Itinerario: Borgatella, San Lazzaro, Rastignano, Pieve del Pino, Prati di Mugnano
Ieri sera alle undici e mezza, con tutta la roba già pronta sul tavolo, coricato sotto due coperte di lana e terminata la piacevolissima rilettura del “Giovane Holden”, son stato preso da un doppio sconforto.
Innanzi tutto quei piedi freddi che non volevano riscaldarsi (ma come mi ha conciato questo lungo inverno?), poi il feroce sospetto di non riuscire a fare entrare tutto nello zaino.
A seguire, i piedi mi si son scaldati, ho dormito bene, mi sono alzato presto e son riuscito a riempire lo zaino senza problemi, col solo aiuto di un marsupio in aggiunta, che sarà fuori moda ma si è poi rivelato molto comodo.
E alle otto e mezza è venuto ancora una volta il sacro momento di varcare il portone di casa e di andare.
Mi aspettavo, cone in effetti sarà, una giornata con forte escursione termica: sono uscito con addosso una casacca di ‘pile’ sopra una maglietta di cotone a mezze maniche, berretto di lana e guanti.
E sentivo le folate di vento freddo di una giornata limpidissima, inizialmente, raffreddarmi le braccia.
Ma prima ancora è stata una sensazione di meraviglia a imporsi, per quello spettacolo di luci, colori e forme stagliate nettamente all’orizzonte. Tanto da arrestare subito il mio passo baldanzoso, per qualche scatto fotografico.
In breve ho raggiunto la ferrovia, e il relativo attraversamento clandestino che mi evita di passare dalla stazione di San Lazzaro.
Sullo stretto passaggio che scende fino all’altezza dei binari mi soffermo ancora per un’altra fotografia.
Una saetta.
È sfrecciata alle mie spalle, assolutamente inattesa, e senza nessun allarme sonoro.
Vedere, anzi sentire, passare un treno lanciato a centocinquanta all’ora, a dieci centimetri di distanza dal proprio corpo, è un’esperienza di cui avrei fatto anche a meno.
L’importante, comunque, è essere qui a raccontarla…
E si procede, sempre di passo deciso e col morale ben presto recuperato, verso la via Emilia e il centro di San Lazzaro, da percorrere tutto per poi proseguire fino a valicare il confine col comune di Bologna, cioè il ponte sul Savena (con l’accento sulla a!).
Strano itinerario, oggi, che prevede tratti su strade molto trafficate (la via Emilia poi la via Toscana) e molti altri in mezzo alla natura, già nella prima parte, che fiancheggia il fiume all’interno di parchi naturali, dove è piacevole incrociare qualcuno che passeggia o che corre di mercoledì mattina.
Ritrovo l’asfalto e in breve raggiungo il quartiere San Ruffillo. Mentre risalgo sulla via Toscana mi viene un’idea, e come non averci pensato prima? Farò un salto all’edicola, dove a giorni alterni lavora la mia amica Licia.
“Buongiorno sono un amico di Licia e Roberto…”
“È di turno domani…”
Esco con la coda tra le gambe, ma poi le mando un messaggino di saluti e auguri per l’8 marzo.
All’altezza del ponte sul Savena (indiscusso protagonista della prima metà di questa tappa),
manco di poco lo scatto al più classico degli ‘Umarel’, in posa di osservazione ai margini di un cantiere, ma ahimè lesto poi nell’abbandonare il posto di vedetta.
Ne approfitto per estrarre dallo zaino il pacchetto con i fichi secchi e i datteri, con cui mi concedo una merenda ambulante…
La pausa vera, con la scusa che non ho riempito la borraccia e potrebbe venirmi sete, la faccio in un bar di Rastignano, dove c’è solo una giovane intenta a pulire e risistemare i tavolini.
Dimostra di gradire la mia presenza, ha un’espressione dolce e quieta; le chiedo un tè al limone, poi mi sistemo a sedere.
Non posso fare a meno di osservare il suo bel fisico, appena un tantino morbido nelle curve, messe in risalto da vestiti aderenti.
Non attacco discorso, il salto generazionale è vistoso, ma poi nell’andar via le faccio gli auguri per l’8 marzo, che mostra di gradire molto.
Nuovo ponte sul Savena: abbandonata la via Toscana, imbocco la Fondovalle.
Il sole è già più alto, ora scalda sensibilmente e illumina d’immenso questa vasta strada rettilinea in leggera salita.
Fino al bivio che segna l’inizio del secondo tempo, lasciando alle spalle il fiume e inerpicandosi verso la valle del Reno.
Sono le undici e mezza e urge una scelta: cercare di affrettare il passo per giungere in tempo al ristorante ‘Le Ganzole’ o proseguire per un quarto d’ora lungo la Fondovalle fino “Al Cuntadein”, per poi tornare qui belli mangiati.
Opto per la seconda, ed è una scelta che poi forse m’impedira’ di cadere, per la fretta, nell’unica insidia di percorso di tutta la tappa.
Mi ritrovo al bivio dopo un’ora abbondante, e finalmente, imboccandolo (in maglietta estiva) ho la gioia di inoltrarmi in una strada secondaria (via Sant’Andrea di Sesto) e deserta, sicuramente mai percorsa prima, e di mettere alla prova le gambe con una bella salita.
Ritrovo, inalterate, le sensazioni di meraviglia, nello scoprire progressivamente, al ritmo un po’ ipnotico del proprio passo cadenzato, un susseguirsi di scenari sconosciuti e lontanissimi dalla quotidianità.
Il panorama si amplia.
Le ore di cammino cominciano a farsi sentire, ma i ritmi non eccessivi e le pause che mi sono preso mi danno ancora una buona autonomia.
È a Pieve del Pino l’insidia di percorso a cui accennavo.
Perché, proprio di fronte alla grande chiesa, bisogna prendere la più improbabile delle deviazioni: una specie di tratturo sbarrato, che Google Maps indica come Via Fornace.
Ed è un percorso estremamente suggestivo, che scende gradualmente verso le Ganzole.
Dalle Ganzole al bivio per i Prati di Mugnano il tragitto è breve.
Non manca che l’ultimo strappo, che affronto con passo cadenzato e la curiosità di rivedere luoghi incantati, frequentati in anni ormai lontani.
Allora non c’era il Bed and Breakfast…, che alla fine raggiungo in discesa, dopo aver suonato a un cancello.
Il proprietario, facendosi strada fra placidi gatti sonnacchiosi, mi accoglie affabilmente.
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stramiticooooo…sei l’invidia di tutti noi
E tu l’amico con la A maiuscola. Anche se domani dovrai cedere il tuo ruolo di accompagnatore ufficiale a un altro mio caro amico.
Ciao, a presto!
Baciata dal sole questa partenza, liscia liscia e senza smarrimenti della retta via
Già, carissima, meno male che quel treno ha ravvivato l’ambiente, se no mi toccava smarrirmi volontariamente…….
Che affascinante resoconto!
Grazie, cara amica!!