Anche la tappa forse più breve di tutto il viaggio (tredici chilometri, diventati poi sedici per un’erronea deviazione), lascia alla fine nella memoria una quantità di luci e sensazioni diverse, che il racconto deve necessariamente tagliare e sintetizzare.
Partenza difficoltosa, questa mattina verso le nove: mi rivedo seduto su una panca di fronte al municipio di San Casciano, a supplicare invano Google Maps di mostrarmi la pianta della zona: quelle che ho prudenzialmente scaricato non hanno riferimenti sufficienti a indicarmi la strada giusta.
Alla fine mi avvio verso Est, rinunciando all’aiuto.
Sono ai margini del vivace borgo medievale e sto riprovandoci, quando mi raggiunge con la sua moto Nicola (che ha alloggiato altrove).
Fra gli autoscatti di rito che, prima di salutarci, ci facciamo, rubo ora da Facebook uno dei suoi:
Quando mi riavvio da solo, in discesa, inizialmente per la stessa strada che ho percorso ieri, la copertura tecnologica è finalmente tornata.
Anche oggi la giornata limpida regala armoniosi panorami.
Ben presto Google Maps decide di farsi perdonare: mi fa deviare per una stradina non asfaltata in mezzo alla natura.
L’improvviso incanto è tale, che provo a comunicarlo in un breve filmato, che registro mentre cammino e poi pubblico immediatamente su Facebook.
Come ogni cosa bella, purtroppo non dura molto: presto sul selciato ricompare l’asfalto.
Bisogna saltare la Firenze-Pisa-Livorno.
Inutile sottolineare come quella grata di protezione attribuisca un effetto-carcere all’intera superstrada; non certo al mio girovagare nello splendore solstiziale, finalmente libero da inverni padani e virus intestinali…
Oltre all’asfalto, dopo un paio di bivii, ricompare anche un po’ di traffico.
La strada in discesa non offre più suggestioni di sorta: è il momento di macinare chilometri.
Attingo dal marsupio d’emergenza le due fette di pane imboscate a colazione e datteri e nocciole della mia scorta iniziale, poi bado solo a camminare.
Finché fa la sua ricomparsa una vecchia conoscenza: il desiderio di un bar, dove potermi riposare un po’, consultare con calma Google Maps e rispondere agli ultimi commenti su Facebook, ma soprattutto dissetarmi con la bibita ufficiale, che molti ricorderanno: il mitico chinotto fuori frigo!
Il paesino di Ferrone sembra abbastanza grande da poterlo avere, un bar.
Ed eccolo, infatti (si scorge appena l’insegna sulla destra):
Solo che, insomma, con la scusa dei prodotti locali, il desiderio di chinotto subisce una modificazione genetica, come si può osservare nell’immagine.
La mancanza di copertura telefonica rende breve la mia sosta.
Esco, indossando il mio strategico cappellaccio contadino, ad affrontare le ore più calde.
E una salita piuttosto decisa, su per una deviazione che non è quella giusta, ma ha un’indicazione stradale ingannevole.
Nonostante la fatica aggiuntiva, il bilancio della giornata non ne risentirà, per quella sensazione di calda energia che il sole di giugno mi dà lungo la salita priva di autoveicoli, e anche per le immagini che la variante mi regala.
Dopo un paio di contrordini telefonici alla signora affittacamere, alla fine mi sembra di azzeccare l’orario presunto d’arrivo, ma, a scanso d’equivoci, cerco di mantenere un passo sostenuto negli ultimi tre chilometri di salita.
A differenza di San Casciano, dall’aspetto decisamente collinare, la cittadina di Strada in Chianti mi appare in un esteso altopiano.
Mi aspetta l’alloggio finora più confortevole e la straordinaria gentilezza della signora Tania, che mi riempie di ogni premura.
Se non ci fossero stati gli assassini per noia, quelli dei sassi, i ponti sulle autostrade, pur non fornendo gradevoli panorami, non sarebbero “gratificati”. Mi pare che l’ombra rossa al posto del chinotto sia cosa sana, buona e giusta
L’idiozia distruttiva della specie umana costringe a prendere contromisure. Ma a volte non bastano.
Fortuna che abbiamo ancora a disposizione, alla bisogna, un buon bicchiere di Chianti…!