17-6: L’attrazione fatale della Val d’Arno

Quest’immagine è stata da me scattata dalla camera del miniappartamento che ho affittato qui nel piccolo paese di Meleto: niente male, come veduta, e gli ambienti sono un po’ spartani ma belli freschi. Per il resto si tratta di un “Bed and bast”, perché la colazione non è prevista e, visto che qui a Meleto non ci sono negozi né bar, anche per la cena ho dovuto arrangiarmi: pane comprato ieri, salsa di olive e melanzane della scorta iniziale e, come dessert, diversi cucchiaini di ottimo polline regalatomi da Massimo.

È venuto il momento di ripercorrere una giornata di cammino complessa e ambivalente, come vedremo.

Alle sette e un quarto sono già pronto: la tappa di oggi è prevista di ventiquattro chilometri, per cui conviene partire presto e con passo veloce.
È domenica e a quest’ora la quiete di Strada in Chianti è magica.

Le ombre, per ora, sono lunghe e il sole lambisce i filari delle viti.

La quiete, accompagnata da un concerto di cinguettii e gorgheggi, è ancora più fatata quando m’inoltro lungo la provinciale 66, di cui percorrerò un lungo tratto, incontrando dapprima una coppia di pensionati mattinieri

poi, a più riprese, ciclisti domenicali, a gruppetti ma anche da soli.

Mi accorgo di tenere un passo molto veloce, qualcosa più di cinque chilometri all’ora; ma non rinuncio a brevi pause per catturare paesaggi di questa terra, che ne è così generosa.

La zona è selvaggia e non c’è copertura di rete né per il mio vecchio Nokia né, soprattutto, per il tablet; ma le numerose mappe scaricate alla vigilia (è diventato uno dei riti serali) hanno un grado di dettaglio sufficiente a non generare dei dubbi sul percorso.
Insomma, tutto va a gonfie vele.

Sono circa le dieci e un quarto quando approfitto del ritorno delle tacche sul telefono, per avvertire la signora dell’appartamento circa il mio orario d’arrivo.
Mancano, le dico, dieci chilometri e le chiedo, prudenzialmente, di aspettarmi fra le dodici e trenta e l’una.
Non avendo capito quale sia il mio mezzo di locomozione, mi sollecita ad arrivare subito, essendo lei già in loco a preparare la camera. Poi chiariamo il divertente equivoco.

Il borgo di Gaville, a sei chilometri e trecento metri dall’arrivo a Meleto, ha tutto l’aspetto degli altri punti di riferimento oltrepassati fino li.
Non è così: avrei dovuto scorgere e imboccare una deviazione e me ne accorgerò, drammaticamente, quando la continua discesa mi avrà ormai portato nella sempre più aperta e piana valle dell’Arno.

Se non altro qui non ci sono problemi di connessione. Chiedo al navigatore, nella consueta “modalità pedone”, un aggiornamento dell’itinerario e lui mi porta presso un piccolo affluente dell’Arno, a percorrere una via pedonale che non esiste.
In questi casi, mentre sei lì come un cretino a battere avanti e indietro, cercando, gli stessi centocinquanta metri di stradina, non manca mai la colonna sonora dei cani che ti abbaiano contro disperati.

Lo sconforto cresce, insieme con l’affaticamento che è comparso tutto in una volta.
Non mi domando neanche se sia magari il caso di risalire a Gaville, e opto invece per chiedere a Google Maps l’itinerario veicolare fino a Meleto.
La risposta è ancora più sconfortante: il tragitto aggiuntivo, tramite la regionale di Valdarno e sotto il sole a picco del mezzogiorno astronomico, mi costringerà ad aumentare di altri otto chilometri e passa la mia giornata di cammino.

Le immagini, che non rinuncio di tanto in tanto a scattare, documentano questa ben differente e inaspettata parte del mio tragitto odierno.

Arriverò alle tre, sfinito anche da un’ultima lunga salita per conquistare il paesello che ora mi ospita.

E ringraziando a più riprese di essere stato solo con me stesso a gestire l’emergenza: l’idea di sottoporre a un sacrificio fisico prolungato un compagno o una compagna di viaggio, mi avrebbe portato al di là della soglia complessiva di sopportazione.

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4 risposte a 17-6: L’attrazione fatale della Val d’Arno

  1. Sari ha detto:

    Organizzato, determinato, allenato, affascinato, generoso (e di aggettivi ne avrei ancora diversi) ci porti con te per strade e campagne che a noi non costano fatica.
    Dopo tante fatiche ci sarebbe voluta una tavoletta di buon fondente che ti avrei offerta volentieri. Però!, che resistenza fisica e psichica hai…
    Buon cammino.
    (Sorrido al commento di Amanda)

    • Franz ha detto:

      Cara Sari, altro che tavolette di cioccolato… I tuoi complimenti così abbondanti viziano il mio lato vanitoso (che non manca di certo!)
      Comunque so che sono sinceri e ti ringrazio di cuore. 🙂

  2. Amanda.B ha detto:

    Magari il compagno o la compagna vantava un miglior senso dell’orientamento e vi risparmiavate entrambi la “prolunga”

    • Franz ha detto:

      Vero, Amanda, ma resta il fatto che le emergenze sono sempre possibili (metti, ad esempio, a causa di un errore nelle mappe) e in tal caso, se non si è davvero un corpo e un’anima soli, l’empatia può essere letale.

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