(da Morciano di Romagna a Rep. San Marino-Borgo Maggiore)
“Colazione al bar, dalle sei di mattino.”
L’indicazione ricevuta all’arrivo coincideva perfettamente con i miei desideri di sfruttare le ore più fresche.
Siamo davvero fatti strani. Strani ed elastici: vedermi arzillo, riposato e quasi pronto a quell’ora mi sembra un miracolo…
“Un orzo in tazza grande, per favore.”
“Vuole anche una brioche?”
Accidenti all’abbondanza…
Sono tante, fresche e invitanti; prendo una girella con l’uvetta e poi in camera integrerò lo scarno pasto con una piada delle mie scorte. Oggi la tappa sarà lunga e impegnativa.
Il sole è basso e le ombre sono lunghe
ma soprattutto l’aria è piacevolmente fresca.
Percorro in continua e lieve salita una provinciale molto trafficata e poco adatta ai pedoni.
Non c’è da fare gli schizzinosi: oggi la strada è tanta e le varianti non proponibili.
Ma li guardo, quegli autisti, autiste, camionisti che vanno a lavorare; ne ascolto il rantolo dei motori imbufaliti: velocità, efficienza esasperata, rumore.
Li vedo schiavi di ritmi e riti stranianti, schiavizzanti: ‘gli è’ tutto sbagliato, tutto da rifare (se solo fosse possibile…)
I tragitti in gran parte quieti che sto percorrendo in questi giorni mi generano, per contrasto, un acuto senso di insofferenza e pena verso tutte le vittime del traffico, che sono in prima battuta proprio i guidatori.
Il mio personale guidatore, invece, sembra impietosirsi di me, e dopo una buona ora in quelle condizioni, mi fa deviare e ritrovare una strada tranquilla, sempre in salita, annunciata da uno specialissimo avviso:
(Immagino truculenti nessi fra la trippa e lo strozzaprete…)
Ancora tanta salita, mentre l’aria comincia già a scaldarsi nonostante il buon orario. E d’improvviso il premio: sulla destra mi si apre una vista spettacolare su un lunghissimo tratto di costa, in mezzo alla quale campeggia Rimini con il suo grattacielo.
Proseguendo, il tragitto panoramico mi regala ancora molte immagini da catturare:
Sono in cammino senza interruzioni, e in gran parte in salita, da due ore e mezza.
Come ormai tradizione, anche se oggi gli orari sono molto anticipati, auspico la comparsa di un bar, in cui fare riposare un po’ le gambe, le spalle, gli occhi e lo spirito, e dissetarmi con una bibita.
Sembra che il paesino storico di Monte Colombo (quello della spaventosa sagra) capiti a proposito.
In realtà, la strana atmosfera che si respira qui è di vita ai minimi termini, una sorta di museo senza visitatori e con pochi custodi.
Mi verrebbe da pensare che si tratti di un vistoso caso di abbandono dei villaggi rurali per la città.
E che sia meglio surrogare la desiderata sosta al bar con uno spuntino di albicocche su una panca.
(Per problemi di dimensioni, sono costretto a proseguire il racconto nel prossimo post)