Quest’immagine è stata da me scattata dalla camera del miniappartamento che ho affittato qui nel piccolo paese di Meleto: niente male, come veduta, e gli ambienti sono un po’ spartani ma belli freschi. Per il resto si tratta di un “Bed and bast”, perché la colazione non è prevista e, visto che qui a Meleto non ci sono negozi né bar, anche per la cena ho dovuto arrangiarmi: pane comprato ieri, salsa di olive e melanzane della scorta iniziale e, come dessert, diversi cucchiaini di ottimo polline regalatomi da Massimo.
È venuto il momento di ripercorrere una giornata di cammino complessa e ambivalente, come vedremo.
Alle sette e un quarto sono già pronto: la tappa di oggi è prevista di ventiquattro chilometri, per cui conviene partire presto e con passo veloce.
È domenica e a quest’ora la quiete di Strada in Chianti è magica.
Le ombre, per ora, sono lunghe e il sole lambisce i filari delle viti.
La quiete, accompagnata da un concerto di cinguettii e gorgheggi, è ancora più fatata quando m’inoltro lungo la provinciale 66, di cui percorrerò un lungo tratto, incontrando dapprima una coppia di pensionati mattinieri
poi, a più riprese, ciclisti domenicali, a gruppetti ma anche da soli.
Mi accorgo di tenere un passo molto veloce, qualcosa più di cinque chilometri all’ora; ma non rinuncio a brevi pause per catturare paesaggi di questa terra, che ne è così generosa.
La zona è selvaggia e non c’è copertura di rete né per il mio vecchio Nokia né, soprattutto, per il tablet; ma le numerose mappe scaricate alla vigilia (è diventato uno dei riti serali) hanno un grado di dettaglio sufficiente a non generare dei dubbi sul percorso.
Insomma, tutto va a gonfie vele.
Sono circa le dieci e un quarto quando approfitto del ritorno delle tacche sul telefono, per avvertire la signora dell’appartamento circa il mio orario d’arrivo.
Mancano, le dico, dieci chilometri e le chiedo, prudenzialmente, di aspettarmi fra le dodici e trenta e l’una.
Non avendo capito quale sia il mio mezzo di locomozione, mi sollecita ad arrivare subito, essendo lei già in loco a preparare la camera. Poi chiariamo il divertente equivoco.
Il borgo di Gaville, a sei chilometri e trecento metri dall’arrivo a Meleto, ha tutto l’aspetto degli altri punti di riferimento oltrepassati fino li.
Non è così: avrei dovuto scorgere e imboccare una deviazione e me ne accorgerò, drammaticamente, quando la continua discesa mi avrà ormai portato nella sempre più aperta e piana valle dell’Arno.
Se non altro qui non ci sono problemi di connessione. Chiedo al navigatore, nella consueta “modalità pedone”, un aggiornamento dell’itinerario e lui mi porta presso un piccolo affluente dell’Arno, a percorrere una via pedonale che non esiste.
In questi casi, mentre sei lì come un cretino a battere avanti e indietro, cercando, gli stessi centocinquanta metri di stradina, non manca mai la colonna sonora dei cani che ti abbaiano contro disperati.
Lo sconforto cresce, insieme con l’affaticamento che è comparso tutto in una volta.
Non mi domando neanche se sia magari il caso di risalire a Gaville, e opto invece per chiedere a Google Maps l’itinerario veicolare fino a Meleto.
La risposta è ancora più sconfortante: il tragitto aggiuntivo, tramite la regionale di Valdarno e sotto il sole a picco del mezzogiorno astronomico, mi costringerà ad aumentare di altri otto chilometri e passa la mia giornata di cammino.
Le immagini, che non rinuncio di tanto in tanto a scattare, documentano questa ben differente e inaspettata parte del mio tragitto odierno.
Arriverò alle tre, sfinito anche da un’ultima lunga salita per conquistare il paesello che ora mi ospita.
E ringraziando a più riprese di essere stato solo con me stesso a gestire l’emergenza: l’idea di sottoporre a un sacrificio fisico prolungato un compagno o una compagna di viaggio, mi avrebbe portato al di là della soglia complessiva di sopportazione.
Organizzato, determinato, allenato, affascinato, generoso (e di aggettivi ne avrei ancora diversi) ci porti con te per strade e campagne che a noi non costano fatica.
Dopo tante fatiche ci sarebbe voluta una tavoletta di buon fondente che ti avrei offerta volentieri. Però!, che resistenza fisica e psichica hai…
Buon cammino.
(Sorrido al commento di Amanda)
Cara Sari, altro che tavolette di cioccolato… I tuoi complimenti così abbondanti viziano il mio lato vanitoso (che non manca di certo!)
Comunque so che sono sinceri e ti ringrazio di cuore. 🙂
Magari il compagno o la compagna vantava un miglior senso dell’orientamento e vi risparmiavate entrambi la “prolunga”
Vero, Amanda, ma resta il fatto che le emergenze sono sempre possibili (metti, ad esempio, a causa di un errore nelle mappe) e in tal caso, se non si è davvero un corpo e un’anima soli, l’empatia può essere letale.