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Sogno di sentire il mio nome, sfigurato da uno storpiante accento americano, in un’ipotetica notte degli Oscar della poesia.
Sabato 18 maggio, in un hotel di San Benedetto del Tronto, posso star sicuro che questo non avverrà.
Prima di spiegare a che cosa mi riferisco, tuttavia, mi piace srotolare il gomitolo del tempo fino a molti anni fa.
Esattamente fino al 1980, sì, proprio l’anno di Ustica e della strage alla stazione.
Per me, fu anche l’anno del primo impiego come operatore meccanografico in un centro elaborazione dati, che pose fine a un solitario cammino “in direzione ostinata e contraria”: abbandonati gli studi universitari, mi ero dedicato esclusivamente a un’attività di introspezione, che avvertivo come l’unica cosa veramente importante o, per meglio dire, possibile.
La scrittura mi era stata amica: fitte pagine di diario e, di tanto in tanto, poesie, scritte con un misto di effusione sentimentale nei contenuti e qualche velleità spiazzante nella forma.
Ne avevo inviate a qualche concorso.
E un bel giorno di quel lontano anno, mi arrivò una lettera: la mia lirica intitolata “La storia” aveva vinto il terzo premio del concorso indetto dalla rivista “Adige panorama” di Bolzano.
L’emozione fu letteralmente straripante.
Ricordo con un misto di fastidio e tenerezza il completo a doppio petto blu aviazione dentro cui mi presentai alla cerimonia, ma anche il coinvolgimento nell’ascolto del brano, letto da una giovane attrice in maniera molto palpitante (e del tutto ignara di quella mia parallela volontà di straniamento nella scansione un po’ irregolare dei versi).
Nei quindici anni successivi, smisi di partecipare a concorsi, con l’obiettivo di accumulare materiale per una raccolta. Continuai di tanto in tanto a dedicarmi alla scrittura e alla mia evoluzione stilistica, con risultati che ancora oggi mi sembrano molto interessanti, ben più di quell’ingenua lirica che pure mi aveva dato la gioia di un riconoscimento.
Di quel periodo, conservo su un documento elettronico una ventina di poesie selezionate.
Poi, sicuramente a causa degli stress lavorativi, la vena si inaridì.
A gennaio di due anni fa, l’ultima grande svolta, cioè il distacco definitivo dal lavoro, ha infine consentito una sorta di riparazione interiore delle condutture interrotte per oltre vent’anni: ho avvertito una ripresa d’interesse per gli effetti di accostamenti di parole, interesse che doveva riportarmi a scrivere in versi.
E infatti è successo lo scorso settembre e, da allora, in modo sistematico, al ritmo di quasi una poesia alla settimana.
A darmi nuova e costante spinta, lo stato di grazia che avverto all’atto della scrittura (e successive rifiniture), ma anche gli incoraggiamenti che ricevo dagli amici su Facebook, che sarebbero immancabili, non fosse per la casualità nella diffusione automatica dei post, che gli utenti di quell’ambiente conoscono bene e sono tenuti a sopportare.
Ma mi piace il carattere aleatorio, “mordi e fuggi” per sondare il gradimento, che vi viene garantito, senza una fissità che solo una futura raccolta dovrà avere.
Sempre su Facebook, poi (vedi qui), ma anche su qualche sito dedicato (vedi qui), ho scoperto il proliferare di vari concorsi su tutto il territorio nazionale, sicuramente favorito da interessi economici: l’iscrizione costa di solito dieci euro di cosiddette spese di segreteria, che evidentemente rappresentano un buon affare per gli organizzatori.
E così, dopo tanti anni, mi sono cimentato nuovamente su vari agoni nazionali.
I primi tentativi sono stati infruttuosi, ma, cosciente anche dei progressi che intanto la pratica mi stava regalando, mi sono iscritto a un nuovo gruppo di concorsi, che proprio in questi giorni stanno diffondendo i risultati.
Uno di questi, indetto, nella sua dodicesima edizione, da una libreria di San Benedetto del Tronto, in collaborazione con enti locali e no (fra cui, chissà perché, un bed and breakfast nel bellunese!) mi ha comunicato la mia nomina fra i quindici finalisti che saranno premiati, come si diceva, sabato 18 maggio.
Mi si dice che “the winner”, il vincitore della categoria (poesia inedita) è già stato avvertito, ma non è chiaro se venga stilata una classifica puntuale di noi altri quattordici, che comunque qualche attestato, qualche libro e piccolo omaggio, porteremo tutti a casa.
La notifica di un premio, dopo quasi quarant’anni da quel giorno, è stata un evento dolce, anche se nemmeno paragonabile con l’emozione di allora.
Non so se avrò altri riconoscimenti: quello che mi stava più a cuore, sia perché indetto da un’associazione bolognese di amici della poesia, sia perché aperto a sillogi di dieci liriche, sia infine perché prevedeva come primo premio la pubblicazione di un libro, mi ha riservato una delusione. Escluso dai dieci finalisti, nonostante le raccolte in concorso fossero solo cinquantadue.
Credo che non sia piaciuto lo stile che, in queste mie nuove opere, sono andato maturando, con mia stessa sorpresa.
Lo definirei infatti “prosa in versi”, cosa che ho sempre considerato il più classico difetto dei principianti.
Non importa: mi ostino a ripetermi che nel mio caso sia un punto d’arrivo, o forse un passaggio obbligato, e che comunque la riconquista della pratica creativa sia già un bellissimo premio, insito nella stessa scrittura e foriero di nuovi orizzonti.
E ora, ringraziando chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui la mia storia, trascrivo la poesia che verrà premiata fra un paio di settimane.
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L’annuncio
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Stiamo cercando bastoni per fare una capanna
annuncia amplifica giustifica verbosa la bambina
alla mamma annoiata solitaria
che allunga il collo a favorire l’esposizione al sole
i colpitori di pallina con la racchetta
nella presumibile
penombra colorata e aria soffocante della tensostruttura
non ancora smantellata giacché siamo ancora in marzo
scandiscono questo tempo spiazzato
dall’orgoglio e da distese di margherite
della più esuberante e sfacciata delle primavere
al ritmo ipnotico e all’eco deformata
di lenti scambi di gioco
toc
toc
e dei loro stringati austeri commenti
che giungono come dall’oltretomba
pensavo
al privilegio che ho acquisito
di poter costruire castelli di sabbia
coi mattoni di quasi sessant’anni di ricordi
e poi
che sottovalutiamo l’unicità dei momenti
di questa nostra navigazione su un vascello
nell’oceano provvisorio di vita mortale
mentre ne fissiamo sculture di quotidianità e disagi
nell’ansia di scoprire ogni giorno
la prossima smazzata di carte quasi mai
soddisfacente
mi riesce difficile parlarne
tanto più a donne impettite su un asse d’equilibrio
ma confesso di non aver ancora imparato
l’arte gratuita degli usignoli
che ignari del nostro stesso destino di mortali
traggono da questo straripare di luce
e dai primi calori della stagione
linfa e motivo per modulare
imperterrite fino a sera
e sempre diverse e inafferrabili
inascoltate melodie
P.S.: linko il video della lusinghiera premiazione: clicca qui.
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(immagine presa dal sito freakingnews.com)
caro, non l’ho capita molto, anche se apprezzo la seconda parte, ma ti chiedo conto della totale assenza di punteggiatura???
Leggo solo ora questo commento, che attribuisco all’amico Massimo sotto mentite spoglie.
L’assenza di punteggiatura è il frutto di un’opera di ricerca anticonvenzionale e ribelle di un mio stile autentico, avvenuta in anni lontani e che ho ereditato, senza alcuna esitazione, quando, lo scorso settembre, ho finalmente ripreso a scrivere in versi.
Credo che, superato quel minimo di smarrimento in chi cerca le sicurezze di una prosa giornalistica, possa offrire suggestioni particolari.
Congratulazioni Franz !
Grazie, Amanda. Non è il Pulitzer ma per ora mi accontento! 🙂