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La progettazione autonoma delle tappe del mio cammino è sempre un lavoro tanto appassionante quanto complesso. Fra le principali difficoltà, il reperimento da varie fonti dei possibili alloggi, il calcolo approssimativo della lunghezza, ma soprattutto l’incrocio fra le mappe di Google e quelle dell’applicazione (che sono insostituibili al momento della navigazione, ma poverissime di dettagli e punti di riferimento).
Sempre in agguato, dunque, gli errori, come quello clamoroso sulla lunghezza della tappa da Abbadia Isola a Siena. Forse, ancor più clamoroso, quello relativo alla tappa di ieri, prevista con un importante deragliamento dal tracciato ufficiale, verso l’agriturismo, che avevo ritenuto erroneamente lontano da esso.
Già Elena, nella bella chiacchierata di benvenuto, si era meravigliata che provenissi dalla via Cassia; questa mattina, nel ritrovare quasi immediatamente il tracciato segnato, ho avuto la conferma dell’errore.
Ma non me ne dispiaccio, perché quelle due ore di sole a picco sulla statale resteranno per me un ricordo importante.
Ma partiamo dall’inizio di questa nuova giornata, che concluderà (come numero di giorni) la prima metà del mio viaggio.
Alle cinque e un quarto lo spettacolo, dal mio privato castello, si presenta così.
Riesco a incamminarmi solo alle sei, che è un buon orario per affrontare i diciotto chilometri che mi porteranno a Radicofani, anche se i cinquecentro metri di dislivello finali richiederebbero il massimo anticipo possibile.
Il sorgere del sole mi trova già in movimento.
La particolare quiete delle prime ore del mattino chiede ascolto e dà pace.
Colpisce la quantità di pecore di questo gregge; diffidenti, al mio passaggio si allontanano in massa.
Mi chiedo se il paese arroccato, laggiù in cima, sia Radicofani, la mia meta, o Castiglione d’Orcia.
L’avvicinarsi progressivo mi convince che si tratti proprio della mia destinazione.
Il tempo è molto sereno, ma già caldo; neanche una nuvola in cielo; l’aria però non è limpida come desiderebbe la mia macchinetta fotografica.
Che cerca nuovamente di fare i capricci, ma ho scoperto un antidoto piuttosto efficace per neutralizzare il difetto.
Ieri, ospite con la loro tenda nell’agriturismo, c’era anche una coppia di olandesi.
Prima che comparisse sorridente la giovane locandiera, avevo scambiato due parole con la moglie, che mi era apparsa accovacciata per terra contro il muro, ma propensa a socializzare.
E m’aveva raccontato la loro vicenda: partiti a piedi da casa (come adoro fare anch’io) tre mesi e mezzo fa, diretti pure loro a Roma, erano stati ostacolati da una sua “bad tendinite”, decidendo, per questo motivo, di proseguire in bicicletta. O almeno è quello che avevo capito.
Quando li vedo davanti a me capisco meglio la loro soluzione: bicicletta solo per lei, con lo zaino sopra, trasportata alternativamente a mano o pedalando, a seconda del terreno.
Probabilmente per l’avvicinarsi di un guado del torrente signore della valle, lei si allontana verso la strada, senza vedermi, proprio nel momento in cui li raggiungo.
Familiarizzo, alla meglio, con lui, che mi ripete il racconto della loro straordinaria avventura; dopo pochi minuti, lo vedo impegnato a mantenere il contatto con la moglie e capisco che è il momento di allungare il passo.
Mi aspetta l’attraversamento, non difficile, del fiume.
A catturare inevitabilmente l’attenzione, poi, sono i molti muggiti e qualche belato, da parte di quadrupedi, evidentemente non proprio felici, d’un allevamento.
Uno sgradito compagno di viaggio, che si renderà progressivamente protagonista della non lunghissima tappa, s’è intanto materializzato. Si tratta d’un iniziale doloretto nella parte anteriore delle coscia sinistra, vicino al ginocchio, che tende ad acutizzarsi progressivamente e in modo preoccupante.
Ne immaginerò la causa negli esercizi di allungamento, forse troppo violenti, effettuati in mattinata, a beneficio della schiena.
E proprio ora si decolla…
La salita peggiora la situazione: più la gamba si flette, maggiore si fa il segnale doloroso.
La necessità, di evitare un improvviso ostacolo insormontabile (proprio a metà dell’intero viaggio), aguzza l’ingegno e porta la massima concentrazione a sfruttare l’esperienza d’ascolto dei segnali del corpo, che conosco come principale strumento di autoguarigione, in opposizione al diffuso e inaccettabile ricorso alle cosiddette terapie sintomatiche.
Cerco, con discreti risultati, un passo che limiti la flessione della gamba, che nei tratti scoscesi, in salita e nelle rare discese, acutizza vistosamente il dolore.
Un tratto su asfalto mi dà sollievo, permettendomi un passo non sostenuto ma del tutto indolore.
Decido di proseguire sempre su strada, evitando le deviazioni.
Salgo con regolarità e senza soste verso la destinazione che, anche a questa velocità limitata, dovrei raggiungere a un orario insolito.
Un vento sempre più fresco neutralizza piacevolmente il calore del sole.
“Se deve andare a Radicofani, guardi che qui c’è il sentiero,” mi indicano zelanti tre signore che da quel sentiero sono comparse.
Spiego loro i miei motivi.
Insiste: “Ma guardi che di qua c’è l’ombra!”
“No, ho già sperimentato che è meglio l’asfalto, grazie.”
“Ah, se ha già sperimentato…” si rassegna, delusa.
La prosecuzione, di cui non ho immagini, è molto incoraggiante: il dolore sembra domato e anzi ho l’impressione che qursto tipo di passo aiuti un rapido processo di autoguarigione.
L’affaticamento delle ore senza soste (che alla fine saranno quattro e un quarto, nuovo primato!) è ben sopportabile, aiutato anche da condizioni climatiche inaspettatamente positive.
Alle dieci raggiungo l’abitato
e poco dopo il sorprendente centro storico, che, grazie agli oltre ottocento metri di altitudine, appare splendente di luci e colori.
L’ostello che ho prenotato aprirà solo alle due e mezza del pomeriggio.
La struttura tendenziale delle mie giornate (arrivo, doccia, pranzo, riposo, scrittura) andrà reinventata completamente e dinamicamente.
Per fortuna è molto presto, le dieci e un quarto, e questo mi agevola, permettendomi anche di documentare la straordinaria bellezza di Radicofani.
“Pane e companatico” si chiama il negozio; Luisa, la proprietaria e commessa, che si lascia fotografare, chiedendomi in cambio un po’ di pubblicità.
Potrò pranzare su uno dei due o tre tavolini fuori. Ringrazio: “Ne approfitterò fra una mezz’ora!”
Recuperate le posate nello zaino che avevo depositato presso l’ostello, il mio pranzo, in un meraviglioso angolo di mondo, è “servito” alle undici e un quarto.
(Per la cronaca: pecorino della Val d’Orcia, pane fresco, filetti di zucchine sott’olio, ricciarelli, e la solita maxi-birrazza).
Seduto su questi scalini,
attendo l’apertura del mio alloggio, che fortunatamente viene anticipata di un’ora, permettendomi di procedere nelle operazioni.
Connessione del tutto mancante: per scrivere e pubblicare questo resoconto, ho stazionato a lungo su una panchina del vicino piccolo parco, che, ampiamente esposto sulla valle, garantisce una buona connessione.
E ora, diversamente dalle mie abitudini di digiuno serale, andrò alla cena collettiva dei pellegrini, insieme con gli altri cinque ospiti che sono arrivati.
Da Radicofani è tutto.
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Radicofani è davvero molto bello e particolare….!!!!! Bellissima documentazione. E bel resoconto. Complimenti Francesco… ormai sei un tutt’uno con l’esperienza ;-)))))
Proprio così, cara Gilda: quella che è in questi giorni la mia vissuta normalità, diventerà ben presto, nel ricordo, un breve periodo del tutto straordinario.
Grazie e ancora buona vacanza! ☺☺
Stupende le immagini del risveglio alle 5.15 con le prime luci, dell’attraversamento del fiume e della stupenda Radicofani (non ci sono mai stato: devo assolutamente). Fastidioso il problema alla gamba, ma vedo che lo stai gestendo in modo “empatico”, un po’ come fai con quello della macchina fotografica 😀 Scherzi a parte, in bocca al lupo, spero che passi in fretta e del tutto!
Gustoso il pranzo: in particolare approvo la scelta degli irresistibili ricciarelli, peraltro prodotto locale!
Sei a metà, perbacco! Buon proseguimento!
Da lettore attento quale sei, hai colto un parallelismo che io stesso non avevo notato, sull’approccio empatico e teso all’ascolto sia verso il corpo che verso la macchinetta, in entrambi i casi con ottimi risultati ( soprattutto per la gamba).
Grazie e alla prossima!!
Aggiungo:.
Hai voglia che le pecore erano diffidenti !
ANSA: strage di pecore a Radicofani! I lupi colpiscono.
Perdita di oltre 100 capi.
Che roba!!
Loro seguono il loro istinto, …ma poi, di solito, anche i pastori il proprio. 😢
Il tuo proposito di autoguarigione mi ha ricordato “E venne chiamata due cuori” di Marlo Morgan: quasi fantascienza ma credo che un fondo di verità ci sia perchè noi siamo ben più potenti di quanto immaginiamo..
La tua gamba domani ti sosterrà, Buona strada, Franz.
Il tuo auspicio s’è avverato: la gamba va che è un piacere…
Un approccio olistico al proprio corpo rivela delle autentiche meraviglie: la comunità d’intenti fra le singole parti e i singoli piani fa prodigi!
Grazie, cara Sari.
Come la “cena dei Pellegrini” !!!
Un pezzo degno dell’azienda di soggiorno di Radicofani.
Ho già voglia di visitarla.
🙂
Mannaggia, hai beccato il mio sponsor… 😂
Comunque vale una tua visita: c’è anche qualche pagina di storia!
Ce l’ ho fatta!!!
Bravissima! 😉
Buona giornata, cara Betta. 😊
Caro Franz,
Letto anche il racconto di ieri….sempre bello!!!
In quello di oggi non riesco a visualizzare le foto…
Un abbraccio forte,
Betta