( da Castrocaro a Brisighella – dintorni )
La sveglia suona alle quattro e cinquantasette e mi trova ben riposato (miracoli di questo tipo di vita…)
La tappa di oggi sarà lunga, ventitré chilometri di aperta campagna; dunque bisogna far tesoro delle ore più fresche.
È sensibilmente fresca l’aria quando, alle cinque e tre quarti, apro il maniglione antipanico dell’hotel ed esco nella luce del sole nascente, avviandomi verso il centro storico di Castrocaro.
Seguo, anzi credo di seguire, le indicazioni satellitari del mio insostituibile pilota, nella cittadina che stenta a svegliarsi;
con un minimo di disappunto mi trovo, dopo un giro complicato per le vie del centro, sulla dorsale principale dove ieri ho preso l’autobus per Terra del Sole.
Con grande rabbia mi ci ritrovo poi di nuovo, dopo un giro ancor più complicato per le vie del centro.
Mannaggia non se ne viene fuori…
Aumento il dettaglio della mappa e alla fine trovo il bandolo della matassa, ma mi son giocato quasi tre quarti d’ora di fresco e di cammino, quando esco dal grande centro abitato.
Come ieri, il fido scudiero tecnologico mi restituisce tuttavia il sorriso, portandomi a percorrere un’infinita sequenza di fiabeschi viottoli di collina che mai avrei potuto conoscere altrimenti.
Mi viene da pensare, con sorpresa e riconoscenza, a chi si è preso la briga di tracciare questi percorsi così selvaggi sulle mappe di Google.
Certo, la bontà dello strumento non è frutto di filantropia disinteressata, ma in questi giorni mi sta offrendo dei regali preziosi.
Non ultimo, quello di smentire la mia idea, piuttosto radicata, di un’Italia settentrionale ormai definitivamente cementificata, asfaltificata, centrocommercialificata.
La zona permette diversi incontri con animali, troppo veloci per essere fotografati: lepri, scoiattoli, caprioli, uno strano paffuto corazzato che attraversa la strada…
Mi rifaccio riprendendo quelli domestici.
Sono passate oltre due ore dalla partenza; ora le stradine sterrate hanno lasciato il posto a quelle asfaltate, ma l’incanto non cessa.
Incanto e… sorpresa quando, più che mai benvenuto,
un alberino carico di mirabolani, questa volta rossi come pomodori, viene a risolvere buona parte dei miei odierni problemi di approvvigionamento.
Svuoto il famoso contenitore delle sei albicocche, che trasloco in una sportina, e comincio a fare incetta degli umili frutti colorati fino a riempirlo fino all’orlo.
Dopodiché continuo a raccoglierne e a farne una ģradita scorpacciata, assaporandone due o tre alla volta dopo aver sputato i noccioli e la buccia dei precedenti.
Una meraviglia.
Riparto rinfrancato; mi aspetta però uno spettacolo meno gradito: vengo superato da un trattore che traina un grosso carico. Dal fetore micidiale capisco di che cosa si tratti.
Di lì a poco, infatti, un aerosol di letame verrà a fertilizzare i campi dove è stato mietuto il frumento.
Superata la nube tossica, vengo incuriosito da un’indicazione stradale che mi riporta sotto le Due Torri
e poi dalle grazie di una signorina senza veli, ma purtroppo un po’ dura di scorza…
Sono passate le nove; le luci e la temperatura cominciano anche per oggi a impennarsi.
Resisto fino alle dieci e un quarto, poi concedo una meritata tregua a spalle, gambe e piedi.
Con qualche difficoltà riesco a sdraiarmi all’ombra, sul ciglio di una strada sterrata, e a sollevare questi ultimi contro un albero, per decongestionarli.
Ancora semisdraiato, mi tolgo la maglietta per ripulirla, sulla schiena, dei molti residui di terriccio, ghiaia, frammenti di piante, e intanto passa una rara automobile e mi si ferma accanto. L’equipaggio è un po’ preoccupato per la mia insolita posizione, ma li tranquillizzo con uno sguardo e due parole.
È il momento di verificare a che punto sono.
Due terzi del percorso, speravo meglio, anche perché l’ultima parte sarà, come sempre, flagellata dalla calura.
La sosta però è bastata a farmi riprendere e quasi il calore invadente del sole mi dà una sensazione positiva di energia.
Devono passare quasi sei ore dalla partenza quando avvisto, associata bontà sua a quella di un ristorante (con un grande spazio ombreggiato all’aperto), la sempre invitante insegna di un bar.
La porta è chiusa, stanno attrezzando le sale.
Ottengo, senza troppo entusiasmo, di poter entrare per una bibita.
Quando poi chiedo se hanno un chinotto fuori frigo probabilmente li faccio pentire di avermi accolto.
Mi accontento di un succo di frutta e di una sosta molto breve.
Di lì a meno di un’ora il percorso, svoltosi quasi interamente in mezzo alla campagna, sfocerà sulla provinciale Brisighella-Faenza, al di là di un passaggio a livello chiuso.
Poche centinaia di metri e una signora mi aprirà la porta di un nuovo, confortevole bed and breakfast,
al termine di una tappa faticosa ma piena di luci da ricordare.
Tossico il letame…..olezzante semmai 😂
Il passo è breve…… 😉
La complessità di alcuni tuoi ormai trascorsi racconti di tacsidraiver ed nuètor si stempera nella adamitica linearità di questi evocativi reportages extraurbani e non motorizzati. Raggiungere una rigorosa coerenza nel delicato equilibrio fra res cogitans e res extensa non dev’essere semplice (parlo per approssimazione perchè io non mi sono mai organicamente cimentato in cotale processo) porta, tu ci insegni, a gioie infinite. Pari a quelle di chi ti legge, ma spesso non trova tempo, modo, ispirazione per proferire verbo, sentendosi immondo essere carnivoro, con tendenza alla sedentarietà e in lotta col sovrappeso, indegno di accedere alla terra dei saggi. Il tuo itinerario attuale, tra l’altro, ha preso le mosse a due passi dalle terre natali di tre miei nonni su 4 e si concluderà in quella che è la mia Terra Promessa (pur se poco e male ha mantenuto), l’Emilia globalmente intesa. Come non trovarlo altamente evocativo? Buon viaggio.
Quando il gioco si fa duro, i vecchi amici e compagni di blog riprendono a giocare, nel tuo caso con parole gentili, assolutamente coerenti con il garbo dei tuoi antenati marchigiani e quello dei tuoi attuali concittadini parmigiani.
Quanto alla terra dei saggi, consideriamola pure un ideale che ci guida come Google Maps. A me, in questo lungo viaggio, basta aver solcato con rispetto e ammirazione tanta terra tout-court…
Grazie per i complimenti, che mi confortano dall’idea, probabilmente fondata, di non essere sempre capace di infondere leggerezza ai miei racconti di viaggio.
Un salutone.