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Una coppia di giovani nonni, i premurosi gestori del “Vecchio cipresso”, erano saliti ieri sera, nel trilocale dove (per una modicissima cifra) mi hanno alloggiato, per portarmi la colazione di stamattina.
Unico problema, di cui mi sono accorto troppo tardi: non c’è niente per accendere il gas, e così ho dovuto farmi il tè con l’acqua calda del rubinetto.
Per il resto, una quantità tanto abbondante di dolci e biscotti artigianali che sono “costretto” a portarne via una parte e a trascurare del tutto il cestino con le fette biscottate, le marmellate e altri prodotti confezionati.
Con questo carico straripante di zuccheri, alle sei e tre quarti varco il cancello del giardino per la tappa finale del mio viaggio: diciassette chilometri, dai dintorni di Corinaldo a Senigallia, e riprendo a percorrere la provinciale corinaldese.
Il tempo sembra l’opposto di ieri: aria umida, nuvolaglia estesa e luci opache.
L’unico rimedio contro il fastidio del traffico, che comincia già a sfrecciarti pericolosamente accanto, è forzare l’andatura, per terminare presto questa parte di percorso.
Stando attento a non farmi travolgere, riesco tuttavia a scattare qualche immagine ai campi di girasole.
Il mio Virgilio telematico, o meglio telemappico, ce l’ha messa tutta, oggi, a risparmiarmi dei pezzi della strada forse più pericolosa dell’intera traversata, e ci riesce una prima volta un’ora dopo la mia partenza, deviandomi per un ampio giro su e giù per stradine e piccoli borghi.
All’inizio di questa prima deviazione, non posso fare a meno di “documentare” questa realtà toponomastica…
Un’altra segnalazione sembra promettermi avventura.
Mi inoltro senza timori di sorta, ben contento di ritrovare percorsi a misura di viandante.
Dunque una frana. Capisco subito che l’eroico attraversamento del ponte diroccato e la successiva infinita terra di nessuno, che sperimentai in Umbria, oggi non si riproporranno.
E infatti l’ostacolo è quasi patetico,
ma almeno serve a impreziosire, grazie alla forzata assenza di traffico, l’unica parte interessante del mio avvicinamento alla meta finale.
In un’immagine, probabilmente la prima delle tre precedenti, cerco invano, per il limitato obiettivo del tablet, di riprendere all’orizzonte una piccola striscia blu.
Ebbene sì, l’altro mare, rispetto a quello della mia falsa partenza, diciotto giorni fa (sei di immobilità e dodici di cammino), fa qui la sua prima e unica apparizione.
La ricreazione è finita, sembra dirmi la traccia da seguire sulle mappe, che mi riporta sulla frastornante provinciale corinaldese.
Mi fermo prudenzialmente aggrappato al bordo della strada, quando vedo (o sento) avvicinarsi queste creature mostruose. E attraverso la strada ogni qual volta il ciglio opposto mi sembri un po’ più sicuro.
Uno dei rari slarghi, che mi permette di camminare tranquillo, ospita una strana prospettiva di bancarelle, dove si vende un po’ di tutto, principalmente utensileria meccanica.
Una seconda benedetta deviazione è su una strada che corre parallela alla principale, attraversando un piccolo borgo.
Quando rientro sulla corinaldese, tuttavia, qualcosa, forse visivamente forse acusticamente, sembra essere cambiato.
La città ormai è vicina e un senso di sollievo, più che di emozione, mi attraversa a questa visione.
Non è certo un paesino, Senigallia, e ha la sua brava zona di periferia.
Ma ormai mi sento come a casa e posso infischiarmi del percorso ottimale di Google Maps verso il mio vecchio Hotel Hamburg (dove sono davvero di casa).
Punto verso il centro e ritrovo le zone conosciute, dove ho i ricordi più belli e sereni dei miei ultimi quindici anni di vita.
In fondo al Foro Annonario stanno già montando il palco per il concerto dei Negrita di venerdì, a cui non mancherò.
Proprio accanto alla storica piazza circolare c’è “Marincrescia”, il piccolo locale dove Silvia sforna pizze e focacce biologiche e vegetariane.
È una mia cara amica, a dispetto dello scarto generazionale, e son contento di andare a salutare per prima proprio lei.
Poi è la volta di andare a salutare il mare, che segna la fine del mio viaggio verso Est, interamente con il sole di giugno di fronte, che mi ha fatto da stella cometa ogni mattina.
Riprendo in un video il mio arrivo presso la famosa “Rotonda a Mare”, per trasmetterlo subito dopo su Facebook.
Come ho confidato nel breve video, c’è più di un’ombra di rimpianto, nel non aver potuto compiere la traversata da mare a mare, ma c’è anche, e soprattutto, un senso di ricchezza e gratitudine per un’esperienza il cui bilancio è superiore alle mie pur alte aspettative della vigilia.
Ho vissuto un seguito di giornate davvero straordinarie, cercando di raccontarle sempre dettagliatamente, per chi ha voluto accompagnarmi fin qui alla meta.
Chi può dire di conoscere veramente un territorio se non l’ha attraversato, toccato, respirato? Tu puoi Franz … e sei un vero viaggiatore, ormai padrone delle terre che hai attraversato.
Ben arrivato.
Grazie Sari, c’è sempre tanta sensibilità e gentilezza nei tuoi graditi commenti!
Ed è proprio vero: il ritmo e la libertà del camminare mi ha permesso la conoscenza approfondita di una nuova lunghissima sequenza di luoghi e paesaggi per me inesplorati.
Quanto all’esserne ora “padrone”, mi sento un po’ come le api riguardo ai fiori da cui succhiano il nettare…
Grazie di avermi seguito e sostenuto nella mia bella avventura! 🙂
Anche questa volta è fatta.buon caterraduno!
Grazie Amanda.
Adesso ci possiamo riposare… 😉