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Chiacchiere e lamponi (prima parte della quarta tappa)
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Intorno alle diciotto sento bussare alla porta.
“Un attimo!”
Quando apro vedo l’albergatore che sta indicando a Massimo la stanza accanto alla mia.
“Ehilà!” Un abbraccio al nuovo compagno di viaggio: il rendez-vous fra le due navicelle spaziali è avvenuto. “Come andiamo?”
“Ho lo stomaco sottosopra, l’autista del secondo pullman guidava come un pazzo scatenato.”
Do un’occhiata alla sua camera, non molto differente dalla mia, mentre il padrone di casa, sempre piuttosto premuroso nei modi, dall’accento già quasi fiorentino, si congeda: “Per qhualsiasi hosa chiamatemi.”
“Ti lascio in pace, Max, ti sistemi e ti rilassi poi ci vediamo per la cena.”
Nonostante il suo scombussolamento di stomaco e i miei ricorrenti dolori di pancia, ci arrischiamo a ordinare mezzo litro di rosso della casa, oltre a una caraffa d’acqua a chilometro zero. Il vino è appena bevibile, mentre le pastasciutte, che arrivano di lì a poco, sono buone.
Formaggi misti per evitare la carne, e un po’ di verdura; infine una crostata di frutta casalinga.
Massimo mi racconta degli ultimi suoi concitati giorni della settimana che sta volgendo al termine.
Fin troppo scrupoloso sul lavoro (l’indomani darà ascolto pazientemente anche a un’invadente telefonata di sabato pomeriggio) e sempre portato a molteplici impegni extra-lavorativi, finisce per sacrificare i suoi essenziali ritmi di vita.
Dopo cena proviamo a fare due passi, ma la temperatura si rivela troppo fredda per il nostro abbigliamento da sera (maglietta e bermuda) e rientriamo presto, all’imbrunire, sorpresi entrambi dallo sbalzo termico rispetto alle nostre rispettive giornate precedenti.
Non fissiamo un’orario per la sveglia: “Quando sei pronto vieni a bussare” mi fa, “tanto lo sai che io mi sveglio sempre presto.”
L’indomani, verso le otto, provo a chiamarlo attraverso la parete del bagno, con esiti nulli; di lì a poco vado a bussare, ma devo ripetere l’operazione prima di ottenere risposta. Poi mi apre con un’espressione assonnata e assente, ma è già quasi pronto.
Ed eccoci finalmente in cammino.
Abbandonata la statale per una mulattiera che ne taglia un lungo tratto, quando la ritroviamo c’è il dubbio sulla direzione da prendere. E prendiamo quella sbagliata; sono stranamente io a insistere per tornare sui nostri passi, finché, poco oltre la confluenza iniziale, vediamo sulla sinistra una deviazione ben segnalata.
Bisognerà salire fino ai millecentoventicinque del monte Gazzaro, poco più di trecento metri di dislivello, poi la tappa prevede una discesa continua fin quasi in pianura, perdendo oltre novecento metri di quota.
“Qui dice sette ore e quarantacinque, ma è esagerato, anche ieri ci ho messo molto meno.”
“Nessuno ci corre dietro, la giornata è lunga.”
La bella carrareccia in salita nel bosco ci accoglie viandanti, con ritmo di cammino uniforme e un colloquio quasi ininterrotto, che spazia sui temi più vari, buone pratiche ecologiche, osservazioni agricole (il suo cavallo di battaglia), trasmissioni della radio, nostalgia per i vecchi ormai mitici ‘Caterraduni’, ma anche vicende personali passate e presenti, esposte l’uno all’altro con grande sincerità, confidenza e intesa.
A dir la verità sono un po’ stordito, dopo tre giorni di grande solitudine, da questa dimensione così totale e continua di colloquio, che certo non mi fa male; mi soprende la spontaneità con cui il mio compagno di cammino riprende così frequentemente la parola, a volte con un tono di voce appena un po’ più forte del necessario, in un ambiente naturale e silenzioso come questo. Una propensione al dialogo così spiccata, nei miei confronti, mi sembra l’ennesima dimostrazione della sua grande stima e amicizia, un bene prezioso.
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Dopo un crocevia abbastanza segnalato, la strada diventa un sentiero, mentre la vegetazione concede ogni tanto scorci panoramici sempre più spettacolari sul Mugello.
Qualcuno ci precede; col nostro passo piano piano le raggiungiamo: sono le due signore di ieri, quelle che parlavano in tedesco, e che battezzeremo le Austriache.
Quando le superiamo, ricambiano il nostro saluto in italiano, con un sorriso.
Una delle due è abbastanza attraente, colpisce il suo seno grosso (non certo il mio genere preferito…) e un viso armonioso (questo sì!); l’altra, benché ugualmente cordiale, è un po’ troppo anziana per suscitare qualsiasi tipo di fantasie.
Successivamente, fino alla cima e nel primo tratto di discesa, senza farlo apposta capiterà di superarci a vicenda diverse volte.
Succede anche quando un’improvvisa e ricca apparizione di lamponi belli maturi, sugli arbusti alla nostra sinistra (la prima di numerose altre), ci costringe ‘moralmente’ ad una graditissima sosta.
In uno dei successivi sorpassi vicendevoli, le Austriache ci chiedono il favore di fotografarle con la loro macchinetta.
“Fin dove arrivate?” domando.
“Ci fermiamo a San Piero a Sieve.”
“Anche noi. Non è stato facile prenotare, di sabato sera. Abbiamo trovato posto nel camping.”
“Eh sì, anche perché stasera c’è la festa, in paese!” ribatte la più giovane con tono molto positivo e forse invitante.
Non so come e perché, ma finisco per dire che il nostro campeggio è un po’ lontano dal paese.
E dopo, riprendendo il discorso con Massimo, con spietata autoanalisi, gli dico:
“Vedi, alla mia veneranda età non ho ancora imparato a stare al mondo e approfittare delle occasioni femminili; chiunque ci sappia fare un po’ avrebbe mostrato interesse per la festa in paese; io invece, coi miei maledetti scrupoli, a manifestare subito le difficoltà…”
Lui, che un po’ mi assomiglia, ci ridacchia sopra.
Ancora vaste aperture panoramiche, in questa prima parte della discesa.
Lo stato d’animo e le energie sono a ottimi livelli: non sappiamo ancora che la lunghezza della strada trasformerà gradualmente il cammino, col passare di molte ore, in una specie di calvario, se così si può definire un percorso dapprima in discesa e poi in piano.
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Note di percorso:
Anche in questo caso una sola criticità nella segnaletica: quando si raggiunge la statale 65 nei pressi dell’antica trattoria abbandonata detta l”Apparita’, bisogna percorrere la strada sulla destra per brevissimo tratto, prima della deviazione ben segnalata sulla sinistra.
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