Cena in una cosiddetta “pizzeria gourmet” di grande richiamo, per festeggiare l’arrivo di Massimo ed Elena.
Buone le pizze, ma ancora più buoni gli elementi su cui poter cazzeggiare per giorni interi: l’assurda gestione paramilitare di una miriade di camerieri, perfettamente inquadrati in ruoli e compiti, e l’amara successiva, tardiva scoperta che la nostra richiesta, fuori standard, di un’insalatina verde come antipasto, ci è costata otto euro a testa!
Colazione alle cinque e tre quarti, nella “sala comune” dell’ostello.
E alle sei e venticinque comincia il mio tredicesimo segmento della Via Francigena, con la grande novità della compagnia della coppia di amici, che mi accompagneranno per le ultime tre tappe, fino al traguardo di Piacenza.
C’è già un po’ di campagna, nella periferia Ovest di Pavia dove abbiamo alloggiato: per trovare i segnavia con il logo del pellegrino dovremo giungere fino in centro,
con un’iniziale marcia di oltre mezz’ora.
Ma ne vale la pena.
Non capita spesso di visitare una città nella quiete sospesa delle sette di una domenica mattina.
Affogata fra tanta bellezza, ci si può imbattere anche in un’immagine che ci ricorda una realtà più stridente.
Ma c’è spazio anche per annunci grotteschi.
La lunga periferia opposta è battuta dalle solite, classiche accoppiate di cane e padrone.
Finalmente il tragitto, oggi insolitamente tutto su asfalto, si addentra nella campagna, avvicinandosi, anche se non la scorgiamo, a un’ultima ansa del Ticino prima della sua confluenza nel Po.
Un bar nel piccolo paese di San Leonardo appare benvenuto per la pausa di metà percorso.
Potendo sorvolare il nostro tragitto, così come prima avremmo visto l’accostamento al Ticino, ora, fra gli abitati di San Leonardo e San Giacomo, assisteremmo a un mancato contatto, di poco, con il letto del Po.
Massimo ed Elena sono entrambi laureati in agraria. Hanno occhi attenti sulla campagna che attraversiamo e per me è un piacere nuovo guardare con i loro occhi e ascoltare le loro considerazioni e spiegazioni.
Nel passare davanti alla sede di un allevamento bovino,
restano stupiti dalle relative dimensioni, testimoniate da un’imponente stoccaggio di fieno.
Qui, un trattore non presidiato (come già avevo visto e fotografato nei giorni scorsi), con la potenza del suo motore convoglia acqua da un canale all’altro, per l’irrigazione di una risaia.
Strani giochi di colore, nei campi dov’è già passata la mietitrebbiatrice.
La parte finale del tragitto passa attraverso una suggestiva zona molto alberata.
A completare la terna di santi che assistono al nostro pellegrinaggio, l’ultimo paesino prima di Belgioioso (dove si concluderà la tappa) si chiama Santa Margherita.
Qui, la memoria delle alluvioni testimonianza la vicinanza, che può essere minacciosa, col nostro fiume più importante.
Poi la strada vira di novanta gradi e punta direttamente all’abitato di Belgioioso, dove, nell’unico ristorante-hotel, dopo cinque ore e venti dalla partenza, termina la nostra gioiosa fatica.
Tappa stringata 😁
Beh veramente direi tappa normale e racconto stringato… ma ora sono in compagnia! 😀