Lungo la via Emilia (prima parte)

A quella che mi piace chiamare la trilogia degli amici, dopo il viaggio fino a casa di Massimo a Forte dei Marmi e di Giovanni a Porretta Terme, mancava quello a Modena, da Claudio, a conclusione di una sequenza, a calare come distanza percorsa ogni volta e a crescere come vetustà dell’amicizia in oggetto.

Questa volta, contrariamente al solito criterio di cercare percorsi poco trafficati, ho scelto la via più breve, cioè di percorrere la via Emilia, fin da San Lazzaro, e di cavarmela in due tappe lunghe (venticinque chilometri ciascuna) ma affrontabili, anche perché pianeggianti e questa volta al di là di ogni ragionevole rischio di smarrirmi…

La preparazione è stata attenta dal punto di vista fisico: molto cammino, molta bicicletta, niente corsa (prudenzialmente a causa di un lieve indolenzimento a un ginocchio), ma un po’ distratta dal punto di vista mentale.
E così, scartata l’idea di mettermi le scarpe rigide da escursionismo che mi avevano massacrato le dita del piede sinistro, sono giunto ai nastri di partenza con le idee ben confuse su quali scarpe e soprattutto quali solette/plantari indossare.
La cosa mi è valsa una falsa partenza: questa mattina, alle dieci e mezza passate, mi sono ritrovato di nuovo in casa per un cambio gomme (per fortuna risolutivo) dopo un dietro front e diversi minuti di cammino a vuoto.

Cominciare così non permette di apprezzare come si deve una giornata dalle condizioni idilliache di tempo: aria fresca e tanta luce limpida. Se poi si aggiunge l’applicazione “Bella mossa” (vedi articolo precedente) che smette di funzionare, insomma si parte già trafelati, e anche solo raggiungere la via Emilia diventa un primo traguardo un po’ sofferto.

Lo stato d’animo non migliora molto per i lunghi chilometri di avvicinamento al centro storico di Bologna: il rumore del traffico, che mi accompagnerà per tutta la giornata, è opprimente e il pensiero è continuamente, ansiosamente rivolto ai segnali del fisico, con la paura di non essere in grado di farcela, questa volta.

Poi, finalmente in vista della torre Asinelli, laggiù in fondo,

mi concedo una prima pausa in un bar con tavolini.

Potere rigenerante di un orzo in tazza grande e di una pastina, ma soprattutto dei primi contatti con gli amici tramite Facebook e WhatsApp, esco dal bar con tutt’altro spirito: dubbi e doloretti sono spariti e il passo è bello deciso.

Di lì a poco mi aspetta la parte più bella dell’intera tappa: una volta varcata porta Maggiore, la densità di traffico cala vistosamente (anche grazie ai lavori in strada Maggiore), mentre la luce del sole, quasi all’apice, si mette a giocare con le tinte calde degli intonaci e dei portici di una Bologna che cerca ancora una volta di stupire.

Mi trovo in centro in un momento di grande animazione (e quella pedonale è ben più gradevole di quella veicolare); per molti, studenti e impiegati, è la pausa pranzo, per altri è solo il penultimo venerdì prima di Pasqua, per altri ancora, come i numerosi questuanti, è un giorno e un momento come tutti gli altri.

Il semaforo di Piazza Malpighi mi blocca e spezza il ritmo del mio procedere per un tempo che sembra infinito; lo stesso accade, diversi minuti dopo, al termine della lunga via San Felice, per attraversare i viali di circonvallazione.

I portici squadrati e meno carichi di storia di via Saffi, fuori porta San Felice, sono molto meno popolati.
Lo spuntino al bar mi ha tolto l’appetito, ma è già passata l’una e devo decidere se fermarmi a mangiare un piatto finché le cucine sono aperte o procedere in attesa di un altro bar.
Decido mentalmente per la trattoria Zita, passato l’Ospedale Maggiore, dove infatti arrivo in tempo utile, e ben contento di concedermi un po’ di riposo.

Fra un’insalata verde come antipasto e una pasta all’arrabbiata, consulto il buon vecchio Google Maps. Notizie non incoraggianti: percorsi dieci chilometri, ne mancano ancora quindici. Finora sono andato a un buon ritmo e senza disturbi, ma un po’ di affaticamento non manca e la strada ancora da percorrere è tanta.

Resisto alla tentazione di un caffè e mi rimetto in marcia di ottima lena.
Le brutte impressioni, visive e soprattutto uditive, riprendono il sopravvento man mano che mi allontano dal centro, percorrendo le stesse strade già solcate mille e mille volte a bordo del taxi, soprattutto sotto cieli notturni.
Quello pomeridiano, ora, si è velato e le luci e i colori non sono più belli come in mattinata.

Dove comincia il Pontelungo getto lo sguardo verso il letto del Reno, a cercare un po’ di tregua dai paesaggi asfaltati.

Lo stesso faccio non appena un po’ di verde torna a imporsi alla mia sinistra.

Ma ben presto altri spettacoli iper-urbani hanno il sopravvento.

Finalmente il tanto desiderato bivio dirotta una buona fetta di traffico sulla bretella che evita i centri di Lavino e Anzola.
Una pista ciclo-pedonale intitolata a Fausto Coppi migliora ulteriormente la situazione. Ma sono molto affaticato, e sempre più indolenzito, soprattutto nell’articolazione posteriore del ginocchio destro.

E così, quando vedo che l’antica azienda di macchine per gelato Carpigiani ha aperto anche una gelateria attigua alla grande fabbrica, non ci penso su due volte e mi concedo un’ultima pausa prima dell’arrivo.

Riesco anche a dare un po’ di tregua alle gambe, allungandole sulla sedia vicina.

Quando riparto, l’indolenzimento risulta sopportabile e mi permette di conservare un buon passo.
Qualche indicazione stradale ingannevole rende più lungo il tratto precedente la vasta confluenza della bretella.
Scatto ancora un’immagine alla natura in fiore

e sarà l’ultima fotografia della giornata.
Superato lo svincolo in entrata della bretella so che non deve mancare molto, e infatti, ecco laggiù, salvifiche, le insegne della zona del mio albergo, posto esattamente a metà del mio itinerario complessivo.

Una camera spaziosa, una bella doccia, una cena abbondante e un letto confortevole cospirano a farmi riprendere dalla faticaccia: domani si replica.

Informazioni su Franz

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5 risposte a Lungo la via Emilia (prima parte)

  1. Lorena ha detto:

    Ammirevole di fare delle tue linee-guida di vita valori per incontrare e condividere occasioni con gli amici più cari che hai. Ora hai tempo di unire l’utile al dilettevole. …senza ansia ….senza fretta …..virtù che raggiungono il massimo apice proprio quando non hai più orari cadenzati ed obbligati da rispettare …che libertà!!! (ahimè. …tanti troppi anni ancora davanti a me) prima di arrivarci! Sono paziente è tenace arriverà anche per me questo momento. Tu che puoi….continua così …passando più tempo che puoi fuori all’aria aperta…tra boschi…case abbandonate….raggiungendo ogni volta che puoi i tuoi amici che tanto ti amano. Lorena

  2. massimo ha detto:

    ora che sei iper connesso mi permetto un forte incoraggiamento per la seconda tappa. alcuni segnali fisici sembrano sempre di più preconizzare un futuro da turista su 2 ruote….pensaci. un abbraccione

    • Franz ha detto:

      Carissimo, che piacere ricevere il tuo saluto mentre ho già lo zaino chiuso e sto per incamminarmi.
      Quanto alle tue previsioni, cerchiamo di non affrettare oltremodo la naturale dinamica: corsa podistica – cammino – bicicletta – deambulatore – sedia a rotelle….
      Abbraccione ricambiato!

    • amanda ha detto:

      oh ma la bici non è mica il preludio del deambulatore! La settimana scorsa sui colli ho trovato un 74enne che mi mangiava fagioli in testa: 5000 km all’anno fa l’uomo e per giunta in salita

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