29-6: Le prime colline verso il Taro

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“Pak!” : è un po’ come lo scoppio improvviso di un palloncino, un’impressione quasi sonora mai provata prima, il mio risveglio mattutino da alcune ore di sonno profondissimo, utili come sempre a ricaricare il fisico e la mente.Per un eccesso di timidezza, quando il proprietario ieri mi ha chiesto se avessi qualche preferenza per la colazione, mi son tenuto dentro quello che avevo ben chiaro: un po’ di frutta.
Ma per fortuna ho ancora un paio delle mie albicocche, che addento subito dopo aver messo a bollire l’acqua del tè, bevanda che poi accompagna un tripudio, al limite dello stomachevole, di dolci, artigianali e no.

Ben lontano dal bissare la mia partenza all’alba di ieri, comincio la mia nuova giornata di cammino poco dopo il mio vecchio orario standard delle sei e mezza.
In pochi minuti di strada rintraccio il filo d’Arianna francigeno e i suoi sempre abbondanti segnavia bianco-rossi, mentre il sole già accarezza i campi.

Da queste parti, anche di lunedì mattina, c’è chi non rinuncia a un po’ d’attività sportiva nell’aria fresca,

magari anche in compagnia.

Per quanto mi riguarda, sento le gambe tonificate dai ventotto chilometri di ieri, e un senso di leggerezza quasi euforica, mentre il percorso vede l’esordio delle prime salite.

Sono momenti belli, i più belli finora, alla pari con l’emozione di ieri all’alba, con la felpa addosso, quel breve tempo intercorso prima di controllare l’astuccio degli occhiali…
Ma tutto è bene quel che finisce bene.

Il senso di benessere si sposa con i paesaggi, resi più movimentati dei giorni scorsi da questi primi dislivelli, con la vegetazione più fitta e il suolo stradale spesso non asfaltato, anzi in certi casi a livello di un vero e proprio tratturo.

Un amico verde, questo frondoso pero,

mi ha lasciato sul terreno alcuni doni, ancora perfettamente sani, soltanto ricoperti da un po’ di polvere della piccola strada.
Ne addento un primo: ha una polpa consistente e dolce. L’esperimento riuscito avrà almeno un paio di repliche, ad assecondare in maniera imprevista il mio desiderio di frutta.

Un altro sportivo, nel superarmi, mi domanda se sto percorrendo la Via Francigena.
Alla mia risposta affermativa si ferma, con l’evidente desiderio di parlarmi di sè.

Perché lui, qualche anno fa in bicicletta con degli amici, l’ha percorsa tutta, compresa la lunghissima appendice fino a Santa Maria di Leuca.
“Ne farei ancora dei giri, ma non trovo qualcuno che venga con me, e poi mia moglie non vuole…, sarà per l’eredità!”
Rido per la battuta, anche se è un po’ forzata e il nesso logico non c’è.
Mi confida la sua età: ha passato già abbondantemente la settantina.
“Portati molto bene, complimenti! Si vede che l’attività sportiva fa bene.”

Nel proseguire, m’imbatto nel primo dei numerosi campi di girasole che, con le loro intense macchie di colore, arricchiranno spesso l’odierno tragitto.

Il percorso collinare mi offre sempre nuovi spunti fotografici.

Con la vitale leggerezza di questa mattinata, che mi fa affrontare a cuor leggero le salite, il tempo e i chilometri scorrono agilmente.

Sono passate già quasi due ore e mezza, metà del percorso odierno previsto di ventuno chilometri, e la grazia di questo “perfect day”, appena raggiungo la cresta che ospita il… promettente borgo di Costamezzana, si manifesta in questo segnale:

e, conseguentemente, in questo locale:

Alcuni lavoratori discutono con un accento pugliese quasi caricaturale.

Al banco vengo accolto con grande entusiasmo dal socievole e sorridente barista.
Il mio status di pellegrino, come l’anno scorso, mi sta riservando quantità insolite di gesti e trattamenti di calore autentico, che certamente non rifiuto né disprezzo.
Mi chiede i dettagli del mio viaggio e prova a indovinare, dal mio accento non esattamente pugliese, la provenienza: “È romagnolo?”
“Non proprio, sono di Bologna. Comunque ha un buon orecchio!”
Mi fa fare un timbro sulla fatidica “credenziale” (che, dopo l’esperienze dell’anno scorso, ho pensato bene di portare con me nel marsupio), poi mi chiede che cosa desidero.
“Ha degli sciroppi? Rabarbaro, menta…?”

Ebbene sì, cari lettori: ho trovato mentalmente un ottimo sostituto al vecchio e squalificato chinotto!
E, poiché i tavolini all’interno sono destinati alla trattoria, vado a sorseggiare fuori il mio beverone di menta.

Una giovane del luogo, dall’aspetto sportivo, è intanto arrivata e partecipa alla conversazione col barista e, a tratti, con me.
Entrambi conoscono la mia destinazione odierna (l’agriturismo “Pasto-rè”) e ne parlano con simpatia, sia per la posizione su una collinetta, sia perché è gestito, con le sue pecore, da un pastore sardo.

Poi li sento parlare di una persona che è appena mancata e di cui si sta per celebrare il funerale, fra poco.
Si tratta, tragicamente, di una giovane morta in un incidente in motorino, come spiega il barista, con un tono di voce incredibilmente sereno e non impoststo al convenzionale compianto.
Se è un credente, dev’esserlo davvero.

Vedrò gli inconfondibili addetti alle pompe funebri di lì a poco, all’entrata laterale della grande chiesa dalla facciata in stile bizantino.

Ripartito di buon passo lungo la variante “ciclovia francigena”, che mi è stata consigliata al bar per rimanere in quota, mi sento superare e salutare da un ragazzo e una ragazza in bicicletta, con le tasche laterali da lunga percorrenza, intenti a pedalare col rapporto agile da salita.

Li torno a raggiungere poco dopo, intenti a riparare qualcosa.

“Tutto a posto?”
“Sì, stiamo stringendo una sacca che balla un po’.”
Sono partiti proprio oggi da Fidenza e seguiranno la ciclovia fin verso Siena, da cui poi faranno, mi dicono, “il giro della Toscana”.

Li lascio mentre lei sta addentando una barretta energetica; stranamente, non ne verrò più raggiunto di nuovo, come mi aspettavo.

Anche oggi, la lunga progressione del sole, verso il cielo più alto, dona intensità di colore ai quadri di questa giornata, che mi appare sempre più perfetta.

Per effettuare quest’ultimo scatto, mi sono allontanato di un paio di metri dal ciglio della strada.
Quando rientro, mi ritrovo di pochissimo preceduto, a passo veloce, da una giovane Venere in Infradito,

che non riuscirò a raggiungere, anche per nuove improrogabili esigenze fotografiche:

Un’improvvisa deviazione in discesa segna l’inizio di un susseguirsi di sentieri campestri e tratturi che sembrerà non avere fine.

E proprio come ieri, la parte più selvaggia dell’itinerario non riesce a darmi le consuete emozioni, anzi viene a turbare, gradualmente, sempre più, il senso di un “perfect day” che si sta protraendo più delle attese.
Mi aspettavo di vedere all’orizzonte gli agglomerati urbani del fondovalle del fiume Taro, verso cui sono diretto, e invece continuo a marciare fra campi e ancora campi.

Quando raggiungo una prima strada asfaltata, provo a interrogare Google Maps sui chilometri e il tempo di cammino che mi separa dall’arrivo.
La risposta mi sembra così esorbitante che la spiego solo con la mancata conoscenza, da parte del navigatore stradale, dei sentieri agresti che mi fa percorrere il tracciato francigeno.

Ma m’inganno. Dovrò presto convincermi di aver sbagliato clamorosamente il chilometraggio della tappa odierna, tanto che alla fine si rivelerà lunga come quella di ieri, con la differenza, però, di non aver potuto calibrare mentalmente lo sforzo.

E anche quando raggiungo finalmente il fondovalle, implacabilmente Google Maps mi indica ancora un’ora e venti di cammino, se percorrerò la trafficata provinciale (nella foto che segue, affiancata da un raro tratto ciclopedonale) attraverso i paesi di Medesano e Folegara, rinunciando alle più umane ma anche più lunghe varianti francigene.

Se l’inizio di questa tappa mi aveva fatto vivere i momenti più belli del mio viaggio, il finale rappresenta ora quelli più brutti, o quanto meno quelli più difficili.

La lunghissima marcia sulla provinciale, tuttavia, non sarà un’esperienza da buttare, anzi, tutt’altro: mi rivelerà infatti, a sorpresa, una capacità di sopportazione della fatica e dell’indolenzimento muscolare che, in tutti questi anni di camminate, non avevo ancora sperimentato.
Il controllo della respirazione, che mi ritrovo allenato da pratiche di meditazione, e una sorta di “trance” mentale indotta dalla regolarità del passo, mi daranno la costante sensazione di stare risolvendo senza danni la situazione critica, come attingendo a un prezioso serbatoio di energie di riserva.

L’orologio segna l’una e tre quarti quando imbocco la stradina in salita verso l’agriturismo.

L’abbondante mezz’ora che segue, intrattenuto dal co-gestore dall’accento napoletano (dunque non il pastore sardo) per il tempo necessario a preparare la camera, meriterebbe un racconto a parte, ma mi sono dilungato fin troppo.

Alle quattordici e trenta prendo possesso della mia stanza.

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Informazioni su Franz

Per una mia presentazione, clicca sul secondo riquadro ("website") qui sotto la mia immagine...
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3 risposte a 29-6: Le prime colline verso il Taro

  1. Franz ha detto:

    Continuo ad avere un giorno di scarto rispetto al racconto delle giornate.
    Oggi avevo tutto il tempo per mettermi in pari, ma una connettività pessima mi ha reso quasi impossibile questa odierna pubblicazione.
    Temo che domani, verso il Passo della Cisa, le cose non vadano meglio.

  2. Amanda ha detto:

    Hai capito come sia potuto succedere l’errore nel calcolo?

    • Franz ha detto:

      Nella pianificazione dei chilometraggi, ho a disposizione due fonti: la lunghezza totale delle tappe ufficiali nel sito della Via Francigena, e Google Maps.
      Dato che le mie tappe, pur seguendo in gran parte il tracciato standard, sono ridisegnate (per evitare massacrate previste di oltre trenta chilometri e per raggiungere i posti tappa non sempre sul tracciato) e che Google Maps mi dà indicazioni molto approssimative, perché ragiona sulle strade che conosce e con la logica del massimo risparmio, sono costretto ad andare un po’ a occhio e croce. In questo caso, un tantino troppo…

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