e ricerca quotidiana della qualità del sonno, il sacrificio dell’ansia di efficienza a vantaggio della giusta lentezza, coinvolgimento e profondità; insomma una forma metodica di cura e amor proprio che è ripagata da sensazioni di benessere di fondo, e serenità diffusa, come mai in passato.
Del tutto simili mi appaiono, a ben pensarci, tale palpitante attesa, che è un anelito alla luce e al calore dopo una stagione invernale che mi è apparsa più lunga che mai, e un altro fenomeno recente e interessante: una nuova sorprendente passione per il cibo, che mi porta ad apprezzare a fondo i sapori delle mie quotidiane “insalatone molto miste” (verdure crude di stagione, frutta secca, pane realmente integrale o cereali bolliti, spezie, melassa, sale marino integrale, olio), ma mi porta anche alla ricerca di ristorantini tipici dove trasgredire alle regole un paio di sere alla settimana, ferma restando la repulsione per le pietanze di carne.
Credo che l’essermi affrancato dall’overdose di proteine e di grassi, insita nei modelli alimentari correnti, mi abbia risvegliato un naturale e latente senso dell’appetito e del relativo soddisfacimento; allo stesso modo, il minore apporto calorico quotidiano rende più che mai desiderabile la fine della stagione fredda. Insomma, un riavvicinamento alla nostra antica natura, dalle ricadute molto positive.
Archiviata la terribile giornata piovosa di ieri, in cui anche il lavoro è stato complicato da un paio di incidenti che hanno paralizzato mezza città, questa perturbazione si sta lentamente allontanando: le previsioni annunciano un cambiamento netto a partire da sabato, e sicuramente si tratterà di quel famoso giorno in cui nascono le viole. A sigillare il tutto, la sera stessa, il crisma del cambiamento di orario; e direi che la metafora della pietra miliare sarà più che mai adatta.
Nell’attesa, propongo alcune immagini scattate domenica scorsa, durante una passeggiata (insieme a un’amica che mi è venuta a trovare), nelle zone dove si svolgono i miei consueti allenamenti podistici.
Il cielo grigio non è un buon alleato delle fotografie, ma verrà il tempo per immagini più splendenti. Come colonna sonora, immaginare il silenzio particolare della domenica mattina, interrotto solo da rari cinguettii e, qua e là, dal tipico rapido martellare del picchio sui tronchi.
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