A differenza di ieri, ho affrontato questa terzultima tappa con la coscienza delle sue insidie: un percorso lungo, venticinque chilometri, dalla Gola del Furlo ai dintorni di Pergola.
Appariva evidente, nel tracciato, la vena creativa di Google Maps: strade secondarie e improvvise scorciatoie. Come se non bastasse, per la prima volta le previsioni annunciavano piogge, rovesci e temporali: nel pomeriggio, ma forse anche in mattinata.
Riesco a partire presto, alle sei e un quarto
e subito il mio timoniere mi fa attraversare il fiume
e imboccare la provinciale “111”, che costituirà, nel bene e nel male, la costante di una delle più difficili tappe del mio viaggio.
La continua salita all’interno della boscaglia, fra il canto indisturbato di tante specie di uccelli, ha un effetto ammaliante.
Mi sento in forze e in armonia con tutta questa pace.
Poi incontro un vivente.
Facciamo subito amicizia e le sue espressioni di festa e di gratitudine per le mie carezze sono assolutamente sorprendenti, tanto che mi viene il sospetto che sia stato abbandonato, benché con il collare.
Ci avviamo, lo vedo correre avanti all’impazzata, poi tornare indietro e quindi infilarsi definitivamente su per un sentiero laterale.
La festa che mi aveva fatto era disinteressata.
Continuo a salire per oltre due ore, smaltendo pochi chilometri dal totale previsto.
Le nuvole, anziché infittirsi, per ora si diradano.
La connessione, quasi assente all’inizio, ora se n’è andata, in uno scenario di colline dove sembra non debbano esistere paesi e città.
Superato il piccolo villaggio di Tarugo, le mie mappe indicano una deviazione a sinistra dalla “111”.
Difficile, anzi impossibile localizzarla, fra le diverse possibilità che si presentano, alcune recanti cartelli indicatori che mi sembrano contraddittori.
Provo a continuare a salire sulla “111”, con la speranza che, scollinando, torni un minimo di salvifica connessione.
Raggiunta quella specie di cresta, il panorama infinito di colline selvagge, che ora credo di odiare, non cambia e della connessione non se ne parla. Anzi, per un paio di volte, nonostante una batteria carica al cinquanta per cento, gli sforzi di agganciare un segnale fanno spegnere il tablet.
Decido di proseguire sulla “111” verso Pergola, pur sapendo di essere fuori dal percorso delle mie mappe: avventurarsi in una laterale sarebbe peggio.
Dopo l’ennesimo spegnimento, il tablet non si riaccende più.
Eccomi davvero solo.
Cerco di prefigurarmi gli scenari che mi aspettano e quello che sembra più probabile è un aggravio, chissà di quanto, della lunghezza totale del tragitto.
Non posso fare a meno di figurarmi un altro scenario: che la batteria sia andata fuori uso per sempre.
Ora la strada scende. Ho il sole di fronte, segno che sto andando a Est, nella direzione generale del mio intero viaggio.
Presso una curva, due uomini stanno conversando, seduti a un grezzo tavolo di un giardino.
“Buongiorno!”
“Buongiorno!”
“Scusate, quanto manca, a Pergola?”
Mi mostra il palmo aperto: cinque chilometri.
“Lo conoscete l’Agriturismo ‘Lo Sgorzolo’?”
“Sì, bisogna prendere la strada per Marotta, un chilometro prima di Pergola.”
“Grazie molte, molto gentili!”
La mia tensione si scioglie di colpo: non ho imboccato le scorciatoie ottimali, ma non sono fuori strada!
E l’antico metodo di domandare si è rivelato molto più efficace dei sussidi tecnologici,
Nei cinque chilometri di discesa verso Pergola, quasi improvvisamente le nuvole si infittiscono.
Al bivio per Marotta, che indica anche l’ospedale, devo decidere il da farsi: puntare verso il primo bar della cittadina di Pergola, o prendere subito la strada consigliatami.
Il rischio del temporale mi fa optare per la seconda: al limite, se non trovo locali pubblici, potrò riparare (e magari anche ripararmi) all’ospedale, dove le prese di corrente per rianimare l’attrezzo non mancheranno.
Ma c’è subito l’insegna di una grande osteria e ristorante.
Dopo un attimo di titubanza decido di entrare.
Sono le undici e mezza.
Chiedo se mi possono fare un panino al formaggio e una birra.
Resta perplesso, poi mi dice di accomodarmi fuori, sotto i tendoni.
Chiedo anche la grazia di una presa di corrente.
Attacco il caricabatterie e, grazie al cielo, il tablet si rianima,
E, appena riesco a fargli quell’interrogazione che mi è stata lungamente preclusa, cioè itinerario e distanza per la mia meta, mi conferma le indicazioni dei due uomini della provvidenza, e la distanza di otto chilometri e mezzo. La deviazione dal percorso ottimale mi è costata solo un paio di chilometri.
Mentre comincio a mangiare sotto i tendoni, si scatena il temporale.
E così, alla fine del mio spuntino. estraggo dallo zaino e indosso tutta la bardatura da pioggia.
Intanto ho fatto amicizia con Silvia, la cameriera che è appena arrivata. Si incuriosisce molto sul mio viaggio, poi parliamo di Senigallia e della sua piccola città di Pergola.
All’una la furia del temporale si è calmata, e la batteria ha potuto ricaricarsi al settanta per cento.
Saluto con simpatia la mia nuova amica e riprendo il cammino sotto una pioggia debole, con i piedi indolenziti da tutte le ore già passate a salire e scendere, ma anche dalla rigidezza, ora, delle suole da escursionismo.
Si tratta di sopportare per un paio d’ore, il tempo necessario a completare la mia lunga tappa.
La deviazione per l’agriturismo mi riporta in una bella campagna quieta, mentre ha smesso di piovere.
Riesco a infangarmi maledettamente gli scarponcini, solo per scattare questa fotografia.
L’ultima salita è sempre la più micidiale, e questa ha una pendenza terribile.
Ma alle tre meno dieci raggiungo l’ agriturismo e l’agognata fine del mio odierno tragitto.
Che avventure! Mi chiedo se qualche volta, nei momenti di difficoltà, non ti venga voglia di chiamare un taxi 😉 per tornare a casa.
Belle foto, sì, anche quella delle colline selvagge.
Buon cammino.
Carissima, in effetti qualcuno ha avuto un’idea ancora più matta… 😀
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Vol._3_-_Il_cammino_di_Santiago_in_taxi
Il mio, di cammino, volge al termine: mancano solo diciassette chilometri.
Evitando la retorica scriverò qualche frase di bilancio, ma ti anticipo che ritengo sia stata un’esperienza ancor più ricca rispetto alle già alte aspettative!
Un caro salutone.
Foto splendide e in fondo, da come avevi aperto il pezzo, mi aspettavo ben di peggio in quanto a smarrimenti 😬
Questa volta in definitiva me la sono cavata bene, ma una sensazione di smarrimento protratta così a lungo non me la ricordavo.
Grazie, Amanda, buona giornata!