27-7: Verso la Val d’Orcia, spiriti dispettosi

Un paio di tuoni minacciosi hanno accompagnato oggi il mio risveglio di buon’ora.
Non potevo immaginare che si trattasse d’un segnale, una chiamata a raccolta di spiritelli, invidiosi della pienezza d’esperienza che ho vissuto fin qui, nella prima settimana appena conclusa.

Alle sei, comunque, quando m’incammino lungo la Cassia, per una nuova avventura di ventuno chilometri, sembra che il cielo, pur coperto, sia clemente.

Eccolo, il ponte sul torrente Arbia che dà il nome al paese.
Poi, come sempre, il tracciato fa ciao alla statale e si addentra nelle campagne.

Sono passati pochissimi minuti dalla partenza, che comincia a piovere, una pioggerella fine che, se dovesse durare a lungo, mi infradicerebbe completamente.
Opto per la semi-bardatura: giubba traspirante sopra la felpa tecnica a pelle, berretto in testa e copri-zaino avvolgente; niente prolunga ai pantaloni corti né, tanto meno, copri-pantaloni.
Che sembra un’operazione semplice, ma i suoi dieci minuti di rimescolo li richiede.

Potevo farne a meno: il tentativo di acquazzone abortisce ben presto; cerco di rimanere semi-bardato, per ogni evenienza, finché capisco che non ha più senso, e via con l’operazione inversa.

Sto tenendo la media degli zero chilometri all’ora. E immagino che, di nascosto, qualche spiritello stia sghignazzando.

In compenso mi sembra che la macchinetta fotografica faccia la brava, se evito di zoomare oltre un certo limite.

Peccato per questa luce così opaca, che smorza i colori e fa perdere molto dell’incanto agli odierni paesaggi collinari, togliendomi la voglia di effettuare nuovi scatti fotografici.

A parte qualche timido affacciarsi del sole, ne sarà caratterizzata l’intera giornata.

Sono già passate due ore dalla partenza, quando compare, un po’ cupo, il centro storico di Buonconvento.

È presto per la consueta sosta di metà percorso, ma quell’insegna di un bar ha troppa attrattiva: mi fermerò, meglio se seduto, ma giusto il tempo di una bibita.

“Me la può fare una spremuta d’arancia?”
“No, non ne abbiamo più, di arance”, mi risponde con accento napoletano.
“Non è che ce l’abbia un chinotto?”
“Sì, è nel frigo, si accomodi pure.”
“Fuori frigo non ha niente?”
“No, è tutto là.”
Apro il portellone di vetro e mi lascio tentare dall’antica inconfondibile bottiglietta gialla, la cedrata Tassoni.
Il barista me l’apre e me la versa in un bicchiere, che poggio sul tavolino di fronte, vicino al bordo dello stesso, prima di appoggiare lo zaino per terra e sedermi, bevendone subito un paio di sorsi.
Estraggo dal marsupio il tablet, per verificare a che punto sono.
Non faccio in tempo ad accenderlo e, con la testa china, a guardare il piccolo video, che sento improvvisamente e inspiegabilmente le cosce bagnate.
“Porca puttana!” Di solito non dico parolacce in pubblico, ma ‘sta volta non riesco a trattenere l’esclamazione, forte.
Che ripeto, ancora più forte, quando, un attimo dopo, vedo che cosa è successo.
Come animato di vita propria, il bicchiere è “sceso” dal tavolino ed è saltato sulle mie gambe, inondandole.
Immediatamente il barista mi porge della carta, strappata da un rotolone.
Mentre cerco di asciugare alla meglio le ginocchia e i pantaloncini devastati, osservo la quasi impercettibile bombatura della superficie. Assolutamente diabolica.

“Un tavolino in discesa!” mi sfogo, pateticamente, con il barista, forse un segreto alleato dei miei odierni “poltergeist”.

Poco dopo la ripartenza, mentre l’aria finisce di asciugarmi i pantaloni, è poi il momento, inesorabile, dell’errore di percorso.

L’itinerario, su strada bianca, si sbizzarrisce in alcune improvvise curve. Sovrapensiero, presso una di queste, non vedo l’indicazione e tiro dritto.

L’allarme, inconscio, di una prolungata assenza di segnaletica, si manifesta solo dopo diversi minuti, poco oltre questa bella villa antica. E la conferma dell’errore sulla mappa, il segnalino lontano dalla traccia, mi punisce.
Bisogna tornare indietro, mentre cerco di calcolare quanto ritardo abbia già accumulato sulla tabella di marcia.

Il ritardo dovuto all’errore ha permesso di raggiungermi a un quartetto di giovani, due coppie, per così dire esuberanti, che avevo già notato ieri, un po’ stravaccati, nel bar di Ponte d’Arbia e poi oggi, presso i tavolini all’aperto del Bar del bicchiere semovente. Procedono più veloci di me e mi superano in fila indiana, un po’ distanziati fra loro, salutandomi con calore.
Una coppia è di corporatura normale, l’altra è costituita da un giovanotto molto robusto e una ragazza alta e formosa.
Chiedo loro di dove sono. “Di Treviso” mi risponde, nel superarmi, la ragazza normilinea.
“Eravate al bar di Buonconvento, vero?”
Mi risponde affermativamente.
Mi viene l’estro di raccontarle l’accaduto, giusto così, per dire una cosa divertente.
La reazione della ragazza al mio divertente racconto si può perfettamente definire con un sostantivo: imperturbabilità.
L’arte dell’intrattenimento non è mai stata il mio forte.
A risollevare la conversazione ci pensa quello robusto, che sembra un po’ il capo-comitiva; un tipaccione simpatico e molto estroverso. Come spesso succede in questi incontri, ci scambiamo le informazioni sulle tappe effettuate, quella presente e le future. Loro oggi, osservando alla lettera le tappe ufficiali, proseguiranno oltre Torrenieri (la mia destinazione) fino a San Quirico, e domani affronteranno la madre di tutte le tappe, la San Quirico-Radicofani, di trentadue chilometri e oltre cinquecento metri di dislivello.

Pur non procedendo alla velocità dei giovani trevigiani, ho buone sensazioni sulla mia andatura e resistenza. La sostanziale mancanza di salite sembra permettermi di recuperare il tempo perduto.

Un piccolo trattore fa l’aerosol alle viti.

Son già passate le fatidiche tre ore, ma mi sento in forze e rimando per un po’ la sosta.

Supero questo strano monumento, che pubblicizza una grande azienda di vini,

poi, quando vedo questo muretto, capisco che è il momento giusto per un po’ di riposo.

Seduto sopra e liberato dallo zaino, consulto il mio piccolo apparecchio elettronico, mentre diverse moschine vengono insistentemente a tormentarmi le gambe, probabilmente apprezzando le molecole residue di Cedrata Tassoni.

La sosta non è lunga: voglio arrivare a destinazione in tempo per fare un po’ di spesa al supermercato, segnalato da Google Maps.

Laggiù all’orizzonte s’intravede Radicofani.
Per evitare quella tappa da maratoneti, ho trovato un alloggio in una località intermedia, per domani, che però mi costringerà a una deviazione.

Il paese che compare a pochi chilometri di distanza, invece, è la mia meta di oggi, Torrenieri.

L’ultima ora di cammino, dalle dieci e trenta alle undici e trenta, è resa pesante da un sole un po’ malato che produce un caldo afoso.
In questa giornata grigia, non avrei pensato di dover indossare il mio cappellaccio a larghe tese.

Per il sollazzo dei diavoletti che mi hanno ostacolato, il mio bed and breakfast si trova proprio in cima al paese, al termine di una lunga e ripida salita.

La camera e il bagno rivelano una certa ricercatezza, e sono pieni, troppo, di oggettini e materiale turistico.
La giovane signora che lo gestisce è comunque molto garbata, e mi offrirà del dolcissimo melone a fettine e prodotti del suo orto, ad integrare il mio pranzo.
Mi chiede se mi danno fastidio i gatti e, quando le rispondo che li adoro, mi presenta Papier, tenerone ma completamente sordo.

Una foto ai cuscini del letto, a testimonianza del clima di ricercatezza,

poi, prima ancora di farmi la doccia, vado a far la spesa, affrontando quella strada in discesa e poi, ahimè, nuovamente in salita.

Ma la maxi-insalata che mi farò (pomodori, cetriolo, un intero cipollotto) con pane fresco e, a seguire, il pecorino locale, giustificheranno la fatica supplementare.

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10 risposte a 27-7: Verso la Val d’Orcia, spiriti dispettosi

  1. Amanda ha detto:

    Radicofani ci tornerei volando

  2. Valerio ha detto:

    Bellissimo racconto, condito da un senso dell’umorismo che indica che sei in ottima forma!
    Spassosissimo l’episodio del tavolino in discesa! Non reagisco con imperturbabilità come la ragazza di Treviso 😀
    Stupende le immagini: la macchina fotografica sta andando benone, per fortuna!
    Ecco, mi sono messo in pari: da adesso spero di seguirti quotidianamente, “in diretta”!

    • Franz ha detto:

      Grazie, caro Valerio, di aver risollevato l’autostima frustrata sulle mie doti umoristiche… 😉😃
      La macchinetta funziona solo in parte; spesso ancora mi fa arrabbiare, ma almeno ho capito che il problema è legato, sistematicamente, allo zoom elettronico. Temo che si rifiutino di ripararlo e che mi toccherà comprarne un’altra, ferma restando la ritrosia a portarmi sul cammino una macchina più bella che mi fu regalata.

      Grazie per il tuo olimpionico allungo, con cui mi hai raggiunto! 😀

  3. nickangera ha detto:

    Il clima ti aiuta.
    Qui temperatura esterna di 20 gradi e da ieri, pioggia continua ma senza particolari turbinii e tempeste come invece ha fatto in altre zone. Sembra un piacevole autunno…..

    • Franz ha detto:

      Ottimo per te e le tue sane corse quotidiane!
      Qui, ieri, nell’ultima ora, tuttavia l’afa era asfissiante e, dentro il supermercato COOP, costituiva il “trending topic”…
      E, da oggi, sta montando una nuova ondata di caldo africano.

  4. Gilda D'Elia ha detto:

    buffa la storia della cedrata chesimuovedasola e finisce per rovesciartisi addosso!!!! chissà se è capitato anche ad altri in quel bar..
    i paesaggi sono davvero belli, come del resto ho avuto modo di notare anche di persona. sono luoghi che emanano pace e un certo, tranquillo, ordine, cura.
    sai che oggi qui a Formia ho notato un’indicazione per la Francigena?… deve essere senz’altro un’aggiunta alternativa e apocrifa rispetto a quella del Vescovo di Canterbury perché mi sembra abbondantemente fuori zona..
    …alla prossima tappa :-))))

    • Franz ha detto:

      Carissima, in effetti il marchio “via Francigena” fa gola a molti e non è difficile trovare nella storia dei percorsi di pellegrinaggio, verso Roma e l’Oriente, diversi da quello tramandato dal vescovo Sigerico.
      Quanto ai paesaggi, la mia esperienza di questi giorni sta confermando quanto la Toscana sia una regione di autentica grazia, diffusa in ogni zona, frutto di un’antica e costante armonia fra la terra e chi vi abita.
      Grazie della visita, buona vacanza e alla prossima! 😉 ☺

  5. Elisabetta Lefons ha detto:

    Beh ogni tanto succede di sbagliare strada. Riesci sempre a cavartela!!

    • Franz ha detto:

      Se “nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino”, la stessa cosa, a maggior ragione, dovrebbe valere lungo questo collaudatissimo itinerario… 😂
      Ma sappiamo come, in ogni campo, l’errore sia sempre dietro l’angolo.
      Una buona giornata, cara Betta. 😉

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