Ci hanno trattati bene, il proprietario-pizzaiolo e la signora romena tuttofare dell’albergo.
L’aria condizionata, in camera, uscendo da un grande convettore sotto la finestra e rinfrescando a fatica l’ambiente, però, faceva il rumore della sala macchine del Titanic.
Quando mi alzo, alle cinque e mezza, non mi sento riposato a dovere.
Per la colazione ci hanno lasciato un po’ di gradita frutta e alcune merendine confezionate.
Siamo pronti e ci incamminiamo per le vie di Belgioioso allo stesso orario di ieri, le sei e venticinque.
L’aria molto fresca dà un piacevole senso di benessere e di forte propulsione alle gambe.
Vedo che anche i miei amici procedono di buon passo senza sforzo.
C’è una prima piccola località da attraversare, Torre de’ Negri, dove non si può ignorare questa villa in stile pacchiano spinto.
Elena nota sul tetto la bandiera americana. Ecco, tutto torna…
La campagna lombarda, ancora una volta, presenta tracce vistose dell’insediamento umano.
I due esperti agrari che ho a mia disposizione mi spiegano che quegli enormi silos contengono granoturco e per questa ragione sono popolati, nella trave superiore, da un’ordinata e fittissima compagine di uccelli che, evidentemente, trovano il modo di attingerne.
Massimo apprezza, dopo l’asfalto di ieri, di camminare su una strada sterrata, anche per l’effetto meno violento sulle gambe. Benché un po’ alleggerito da ieri, il suo zaino, anche a vista d’occhio, resta carico e pesante.
L’itinerario è obbligato ad aggirare un lago, evidentemente nato dalla cava sovrastante.
Milleventinove anni fa, il vescovo Sigerico non fu sicuramente costretto a seguire quell’accerchiamento…
Fu invece costretto, poi, a superare come noi il fiume Olona.
È da diversi giorni che procedo tutte le mattine con il sole di fronte, cioè verso Est.
Mi viene da immaginare un’irresistibile attrazione, subita dal vescovo di Canterbury, verso la terra santa.
Ma sono solo fantasie e, comunque, la tappa di domani, l’ultima della mia traversata, segnerà un’immediata iniziale rotazione di percorso, puntando finalmente verso Sud, a incontrare il Po.
Noi, ora, puntiamo al paese di Santa Cristina, per la pausa di metà percorso.
Vi giungiamo dopo quasi tre ore dalla partenza:
il bisogno di una sosta rigeneratrice è evidente.
Succo di frutta per Massimo, tè caldo al limone per Elena e lo stesso per me (con l’aggiunta di due morbide pizzette), a testimonianza di condizioni climatiche fin qui favorevoli.
Poi si riprende il cammino, in una zona ricca di spunti panoramici.
Ci vuole un’ora per raggiungere il paese di Miradolo Terme.
Un’altra pausa si rende necessaria, sia per la fatica accumulata, sia per dare un po’ di tregua a un piede di Elena, tormentato da una vescica.
Questa volta però è una sosta all’aperto: c’è il mercato e veniamo catturati da un grande banco di frutta e verdura.
Scelgo di acquistare un grappolo d’uva, poi l’abilità del giovane imbonitore mi convince a prenderne due grappoloni, belli e desiderabili, certo, ma anche ingombranti e pesanti.
Li vado a lavare alla fontanella, poi mi metto a sgranarli, riponendo i chicchi (quelli che non finiscono casualmente in bocca durante l’operazione), nei recipienti di plastica che tengo nello zaino e in uno dei miei due marsupi.
E si riprende ancora il cammino.
Giungiamo in località Camporinaldo poco prima di mezzogiorno.
Il programma prevede di abbandonare qui il tracciato francigeno per puntare verso l’agriturismo che ho prenotato.
Il buon vecchio Google Maps, che torna a dettare il percorso, indica qui due possibilità.
Ritenevo preferibile quella che punta verso la collina di San Colombano al Lambro, prevedendo un’ultima ora di cammino, ma dopo un rapido consulto decidiamo di rimanere sulla provinciale, che farà risparmiare venti minuti di sofferenza a gambe affaticate e piedi dolenti.
L’asfalto riverbera il calore del sole, mentre frequenti autocarri ci sfrecciano accanto. Cerchiamo di mantenere una buona andatura per far finire presto questa parte sgradevole della camminata, che comunque non ci nega dei begli scorci collinari sulla sinistra
e lo spettacolo di una mietitrebbiatrice in azione sulla destra.
Raggiunta finalmente la deviazione verso la nostra meta, si impone un altro consulto.
A dispetto del suo nome, il nostro agriturismo offre soltanto servizio di camere e colazione.
La proprietaria mi ha avvertito che il ristorante più vicino dista un chilometro e mezzo, altrimenti bisogna rifornirsi nel supermercato e sfruttare frigorifero e sala colazioni per la cena.
Anche in questo caso prevale l’opzione più morbida: il supermercato si trova sulla provinciale, più avanti ma già in vista.
Ci attardiamo un po’ nel fare la spesa e quando usciamo è già l’una passata.
Da qui Google Maps ci indica di non tornare indietro, ma di proseguire fino alla prossima deviazione sulla sinistra.
Ci attende una disavventura finale.
Per esperienze passate, affronto senza troppa preoccupazione un segnale stradale di divieto di accesso per strada bloccata.
Quando arriviamo nei pressi del cantiere, mi accorgo che la situazione non è semplice: il passaggio è stato sbarrato anche ai pedoni, tramite un reticolato invalicabile.
Un uomo manovra un trattore, un altro gli sta vicino.
“Scusi” grido due o tre volte finché mi sente, “ci fa passare?”
“No.”
Insisto ripetutamente: siamo diretti quassù all’agriturismo.
“No.”
“No,” gli faccio ironicamente eco due o tre volte, mostrando il pollice recto.
L’ha avuta vinta, costringendoci per puntiglio a un supplemento di strada e di fatica.
Mentre torno verso i miei amici, rimasti a una certa distanza, improvvisamente inverto il cammino e, sfacciatamente, punto il tablet contro di lui per fotografarlo.
La sua reazione è violenta: mi intima di cancellare la fotografia altrimenti chiama i carabinieri, perché questo è un metanodotto.
Nonostante l’infondatezza dell’argomentazione, ribadita anche a fronte delle proteste di Elena, capisco subito che è meglio dargliela vinta e mi mostro condiscendente, ed eseguo sotto i suoi occhi la cancellazione dell’immagine.
Bisogna tornare sulla provinciale e ripercorrerla, fino a riprendere la deviazione precedente verso la collina.
L’adrenalina della sfida con quel pezzente, tuttavia, mi rende sopportabile il supplemento di fatica.
Anche Massimo ed Elena sopportano senza fiatare, salvo criticare l’assurda intransigenza di cui siamo vittime.
Quando prendiamo la deviazione precedente, trovo anche la voglia di fare le ultime fotografie,
fino al sospirato arrivo, sette ore e un quarto dopo la partenza, alla vecchia immensa cascina ristrutturata, un posto assolutamente magico, dove passeremo l’ultima sera della mia traversata e del nostro cammino insieme.
I metanodotti sono coperti dal segreto di Stato🤔
Ovvio, e anche dal Terzo Segreto di Pulcinella! 😀 😀