Una colonna sonora…

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Le trasmissioni televisive si sono evolute tecnicamente, ma dagli anni cinquanta, quando fecero la loro prima apparizione da noi, in realtà non ne è mai cambiata la struttura comunicativa fondamentale; una “trasmissione” di allora viene riconosciuta come tale alla stregua di una di oggi.
Questo ha permesso il meraviglioso fenomeno di eventi televisivi che si ripetono da più di mezzo secolo, come una colonna sonora della storia moderna. Il termine colonna sonora, poi, non è casuale, perché si tratta spesso di eventi musicali, come il festival di Sanremo.
Ma anche come lo Zecchino d’oro, che è riuscito a conservare, anno dopo anno, una parte di quella struggente poesia che tutti ricordiamo.
Rimandata, a causa dell’emergenza sanitaria, e ridotta a una sola puntata, l’edizione 2020 andrà in onda domenica prossima alle 17.20 su RAI1. Le canzoni però sono disponibili in rete già dallo scorso autunno; da vero fedele appassionato, le ascoltai tutte, e decretai come mia preferita questa, che vede Simone Cristicchi fra gli autori di musica e parole.

Un altro evento, di cui ricordo le immagini in bianco e nero seguite con partecipazione familiare (benché con meno continuità negli anni rispetto a Sanremo), è quello che chiamavamo “Eurofestival”, oggi “Eurovision song contest”. Su un filmato rattoppato in più punti, si può ancora rivivere l’esibizione di Gigliola Cinquetti che fu premiata dal successo nel 1964.
Ricordo bene, di quelle prime edizioni, l’emozionante carrellata finale di collegamenti audio dalle giurie nazionali, che premiavano con dei punteggi prefissati le preferite fra le canzoni partecipanti, disegnando progressivamente la classifica finale.
Della vittoria italiana successiva, nel 1990 ad opera di Toto Cutugno, non ho alcun ricordo, poiché in quell’epoca l’interesse per la manifestazione (o quanto meno il mio) era scarso.
Da alcuni anni, benché con una certa inerzia rispetto al resto d’Europa, dove si è affermato come l’evento televisivo (non sportivo) più seguito in assoluto, anche la RAI ha ripreso a dare spazio al festival, pardon… al contest.
E finalmente, dopo cinquantasei anni dalla vittoria di Gigliola Cinquetti e trentuno da quella di Cutugno, ha vinto una canzone italiana, di genere… un tantinello differente, “Zitti e buoni” dei Måneskin (riascoltala qui, e nota il numero pazzesco di visualizzazioni!)
L’accesso alla gara europea era stato conquistato dai quattro giovani romani, come è prassi, grazie alla vittoria al festival di Sanremo.
Avendo seguito anche quello, ero rimasto molto perplesso da quell’affermazione, che attribuivo alla loro ambiguità di genere sessuale, perfettamente in linea con l’intera trasmissione, dominata dalle esibizioni di Achille Lauro e dalle scenette di Fiorello e Amadeus molto in argomento.
Difficile non leggere, in questo spinto e quasi ossessivo sdoganamento dell’omosessualità, un piegarsi della RAI ai sacri dogmi di quel “grande reset”, imposto dall’oligarchia del Forum Economico di Davos, che aleggia sulle nostre teste imbavagliate dalla pandemia.
Cultura omosessuale, antirazzismo, salario universale, contrasto all’emergenza ambientale, sono infatti i cavalli di battaglia tanto giusti quanto subdoli, di questa specie di cancro globale.
Le smaccate leziosità omosessuali di Cristiano Malgioglio, di pessimo gusto, ci sono state rifilate anche in questa occasione dalla RAI, nel commento alla trasmissione eurovisiva.
Ma la vittoria del gruppo romano dal nome danese (tradotto: “chiaro di luna”), per fortuna, ha qualcosa di immediatamente tangibile e autentico, come forse era stato, ripensandoci, anche per quella sanremese.
Perché è avvenuta grazie al televoto, che ha ribaltato il (buon) quinto posto delle giurie di qualità nazionali (quelle che si collegano alla fine, come una volta…), e la canzone dei Måneskin si sapeva essere la più scaricata da Spotify. Dunque piacciono davvero ai giovani di tutta Europa, perché la loro rabbiosa energia giunge diretta e non viziata da sovrastrutture.
Sulla qualità del testo (puoi leggerlo qui), che è stato a sua volta premiato, avrei qualche perplessità… ma non si può avere tutto: dunque me ne sto zitto e buono.

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Per i fedeli amici delle mie “poesie del lunedì”, ecco l’ultima produzione: clicca qui.

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