Dal Savena all’Arno – Terzo capitolo

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Lungo il Sàvena (seconda tappa)
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Il fiume che dà il nome al mio Comune di residenza (San Lazzaro di Savena) scorre davvero vicino all’albergo; accanto alla sua riva destra scorre parimenti un lungo nastro d’asfalto, la Fondovalle, che, non attraversando centri abitati e avendo molte meno curve della statale della Futa, rappresenta una variante molto più veloce della stessa nel versante bolognese.
A differenza di ieri, questa volta non c’è l’effetto notte, a tenere sgombro e incantato l’ambiente dal passaggio sfrecciante di automobili, ma anche, in questo caso, di ciclisti e motociclisti in cerca di svago sportivo.
La frequenza dei passaggi comunque non è troppo fastidiosa: uno o due veicoli ogni mezzo minuto, per dare l’idea.
La salita, costante e quasi impercettibile, mi permette un’andatura decisa. La tappa sarà impegnativa: Google Maps ha sentenziato un totale di venticinque chilometri e ottocento metri, e un tempo di percorrenza di cinque ore e cinquantacinque minuti, ma non mi fido del tutto di tali valori.
Anche stamattina devo abituarmi al peso tagliente dello zaino sulle spalle, tuttavia l’esperienza positiva della prima tappa mi toglie la preoccupazione.

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Anche se qui non è piovuto, la rinfrescata prevista forse c’è stata, ma l’aria è umida e un po’ stagnante.
Dopo quel raggio di sole che mi ha dato la spinta a partire, il cielo si è di nuovo coperto di uno strato grigio piuttosto uniforme, che insisterà per quasi tutto il cammino.

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Procedere, decisi, scandendo il passo con l’effetto lievemente ipnotico di una musica in testa, macinare strada e prendere quota quasi gratis.
Come ieri dinanzi all’entrata delle grotte del Farneto, mi rendo conto che la visuale e i ritmi del camminare mi permetteranno un’inedita osservazione delle Gole di Scàscoli, un passaggio stretto del fiume e della strada fra le rocce, che franarono nel 2002, e di cui ho il vago ricordo di un servizio-denuncia di Milena Gabanelli in una puntata di Report.

Mi aspettavo francamente di più, tanto che rinuncio a estrarre la macchina fotografica.
Di lì a poco, una nuvola un po’ più densa e bassa comincia a scaricare dapprima qualche goccia, poi una pioggerella fine.
Mi fermo per avvolgere lo zaino nella copertura impermeabile, di un vistoso giallo canarino, inclusa nell’apposita tasca sul fondo; per quanto riguarda me, non avendo preso altra protezione, mi accontento del berretto, pure giallo, tanto per l’eleganza…

Non dura molto e non fa in tempo a bagnarmi i vestiti.
Per verificare l’andatura, ho predisposto una tabella di marcia con un paio di traguardi intermedi, e relativi tempi di percorrenza, determinati suddividendo un po’ arbitrariamente quello complessivo indicatomi da Google.
Il primo di questi è l’imbocco di Via dei Mulini, proseguendo dritto a un bivio, segnalato dopo circa dodici chilometri, quasi a metà percorso.
Il passo veloce che ho tenuto mi fa pensare di essere in anticipo, ma i minuti passano e l’indicazione non si vede.
Immagino di non averla adocchiata, che non fosse evidente; comunque non posso aver sbagliato strada: il Savena è sempre alla mia destra, un po’ più smilzo ma sempre vivo.
Quando la biforcazione, e l’indicazione di Via dei Mulini, mi appare in tutta la sua evidenza, sono passati più di venti minuti oltre il previsto tempo intermedio.
L’effetto è piuttosto deprimente e preoccupante, in considerazione del tempo complessivo che a questo punto mi tocca rivedere, anche per i tratti di salita meno clementi che mi aspettano.

E ora la mia andatura è calata vistosamente, un po’ per la delusione un po’ per amministrare prudentemente le forze.
Mi fermo per estrarre, da una tasca dello zaino, uno dei tre pacchetti di cibo portati da casa: lascio da parte i due con i fichi secchi, e apro quello dei lupini.
Una razione abbondante, comodi da masticare uno dopo l’altro, dopo averne buttato la buccia in mezzo al verde accanto alla strada, come Pollicino con le molliche di pane.
Non ne sono cosciente, ma, come sentenzierà il mio futuro compagno di cammino Massimo, sto firmando una mia piccola condanna, perché quei lupini non sono conservati come si deve.
Erano in frigo, sotto acqua e sale, prima della settimana di Senigallia; e durante tale assenza avevo pensato bene, a fini ecologici ben più che economici, di spegnerlo, il frigo, e i legumi gialli hanno evidentemente cominciato il processo di fermentazione, continuandolo allegramente nella giornata di ieri. Fino a costituire una bomba chimica che sto immettendo nella pancia, che per diversi giorni successivi mi farà pagare il conto dell’intossicazione con frequenti improvvise fitte dolorose.
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Anche con il nuovo nome, la via continua a costeggiare il Savena, ma ora è più stretta, mentre il paesaggio si fa più tipicamente montano.

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Una deviazione a destra per Via Mulino della Valle porta per la prima volta ad attraversare il fiume; ormai è solo un piccolo torrente, che lascerò definitivamente alle mie spalle, mentre un po’ di chiarore comincia finalmente a manifestarsi nel cielo.

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All’ultimo bivio, a tre chilometri e mezzo dall’arrivo, grande conforto e gioia autentica: sto rispettando esattamente i tempi della tabella di marcia, forse addirittura con un lieve anticipo, prima dell’ultimo strappo. Evidentemente quelli intermedi non erano stati calibrati in modo corretto.

Il sole faticosamente cerca di imporsi sulla coltre grigia, mentre supero il piccolo borgo di Zaccanesca e, dopo alcune curve, giungo finalmente in vista di Madonna dei Fornelli.
Lungo la pianeggiante strada principale c’è l’atmosfera pomeridiana, un po’ spensierata, di un piccolo paese di villeggiatura, con il gradevole clima dei suoi ottocento metri di altitudine; la fornace di Pianoro Vecchio è del tutto archiviata!

Nella piazzetta ci sono, quasi uno attaccato all’altro, diversi hotel; il mio fa da controfigura a quello di maggiori pretese, ma è più che decoroso.
E una dinamica signora, evidentemente abituata a una clientela di escursionisti, mi accoglie con grande affabilità.
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Note di percorso:

Da Pianoro a Madonna dei Fornelli non ci sono vie alternative, salvo anticipare l’incontro con il tracciato standard della Via degli Dei a Bàdolo (cioè praticamente all’inizio dello stesso), passando per Pian di Macina e una decina di chilometri di strada collinare.
Questa scelta comporta un giorno in più di percorrenza totale.
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Attenzione: per accedere al secondo ‘album fotografico’ di Facebook (che comprende anche immagini scattate dopo l’arrivo), clicca qui.

Informazioni su Franz

Per una mia presentazione, clicca sul secondo riquadro ("website") qui sotto la mia immagine...
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