L’irresistibile corsa al conformismo del lutto

g50.
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A rianimare nuovamente questo mio blog, dopo la più lunga pausa di silenzio dei suoi nove anni e mezzo di vita, sono le mie considerazioni sugli attentati di Parigi di venerdì scorso.
Non saranno, le mie, parole di cordoglio per le vittime e per i loro cari, né di esecrazione (o, al limite, della stessa umana pietà) per gli attentatori.
Non ho nemmeno intenzione di cercare di ipotizzare qui le vere strategie, sicuramente nascoste dietro l’accaduto.
Ritengo invece utile portare la riflessione sulle reazioni al tragico evento, soprattutto nell’ambito che ormai fa da tema conduttore alla nostra vita quotidiana: il mondo dei media, e in particolare dei social media.
Mi sembra evidente che il terrorismo esista proprio in funzione delle reazioni al clamore dei propri eventi, e alla relativa strumentalizzazione; non certo per quella rivendicazione religiosa, o di situazioni di ingiustizia geo-politica e sociale, di cui si ammanta.
E’ per questo che la mia risposta, quasi immediata in questi casi, è di conservare un punto di vista lontano da quelle ondate emotive, ormai ben note; se da una parte è diventato un mio atteggiamento spontaneo, penso che costituisca anche un buon antidoto proprio contro le stesse intenzioni dei seminatori di sdegno e orrore.

Poche parole spenderò (non è questo l’argomento che mi sta a cuore) su chi soffia sul fuoco dell’intolleranza xenofoba, a partire dal disgustoso titolo su ‘Libero’, che non mi va neanche di citare, e che è stato diffuso da chi è imbevuto di quella stessa cultura, se così la vogliamo chiamare.
Ciò su cui mi preme soffermarmi è invece un altro messaggio, che sta implicitamente viaggiando in questi giorni, e che potrei sintetizzare nei seguenti tre postulati:

E’ successo un evento tanto grave da richiedere e monopolizzare l’attenzione e la partecipazione di tutti.
E’ meritorio dedicare segni di adesione al cordoglio collettivo, tramite diffusione di immagini e frasi dal forte valore simbolico, prima ancora (e molto più) che articoli di riflessione critica sull’accaduto.
E’ aumentato il senso di insicurezza e di diffidenza, mitigato solo dalla possibilità di ribadire, tramite quella stessa diffusione corale di simboli, quasi compulsiva, di stare dalla parte dei buoni.

Fiumi in piena di immagini e immaginette, frasi toccanti, tricolori francesi in primo piano o in trasparenza, stanno inondando la rete.
Alcuni dei miei amici su Facebook, per fortuna, si sono parzialmente affrancati da questa logica fortemente convenzionale: c’è chi ha voluto ribadire la differenza fra religione islamica e  propensione al terrorismo, e c’è qualcuno, poi, che ha giustamente sottolineato l’enorme differenza di interesse suscitata da altre stragi terroristiche recentissime, come quella nel mercato di Beirut (12 novembre, almeno quarantatré morti) o quella dell’aereo russo (31 ottobre, duecentoventiquattro vittime).

Da parte mia, il pensiero si è rivolto quasi subito a un dato, ribadito sempre come un mantra all’inizio delle sue trasmissioni via internet, dal reporter Salvo Mandarà: “Anche oggi trentacinquemila persone sono morte nel mondo per fame”.
La portata di un tale argomento, nello spiazzare e smontare le logiche di emozione collettiva indotta, mi ha portato a fare qualche verifica su quello stesso dato.
Ho trovato una sola pagina (vedi qui) che, purtroppo senza citarne le fonti, riferisce:
‘Circa 24.000 persone muoiono ogni giorno per fame o cause ad essa correlate. I dati sono migliorati rispetto alle 35.000 persone di dieci anni fa o le 41.000 di venti anni fa. Tre quarti dei decessi interessano bambini al di sotto dei cinque anni d’età.’

Alcune altre pagine (come questa e questa) denunciano un numero un po’ inferiore: tre milioni e centomila bambini sotto i cinque anni morti annualmente (a una media di quasi ottomilacinquecento al giorno).

Assumendo per vera anche solo la metà di quest’ultima cifra, scopriamo che ogni santo giorno avviene una strage di dimensioni numeriche oltre trenta volte superiori a quella di Parigi, con l’ulteriore aggravante di riguardare bambini che hanno vissuto una breve vita di stenti, anziché giovani e adulti che conducevano esistenze simili alle nostre, prima di finire barbaramente uccisi.

Nei giorni scorsi, il consiglio direttivo della Co.Ta.Bo. (la principale cooperativa di tassisti), ha ripetutamente diffuso l’invito ad apporre all’esterno della vettura un nastro nero in segno di lutto.
Non l’ho fatto.
Non l’ho fatto per rispetto di quelle migliaia di bambini invisibili, morti di stenti, nell’indifferenza colpevole del mondo, lo stesso giorno dell’attentato; delle migliaia di bambini morti di stenti l’indomani; di tutti quelli morti oggi e ahimé che moriranno nei giorni prossimi: le dimensioni di questa strage quotidiana richiederebbero, al confronto, di tingere di nero l’intera carrozzeria dei nostri taxi (com’era una volta…).

E anzi, controbatto con un diverso invito: quello di cercare attivamente la propria verità sul mondo in cui viviamo, staccando la spina dalle fonti inquinate e massificanti, dai salotti di Bruno Vespa fino ai giornali, giornali radio e telegiornali di regime, così come dalle trasmissioni degradanti di intrattenimento.
Scrittori e giornalisti davvero indipendenti si possono trovare in libreria, ma ancora di più a portata di click sono le voci libere (come ad esempio quella dello stesso Salvo Mandarà), che ci aprono gli occhi sulle menzogne o le parziali verità che ci vengono raccontate quotidianamente, a salvaguardia di un sistema mondiale corrotto e distruttivo.

Così facendo potremmo, per esempio, scoprirci colpevoli anche noi di quella continua e silenziosa strage degli innocenti, cuccioli di uomo, quando la nostra alimentazione prevede di consumare, magari quotidianamente, dei cadaveri di animali altrettanto innocenti (o anche solo prodotti di derivazione animale) i cui allevamenti sono insostenibili, cioè sottraggono acqua e risorse alimentari che potrebbero sfamare l’intera popolazione mondiale, e rendono così inevitabile il problema della fame.
Potremmo scoprire che gli stessi allevamenti costituiscono la principale causa degli squilibri climatici, che renderanno critica nei prossimi decenni la sopravvivenza stessa della specie umana, come dimostra questo recente film di denuncia.
(n.b.: in data 2 dicembre 2015 modifico il link: la precedente versione sottotitolata in italiano era stata rimossa da youtube per ragioni di copyright, ma è ricomparsa, e visionabile al link che ho modificato; Segnalo comunque che si può scaricare o richiedere il dvd sottotitolato in italiano dal sito ufficiale: clicca qui)

Ma potremmo anche scoprire realtà positive, come il movimento della Transizione (vedi qui), che in tutto il mondo sono sorte vivacemente per reagire, con nuovi modelli di attività e di vita condivisa e solidale, alla crisi che sembra volere divorarci, e di cui guerre e atti terroristici non sono che l’aspetto più clamoroso.
Ma solo quando ci toccano da vicino.
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Informazioni su Franz

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