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Sì, mi sento molto meglio, dopo quella lunga sosta al bar, pur con le sue luci e ombre; e il passo è nuovamente baldanzoso.
Peccato solo che, distratto da qualche superflua e stupida consultazione sul tablet, mi dirigo, baldanzosamente e immediatamente, fuori dalla traccia, assecondato peraltro dal lungo passaggio sopra un cavalcavia dell’autostrada (salita/pianoro/discesa) che, nell’itinerario ad arco che sto effettuando, era certamente previsto.
La mancanza dei sempre frequenti segnavia mi mette in allerta e la consultazione della mappa, con il segnalino lontano dalla sottile linea rossa, mi dà la sgradita conferma, né ci sono alternative alla necessità di ripartire dal via.
Unica piccola concessione del destino crudele, una minuscola scorciatoia che almeno mi evita di ripassare davanti al bar.
Scontato che ho il giro aggiuntivo, di cui oggi non si sentiva certo la mancanza, si può ripartire.
A dispetto delle più ragionevoli aspettative, nelle seconde tre ore e mezza di cammino accuserò la fatica meno che in quella lunga strada ghiaiosa e selvaggia affrontata prima, e pure il calore del sole resterà sempre mitigato da una buona ventilazione.
La luce più netta, ora che il sole si è alzato nel cielo, migliora gli spunti panoramici.
Dopo un attimo di titubanza, decido di dedicare uno scatto anche al ricordo di un bambino, stregato da un passaggio a livello durante le sue lunghe vacanze al mare.
C’è un ultimo borgo da attraversare, a Nord dell’autostrada; si chiama Bastelli.
Ed ecco finalmente il cavalcavia giusto, al di là del quale si notano, sempre più vicine, le prime alture appenniniche.
Ancora degl’interessanti scorci agresti:
durante la marcia d’avvicinamento alla città di Fidenza che, finalmente, compare all’orizzonte.
L’attraversamento della Via Emilia questa volta avviene sotto un cavalcavia
ed ecco che, dopo tante ore e tanta strada, il paesaggio comincia a cambiare, con l’ingresso in città, che mi riserva subito un incontro sorprendente.
Vengo superato da un monopattino elettrico; il suo conducente mi saluta e mi domanda al volo se sono un pellegrino.
Risposta ormai collaudata: “Diciamo un camminatore!”
In realtà ha tanta voglia di comunicarmi ciò che all’inizio stento ad afferrare:
“Credo di essere il primo in assoluto” mi fa.
Sì, avete capito bene: siamo in presenza del primo esemplare di pellegrino francigeno elettromonopattinatore!
Dopo esserci dati il gomito (uno dei pochi làsciti simpatici della pandemia) e scambiati gli scatti fotografici, indugiamo volentieri in chiacchiere.
Lui è un giovane architetto e insegnante universitario; è siciliano ma risiede a Milano, da dove è partito con il suo… destriero del terzo millennio. La sua fatica principale è quella di questuare prese di corrente ad ogni necessità di ricarica; vorrebbe arrivare fino a Roma, se gl’impegni di lavoro glielo permetteranno; intanto ha già in programma una lezione universitaria in videoconferenza dalla Toscana, ospite di un amico proprio come poi sarò io a Viareggio (ma da felice pensionato).
L’unica cosa che ci dimentichiamo è di dirci reciprocamente il nostro nome.
Lo vedo alla fine ripartire con sicurezza e velocità; per qualche momento, fin quando resterà nel mio campo visivo, avrò a disposizione un segnavia del tutto speciale.
Il centro di Fidenza mi accoglie quindi in tutto il suo fulgore.
È il momento di prendere contatti con il bed and breakfast, situato in una frazione un paio di chilometri fuori città.
Decido di farlo comodamente seduto, in un’eccezionale seconda sosta bar, motivata sia dalla lunghezza della tappa, sia dalla soddisfazione di averla ormai felicemente quasi conclusa.
È l’occasione anche di dare un’ultima chance a una nostra vecchia conoscenza: Sua Maestà il Chinotto, reduce da un tonfo nella mia stima quando, in una delle ultime sue comparse dell’anno scorso, ebbi la curiosità di leggere gl’ingredienti nell’etichetta del San Pellegrino, purtroppo di gran lunga il più diffuso.
Zero virgola zero cinque per cento di succo del frutto, se ben ricordo: uno scandalo, per non dire una truffa.
“Che strana bottiglia; di che marca è?” chiedo speranzoso al barista che, dopo aver assecondato incredibilmente la mia richiesta di darmelo non freddo, non ha estratto la consueta lattina nera.
“San Pellegrino” mi fa.
“Eh già, quello classico” abbozzo ipocritamente, con in cuor mio la condanna a morte per questa bevanda, almeno fin tanto che non avrò a disposizione sicura quello della Lurìsia o addirittura quello sopraffino della Galvanina.
Nessuno dei due recapiti telefonici, che chiamo col mio vecchio e fedele Nokia 3-G, risulta reperibile.
Mi tocca allora memorizzarli nella rubrica del tablet, ma l’avrei dovuto fare comunque perché, molto gentilmente, il locandiere mi promise che mi avrebbe inviato la posizione tramite WhatsApp.
Ed è in questo ambiente che mando lo stesso messaggio a entrambi i recapiti, sperando in miglior fortuna, poi pago il conto e mi avvio, facendomi guidare da Google Maps.
Man mano che procedo aumenta il disagio di non avere la certezza del mio alloggio, allontanandomi al contempo dalla città dove potrei trovare un’alternativa, nel peggiore dei casi.
Finalmente vedo la doppia spunta blu in uno dei due messaggi.
Subito chiamo col Nokia il relativo numero. Non disponibile, mannaggia.
Ha inizio per me, come ricordo di aver già vissuto, un camminare contraddistinto da un vero e proprio ingorgo tecnologico, fra continui tentativi telefonici, controlli su WhatsApp, utilizzo contemporaneo del tablet per la navigazione e, per non farmi mancare niente, anche della macchinetta fotografica per immortalare, in momenti diversi, le due immagini che seguono:
L’angustia, crescente, accompagna il mio allontanarmi dal centro, poi anche dalla periferia della città. La non reperibilità del numero risultato presente in WhatsApp è evidentemente intenzionale.
Poi, finalmente, un segno di vita dall’altro numero. Un sms che mi promette di richiamarmi di lì a poco. Cosa che succederà un attimo dopo il mio arrivo al bed and breakfast, ovviamente deserto.
Ritrovo la gentilezza del giovane gestore, che mi assicura di arrivare subito, come in effetti avviene.
Mi spiegherà poi, scusandosi, che era in giro in una zona non coperta; ciò che non mi spiegherà è il comportamento di sua moglie che, ricevute le mie chiamate e i miei messaggi, ha preferito chiudere ogni canale, regalandomi così gli ultimi palpiti di una tappa lunga e, tutto sommato, felice.
Che, infine, trova il meritato riposo in questa bella camera mansardata.
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Ecco, al termnine di ogni tappa ci rassicuri mostrandoci la stanza che rigenererà le tue forze ed è un sollievo anche per chi ti legge.
Buon riposo.
Ogni testimonianza di condivisione dà significsto alla mia laboriosa attività di reporter.
Grazie, Sari, e scusa l’enorme ritardo, ma WordPress non mi aveva notificato questo tuo commento.
Bella Fidenza! Ora mi hai messo la curiosità sul Chinotto Galvanina che non ho mai assaggiato
Rarissimo da trovare, ma assolutamente impareggiabile!
La Fonte Galvanina di Rimini cerca di distinguersi per la ricercata qualità delle sue bevande, fra cui quella al mandarino.
Buona caccia!