(Diario di un resistente – 3)
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Fui testimone alle sue nozze con Monica, venticinque anni fa; l’amicizia con Marco, lo sposo, risale poi a diversi anni prima ancora.
Quando, per telefono, mi ha invitato alla messa e al rinfresco di celebrazione, ho accettato con calore.
“Come sei messo col vaccino?” mi ha chiesto poi.
“Non l’ho fatto, per scelta.”
“Perché al rinfresco saremo più di trenta…”
Ci ho pensato un attimo, poi gli ho risposto: “Niente, allora verrò solo alla messa poi vi saluterò.”
“Com’è che sei contrario al vaccino?”
“Mah il discorso sarebbe lungo. Diciamo per una valutazione rischi/benefici e per non cedere a un ricatto.”
“Mh. Beh, allora puoi fare un tampone. Sei contrario anche ai tamponi?”
La domanda mi spiazza e farfuglio qualcosa, senza riuscire a dirgli che, per esperienza, mi ripugna la doppia umiliazione della piccola violenza fisica e del senso di discriminazione, rispetto a persone potenzialmente contagiose come e più di me.
Dopo una settimana son tornato a chiamarlo, per dire che ci avevo ripensato e che mi sarei fatto il tampone.
La decisione precedente aveva saldamente resistito per diversi giorni, mentre un sotterraneo conflitto interiore, poi venuto a galla, mi mostrava come troppo doloroso quel parziale “no” nei confronti loro e dei due storici amici comuni, Daniele e Giovanni.
Venerdì scorso è stata una giornata settembrina di grande bellezza: non una nuvola nel cielo azzurro e sole caldo, che contrastava l’aria finalmente rinfrescata e liberata dall’afa della prima quindicina del mese.
In mattinata avevo lasciato fuori la bicicletta, ma alle due del pomeriggio ho deciso di andarci a piedi, in stazione, a prendere il treno delle quattordici e trenta per Bologna.
Quando esco dalla stazione sul lato antistante la corsia dei taxi, scorgo immediatamente una coda molto lunga di persone, in cima alla quale c’è un grande tendone della Croce Rossa con l’indicazione “Tampone rapido gratuito”.
Benché abbia già fatto anche una prudenziale prenotazione, per le cinque, alla farmacia di San Lazzaro, decido senza esitazione di accodarmi anch’io.
Una quarantina di minuti di lenta avanzata. Ho osservato e riconosciuto vagamente qualcuno dei tassisti, a loro volta in coda per lavoro, e ho avuto una strana impressione, nel vederli in attesa fuori dalle vetture, rilassati e sempre propensi alla chiacchiera, come di tempo passato per me ma non per loro.
Ho osservato le persone che mi precedevano, in gran parte giovani, diversi stranieri; immediatamente davanti a me due ragazze tedesche; una un po’ tracagnotta ma con un bel viso, completamente priva di museruola (io la tenevo intorno al collo), l’altra magra, capigliatura con taglio strano e in gran parte di color viola, anelli metallici sulle labbra e due spaventose asole rotonde nei lobi delle orecchie.
Ho ascoltato i discorsi dei due ragazzi dietro me, che avevano appena familiarizzato fra loro, dall’accento uno meridionale, l’altro marocchino (con ottima padronanza dell’italiano). Il primo raccontava di averci già provato il giorno precedente, ma che a un certo punto era stato avvertito che erano finiti i tamponi: “Vedi quello che distribuisce i moduli? Se arriva fino a noi, è fatta.” Poi entrambi si dichiaravano libertari nei confronti dell’obbligo vaccinale, senza toni battaglieri ma con una certa propensione all’equidistanza, fra chi sceglie di vaccinarsi e chi no.
L’addetto alla consegna preventiva dei moduli misurava la febbre e chiedeva se nei giorni precedenti avessimo avuto la tosse.
Non avendo con me una penna, ho potuto compilarlo solo una volta davanti ad uno dei due sportelli della prima postazione, dove una ragazza ha tornato a chiedermi se avessi avuto la tosse.
Il modulo era stranamente essenziale: nome, cognome, data, e la richiesta di barrare una delle due caselle (sì/no), relative al consenso a distribuire i miei dati, con finalità di lotta alla pandemia.
Ho barrato la casella “no”, ma poi la ragazza mi ha detto che il “sì” era obbligatorio.
“Una scelta finta…” ho commentato un po’ infastidito.
Ecco spiegata la gratuità, mi sono detto dopo ancora più infastidito, mentre raggiungevo una seconda postazione, un paio di tavolini, dove mi è stata chiesta la tessera sanitaria e i miei recapiti; tutto con discreta efficienza e gentilezza.
“Come devo fare per il green-pass?”
“Qui le consegniamo l’esito, dopo un quarto d’ora; il green pass le arriverà direttamente.”
“Dove, in posta elettronica?”
“No, sul Fascicolo Sanitario Elettronico.”
Sono entrato nel grande tendone, mi hanno fatto accomodare sulla sedia della tortura, che per fortuna è avvenuta in modo lieve.
Poi il quarto d’ora, forse anche meno, di attesa all’uscita del tendone, sotto il sole caldo e luminoso.
Alla prima distribuzione degli esiti, il mio non era ancora pronto.
Il giovane, per protocollo di riservatezza, pronunciava a voce alta i nomi di battesimo, e chiedeva il cognome, per verifica, a chi gli si avvicinava per ritirarlo.
Ho sorriso fra me immaginando che, ad un’eventuale chiamata del nome “Mohammed”, si presentassero in quindici.
Seconda distribuzione: “Francesco!”
“Selis.” Risposta esatta, esito negativo, sono sano.
Non molto tempo dopo il rientro a casa mi arrivano, in posta elettronica, due diverse notifiche di aggiornamento del Fascicolo Sanitario. Molto bene.
Accedo al sito con circospezione, per superare gli ostacoli: coordinate dello SPID, codice numerico di controllo da ricevere via sms. Ostacoli, con sollievo, superati.
Alle due righe di aggiornamento sono associati documenti da scaricare, che attestano, in differenti formati, l’avvenuto controllo.
Boh, mi aspettavo un documento con un codice QR, invece niente.
Con un po’ di ricerche in internet, m’imbatto nei problemi aeroportuali di viaggiatori diretti in località esotiche e sprovvisti del codice QR; poco altro, ma mi convinco comunque che i documenti ricevuti suppliscano al fatidico lasciapassare vaccinale.
Per fortuna, la mattina del sabato mi sento col vecchio amico Claudio, che fa il medico di base; lui mi consiglia di scaricare nel tablet l’applicazione “Io”, che tratta i rapporti con la pubblica amministrazione: lì dovrei trovare il mio green-pass.
Con nuova circospezione, supero gli ostacoli collegati all’applicazione e alla fine lo vedo, spudoratamente grande e splendente, il mio codice QR. Orgogliosamente (o no?) io, cioè anch’io, ora sono schedato come cittadino normale dotato di diritti.
Ma come farebbero senza bisogno di aiuto, mi chiedo, gli anziani analfabeti informatici che operassero la libera (per così dire) scelta del tampone?
Il rinfresco, finita la messa, è poi avvenuto sabato, sul far della sera, in un grande salone parrocchiale, per accedere al quale nessuno in realtà mi ha chiesto niente…
Momenti di festa e di calore, soprattutto fra noi vecchi amici.
Prima del congedo, Marco mi si rivolge a tu per tu, guardandomi negli occhi: “Sarei curioso di sapere la tua posizione contro i vaccini, perché ti conosco come una persona molto razionale.”
La sintesi non è facile, ma riesco a snocciolargli diversi concetti, fra cui, principalmente, il fatto dell’esistenza di cure domiciliari efficaci e della possibile contagiosità dei vaccinati, che anzi rappresentano la causa del proliferare di varianti vaccino-resistenti e più aggressive.
“Ci sono degli scienziati che dicono il contrario” ribatte lui.
“No, la letteratura scientifica è concorde su questo; ti spedirò un video con l’intervista alla dottoressa Loretta Bolgan, la conosci? È molto preparata e molto chiara.”
La sera, a casa, ho resistito alla tentazione di spedirgli subito quel link; ho lasciato passare anche la domenica e l’ho fatto questa mattina. Poi, a un’altra tentazione, che mi prende spesso quando coinvolgo telematicamente qualcuno in qualcosa, ‘sta volta non ho resistito: quella di riascoltare buona parte dell’avvincente intervista, anche con gli occhi di lui.
Ho avuto conferma di come quel recente documento sia dotato di uno straordinario valore divulgativo, rispetto a un’ “altra verità”, dalle implicazioni ahimè enormi sulla lettura della realtà attuale.
Per chi ne fosse curioso, ecco il link.
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E per finire, un altro link, quello alla mia nuova “poesia del lunedì”: clicca qui.
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E’ un racconto che fa pensare parecchio, caro Franz.
Sul vaccino non siamo sulle stesse posizioni: io non vedevo l’ora di vaccinarmi e sono contento di averlo fatto e continuerò a farlo. Ma ho molte perplessità anch’io sulla gestione complessiva del Covid.
Quello che mi trova invece in una posizione di assoluta insofferenza è l’area “spid – app – fascicolo…”, cui tu accenni. Forse tu, essendo stato un informatico, manovri il tutto con dimestichezza. Io sto al computer tutto il giorno tutti i giorni, ma ho un odio mortale per questa obbligatorietà non dichiarata degli strumenti telematici che si impone sempre più.
Forse “gli anziani analfabeti informatici” tra breve non esisteranno più. Resteranno gli insofferenti come me e verranno considerati pericolosi.
Certo, caro Valerio: l’imposizione di procedure informatiche che dovrebbero essere di una semplicità a prova di anziano (e di …”pericoloso insofferente” 😄 ), mentre non lo sono affatto, è una violenza.
Mi sembra tuttavia una violenza di gran lunga peggiore, di stampo dittatoriale e ben lontana dai dettati costituzionali (oltreché dalle direttive europee), la sostanziale obbligatorietà della vaccinazione per esercitare il diritto al lavoro, che si profila dal 15 ottobre, se non verrà auspicabilmente ritirata.
Tanto più se ci si informa sui danni e sull’inutilità dei cosiddetti vaccini, ad esempio ascoltando una vera esperta come la dottoressa Loretta Bolgan.
Credo di renderti un buon servizio nel caldeggiare l’ascolto della sua intervista, che ho linkato nel post.
E comunque ti ringrazio per il pacato e amichevole contributo.
Un forte abbraccio!
Ho ascoltato la Bolgan. Mah, non mi convince. Chiaro che il vaccino non è il bene assoluto: ha le sue controindicazioni pericolose. L’obiettivo era ed è quello di contrastare una pandemia dagli effetti catastrofici. Non credo che la terapia domiciliare precoce fosse una linea percorribile. Il futuro dirà se si è trattato di molto rumore per nulla. Ma non credo: bastano già gli oltre quattro milioni di morti nel mondo, 130mila in Italia, anche ammettendo calcoli non del tutto corretti.
Un grande abbraccio a te!
A questo punto mi vedo costretto a non ribattere.
Ti ringrazio per aver dedicato un’ora ad ascoltare quel video, che presumibilmente ti sarà risultato noioso e sgradevole, almeno quanto a me è risultato avvincente.
Mi auguro che venga presto il giorno in cui, di fronte a evidenze non più negabili, sia tu a ringraziarmi per il mio impegno, con la parola scritta, a diffondere consapevolezza per i crimini contro l’umanità che, da un anno e mezzo, sono stati e sono tuttora commessi.
Ancora un abbraccio.
Non esiterò, se sarà il caso, a darti ragione! Non sono, come sai, di quelli che ragionano per partito preso (e sono tanti sia da una parte che dall’altra). Ti ringrazio comunque fin da ora perché coltivi il dubbio e cerchi la verità con onestà intellettuale. Abbracci again 🙂
Bello!!!! Complimenti!!!!! Così come tu hai rivisto l’intervista della Bolgan con gli occhi di Marco, io ho letto questo brano con gli occhi di chi potrebbe leggerlo fra 10o 20 anni… interessante!!!
Grazie di cuore, cara Gilda! 🙏😘
Un senso di vertigine accompagna in me il mistero della realtà futura, fra dieci o vent’anni…
Sono sicuro, tuttavia, che, come sempre è avvenuto, le buone piante daranno frutti abbondanti.
Un caro abbraccio.