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“Apperò!”
Il giudizio e l’espressione del mio medico son poco rassicuranti, quando gli mostro l’ernia che da qualche giorno è comparsa appena sopra il mio inguine, sulla sinistra: un piccolo rigonfiamento lungo circa cinque centimetri, che non mi dà nessun fastidio.
Il proprio medico è giusto che abbia un atteggiamento autorevole, e al mio non è mai mancato, ma questa volta mi sembra proprio comunicare sue personali sensazioni negative: stanchezza, caldo, dispiaceri, chissà che.
Cerca di manipolare la zona, in modo rude e a tratti doloroso.
Dice che senz’altro andrà operata e mi fa la richiesta per una visita chirurgica. Quando gli domando se posso affrontare un trekking impegnativo, mi sconsiglia nettamente, profilandomi le possibili atroci complicazioni a cui andrei incontro.
Cado in preda a un doppio, profondo avvilimento.
Mi domando perché il mio fisico, costantemente in buona salute, abbia avuto questo cedimento. Individuo la causa, non senza il beneficio del dubbio, nella mia più recente corsa podistica, con tanta massacrante salita e altrettanta ripida discesa, affrontata violentemente (ma in seguito mi convincerò che si sia trattato di esercizi di allungamento troppo bruschi).
Il fastidioso senso di dover rivedere le abitudini della mia vita, a cominciare proprio dalla corsa. E di dover rimandare il progetto che coltivavo con passione da molti mesi.
Avverto subito Massimo, Claudio e Giovanni, gli amici in vario modo coinvolti.
Spero di potermi operare presto, in tempo per rimettermi in forma per il mio viaggio prima che finisca l’estate.
Pochi giorni dopo, il chirurgo conferma la necessità dell’operazione, da affrontare senza bisogno di alcuna notte di ricovero ospedaliero, e con anestesia locale.
“L’epoca migliore” mi indica, “è all’inizio di settembre” per diversi motivi (ma forse anche perché prima c’è già una lista d’attesa).
Quando gli accenno al mio progetto di camminata di alcuni giorni, tuttavia, a sorpresa non si mostra affatto contrariato, ma mi consiglia solo di affrontarla con la protezione di mutande elastiche ortopediche, su cui mi dà alcune spiegazioni.
Non mi pongo nemmeno per un minuto l’obiezione che il parere del medico debba essere più vincolante: il progetto riparte, sebbene facendo i conti con un entusiasmo piuttosto turbato da quanto successo e dalla preoccupazione che inevitabilmente mi accompagnerà, anche se in maniera che prefiguro rapidamente decrescente con l’andare dei giorni e della strada.
Decido la data della partenza (giovedì 21 luglio) e comunico il contrordine agli amici.
Poi telefono alla “Locanda Tre Virtù”, nei pressi di Sasso Marconi, per prenotare la prima notte.
Non ci sono problemi, e potrò scegliere in loco la formula di mezza pensione; il tono di voce dell’interlocutore è così vivace e positivo che, chissà come, scaccia via in me molti fantasmi.
Riprendo con impegno gli allenamenti: niente corsa, ma tanto camminare, ogni volta che si può. Dopo il disorientamento, ricompare progressivamente la voglia di affrontare la grande sfida, a cominciare da una prima tappa che ripercorrerà quella dell’anno scorso, ma sarà molto più lunga: ventisette chilometri e novecento metri (con due diversi saliscendi), da affrontare possibilmente all’alba, o prima dell’alba, come l’altra volta, per evitare le vampe dell’anticiclone africano.
Ho deciso, su consiglio di Massimo, di acquistare un paio di scarpe da trekking basse: a differenza dell’anno scorso, potrò così evitare di portare gli scarponi nello zaino (quello da soli trentasei litri, con l’intercapedine per non sudare nella schiena, che ho intenzione come l’altra volta di farmi bastare) e lo spazio guadagnato mi servirà per farci stare, a differenza dell’anno scorso, blusa e copripantaloni per il caso di pioggia: questa volta le tappe sono molte e non si può evitarne il rischio.
Metto alla prova la pazienza della commessa del negozio di Piazza VIII agosto, e, dopo moltissime prove, scelgo un paio di marca ‘La Sportiva’ fabbricato in Val di Fiemme, nelle Dolomiti trentine, quello immortalato ai miei piedi qui su nell’immagine iniziale.
La diffidenza nei confronti di quello che dovrà rivelarsi lo strumento principale del mio cammino è d’obbligo.
Intorno a mezzogiorno di ieri, una domenica spettacolarmente luminosa, limpida e ventilata, zaino in spalle e nuovo acquisto ai piedi, mi incammino ancora una volta su per la via di Casaglia verso San Luca per un allenamento mirato.
Le sensazioni sono estremamente positive: il mio passo in salita è molto spedito e le scarpe calzano alla perfezione. Incrocio molte persone intente a camminare, correre, pedalare, e dopo un’ora e venti, nei pressi della basilica, entro da ‘Vito’ (che sembra proprio un rifugio alpino) e mi concedo un buon piatto vegano, un dolce e un’ottima birra. Penso che ricorderò a lungo l’armonia luminosa e il senso di benessere di questa giornata.
Nel pomeriggio, una mail di Massimo mi chiede dettagli sulle tre tappe finali da affrontare insieme, costringendomi a rimettere (utilmente) il naso sul materiale che ho pian piano preparato nei mesi scorsi.
Nell’articolo precedente avevo descritto sinteticamente le prime quattro tappe, utili a raggiungere il percorso dell’antica Via Vandelli.
Ecco qui il seguito:
Quinta tappa: Pavullo – Lama Mocogno – La Santona – Barigazzo: Km 26,7 – h.6.22′
Sesta tappa: Barigazzo – Passo Cento Croci – Pendici Sasso Tignoso – Sant’Anna Pelago: Km 21,5 – h.5
Settima tappa: Sant’Anna Pelago – San Pellegrino in Alpe – Castiglione Garfagnana – Castelnuovo Garfagnana: Km. 25 circa – h. 6.30
Una scorciatoia, troppo vantaggiosa per non essere percorsa, evita il Passo delle Radici, previsto dall’antico tracciato.
Ottava tappa: Castelnuovo Garfagnana – Vagli di Sopra: Km 18,4 – h.4.45′
Nona tappa: Vagli di sopra – Passo Tambura – Rifugio Conti: dislivello in salita m.1000 – h. 5
Decima tappa: Rifugio Conti – Resceto – Massa (Hotel San Carlo): Km 24 circa – h.5.30′
Undicesima tappa: Massa – Forte dei Marmi: Km 14,4 – h 3
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All’impegno fisico degli oltre duecento chilometri da percorrere si sommerà la difficoltà di individuare, sul territorio, il percorso che ho tracciato sulle cartine e in base a un paio di testimonianze trovate in rete. Ogni sera mi concentrerò sulla tappa successiva, studiandone l’itinerario, e prenoterò l’alloggio.
Ma soprattutto, come l’anno scorso, pubblicherò sulla mia pagina Facebook un breve aggiornamento corredato da un paio di fotografie.
Spero che, proprio come l’anno scorso, tante amiche e amici seguano con interesse e partecipazione il mio lungo viaggio.
Intanto l’ora magica in cui varcherò il portone di casa con lo zaino in spalla è ormai incredibilmente vicina.
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