(da Sant’Ermete di Santarcangelo a Sogliano sul Rubicone – dintorni)
Sono le sette e un quarto di sera, adesso, mentre comincio a scrivere una nuova pagina del mio diario di viaggio.
Si sta bene, qui, in questa villona isolata sulle colline della zona del Rubicone.
Sono in un salottino con angolo cottura e me ne sto con le gambe allungate sui cuscini di un divanetto e un bel panorama collinare dalla grande finestra di fronte.
Mi hanno detto i proprietari che la casa è stata ricostruita tutta in legno e così resta freschissima anche senza bisogno di aria condizionata.
Ve la mostro, come mi è apparsa oggi alle due e mezza quando finalmente l’ho raggiunta, trafelato per la fatica e la grande calura.
È stata una tappa molto impegnativa, che mi ha regalato una quantità di panorami, di situazioni e sensazioni che, più che mai, mi sento impossibilitato a raccontare in modo esaustivo: ci vorrebbe tanto tempo e invece dovrò andare a letto presto, per riposarmi ed essere pronto, domani, a partire prestissimo: è l’unico antidoto alla calura che moltiplica la fatica.
Ma prima di tentare un riassunto della camminata, mi piace tergiversare ancora un attimo con una notazione per me importante.
Ho cominciato ad avvertire una sensazione che ricordavo: una specie di voragine che inghiottisce tutti i ricordi dei giorni precedenti e li fa ricomparire svincolati dal tempo, come in un amalgama in cui è quasi inebriante disperdersi. E non siamo ancora a metà percorso…
Ma bando alle ciance.
Sono partito alle sette e anche oggi l’inizio non è stato dei migliori: raggiungere Santarcangelo, in un’ora e mezza, con la peggiore delle compagnie, il rombo continuo dei motori.
Ma per fortuna c’è anche spazio per qualche immagine con il sole ancora basso sull’orizzonte.
La cittadina di Santarcangelo è il centro urbano più importante incontrato fin qui e mi offre, oltre al pieno di albicocche di una simpatica anziana fruttivendola nell’ormai famoso contenitore, diversi spunti fotografici.
Poco dopo il tragitto per uscire da Santarcangelo, vengo dispensato dal fastidio del traffico: tutto il resto della lunga tappa si svolgerà per strade di campagna piuttosto tranquille e dominate dai suoni della natura, in una specie di terra di nessuno contesa fra le ultime propaggini collinari e l’incombente Pianura Padana.
E tornerà ad allontanarmi dal mare, che da quella cittadina dista davvero poco.
Un lunghissimo seguito di vie prive di centri abitati… e di bar.
La rigenerante e reidratante pausa-chinotto avverrà solo verso mezzogiorno, dopo la bellezza di quattro ore e tre quarti di cammino, con una sola breve sosta per mangiare le albicocche.
Solo un vago senso di leggerezza alla testa, legato alle poche ore di sonno: per il resto la capacità di resistenza si dimostra (anche e soprattutto nei tratti più canicolari) sorprendente. Mi devo essere allenato proprio bene.
Come dicevo, rinuncio a scandire con il racconto tutte quelle ore e anche le successive (al momento della pausa non ero che a due terzi del percorso, e la rumba del sole a picco stava appena cominciando),
Mi limiterò a scegliere, fra le tante che ho scattate, alcune immagini particolarmente significative.
Niente paura, cercherò di evitare il mortale effetto “proiezione diapositive” che tutti abbiamo un tempo conosciuto…
Ragazzi, come suol dirsi “si è fatta ‘na certa”…
Buonanotte, a domani!
Sant’Arcangelo è legata indissolubilmente al mio primo Caterraduno nel lontanissimo 2004 e permettimi di insistere DEVI BERE DI PIÙ. Potessi permettermi la casa che vorrei, sarebbe sicuramente in legno, quindi antisismica ed energeticamente risparmiosa
Il mio primo Caterraduno, se non vado errato, fu a Cattolica l’anno seguente. E fu l’inizio di un ciclo fantastico…
Nel tuo consiglio leggo tanta bella premura. Comunque credo di gestire bene la cosa: oggi, come leggerai, una Ceres… 😀
Non ero al corrente sulle case in legno. L’importante è che sia certificato, che di deforestazioni, ahinoi, ce n’è a sufficienza…
No no tranquillo la casa che ho in mente io è fatta da una ditta che usa legno certificato
Allora ti do il mio beneplacito… 🙂
chinotto in vetro della Lurisia, si va in su con la qualità. Ti auguro un chinotto del Baladin, forse il migliore in Italia…ma anche un buon vecchio tamarindo, bevanda rinfrescante per eccellenza, che solo noi agè ricordiamo. alè
Questi diavoli della Baladin non finiscono di stupire… anche se la mia nuova passione, come ben sai, è nata dalla scoperta del chinotto “bio” della Galvanina, sull’esempio di gua madre quella sera a Senigallia…
Comunque oggi, come leggerai, una fresca Ceres ha sostituito il rituale chinotto, accompagnando un mio pranzo improvvisato su una panca di un paese.
il proprietario della villona sul Rubicone possiede anche una Toyota Prius, very ecologic
Hanno una discreta sensibilità ecologica: utilizzano l’acqua piovana (vabbe’, merce rara in questa stagione) per lo scarico del water.
Dove possono migliorare, mi è sembrato, è sui consumi alimentari.
Peraltro molto generosi nell’offrire…