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Credo che i momenti più belli di questa straordinaria avventura, che si concluderà domani, siano legati a sensazioni interiori che ho vissute, come la maggior parte del viaggio, in solitudine.
Una sorta di sottile stato di grazia, benedetto, impossibile da programmarsi, che è venuto talvolta a farmi visita; frutto di chissà quanti e quali fattori, eppure leggero e intangibile come il volo di un uccello.
Oggi è tornato e mi ha assistito, nel corso di una tappa pianeggiante di ventidue chilometri, esondante di luce, sole, vento amico, aria limpida, bellezza, e di una sorprendente serie d’incontri.
In questo caso, anche le potenziali difficoltà derivanti da una notte di riposo, come sempre breve, ma questa volta anche ostacolata da una piccola, aggressiva squadriglia di zanzare, nulla possono a contrastare quella particolare sensazione di benessere.
Non può mancare, all’inizio del resoconto, l’ormai consueto saluto del sole nascente, un quarto d’ora dopo la mia partenza alle sei.
Il paese successivo a San Macario in Piano, dove ho pernottato, si chiama Ponte San Pietro e una statua lo ribadisce.
L’avvicinamento alla città di Lucca è impreziosito da scorci panoramici.
Il fiume Serchio mi appare vasto e movimentato da piccole cascate.
Alle sette e un quarto sono nei quartieri fuori porta della non molto estesa città. Una signora sfrutta con la ramazza le ore mattutine di questo lunedì di luglio.
Ed ecco le famose mura che, perfettamente conservate, cingono il centro storico.
Entro da Porta San Donato…
…e poi faccio in modo che la bellezza che mi circonda accetti il gioco eccitato dei miei scatti fotografici.
Per ultima, l’espressione un po’ snob di Giacomo Puccini, non lontano dalla sua casa natale.
Dopo aver fatto il pieno, con gli occhi e con la macchinetta, nell’uscire dalla città cerco di mantenere una buona andatura.
Oggi ho un appuntamento, che si ripete due anni dopo un primo insuccesso.
Oriana, che quest’anno ha posto termine alla sua fantastica carriera di fabbricatrice di statuine del presepe, abita proprio da queste parti, a metà strada fra Lucca e Capànnori, nel cui centro devo passare.
Lei, come altre ex-ascoltatrici di una vecchia trasmissione di RadioDue, è una socia fondatrice del blog di Amanda, da Padova (la quale, da “prima inter pares”, è ormai da tempo diventata unica scrittrice); le conobbi entrambe personalmente, in una sorta di gioioso raduno sociale che fu organizzato una domenica a Bologna ormai molti anni or sono.
Come dicevo, già due anni fa di quest’epoca sarei dovuto passare di qua, nel corso del mio viaggio fra i due mari, da Forte dei Marmi a Senigallia, ma fui costretto a eliminare le prime tappe, recandomi poi in treno fino a Empoli, a causa di un terribile malanno intestinale che mi prese per un’intera settimana proprio alla vigilia.
Sto mantenendo l’andatura giusta per essere in centro a Capànnori alle nove e un quarto (come in effetti riuscirò), quando, ormai non lontano dalla città, vengo distratto da un altro incontro, non programmato.
Dapprima è un fastidioso ticchettio insistente alle mie spalle, poi finalmente si materializza, in un giovane bardato di zaino e racchette, dall’andatura un po’ più veloce della mia.
Si chiama Luca, riminese residente a Milano, partito dal Gran San Bernardo e diretto a Roma in un unico viaggio.
Gli manifesto la mia sorpresa di questo primo incontro sulla mia stessa via (a eccezione dell’elettromonopattinatore, di cui gli racconto divertito), che avviene durante la mia quindicesima e penultima giornata di cammino.
Ribatte che, a partire da queste zone, ci sono i tratti più frequentati di tutto il tragitto, e aggiunge che ha già incontrato una famiglia di tre persone che dovrebbero essere in zona.
Concorda con me sul valore e i vantaggi del cammino solitario.
Gli dico dell’appuntamento che ho a breve, ma poi è lui a congedarsi, fermandosi con l’urgenza o la scusa di bere.
Manca ormai pochissimo, in metri e in minuti, al mio arrivo puntuale all’appuntamento, eppure faccio in tempo a scorgere la famiglia di camminatori.
Sono un po’ in imbarazzo: temo che, incontrandoli, mi facciano perdere tempo proprio ora. Ma non posso fare a meno di raggiungerli, perché procedono piuttosto lenti.
Me la cavo con un: “Buon cammino!” in fase di sorpasso.
Ricambiano l’augurio, i due placidi genitori con la giovane figlia.
L’odierno traguardo intermedio è ormai in vista.
È Piero, il marito di Oriana (che non conoscevo), a chiamarmi, prima che scorga anche lei.
Poco dopo siamo seduti al tavolino di un bar, a conversare animatamente di luoghi e itinerari, poiché sono camminatori appassionati anche loro, benché attualmente Oriana sia bloccata dal decorso di un intervento al ginocchio.
Con grande premura nei confronti dei miei tempi odierni di cammino, i miei amici sollecitano la conclusione del piacevolissimo incontro, non prima però di qualche foto e di un “selfie” a tre, che lei si ripromette di inviare anche alla nostra amica comune.
Ci salutiamo con calore nella piazza di Capànnori, poi il mio cammino, più leggero e motivato che mai, riprende nella giornata sempre più luminosa e piacevolmente ventilata.
Nell’uscire dal centro abitato, torno a superare la famigliola camminante.
Questa volta scambio qualche parola anche con loro.
Sono di Brescia e stanno percorrendo una porzione di poche tappe del cammino francigeno, come già avevano fatto l’anno scorso.
Dico loro che anch’io l’ho spezzato in tre segmenti e conto di arrivare a Roma, da San Miniato, l’anno prossimo.
Poi ribadisco il “buon cammino!” e me li lascio alle spalle, andando a incontrare dapprima una bella campagna,
poi una zona artigianale.
È poi la volta di una zona residenziale di ville:
siamo alla periferia del paese di Porcari, sopra il cui centro, poi, svetta la chiesa di San Giusto.
Sul finire del paese, una panchina all’ombra mi invita a una piccola pausa di riposo e di verifica sulla mappa di quanto manca.
Con sorpresa, vedo sopraggiungere un’altra accoppiata di viandanti: questa volta sono due giovani donne.
“Altopascio?” mi rivolgo a loro alludendo alla destinazione.
Ovviamente confermano.
Loro sono di Milano, sono partite solo oggi da Lucca e faranno le tappe fino a Siena.
Come me, anche loro hanno prenotato tutti gli alloggi fin dall’inizio.
I discorsi fra viaggiatori a piedi che s’incontrano si assomigliano tutti; non è così, tuttavia, per i contatti umani che s’instaurano.
Senza neanche accorgermene, sto conversando quasi a tu per tu con una sola di queste due giovani.
Mi attrae il tono e ritmo quieto della sua voce, la sua spontaneità, il suo bel viso. Mi accorgo che, nel parlarle, non evito di guardarla negli occhi scuri con particolare intensità, in qualche modo ricambiato.
È naturalmente questione di pochi momenti, ma, nel vederle poi allontanarsi dalla mia panchina, resto con la consapevolezza e il sapore della misteriosa forza che può celarsi in un incontro.
In una giornata idilliaca e festosa come questa, anche l’immancabile errore di percorso ha connotati e costi molto morbidi:
Questa è la deviazione dalla Via Romana di cui non mi avvedo (anche perché segnalata poco vistosamente), che fotografo al mio secondo passaggio, con un aggravio trascurabile di strada e tempo.
Un particolare “fiore di campo” attira la mia attenzione. Cerco di immaginare la scena di chi si è recato qui, ha fermato la macchina e dal bagagliaio ha estratto e depositato il suo souvenir.
Ma ecco, previsto dalla mappa, il supermercato PAM, strategico per il mio pranzo odierno.
Prima di entrare, telefono al bed and breakfast, situato prima del centro abitato di Altopascio, confermando alle tredici il mio orario d’arrivo.
“Noi siamo qui” mi rassicura una voce d’uomo quieta e matura.
Nonostante il sole molto caldo, la ventilazione mi ha impedito di sudare: l’aria condizionata del supermercato non è traumatica.
Anche se gravato da un sacchetto pesante (c’è pure una birra fresca da mezzo litro), affronto l’ultima mezz’ora di cammino con slancio e la voglia di catturare ancora immagini.
L’ultima è quella del mio alloggio, che riesco a identificare senza problemi.
Il bello dei “bed and breakfast” è l’estrema varietà che offrono, sia di soluzioni abitative, sia di contesto, sia di rapporti con i proprietari.
Qui mi hanno dato una camera e un bagno nello stesso loro appartamento; molto gentilmente, mi hanno permesso anche l’uso della loro cucina, che oggi mi è stata preziosa.
Mi sembra un po’ di essere in casa d’altri, ma non mi dà fastidio perché si sono dimostrati molto rispettosi.
Domani conto di partire ancor prima del solito.
La mia ultima tappa è lunghissima e l’esperienza insegna che l”unico antidoto, in questi casi, è una partenza anticipata.
Buonanotte!
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E belli loro! Finalmente sta reunion è avvenuta 🤗
…ed è stata gioia pura! 😉
Lucca, una meraviglia. Sono innamorato di quella città…
E’ una meta per veri intenditori d’incanto, Ernest!