( da Meldola a Castrocaro Terme)
La sveglia del vecchio Nokia è puntata alle cinque e diciassette (rifuggo da orari più convenzionali…), ma pochi minuti prima la disattivo e mi preparo all’idea di alzarmi.
Non mi sento riposato bene: il ventilatore a livello tre, con tutte le finestre spalancate, mi ha permesso di dormire, ma di un sonno inquieto, poi all’alba mi sono svegliato e avevo freddo; una corrente molto fresca girava per casa. Ho spento il ventilatore, mi sono coperto col lenzuolo e ho dormito un altro po’.
Le merendine confezionate che trovo sul tavolo in soggiorno non mi confortano un gran che; solo il caffè d’orzo, dentro una teiera da riscaldare in cucina, è bello abbondante.
Ma almeno esco e mi incammino prima del solito: alle sei e venti.
La luce del sole radente illumina il breve percorso che mi separa dal centro di Meldola.
Siamo indubitabilmente in Emilia-Romagna, come testimonia, appena entrato nel centro, un elemento ben noto: il portico.
Sul corso principale gli ambulanti stanno installando, dagli autofurgoni, i loro banchetti sotto ampie tende.
Sono appena le sei e tre quarti. Non posso esimermi da un senso di tragica pietà, nei confronti di questi e di tutti gli altri schiavi del lavoro.
Il lavoro che ti assorbe, che ti incatena, che ti fotte, e solo per darti da vivere più o meno stabilmente: uno dei frutti perversi della nostra cosiddetta civiltà.
Si potrebbero, al giorno d’oggi, ridurrre o abolire gran parte delle nostre consuete attività lavorative, per vivere meglio tutti, ecosistema in primis.
… E il Primo Maggio la festeggiamo pure, questa maledizione inutile, sancita peraltro dall’articolo uno della nostra Costituzione.
Saranno questi pensieri, sarà il riposo cattivo, sarà l’afa che incredibilmente già si fa sentire, oggi il morale non sembra dei migliori.
Ancora una volta sospetto che se ne sia accorto il genio del mio tablet, Google, che di lì a poco mi regala un clima più asciutto e ventilato, ma soprattutto uno dei percorsi più belli attraversati in questi dieci giorni: una lunga sequenza, inizialmente pianeggiante, di viottoli di campagna, e di una campagna particolarmente armoniosa.
Mi sento già rigenerato, ma, a completare l’opera, mi aspetta ancora un dolcissimo incontro.
Lo vedo procedere su una specie di pista campestre parallela al mio viottolo. È libero e la cosa non mi piace affatto, anche se non ringhia né abbaia.
E a un certo punto trova la via per raggiungermi.
Mi annusa la mano, poi la lecca; gli do una pacca amichevole sul collo e lui mi salta addosso festoso.
Tante carezze sulla testa, poi, anche se tende a intralciarmi l’operazione, lo costringo a posare per la stampa.
Ha il collare, ma mi sorge il dubbio che sia stato abbandonato e che ora decida di seguirmi fino a casa.
È la volta buona che cedo, penso fra me e me, poi cerco di immaginare un’impossibile mediazione fra la grande tenerezza che mi suscita e le difficoltà che mi procurerebbe la sua presenza nel trovare alloggio in queste sere, nonché di sfamarlo e dissetarlo, oltre all’impegno che mi accollerei per il futuro e che ho sempre scelto di evitare.
Ma quando mi riavvio sento che non mi segue: è stato soltanto un fuggevole e felice incontro fra due tipi solitari…
Il percorso, sempre bellissimo, ora si inerpica su un primo colle da svalicare
La discesa punta direttamente sul paese di San Lorenzo in Noceto e si immette sulla via principale proprio in corrispondenza di un piccolo bar.
Speravo proprio di riprendere le buone abitudini…, ma sono le cattive a imporsi: per mancanza di scelta finisco per sporcare nuovamente il mio karma con una Fanta.
Pochi minuti di pausa, poi mi rimetto in moto, intorno alle nove e mezza.
Castrocaro è indicata a sei chilometri, al di là di una nuova piccola dorsale da superare, fra orizzonti sempre più vasti.
Non sono ancora le undici quando, appena entrato nel centro storico, vedo l’insegna e l’ingresso del mio hotel.
Oggi una camera refrigerata non mancherà. Unico forte dubbio, la possibilità di partire molto presto anche domani, in vista di una tappa molto lunga.
Vengo accolto con molta simpatia e disponibilità, e trovo subito un accordo per la colazione e l’uscita anticipata.
La giornata è ancora lunga.
All’una mi concedo un’insalata e una pastasciutta in una vicina trattoria, e una nuova Ceres per conciliare una bella dormita pomeridiana riparatrice.
Eseguo con cura il compito, dopodiché c’è tempo anche per una scappata nella vicina frazione di Terra del Sole, dove mi è stato indicato un punto vendita della Wind, di cui ho bisogno.
Mi ci reco in autobus, mentre il clima è di un’afa asfissiante.
Trovo il negozio chiuso per turno, non è cosa. Poi preferisco tornare a piedi, anche per fare un po’ di spesa in vista della lunga marcia di domani, in cui non sono previsti centri abitati.
Neanche un negozio aperto, non è cosa.
Partirò prestissimo, con una dotazione (per l’intera giornata, visto che la destinazione è un bed and breakfast) di sei albicocche durette della signora Mirella, una fetta di pane imboscata al ristorante e qualche pacchetto di fette biscottate.
E una dose di indispensabile spirito di avventura.
6albicocche6 ? Niente altro
Ma si racconta che San Franz da Borgatella le moltiplicò miracolosamente, poi ne distillò dei litri di santo chinotto…
😀
lucide ed attuali considerazioni sul lavoro. che la frutta sia con te
Chissà perché WordPress aveva dirottato questo tuo commento nello spam?
Per la pericolosità dell’argomento ‘lavoro’ o ‘frutta’?
Comunque sia c’è sotto un complotto! ;-D