(da Sogliano sul Rubicone a Borello di Cesena – dintorni)
Nello stesso locale dove ci siamo lasciati ieri, ora il tavolo è imbandito per una ricchissima colazione; la premurosa ospitalità della signora Ada, anzi “Adà” (per la sua origine italo-francese) e del suo compagno romagnolo Massimo è stata esemplare. Ci siamo salutati ieri sera, cosicchè potessi partire prestissimo.
Quando mi chiudo il portone alle spalle, con addosso lo zaino “gravato” di frutta e di fette di pane fatto in casa, in realtà sono le sei e quaranta; avrei sperato di essere ancora più mattiniero.
Oggi supererò la metà dei quindici giorni di viaggio previsti, eppure la lontana visione del mare ancora non mi abbandonerà.
Nel lasciare questa moderna dimora in mezzo al verde, mi appare come una striscia d’argento all’orizzonte.
Google, il genio della mia lampada, anzi del mio tablet, deve aver letto le mie lamentele sui lunghi inizi pieni di traffico delle ultime due tappe e oggi mi propone esattamente l’opposto: per oltre due ore mi farà avanzare per una stradina sterrata in mezzo alla boscaglia.
Dovrei esserne felice, eppure questo lungo iniziale isolamento un po’ mi inquieta, forse anche per l’aria umida e già un po’ opprimente che si respira, nonostante l’orario.
Anche la luce del sole è un po’ opaca, ma non nega qualche bello spettacolo
A un certo punto vengo sorpreso da un rumore improvviso, come di una forte folata di vento, alla mia destra. Le pecore di un intero gregge, che dormivano tutte rannicchiate teneramente le une contro le altre, spaventate per il mio passaggio, si sono rizzate sulle zampe e, di lì a un attimo, i tre cani pastori di corvée hanno scatenato il finimondo.
Continuerò a sentirli abbaiare inquieti per lunghi minuti.
Più avanti, un nuovo felice incontro:
un albero di mirabolani, un po’ meno generoso di quello sanmarinese, ma che non mi nega un inatteso spuntino rinfrescante.
Per un lungo tratto mi tocca procedere senza guida, in mancanza di copertura telefonica. Per fortuna non ci sono dei bivii, e la bussola rappresentata dalla mia ombra, che come sempre mi precede verso Ovest, è rassicurante.
Piano piano la luce del sole si è fatta più viva
e un’ultima faticosa rampa mi porta finalmente a un minuscolo centro abitato, Montecodruzzo, previsto nell’itinerario, mentre anche il segnale sul tablet è tornato.
Ma doveva succedere, prima o poi: proseguo per l’unica strada possibile, una sterrata sconnessa in ripida discesa, e mi fermo anche a scattare un paio di fotografie;
scendo per diversi minuti, prima di un provvidenziale controllo: sono fuori rotta, devo risalire a Montecodruzzo.
Non ci voleva.
Raggiunto faticosamente il paesino per la seconda volta, decido di riposarmi su una panca di fronte alla chiesa e di ritemprarmi con un po’ di frutta.
La deviazione corretta era subito prima di entrare in paese. E si tratta di una strada asfaltata, che mi permette una buona andatura e che proseguirà lungamente in discesa fino al fondovalle, dove corre la E45 Cesena-Roma.
Una meta di ciclisti domenicali, che vi si inerpicano, in direzione opposta alla mia, in piccoli o grandi gruppi.
Inizialmente ne scorgo alcuni fermi in un piccolo slargo; hanno l’atteggiamento tonico e festoso di chi è arrivato in cima e ora si concede una bella bevuta d’acqua fresca.
Si, perché in quel piccolo slargo della strada c’è una meravigliosa fontanella.
Riempio anch’io la mia borraccia e mi disseto abbondantemente.
Nell’euforia generale, provo a scambiare due battute con loro, ma con poco successo.
Rinfrescato e comunque rinfrancato, mi rimetto in marcia e in breve tempo perdo quota, mentre il paese di Borello, al di là della superstrada, si avvicina.
Il sole di mezzogiorno comincia a picchiare, ma l’aria qui è piacevolmente ventilata.
Eccomi sopra la E45
e poco dopo nel centro di Borello.
I nrgozi di alimentari sono chiusi per la domenica, ma c’è una rosticceria aperta, dove posso comprare un po’ di companatico per la cena.
Prendo una porzione abbondante di sformato di verdure, poi completo l’opera entrando in un bar (aria gelida sulla mia maglietta un po’ sudata…) e chiedo una birra da portare via.
Mi avvio costeggiando la superstrada. Mancherà una mezz’ora alla destinazione: è il momento di avvertire che sto arrivando, in anticipo su quanto annunciato ieri per telefono.
Numerosi squilli a vuoto, poi la segreteria, a cui lascio il mio messaggio.
Ora non c’è più nessuna fretta di arrivare.
Non resta che prendersela comoda e festeggiare la nuova tappa con un pranzetto su una panca della piazzetta centrale, in vero stile barbone.
La Ceres, che è una birra piuttosto alcolica, mi dà un piacevolissimo intorpidimento, che mi accompagna nel tragitto finale, in attesa della telefonata della signora da cui ho prenotato.
Mi chiedo solo, preoccupato, se ci sarà l’aria condizionata, quasi pentito di non aver cercato alloggio nell’hotel di Cesena che avevo annotato nei miei primi appunti.
Il telefono squilla al momento giusto, dieci minuti prima del mio arrivo.
La signora mi sta aspettando in questa bella casa,
dove mi accoglie gentilmente e mi conduce in una stanza perfettamente refrigerata.
Oggi ci scappa un bel sonnellino e avrò anche il tempo per fare il bucato di metà viaggio…
Birretta e pisolino… bel viaggiare😉
Beh, un po’ di sano pigroturismo me lo lascerai fare…?
😉