Una felicissima giornata di cammino, oggi, ha scacciato i residui fantasmi, legati alle fatiche d’inattesa intensità che avevo conosciuto nelle prime tappe di questa mia terza traversata francigena.
Il buon giorno si vede dal mattino e la cosa s’è rivelata particolarmente vera nell’essere pronto all’alba: sono esattamente le cinque e trentasette quando, già bardato con felpa e zaino, mi affaccio dal porticato dell’antico chiostro, che vedo illuminato come un presepe.
Spettacoli altrettanto suggestivi mi aspettano fuori, mentre, stimolato dall’aria fresca, muovo veloci i primi passi.
Lo straordinario colore rossastro di questa terra non può passare inosservato
Bisogna affrontare la salita fino al borgo di Monteriggioni e questa volta non in macchina, com’è successo ieri per andare a cena con il mio amico Nicola.
Questa prima salita è già quasi domata quando vengo raggiunto da due ragazzi, già incontrati nella tappa da San Miniato a Gambassi (quella, per intenderci, senza le foto).
Ci salutiamo con grande simpatia e scambiamo anche qualche parola.
Si chiamano Giancarlo e Anthony;
sono due fratelli americani di origine italiana e sono in cammino già da sei settimane, partiti da Losanna. In altre parole, hanno percorso in questo mese e mezzo più di tutto il mio cammino francigeno di tre successive estati. Ma hanno anche “qualche anno” meno di me…
E comunque è di grande conforto vedere dei giovani scegliere questo tipo di vita, così lontana dai consueti modelli consumistici.
La piazza di Monteriggioni ha ora un aspetto molto diverso da quel salotto, frequentato per la cena da gruppi di turisti (per lo più stranieri) tranquilli e sereni.
La magia delle luci, del movimento, dei suoni e dell’aria fresca del tramonto sicuramente si ripresenterà questa sera, mentre io sarò a Siena.
Nell’uscire dal piccolo centro storico, ho l’idea di consultare la descrizione ufficiale del cammino, che fissa qui un posto tappa. Quella successiva, fino a Siena (dunque tutto il mio tragitto rimanente), risulta lunga ventuno chilometri. Sommati ad almeno i quattro, che ho già percorso in questa prima ora, fanno venticinque.
Che è un numero molto diverso da diciassette e mezzo, quello che, piuttosto sbadatamente, mi ero annotato nel mio progetto.
Ed è anche una distanza superiore a tutte quelle coperte quest’anno.
Il mio passo veloce non viene meno, ma cambia la prospettiva: bisogna macinare chilometri per limitare quelli delle ore più roventi.
Nuovi eleganti quadrupedi costeggiano il mio cammino
o lo incontrano proprio,
come questo cagnetto, dall’aria dolce e remissiva, che gradisce le mie coccole ma non insiste e mi lascia andare.
Annunciato dal rumore simile a quello di un aeroplano ad eliche, che si spande tutt’intorno, un altro strano animale richiama in cielo l’attenzione: è un esemplare di “Homo insipiens antiecologicus”.
Col passare del tempo, il sole comincia a fare sentire il suo calore e ad accendere le tinte.
La segnaletica sul percorso, sempre abbondante e curata, rende superflui i controlli sulla mappa telematica.
Frequenza molto irregolare hanno invece, come verificai anche negli anni passati, le installazioni, o costruzioni di vario genere, che enfatizzano le caratteristiche e lo spirito prevalente dell’intero cammino.
Appartiene senz’altro a tale categoria il “Punto sosta la Villa”, che si manifesta con clamorosa evidenza.
Ugualmente evidente questo torrione, che immagino costruito per usi agricoli.
La mia andatura, molto veloce per le prime due ore, si è dovuta un po’ calmare, ma questa volta sembra che il raggiungimento del traguardo delle tre ore senza soste (diventato quest’anno abituale) non mi costi particolare fatica e anzi, mi prefiguro, potrebbe essere protratto oltre.
Tanto più che, con curiosa coincidenza, il fatidico momento coincide con l’immissione del tragitto su una strada asfaltata, preceduto da un avviso di “termine del percorso in sicurezza”.
Vengo a più miti consigli dopo un quarto d’ora, scegliendo, a lato della strada, un anfratto ombroso e cosparso di fieno.
Nelle odierne ottime condizioni fisiche, di cui mi rendo conto con soddisfazione, anche la sosta non si protrae oltre una mezz’ora, in cui regalo ai miei piedi nudi il contatto col terreno e un po’ di esercizi ginnici alle gambe.
Che infatti, alla ripartenza, sembrano un po’ irrigidite, ma si tratta solo della reazione, che dura pochi momenti.
Vengo raggiunto (e poi superato) solo ora dagli amici americani, che avevo lasciato a Monteriggioni.
Osservo, da dietro, la loro andatura energica, esuberante, mentre li vedo conversare fra loro.
Un po’ mi sorprende riuscire a stare normalmente in scia per qualche tratto, prima di vederli allontanare.
Sapendo dalla guida non esservi fino a Siena dei possibili punti di ristoro, a una rarissima fontanella avevo cercato di bere molto, ma il calore crescente del sole ora comincia a darmi un senso di gola secca e un minimo di preoccupazione per il prosieguo.
Ma c’è un cimitero, che immagino provvisto di fontanella. Entro
e la vedo subito, per dissetarmi e idratarmi con abbondanza.
La mia lotta contro il tempo per limitare le ore di cammino più calde sembra aver dato ottimi frutti. La consultazione delle mappe, sia dell’applicazione che di Google, mi fa capire che il traguardo non è lontano.
Sono le undici; una valutazione non avventata mi fa pensare di giungere a destinazione per mezzogiorno e un quarto.
Mi decido a telefonare al mio alloggio, (un “bed and… bast” che si chiama “I tetti di Siena”) di cui ho tre diversi recapiti telefonici.
Il primo risulta non raggiungibile.
Il secondo, invece, suona libero.
“Pronto, parlo con ‘I tetti di Roma’?”
“No, qui è ‘I tetti di Siena’…”, risponde una voce maschile un po’ anziana.
“Ah sì, mi scusi, i tetti di Siena” (accidenti a questo sole!)
Verificata la mia prenotazione, mi rassicura: “La aspettiamo!”
La città stenta a comparire all’orizzonte, ma non può essere lontana.
Quando riaccendo per sicurezza il mio piccolo Nokia, mi segnala che è arrivato un messaggio, dal numero che ho memorizzato come “Tetti1”.
Rimango un po’ interdetto, prima di capire che si tratta del primo numero che avevo tentato invano di contattare (e che probabilmente non ha niente a che fare con la mia struttura, di buon livello), nel leggere:
“Ciao …non sono libera…puoi scrivere un messaggio?”
Praticamente, “Le tette di Siena”… o di chissà dove!
Anche una camminata positiva come questa ha uno scotto da pagare: una lunga rampa in salita da percorrere sotto il sole rovente.
Ma lo sforzo è questa volta meno intenso rispetto al passato.
Ecco finalmente la periferia della città.
Davanti a un negozio campeggia la locandina di quei ragazzacci toscanacci del “Vernacoliere”. Non resisto e immortalo i loro ruspantissimi annunci.
Laggiù ecco un’antica porta che dà accesso al centro storico.
Nessun problema, questa volta, per individuare l’alloggio, che raggiungo puntualmente all’orario annunciato.
Una camera non grande, ma fresca e confortevole, mi accoglie per un lungo pomeriggio e una notte di riposo.
Tappa lunghissima, con erta finale al sole: ma entrare in Siena a piedi dev’essere una sensazione davvero grandiosa!
Geniale l’idea di entrare nel cimitero per dissetarsi! 🙂
Ho scoperto, nel giungere a piedi nel centro di Siena, poi l’indomani nell’allontanarmene, la dimensione solitamente ignorata della sua periferia.
Brutta come tutte le periferie (se escludiamo la parte a ridosso della campagna), è comunque una parte fondamentale nella vita della città.
La mia “geniale” idea è stata, purtroppo, vanificata dalla scoperta di una fontanella anche fuori, poco oltre… 😯
Credevo faceste un pezzo di strada insieme
Di comune istintivo accordo, ha prevalso il rispetto per le diverse esigenze e preferenze (di velocità e fermate). Inoltre credo che parlare italiano costasse loro un certo sforzo.
No con il tuo amico intendevo
In passato è successo una volta sola, in cui si era organizzato con una bicicletta del suo albergo, poi condotta a mano.
Foto magnifiche!!!
E le parole del racconto, del ritmo sono magnetici…..
Grazie, Betta, mi fa molto piacere che apprezzi la mia attività di foto-cammino-scrittore!
😊
Vamos!!!!
Hasta siempre! 😆