Dal Savena all’Alto Reno: seconda tappa 

Itinerario: Prati di Mugnano, Riserva naturale Contrafforte Pliocenico, Monzuno

“Sta facendo la Via degli Dei?”
“No, vado da San Lazzaro a Porretta.”
È stato un po’ il tormentone della giornata.
Dovevo aspettarmelo: l’intero percorso odierno si è svolto lungo l’itinerario dell’ormai famoso tracciato che da Bologna porta a Firenze, quello che solcai anch’io due estati fa, andandolo a incontrare (in due tappe da casa mia) poco oltre la località dove mi trovo ora, Monzuno.
Confesso che non ci avevo pensato, ma a posteriori la cosa si è rivelata molto positiva.

Intanto il piacere di poter colmare ora, in parte, l’itinerario canonico.
Ma poi anche per le agevolazioni nell’identificazione del percorso, sempre molto segnalato. Anzi, neanche a questo avevo pensato, ma credo che l’insolita capacità di Google Maps di avermi indicato in questa occasione delle  carrarecce e dei veri e propri sentieri dipenda proprio da questo, voglio dire dalla rilevanza escursionistica del percorso.

Che, proprio come ieri, ha conosciuto due metà molto diversamente connotate, ciascuna di due ore e mezza abbondanti di cammino.
(A proposito, mi tocca constatare ancora come i tempi di Google in ‘modalità pedone’, ricavati con chissà quale algoritmo, siano esageratamente stretti, e la cosa mi fa preparare, domani, a un tour-de-force, visto che prevede più di cinque ore e mezza, che rischiano di diventare quasi sette).
Due metà, dicevo. La prima, autentico godimento escursionistico, tutta in mezzo al verde, su viottoli e sentieri.
La seconda, invece, sull’asfalto e i lunghi saliscendi di una strada provinciale, fortunatamente quasi del tutto priva di traffico.

Dopo una colazione non all’altezza del livello di comodità della stanza, anzi del miniappartamento a mia disposizione, mi congedo dal socievolissimo affittacamere e mi incammino nel verde, salutando questo angolo di tranquillità.

Sono quasi le nove e mezza e la giornata è luminosa e limpida quasi come ieri.
Mi aspetta una variazione continua sul tema percorso naturalistico: boscaglia, radure, prati, declivii, qualche rara costruzione; il tutto con la continua colonna sonora del cinguettio degli uccelli.
Ci sarebbe da essere euforici. Ma mi accorgo di non sentirmi al massimo della forma: la pastasciutta mangiata a pranzo dal Cuntadein non era sana, e mi ha causato acidità allo stomaco, trambusto alla pancia e sonni inquieti.

Nondimeno cerco di catturare le immagini più significative di tanta varietà paesaggistica

In un momento di pausa estraggo il tablet e consulto le previsioni del tempo. Splendide notizie: anche il rischio di piogge fra sabato e domenica sembra del tutto scongiurato.
Mando un sms a Giovanni commentando la bella novità.
Domani lui andrà in treno da Porretta alla Carbona, e poi a piedi fino all’ormai famoso agriturismo ‘I Fondacci’ dove lo raggiungerò, in vista della parte finale della traversata, che condivideremo. Spero di non giungere troppo tardi o troppo stravolto…

Più avanti, a un bivio, incontro e do il buongiorno a un ciclista, fermo a cavalcioni del suo mezzo.
Di età abbastanza matura, mi rivolge la parola: “Sta facendo la Via degli Dei?”
Dopo la mia risposta canonica, dialoghiamo qualche minuto.
Lui l’ha percorsa in bici l’anno scorso, ma ora si lamenta di essere fuori allenamento.
“Perché bene o male camminare si cammina sempre, invece in bicicletta se si sta fermi riprendere è dura.”
Poi ci salutiamo: “L’importante è mantenersi in forma” mi fa sorridendo.
“Certo, e godere un po’ della natura” replico, e aggiungo: “finché ce n’è…” ricambiando il sorriso.

A dimostrazione del possibile indotto economico di un turismo ecologicamente sostenibile, supero, lungo l’ultima parte di strada sterrata, due diverse strutture (la prima intitolata proprio “Alla Via degli Dei”). Hanno anche un’altra particolarità in comune: dei cani, che appena mi scorgono cominciano ad abbaiare furiosamente.
Fotografo entrambi gli edifici. Nel primo il cane ululante è abbastanza evidente; nel secondo, invece, si mimetizza (benché acusticamente, vi assicuro, proprio no!); chi vuole può divertirsi a cercarlo come nel classico gioco enigmistico. 🙂

Una dolce e corroborante banana tigrata, unica eredità positiva di quella smilza prima colazione, segna l’intervallo fra il primo e il secondo tempo, vale a dire l’inizio del tratto asfaltato, che mi condurrà fino qui a Monzuno.

Due spettacoli di diversa natura si impongono presto alla mia attenzione, e di conseguenza all’obiettivo fotografico del tablet.
Il nastro dell’autostrada, laggiù, sulla destra, con il potere rombante degli autoveicoli ridicolizzato: da quassù sembrano modellini lenti e capaci solo di unirsi in un cupo coro ronzante.

Lassù, sulla sinistra, invece, le antiche pareti strapiombanti del Contrafforte Pliocenico.

Mi aspetta tanta strada. Tanto sole, calore, fatica, nelle lunghe salite, che affronto in maglietta e a capo scoperto, per fare il pieno di luce e calore, ma anche di sana fatica, in questo impressionante anticipo d’estate, mentre astronomicamente siamo ancora in inverno.
La parte escursionisticamente meno interessante della giornata è paradossalmente quella che mi dà le emozioni da ricordare.

Comincio ad avere sete, sogno una bella birra, e anche fame. Dalle mie mappe dovremmo essere vicini al ristorante ‘Passalacqua e Gustavino’, ma i chilometri si susseguono, la destinazione si avvicina gradualmente e del ristorante nessuna traccia. Pazienza, resistero’ fino al primo bar di Monzuno.
Poi, improvvisamente, una piccola insegna.
È proprio lui, ma sono gia quasi le due e mezza.

“Buongiorno, non è mica ancora aperta la cucina?”
“È chiusa, e da quel po’.”
“Me lo fa un panino?”
“Come lo vuole?”
“Al formaggio.”
“E basta?”
“Beh, se ha anche due carciofini…”
“Vediamo quello che si può fare” risponde sornione: “Da bere cosa vuole?”
“Una birra media.”
“Scelga pure, lì nel frigo.”
Mi ispira una artigianale scura dal nome esotico.
L’oste sbircia e si complimenta, sempre con un tono ironico e intelligente che mi sta conquistando.
“Si vive una volta sola, no?” ribatto.
“Eh sì, e poi un giorno non ci toccherà dire se l’avessi presa, quella birra.”
Quasi surreale, da applauso.
Ma è da applauso anche il panino che mi confeziona e mi porta al tavolino, con fontina di buona qualità e degli stupendi carciofoni trattati e conservati, anch’essi artigianalmente, non ricordo più in che maniera.
Mentre mi godo il panino e l’eccellente birra fresca (e anche dei bellissimi messaggi che mi sono arrivati in WhatsApp), un altro tipo è entrato, e si è messo a pontificare in tema di aperitivi e di vini. L’oste lo asseconda il meno possibile, poi, quando improvvisamente il tizio torna nel nulla da cui era arrivato, lo sento sbuffare piano: “Du maron…”
Un grande, non c’è che dire.
Mi cade solo al momento in cui decido (concedendomi momenti di intensa trasgressione e festa…) di ordinare, contrariamente alle mie abutudini, anche un caffè.
Perché mi chiede:
“Sta facendo la Via degli Dei?”
Ma alla mia risposta, alla parola chiave San Lazzaro, il discorso prende una piega inattesa. Non si scopre che fino a pochi anni fa abitava anche lui nei pressi della Borgatella?

Alla fine, prima di uscire, chiedo di poter fotografare il locale, che mi piace, con quel che di popolare e antico.

Sarà il caffè, saranno i bei momenti vissuti, esco per affrontare gli ultimi chilometri con uno stato d’animo euforico. Che mi accompagna fino all’unico (e finale) centro abitato della giornata, il paese di Monzuno.

Il bar-ristorante-albergo è in pieno centro storico.
Il giovane al banco mi riceve con gentilezza, fotocopia il mio documento e mi accompagna in stanza, non prima, ovviamente,di avermi domandato se faccio la Via degli Dei.

——
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8 risposte a Dal Savena all’Alto Reno: seconda tappa 

  1. Amanda ha detto:

    Dovevi farti fare delle Tshirt con su scritto “non faccio la via degli dei”

  2. massimo ha detto:

    secondo me , dalla foto, la birra artigianale era una 33 cl di Baladin di Teo Musso, la migliore birra artiginale in Italia, creata dal primo mastro birrario della nazione, bravo ottima scelta

Commenti:

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