(Diario di un resistente – 2)
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Dunque sabato, in bicicletta e a piedi, sono andato a pranzo in collina, alla “Croara”, dove si mangia bene.
Un tavolino in fondo al terrazzo, parzialmente battuto dal sole, con panorama disturbato dal tetto di un capannone.
Il grande tavolo accanto è stato ben presto occupato da una tipica famiglia allargata borghese, in clima borghesemente domenicale; la cosa per me più curiosa era osservare il ragazzo adolescente, con la barbetta, completamente avulso dal gruppo, con gli occhi fissi sul piccolo schermo telefonico.
Ne sono uscito deluso, non per la qualità del cibo, ma per la conferma che di sabato e domenica è meglio evitare luoghi troppo affollati, con servizio inevitabilmente lento, confusione e senso di frustrazione.
Prima di prenotare, in effetti mi era balenata l’idea di ordinare cibo d’asporto, ma confesso che, a farmi propendere per la trattoria, era stata la repulsione per quelle vaschette metallizzate e per tutta quella pellicola d’alluminio, che già nei periodi di confinamento aveva rappresentato un’autentica ferita ambientale (sfuggita, al pari forse di quelle innumerevoli polluzioni di disinfettante per le mani, al nuovo ineffabile ministro della Transizione, nonché a molti dibattiti in materia di ecologia) .
Da circa un anno pratico il cosiddetto digiuno intermittente: colazione, pranzo e niente cena. Ritengo che sia stata la scelta più straordinaria, per gli effetti sulla salute, di un cammino progressivo e selettivo che perseguo da molti anni.
Dei sette pasti meridiani, ho preso l’abitudine di consumarne quattro a casa (con regime vegano) e tre fuori (tendenzialmente ma non strettamente vegetariani).
Il pranzo del mercoledì è diventato uno dei miei svaghi preferiti: vado regolarmente in una piccola trattoria frequentata da lavoratori, dove ho fatto amicizia con il gestore (che qui chiameremo Tonino).
È un mio coetaneo di origine calabrese, che ha un passato denso di esperienze in varie parti del mondo, fra cui anche l’isola di Tenerife (dove abita mio fratello).
Fra noi è nata da tempo un’intesa, sulla lettura contro corrente della realtà attuale; è vulcanico e affabile e non mi lascia molto parlare. Disse, tempo fa, di volermi prestare un libro di Giacinto Auriti, che gli fece aprire gli occhi sul mondo contemporaneo.
A volte le spara molto grosse, come quando sostiene che Anthony Fauci sia figlio di Madre Teresa di Calcutta, ma quello che mi piace è il suo grande “ottimismo della volontà”, che lo rende sempre propenso a comunicarmi notizie, anche piuttosto documentate, di riscatto e rivincita, contro la criminale e globale oligarchia di famiglie, enti e soggetti multimiliardari, che opprimono il nostro presente e minacciano il prossimo futuro.
Porzioni generose e ben cucinate, un mezzo litro di rosso a malapena neutralizzato dal caffé finale, una piacevole atmosfera familiare, anche grazie alla moglie dalla pelle scura, grande efficienza poche parole, e alle giovani cameriere che ho visto alternarsi, supplìte a volte dalla figlia di lei, un gioiello di snella grazia mulatta, dai lineamenti etnicamente indecifrabili.
Quasi tutti i tavolini occupati da gruppetti di lavoratori, alcuni stranieri, alcuni con tracce nei vestiti della loro attività nei cantieri, nelle officine o lungo le strade.
Alcune facce note, che ti scambiano un sorriso e un saluto, dall’accento e dagli argomenti stracittadini, se di città si può parlare qui dove faticosamente ha inizio la campagna. E, fra loro, lui che spesso si unisce con battute da vero ancorché umile showman.
A differenza delle plurigettonate trattorie domenicali, questo sì, mi viene da pensare, sarebbe un luogo caro a Pier Paolo Pasolini.
Lui gira tranquillamente fra i tavoli senza museruola e manco si sogna di chiederti il lasciapassare vaccinale.
Gli devo il grande conforto, per me, dell’apertura del locale anche nei tempi in cui questa fu vietata, la scorsa primavera.
Un giorno vedemmo fare irruzione un gruppetto di vigili urbani.
Rispetto ad alcuni avventori Tonino riuscì (forse) a dimostrare la tipologia di mensa aziendale, che era consentita; non per me.
“Sono parente dei gestori” sparai al capodrappello, un pezzo d’uomo dai modi misurati, che mi chiese un documento, mentre Tonino subentrava dicendo “Sì, è un mio cugino!”
“Lei non è affatto parente,” ribatté senza scomporsi dopo qualche controllo informatico dei suoi uomini; “capisco che le faccia piacere non pranzare da solo, ma sono costretto a verbalizzare i suoi dati e a comunicarli ai carabinieri.”
Ben altro tono, da chi non si lascia intimidire, tenne con un paio di calabresi che, con evidente mentalità da ‘ndrangheta, lo affrontarono con violento tono di sfida, da cittadini non soggetti alle leggi dello stato.
Di quell’irruzione delle cosiddette forze dell’ordine, grazie all’evidente umanità di quel comandante, non avemmo mai alcuna conseguenza, né Tonino, né io.
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Per i pochi ma fedeli affezionati alle mie “poesie del lunedì”, linko qui l’unica lirica che ho composto in tutto questo tempo di vacanze.
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Estasiato dalla foto dei bellissimi rigatoni, e mosso dalla mia gretta filosofia di vita che ha poco di etico e molto di gastronomico, auspico in futuro anche una descrizione del menù dei pranzi nelle trattorie e tue relative impressioni gustative. “In alto il friggione!!”
…e pensare che, superati il Passo della Tambura e la località Resceto, condividesti con me il disappunto per quei due mezzi meloni avvolti, da quella bottegaia, in un metro di Cuki…
Ma sono certo che le buone letture (come questa) risusciteranno il tuo spirito ecologico, colpito a morte dal tradimento di programmi radiofonici e partiti politici!
Comunque sia, sempre in alto il friggione!!
😀 😀
Due diversi commenti, da parte di amiche, ricevuti in posta elettronica, hanno curiosamente evidenziato piccoli ma importanti fraintendimenti. In un caso il periodo che comincia con le parole “Lui è un tipo vulcanico” era stato attribuito, come soggetto, a mio fratello anziché a Tonino; l’altro ipotizzava la reazione arrogante dei due calabresi, al controllo dei vigili, come fosse stata in mia difesa.
Ho apportato delle modifiche al testo, per chiarire meglio i due significati originari.
Sempre appassionanti le tue poesie… si può dire, poche ma buone… però lunedì prossimo ci aspettiamo di leggerne una nuova 😉
Grazie, Cri: la tua sensibilità di lettrice mi è sempre preziosa per valutare la maggiore o minore riuscita delle mie poesie. Temo, ahimè, di non riuscire a comporne una nuova, domenica prossima (con le consuete rifiniture del lunedì), visto che avrò diversi impegni. Ma non lo escludo.