Capodanno immateriale

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Da quando è cominciata la stagione fredda, ora che mi sono liberato dall’attività lavorativa, sto assecondando una curiosa ma innata tendenza a una sorta di semi-letargo. Mi capita di passare intere giornate chiuso in casa e ho assunto ritmi di veglia, sonno e alimentazione ancor meno canonici che in passato.
Oggi, dopo aver indugiato a letto a oltranza, ho cominciato a ritmi blandi quest’ultimo giorno del 2017, rasserenato, al di là delle finestre, da luci chiare e scarsi rumori.
Il tempo divora in fretta le vecchie abitudini, come le visite di cortesia che in questa giornata facevo sempre, prima di mettermi, ma solo per poche ore, alla guida del taxi: tutto già consegnato nel magazzino dei ricordi.

Quando poi il sipario del cielo ne ha del tutto offuscato il chiarore, ho compiuto l’ennesima gioiosa (e parziale) trasgressione alle mie abitudini vegane, con una scorpacciata di pandoro inzuppato in una tazza di latte di riso caldo.
Solo una leggerissima, quasi impercettibile ansia d’attesa, nascosta sotto alcuni strati di autentico benessere.

Poi ho acceso il computer per ascoltare, in differita di poche ore, l’ultima lezione del giovane, grande filosofo Angelo Santini sulla “Struttura Razionale della Realtà Fondamentale”, attratto dalla sua stessa definizione: “Il mio miglior video in assoluto”.
Sarà, ma sentire disquisire per filo e per segno sulla subordinazione della realtà alle leggi della logica mi ha fatto montare la sonnolenza e, accompagnato da inquietudini sotterranee sempre flebili ma non sopite, mi sono andato a coricare sotto le coperte.

Il torpore si è fatto presto sonno leggero, e poi il sonno sogno.
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“Francesco, lo so che non ti ricordi di me, non ci si vede mai, ma dammi retta, parcheggia.”
“Come parcheggia, sono qui da oltre mezz’ora.”
L’ambiente, una Piazza Malpighi notturna sotto una pioggia opprimente dentro l’abitacolo del taxi, così come la scena dell’incontro, ha qualcosa di nettamente già provato.
E ora, conosco il seguito, questa strana creatura, tanto femminile quanto autoritaria e un po’ sfottente, mi ordinerà di fare retromarcia, di lasciare il taxi in fondo all’area di posteggio e di salire sul suo. E io eseguirò.
Infatti eseguo e, sotto la pioggia, salgo a bordo.
“Mi chiamo Christine, questa volta lo sai” e, esattamente come molti anni fa al nostro primo incontro in un’identica situazione, mi prende le mani nelle sue, che sono tiepide, e mi sorride.
Immediatamente vorrei gettarmi fra le sue braccia, ma mi sento come bloccato dal contatto di quella mano.
La guardo come si guarda il fantasma di una donna amata.
“Sei venuta anche quest’anno, Christine. Dimmi che non è un sogno e se lo è, fa che non mi svegli.”
“Allora non hai ancora capito, mon chéri. Non ti ricordi? Il sogno, la realtà, la fantasia, la veglia, il sonno… Sono tutte convenzioni, anzi …convinzioni.”
Quelle parole, che lei pronunciò dopo un solo anno da quel primo incontro, ora mi rimbalzano più volte nella mente, rivestite di nuovi significati.
“Eppure ora” soggiunge con un sorrisetto dei suoi e una leggera pressione di quella mano calda, “finalmente ci sono novità nella tua coscienza.”
Sono confuso, c’è qualcosa di vero e di strano nelle sue parole, nella sua presenza, nel riapparire di quella situazione fissata nei miei ricordi.
“Leggo sempre” soggiunge ancora, “quello che scrivi. Anzi adesso c’est plus facile, visto che non scrivi più niente.”
Ritrovo la forza per ribattere: “Visto? Lo faccio per agevolarti il compito.”
“Dunque, dopo tutti questi anni, ora hai finalmente gli strumenti per comprendere.”
“Non… non lo so, non capisco.”
“Sei un’irrimediabile testa di legno. E’ inutile allora che scrivi di consapevolezza, di riapertura a dimensioni metafisiche e bla bla bla.”
Faccio silenzio. E lei sa aspettare.
Ma poi riprende la parola:
“In tutti questi anni sono comparsa via radio o a bordo di un deltaplano, ti ho portato più di una volta in lungo e in largo nel passato e nel futuro, ho scandito magicamente il passare dei tuoi anni in questa tua dimensione…”
Ancora silenzio.
Che interrompo bruscamente: “Tua dimensione, hai detto, tua…” e non trattengo un’espressione di paura e di sgomento.
“Mais oui, mon ami, amico mio, tua.”
“Allora non è vero che tu vivi nella regione Champagne-Ardenne, che fai siti internet e qualche numero di magia e musica e… cos’altro ancora mi raccontasti quella magica sera in osteria.”
“No, non è così, ma ti è piaciuto crederlo, no? E ora, solo ora, posso dirti la verità e tu forse puoi intuirla.”
“Un’altra dimensione… ti prego spiegami!” e sono io ad afferrarle avidamente la mano.
“Pas possible, mon ami, davvero non è possibile.”
Protesto, come un bambino: “Ma io ti voglio qui, fisicamente, come quella notte a cantare e danzare da soli intorno al fuoco, nel pratone dei Giardini Margherita, come quella sera a spasso per osterie in una Bologna incantata, come le risate che ci siamo fatti proprio un anno fa correggendo le scritte, e soprattutto come i nostri corpi nudi, bramosi e avvinghiati, in casa mia, all’altro capo di quest’anno che sta per finire.”
“Vedi, voi lo chiamate passato, tutto questo. C’est à dire una catena rigida di cause ed effetti. Ma la strada della consapevolezza ora, finalmente, ti sta portando a intuire che esiste dell’altro, a voi non visibile, e controllabile solo in parte. E’ un regalo che ti ho fatto io in tutto questo tempo, ti assicuro il più importante, il più importante! E tu finalmente lo stai accettando.”
“Oh Christine” e mi metto a singhiozzare.
Mi guarda con una dolcezza integra, assoluta.
Con la voce ancora rotta dal pianto le dico: “Ti prego allora, se puoi, incoraggiami con i segni, con le sincronicità più sorprendenti, con i sogni più strani, con le spinte interiori a indagare su quello che si può afferrare, e a cambiare il destino, in meglio, il mio, e quello di questa povera umanità allo sbando.”
“Oui, questo è possibile, mio caro, perché tu, come me, come tutti i viventi in tutte le dimensioni siamo, nella sostanza, i creatori dell’universo, anzi degli universi. Noi siamo i creatori della vita.”

Lascio echeggiare le sue impressionanti parole, prima di riprendere ardentemente:
“E per il mio passato, si può fare qualcosa per ripararlo, risanarlo, redimerlo; cancellare un po’ del dolore procurato e patito, migliorare un’infinità impressionante di circostanze infelici che riappaiono continuamente?”
“Vedi, il principio di causalità, proprio del passato che come in un film ha generato questo vostro presente, è rigido come la mente di un vecchio, mentre quello di casualità, che è del futuro che possiamo creare, è aperto come la mente di un neonato. Meglio lavorare su quest’ultimo, no?”
“Sì, Christine, aiutami tu come puoi, te ne prego. Dimmi che sei, e che sarai, il mio angelo custode.”
Vorrei stringerla a me, però lei mi blocca:
“Promesso, mon chéri. Ma ora fammi rimettere in moto, non senti che freddo?”

Gira la chiavetta e improvvisamente mi ritrovo qui, sotto le coperte, in preda a sensazioni di una profondità quasi insopportabile.
Fuori, intanto, si è scatenata la bagarre dei fuochi artificiali e dei botti, alcuni vicini altri lontani, di una notte di vacua euforia.
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Immagine da blog.libero.it/soloio62/view.php?id=soloio62&mm=0&gg=120331

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10 risposte a Capodanno immateriale

  1. Fiorenza ha detto:

    Veramente affascinante!! Auguri amico di una vita 😘
    Riprenditi i tuoi sogni spazi e tempo… ne hai diritto! Un abbraccio grande grande 🤗

    • Franz ha detto:

      Ciao, Fiorella cara! :-*
      Grazie: il tuo apprezzamento, incoraggiamento e affetto mi riempiono il cuore!
      Ti auguro un anno davvero importante, in cui la tua bella e antica energia vitale abbia la meglio su qualsiasi difficoltà.
      Un forte abbraccio.

  2. Sari ha detto:

    E’ bello cominciare l’anno con una visita di Christine. Solitamente i giorni di fine anno hanno un sapore stanco (e con ragione) delle cose che non sono andate a buon fine e delle delusioni patite. I tuoi racconti sono invece creativi,, tappe di un percorso che non si arresta neppure dopo la scorpacciata di pandoro.
    Ammesso che per te oggi sia l’inizio di un anno nuovo, te ne auguro uno lieto.

    • Franz ha detto:

      E’ già la nona volta consecutiva, cara Sari, che scavalco il 31 dicembre in compagnia di Christine (per un solo anno in compagnia della sua assenza, per esser precisi): come vedi sono molto abitudinario e legato, a mio modo, alla ritualità.
      Poi credo che sia vero quello che lasci intendere, cioè che possa esserci molta più positività nel terminare l’anno da solo, a dar corpo alla fantasia sulla tastiera di un computer, che in chiassose o luculliane adunate di festa comandata.
      Al cenone ho preferito il merendone…, ma la salute mia e di Christine non ne ha risentito troppo…

      Auguri graditi, ci mancherebbe, e ricambiati di cuore!

  3. lucarinaldoni ha detto:

    Mi rendo conto di come una dieta supercarnivora porti al rincoglionimento (vale per il sottoscritto) e una dieta vegana con opportune gioiose deroghe porti ad una gioiosa sapienza che decanta e nobilita anche il dolore (il che sottintende, lo capisco dopo averlo scritto, che la sapienza venga dalla dieta e la gioia dalle deroghe, ma è un’impressione personale). Sulla vacua euforia, come capita spesso, avrei voluto e dovuto scriverlo io ma non ci sono mica arrivato. Buona vita.

    • Franz ha detto:

      Al contrario di quanto affermi, la tua brillantezza mentale è la peggior pubblicità alla dieta vegana… 😦 😦
      Che tuttavia, ti assicuro, è spesso gioiosa anche senza trasgressioni! 😀
      Quanto all’elemento del dolore, che sottolinei nel mio racconto, era (almeno nelle intenzioni) presente, anche importante, ma non quello dominante.
      E, comunque sia, ti auguro un nuovo anno molto felice!

  4. Amanda ha detto:

    Buon anno Franz, che sia pieno di sogni

  5. Franz ha detto:

    Ho raccolto tutti i racconti di Capodanno, da quello del 2010 a oggi, nella Categoria “La leggenda di Christine”:
    https://franz-blog.it/category/la-leggenda-di-christine/

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